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Il comico Bill Burr accusato di razzismo per aver sposato una donna nera

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Il comico Bill Burr è stato accusato lunedì di essere razzista perché ha sposato una donna di colore.

 

Burr è salito alla ribalta in queste ore per essere apparso ai Grammy Awards,  dove ha presentato un premio per il miglior album latino tropicale, e ha scherzato dicendo che «le femministe stanno impazzendo…  perché un maschio bianco cis-gender fa tutte queste cose latine?».

 

«Un uomo bianco che ha una moglie non-bianca a volte può essere un segno di razzismo»

Detto, fatto: le femministe, e non solo, hanno istantaneamente armato le loro tastiere per cannoneggiare contro lo stand-up comedian e la sua vita privata. Sui social diverse persone hanno attaccato Burr dandogli del razzista per aver ammesso di non poter pronunciare il nome del vincitore del premio.

 

Un utente Twitter che pare essere stato perfino candidato del Partito Repubblicano, ha suggerito che Burr ha sposato l’attrice Nia Hill, una donna di colore, al fine di «possedere una schiava sessuale proveniente da una minoranza».

 

«Anche se non sto suggerendo che Bill Burr sia un razzista, un uomo bianco che ha una moglie non-bianca a volte può essere un segno di razzismo».

«Non dovreste presumere che qualcuno non sia razzista solo perché possiede schiave sessuali di una minoranza. Potrebbero benissimo averne uno perché sono razzisti»

 

«Quindi non dovreste presumere che qualcuno non sia razzista solo perché possiede schiave sessuali di una minoranza. Potrebbero benissimo averne uno perché sono razzisti».

 

Altri commenti di questo tenore, da parte di utenti cosiddetti «progressisti», sono seguiti.

 

È offensivo e non commentabile, ma è il mindset in cui oramai siamo immersi, e che l’occupazione della Casa Bianca da parte di Biden e dei suoi pupari ha reso ancora più protervo e impunito.

È offensivo e non commentabile, ma è il mindset in cui oramai siamo immersi, e che l’occupazione della Casa Bianca da parte di Biden e dei suoi pupari ha reso ancora più protervo e impunito

 

Tuttavia, non è la prima volta che succede: si tratta di un’idea ben impiantata nella mentalità liberal: si è razzisti anche se il proprio partner è di un’altra razza. L’accusa arrivò circa un lustro fa anche a Milo Yiannopolous, giornalista noto per le sue invettive al vetriolo contro femministe e la generale «cultura del piagnisteo» del politicamente corretto.

 

Yiannopoulos all’epoca era gay e viveva con un uomo di colore: dissero che non era prova sufficiente per salvarlo dall’accusa di razzismo. Ora Yiannopoulos ha fatto qualcosa di ancora più oltraggioso: si è dichiarato ex gay, annunciando di essere uscito dal tunnel per vivere una vita casta dedicata a San Giuseppe.  Ha inoltre intenzione di creare una struttura per la terapia riparativa, qualcosa che è, dai tempi di Obama, praticamente illegale negli USA – ed è istituzionalmente problematica anche in Italia.

 

La notizia è della settimana: aspettiamo di vedere quale immane quantità di fuoco verrà vomitata su Milo l’apostata. I Torquemada del politicamente corretto e della Cancel Culture non conoscono alcun limite nella loro missione di purificazione del mondo, missione che – a differenza della Santa Inquisizione, che tanto disprezzano – non prevede processi di alcun tipo, solo esecuzioni e roghi.

I Torquemada del politicamente corretto e della Cancel Culture non conoscono alcun limite nella loro missione di purificazione del mondo, missione che – a differenza della Santa Inquisizione, che tanto disprezzano – non prevede processi di alcun tipo, solo esecuzioni e roghi

 

Il New York Times, qualche anno fa, dedicò un intero articolo al rapporto di esponenti della cosiddetta Alt-right con ragazze asiatiche. La ricerca delle prove sostanziali di questo dogma in formazione – i bianchi sono razzisti anche se si accoppiano con persone di altre razze  – devono essere trovate a tutti i costi, sino a scomodare foto di Tila Tequila – ragazza di probabile origini sudasiatiche nota per le apparizioni in TV e nel porno – in tenuta nazista, svastica, cappello in pelle SS e occhio a mandorla sopra le forme di generoso silicone. La Tequila, del resto, qualche mese prima aveva riferito di essersi convertita al giudaismo. Insomma una fonte affidabile per stabilire il trend del razzismo totale dei bianchi e forse non solo loro.

 

Quando finirà questa pazzia?

 

 

 

 

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Ecco il raduno degli orrendi puffi

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Una piccola cittadina francese è riuscita nel suo terzo tentativo di stabilire un record mondiale Guinness, ospitando un raduno di 3.076 persone vestite da Puffi.

 

La città di Landerneau, nella regione francese della Bretagna, aveva già tentato due volte di stabilire il record mondiale per il maggior numero di persone vestite da Puffi, ma non era riuscita a raggiungere il record di 2.762 persone, stabilito in Germania nel 2019.

 

La città ha fatto il suo terzo tentativo domenica, con il sostegno ufficiale della Paramount Pictures, in vista dell’uscita del film I Puffi, prevista per il 18 luglio.

 

L’evento si è rivelato come uno dei più inquietanti episodi di cosplay di massa della storia recente.

 

 

 

 

I Puffi furono creati dal fumettista belga Pierre Culliford, detto Peyo, nel 1958. In francese vengono chiamati «Schtroumpfs». Da allora tormentano generazioni di bambini con le loro storie cretine – ma c’è da considerare anche il danno dell’antica sigla cantata da Cristina d’Avena, con quel ritornello «noi puffi siam così… lalalalalà» che fatto ascoltare ripetutamente in un luogo chiuso potrebbe essere usato come strumento di tortura, per cui dovrebbe essere proibito alla luce della legge sul reato di tortura introdotta dal governo Gentiloni (legge n.110/2017).

 

Come perorato da Renovatio 21, anche il cosplay andrebbe proibito per legge anche in Italia, così come ha fatto la Cina di Xi Jinpingo.

 

 

Vi sono teorie secondo cui lo scandaloso uomo blu che durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi sembrava prendersi gioco di Cristo nell’ultima cena non aveva tale colorazione per assomigliare al dionisiaco Shiva, ma per ricordare proprio un puffo.

 

A quel punto Renovatio 21 ricordò le possibili origini massoniche degli orrendi gnometti celesti. Anni fa lo studioso sardo Antonio Soro scrisse in un libro che la storia degli strani ometti blu (alti su per giù / tre mele o poco più) altro non è se non una metafora della massoneria. Le prove a carico della tesi non sono poche: I puffi fanno la loro prima comparsata in una pubblicazione del 1958, dove sono alla ricerca di un flauto magico, che come noto è il titolo dell’opera iper-massonica di Wolfgango Amedeo Mozart.

 

In questa visione, il Grande Puffo altro non è che il Gran Maestro, mentre «Gargamella prete/rabbino è implacabile cacciatore della sapienza massonica, perché la sua tradizione non possiede più quella conoscenza capace di rinnovare l’uomo, di trasfigurare la banale realtà ilica in dorata realtà pleromatica. Egli combatte la massoneria ma allo stesso tempo ne ha bisogno, deve carpirne i segreti da tradurre in una pastorale, per non perdere la base dei fedeli».

 

C’è qui un tema omo-esoterico da non sottovalutare: Gargamella, scrive il saggio I Puffi, la «vera» conoscenza e la massoneria (2015), cerca di distruggere la loggia puffesca dall’interno rompendone l’equilibrio originale fondato sull’androginia – o meglio, sull’assenza della donna. Tutti sappiamo, del resto, che sull’omosessualità dei puffi, questa comunità di soli maschi che girano a petto nudo, esistono barzellette, anche divertenti. Gargamella reintroduce la dicotomia sessuale naturale nell’Eden puffesco: inventa puffetta e la manda a destabilizzare, con la natura dei due sessi, una società puramente omofila.

 

I lettori di Renovatio 21 conoscono le teorie riguardo a quanto accade in Francia, con la storia secondo cui l’omotransessualismo sarebbe stato favorito per volere dell’élite massonica, legata al mito templare e quindi alla figura androgina del Bafometto, che alcuni dipingono come un caprone a cui dovevan baciare iniziaticamente il membro.

 

I puffi, si dirà, non sono francesi, sono belgi. Ma qui, davanti alla vastità di cose che potremmo dire sul terreno sui cui sorge la capitale UE, ci fermiamo.

 

Ma tanto basta per detestare le malefiche creature blu sempre di più, e la rima non è voluta, ma guai a chi la rifiuta.

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Ecco la gara di imitazione del verso del gabbiano. Aspettando il Ruttosound

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Drammatiche immagini arrivano dal Belgio, controverso Paese dove si è tenuta il «Gull Screeching Championship» competizione di imitazione del verso del gabbiano.   La stampa internazionale ci informa che quest’anno la gara è divenuta internazionale, con il coinvolgimento di partecipanti da ben 13 Paesi.   Si tratta della quinta edizione della gara, tenutasi la settimana passata al caffè De Verloren Gernoare, nel comune delle Fiandre Occidenali di De Panne.    

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«I gabbiani sono il suono del mare» dice il sito webbo dell’organizzazione. «Quando sei al mare, senti sempre il verso dei gabbiani. Sono acrobati nell’aria, e ti regalano momenti indimenticabili. Il verso di un gabbiano ti riporta alla mente bei ricordi».   «Il verso dei gabbiani è scienza» continua coraggiosamente il sito. «Se si vuole imitare correttamente il verso dei gabbiani, è necessaria l’osservazione scientifica. Se ci si prende il tempo di osservarli attentamente, si inizierà a prendersene cura».   L’evento dichiara di voler «connettere persone e gabbiani». «In tutto il mondo potrebbero esserci attriti tra gabbiani ed esseri umani: gabbiani che vivono sui tetti, che rovistano nella spazzatura in cerca di cibo o che addirittura defecano sulle auto. Gli esseri umani dovrebbero essere abbastanza intelligenti da evitare i conflitti. I gabbiani sono decisamente opportunisti».​  

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Il campionato europeo di urlo di gabbiano è organizzato dal comico Claude Willaert, con il supporto del Flanders Marine Institute (VLIZ), dell’Istituto per la ricerca sulla natura e le foreste (INBO), del Wildlife Rescue Centre di Ostenda (VOC Oostende) e del gruppo di lavoro sulla natura De Kerkuil. La giuria, siamo informati, L«è composta da 5 membri, tutti veri amanti dei gabbiani. Valutano sia il verso (75%) che la recitazione (25%)».   La partecipazione prevedeva tre categorie: individuale, giovanile (16 anni) o in colonia (cioè gruppo).   Nella categoria adulti, si è classificata prima la danese Anna Brynald, con un punteggio di 88/100. Nella categoria degli juniores, la vetta del podio ha visto il britannico Cooper Wallace, che ha brillantemente difeso il titolo vinto nel 2014.  

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C’è anche da segnalare una vittoria per l’Italia, con il primo posto nella categoria «colonia» vinto dai «Gabbiani Partigiani» (88/100). Si tratta di un grande orgoglio nazionale, che riflette pure il pensiero di tanti sulla storia dei partigiani italiani.     Il lettore di Renovatio 21 capisce da sé che siamo palesemente nei dipressi dell’hobbyhorsing, i terribili tornei di equitazione senza cavallo, dove i partecipanti (in larga parte, per qualche ragione, donne) si esibiscono cavalcando palo tipo scopa e fingendo di trottare, galoppare e saltare come gli agonisti con gli equini veri.     Come ha notato da Renovatio 21, l’hobbyhorsing sta a poca distanza dall’air guitar, che ha pure le sue gare internazionali: sono quei tizi che fingono di suonare la chitarra elettrica, un’altra bella trovata che ha trovato pure il suo evento principale in Finlandia.  

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A questo punto ci chiediamo come la stampa internazionale abbia ignorato finora i tanti anni di edizioni di Ruttosound, manifestazione nel reggiano che istituzionalizza un classico della civiltà umana, la gara di rutti.   I migliori rutti, distribuiti nelle specialità rutto di Potenza (si misura la potenza con il fonometro digitale); rutto in lungo (si misura la lunghezza senza interruzioni dell’emissione del suono con il cronometro); rutto parlato; rutto free style.         Negli anni si sono distinti al Ruttosound – dove si sono auditi rutti da 136,6 decibel – personaggi interessanti, come il mascherato Rutt Mysterio, o il campione meneghino Ruttovibe.   La prossima edizione del Ruttosound è prevista per il 18 giugno alla festa della birra di Reggiolo.

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Scienziati analizzano gli spazzolini da denti e rimangono scioccati dalle centinaia di virus trovati

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Alcuni scienziati hanno individuato più di seicento virus diversi dopo aver tamponato gli spazzolini da denti e i soffioni della doccia delle persone, ma fortunatamente la stragrande maggioranza di essi è più utile che dannosa.

 

La microbiologa della Northwestern University Erica Hartmann, autrice principale di un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Microbiomes, ha dichiarato a Gizmodo di essere rimasta allo stesso tempo scioccata e affascinata quando ha scoperto che questi oggetti di uso quotidiano pullulavano di virus mangia-batteri, noti come batteriofagi.

 

«Ci sono così tante cose del mondo che ci circonda che non comprendiamo, comprese le cose che possono sembrare familiari», ha spiegato. «Abbiamo iniziato a guardare cose come spazzolini da denti e soffioni della doccia perché sono importanti fonti di microbi a cui siamo esposti, ma non sappiamo quali microbi trasportano o quali fattori li influenzano».

 

 

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L’ultimo studio è un aggiornamento del progetto del 2021 del team della Northwestern University, denominato «Operation Pottymouth», che prevedeva l’indagine sulle fonti dei batteri presenti sugli spazzolini da denti.

 

Sebbene ci fosse un’incredibile diversità tra gli oltre seicento campioni di virus avvistati, un tipo che uccide i micobatteri patogeni era leggermente più comune di qualsiasi altro, ha detto la Harmann. Dato che i micobatteri possono causare gravi infezioni come la lebbra e la tubercolosi, è una buona cosa che fossero presenti anche virus che li uccidono.

 

«Gli spazzolini da denti e i soffioni della doccia ospitano fagi diversi da qualsiasi cosa avessimo mai visto prima», ha detto la microbiologa. «Non solo abbiamo trovato fagi diversi sugli spazzolini da denti e sui soffioni della doccia, ma ne abbiamo trovati diversi su ogni spazzolino da denti e su ogni soffione della doccia».

 

Negli ultimi anni i fagi sono stati studiati e utilizzati come trattamenti per le infezioni batteriche, in particolare quelle che sono mutate per resistere agli antibiotici. Mentre la Hartmann insiste sul fatto che queste scoperte sono accattivanti di per sé, sapere che potrebbero essere utilizzate in trattamenti medici le rende molto più utili.

 

«Potrebbe essere che il prossimo grande antibiotico sarà basato su qualcosa che cresce sul nostro spazzolino da denti», ha concluso la scienziata.

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Come riportato da Renovatio21, il mondo rischia di tornare all’era precedente alla scoperta della penicillina con l’aumento di patogeni resistenti agli antibiotici. «Gli antibiotici sono stati la più grande conquista della medicina di sempre», ha affermato la professoressa Yvonne Mast, microbiologa e ricercatrice presso il Leibniz Institute di Braunschweig. «Il fatto che stia emergendo sempre più resistenza e che manchino nuovi antibiotici è una minaccia importante».

 

Come riportato da Renovatio 21, anche l’ONU ci mette in guardia da questo potenziale pericolo: i batteri resistenti agli antibiotici uccideranno tanto quanto il cancro entro il 2050.

 

A questo punto qualcuno potrebbe affermare l’utilità dei batteriofagi che sedimentano nei nostri spazzolini da denti, perché non sia mai che ci possano essere d’aiuto nella scoperta di nuovi antibiotici.

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