Politica
Il budget della Difesa italiana aumenterà del 50%
Il 16 marzo il Parlamento italiano ha votato un aumento del 50% del budget per la difesa, giustificato dall’isteria sul conflitto in Ucraina e con buona pace della quantità di pacifisti a cinque stelle entrati in Parlamento e al governo.
Il budget italiano per armi e esercito passerà da 25 miliardi di euro a 38 miliardi di euro all’anno, puntando a raggiungere l’obiettivo del 2% del PIL.
Il governo di Draghi non riesce a trovare più di 4 miliardi di euro per aiutare famiglie, agricoltori e industrie a pagare le bollette energetiche, ma può trovare tre volte tanto per le armi.
Anzi, per le armi c’è talmente tanto danaro che le stiamo regalando agli ucraini, possibilmente alle mafie urbane amnistiate dallo Zelens’kyj e a formazioni neonaziste varie che con probabilità ora lo controllano, visto che le testimonianze dei Foreign Fighters riportate anche da questo sito: ai combattenti non viene data nessuna arma, o una sola con dieci colpi in caricatore, ma vengono comunque spinti verso il fronte per fare da preziosa carne da macello internazionale.
Il governo italiano, poi, si sta facendo notare tra le diplomazie per la sua bellicosità, a tratti difficilmente spiegabile.
Il giovane napoletano responsabile del Dicastero degli Esteri, Luigi Di Maio, ha insultato il presidente della Federazione Russa in diretta TV, definendolo «peggio di un animale».
Tuttavia c’è anche il caso di un altro ministro-falco nella campagna di sanzioni contro la Russia e nella consegna di armi all’Ucraina: il piddino Lorenzo Guerini.
Il Guerini è stato criticato da Alexei Paramonov, direttore del Dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo ed ex console a Milano.
Paramonov ha detto all’agenzia RIA Novosti che il ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini è «una delle principali ispirazioni della campagna anti-russa nel governo italiano»
Paramonov ha ricordato che quando la Russia ha inviato aiuti umanitari nel mezzo dell’esplosione della pandemia di COVID nel 2020, «una richiesta di assistenza alla parte russa è stata inviata poi anche dal ministro della Difesa italiano Lorenzo Guarini».
La solita bella ingratitudine italiana: come abbiamo visto, il Paese sta ancora pompando, come da contratto, gas dalla Russia, nonostante stia armando il suo avversario.
Citando il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire sui piani per una «guerra economica e finanziaria totale contro la Russia», Paramonov ha affermato che «non vorremmo che la logica delle dichiarazioni del ministro trovasse seguaci in Italia e provocasse una serie di conseguenze irreversibili corrispondenti».
Ora i giornali sono improvvisamente interessati a definire la missione russa in Italia (in ispecie nella Bergamasca) del 2020 come una losca operazione imperialista dell’Intelligence militare di Mosca.
Abbiamo una qualche idea di ciò che potrebbe saltare fuori, e l’Italia, nonostante le capriole che faranno giornalisti e uffici-stampa draghiani, non ci farà una bella figura.
Tuttavia, l’importante è armarsi fino ai denti per combattere i nostri stessi fornitori di cibo ed energia, un Paese partner strategico fino a poche settimane fa.
Se la situazione non vi sembra folle, forse dovete pensarci un attimo meglio.
Immagine di Ministero della Difesa via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0)
Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.
Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.
Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.
«Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.
«L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.
Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.
L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.
A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.
Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.
Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».
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Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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