Cina
Il 6° Plenum del Partito Comunista Cinese incorona Xi: come Mao e Deng incarna il meglio della Cina (anche di più)

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Approvata la terza «risoluzione storica» del Partito comunista cinese. Xi ha risolto problemi lasciati senza risposta dai suoi predecessori. Sempre più probabile un terzo mandato per il leader supremo. Riunificazione di Taiwan tra i successi da includere nella sua eredità, minacciata però da possibile crisi economica e pressione Usa.
Il «pensiero» di Xi Jinping «incarna il meglio della cultura cinese e dello spirito moderno» del Paese.
Contenuta nella terza «risoluzione storica» approvata ieri dal 6° Plenum del 19° Comitato centrale del Partito comunista cinese (PCC), è la formula con cui il presidente della nazione (e segretario generale del Partito) è elevato in modo formale al rango di Mao Zedong e Deng Xiaoping, leader «immortali» del regime. Anche a un livello superiore, visto che secondo il Plenum Xi è stato in grado di «risolvere problemi» lasciati senza risposta dai suoi predecessori.
La risoluzione rivede i successi del PCCnei suoi 100 anni di vita e prevede un altro secolo di vittorie grazie alle fondamenta poste da Xi.
Contenuta nella terza «risoluzione storica» approvata ieri dal 6° Plenum del 19° Comitato centrale del Partito comunista cinese, è la formula con cui il presidente della nazione è elevato in modo formale al rango di Mao Zedong e Deng Xiaoping, leader «immortali» del regime
L’obiettivo della leadership attuale è di creare una società prospera sotto la bandiera del «socialismo del 21° secolo».
Il primo documento storico, del 1945, ha rafforzato il potere di Mao Zedong. Con quello del 1981 Deng Xiaoping ha condannato invece gli eccessi della Rivoluzione culturale e lanciato le riforme di mercato.
Il testo uscito dal Plenum, che si è chiuso ieri dopo quattro giorni di lavoro a porte chiuse, ha evitato contrapposizioni con il passato, concentrandosi sulla guida futura di Xi.
L’obiettivo della leadership attuale è di creare una società prospera sotto la bandiera del «socialismo del 21° secolo»
L’analisi storica dà grande spazio ai successi riconosciuti all’attuale leader supremo: la lotta alla corruzione, che secondo i critici è una campagna di Xi per eliminare i propri avversari nel PCC; la repressione del movimento democratico; e la battaglia contro l’inquinamento.
Esaltati anche il bilanciamento della crescita economica con il controllo della pandemia, la riduzione della povertà, la spinta all’autonomia tecnologica e la modernizzazione militare.
L’esito del Plenum apre la strada a un terzo incarico per Xi, quello che secondo la propaganda di regime dovrebbe consegnarlo alla storia. Il 20° Congresso del Partito è fissato per la seconda metà del prossimo anno; nel 2018 Xi ha abolito il limite dei due mandati presidenziali.
Come per Hong Kong, è la prima volta che una risoluzione storica fa un richiamo alla riunificazione di Taiwan. Per diversi osservatori è il segno che il ritorno dell’isola sotto il controllo della Cina continentale è uno dei successi che Xi vuole includere nella propria eredità
Come per Hong Kong, è la prima volta che una risoluzione storica fa un richiamo alla riunificazione di Taiwan. Per diversi osservatori è il segno che il ritorno dell’isola sotto il controllo della Cina continentale è uno dei successi che Xi vuole includere nella propria eredità.
Xi dovrà dimostrare di meritarsi lo status di leader indiscusso: ne avrà subito il modo. Focolai di COVID-19 continuano a scoppiare in diverse province, minacciando in modo ulteriore la ripresa economica.
Nell’ultimo trimestre dell’anno la crescita economica ha visto un forte rallentamento, che gli esperti prevedono si accentuerà negli ultimi tre mesi. Oltre alla pandemia, a pesare sono i blackout elettrici, la campagna anti-trust contro i giganti del web e i limiti ai prestiti nel settore immobiliare.
I problemi energetici hanno spinto il governo a ordinare un aumento nella produzione e uso del carbone: nei fatti una smentita degli impegni assunti – e vantati – da Xi per combattere inquinamento e riscaldamento globale.
I problemi energetici hanno spinto il governo a ordinare un aumento nella produzione e uso del carbone: nei fatti una smentita degli impegni assunti – e vantati – da Xi per combattere inquinamento e riscaldamento globale
Malgrado l’annunciato summit virtuale della prossima settimana tra Xi e Joe Biden, e la dichiarazione comune sul clima di Washington e Pechino alla COP26 di Glasgow, dall’estero arrivano grandi sfide per il presidente cinese.
Washington continua a lavorare a un fronte con alleati e partner per contenere l’ascesa cinese.
In un nuovo colpo ai rapporti tra le due potenze, ieri il presidente USA ha ratificato una legge del Congresso che mette al bando i prodotti di Huawei e Zte, due giganti cinesi dell’hi-tech.
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Cina
Pechino dichiara guerra al fumo

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La Cina è il primo produttore e consumatore di tabacco, con 300 milioni di fumatori e oltre un milione di morti l’anno. Decine di divisioni provinciali hanno già stretto le norme e il piano «Healthy China 2030» punta a ridurre al 20% i fumatori adulti. Shanghai da mesi sta sperimentano i divieti anche all’aperto in aree sensibili. Intanto cresce l’attivismo civico e anche gli studenti spingono per campus liberi da fumatori.
In Cina è guerra aperta contro il vizio del fumo. Si tratta di un problema molto serio per un Paese considerato il maggiore produttore e consumatore di tabacco al mondo, con oltre 300 milioni di fumatori e più di un milione di persone che muoiono ogni anno per malattie legate ad esso.
Già nella prima metà dello scorso anno, 24 divisioni provinciali avevano introdotto normative locali per contrastare il consumo di tabacco. Mentre da tempo è in vigore l’iniziativa nazionale «Healthy China 2030», che mira a ridurre al 20% la percentuale dei fumatori dai 15 anni in su entro il 2030.
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Pioniera nel controllo del tabacco in Cina è stata la città di Shanghai, avendo istituito per prima il divieto di fumo nei locali pubblici al chiuso nel 2010. Da allora chiunque venga sorpreso accendersi una sigaretta all’interno di ambienti come scuole, ospedali, mezzi pubblici e ristoranti, riceverà prima un avvertimento e poi una multa da 50 a 200 yuan (da 6 a 24 euro circa), in caso di resistenza.
Nel tentativo di compiere un ulteriore sforzo per ridurre la dipendenza da tabacco, a marzo di quest’anno la città ha lanciato un programma pilota per combattere il fumo anche negli spazi pubblici all’aperto. Secondo le linee guida pubblicate dalle autorità locali, siti turistici, scuole, ristoranti e bar in tutta la città sono tenuti ad apporre cartelli antifumo nelle aree di attesa e a formare il personale per scoraggiare il vizio. I cittadini possono segnalare le violazioni chiamando un numero verde governativo. I trasgressori individuali rischiano multe fino a 200 yuan (circa 24 euro), mentre i locali possono essere multati fino a 30.000 yuan (circa 3.600 euro).
L’iniziativa sembra essere stata molto apprezzata dai residenti. Rispondendo a un sondaggio condotto dagli enti di regolamentazione sanitaria della città, oltre il 90% degli intervistati ha ammesso di non tollerare di essere costantemente esposto al fumo passivo mentre cammina per strada.
Tra di loro vi è anche Zhang Yu, impiegato finanziario di professione e fervente influencer antifumo. Alcuni video apparsi sui social media cinesi mostrano Zhang mentre affronta con modi gentili ma decisi coloro che violano il divieto di fumo nei centri commerciali, nei condomini, negli ospedali e in altri spazi pubblici di Shanghai, esortandoli a «spegnere la sigaretta o andarsene».
«Fumare è una questione molto personale, ma quando danneggia gli altri, diventa una cosa davvero brutta», ha dichiarato a Sixth Tone. Ha aggiunto, inoltre, che la maggior parte dei suoi interventi si risolve senza grossi intoppi e che solo in rari casi, trovandosi di fronte a dei fumatori ostinati, è stato costretto a chiamare la polizia. Sui social il sostegno a Zhang è pressoché unanime: in molti dichiarano di aver iniziato a seguire il suo esempio e lo incoraggiano a «continuare così».
Tra le fila dei paladini antifumo vi è anche Xu Lihong, operatrice sanitaria 26enne di Chengdu con oltre 5.600 follower su Xiaohongshu. «Non chiediamo ai fumatori di smettere definitivamente, ma crediamo che la libertà di fumare non debba andare a discapito del diritto altrui a evitare il fumo passivo», ha affermato Xu, autoproclamandosi «ambasciatrice del controllo del tabacco».
Per rendere più efficaci le misure antifumo nella sua città, l’attivista suggerisce di distinguere in modo inequivocabile le aree dove è consentito fumare da quelle dove invece non lo è. Ha notato infatti che quando i cartelli che indicano il divieto sono chiaramente visibili, le persone sono molto più propense ad accondiscendere ai suoi richiami.
Secondo Xu, inoltre, le sanzioni previste per chi viola la normativa sono troppo blande e per questo inefficaci. Nonostante le difficoltà, la giovane è ferma nel suo impegno e ha costruito una rete con altri attivisti antifumo per condividere esperienze e offrire supporto. «Spero in un futuro in cui tutti gli spazi pubblici siano liberi dal fumo passivo», ha affermato.
Zhang Ruicong, studentessa universitaria della provincia dello Zhejiang, ha raccontato di essere stata aggredita verbalmente dopo aver chiesto a una persona di smettere di fumare su una scala mobile della stazione ferroviaria. Le è capitato anche di vedere diversi uomini in un ristorante che continuavano a fumare accanto a dei bambini, nonostante i ripetuti solleciti a smettere.«Molte persone considerano il fumo una cosa normale o temono di causare problemi parlandone», ha affermato, sottolineando i radicati atteggiamenti sociali in Cina nei confronti di questa abitudine. Ha aggiunto che persino sua madre considera la sua posizione «estrema».
Nonostante tutto la giovane resta ottimista. Crede che a guidare il cambiamento su questo tema siano soprattutto le giovani generazioni e, citando la campagna «campus senza fumo» della sua università, ha ribadito come secondo lei «gli studenti siano catalizzatori del progresso sociale».
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Il cambiamento di atteggiamento nei confronti del fumo si riflette anche nella cultura popolare. Recentemente, diversi comici hanno incorporato una sorta di «propaganda antifumo» nei loro spettacoli, incontrando il favore del pubblico a livello nazionale.
Particolarmente indicativa è una vicenda accaduta lo scorso agosto a Shaoxing, città natale di Lu Xun (1881-1936), uno dei principali intellettuali della Cina moderna. Un murale raffigurante il famoso scrittore che fuma, situato presso il memoriale a lui dedicato, è stato al centro di un acceso dibattito dopo la denuncia di un visitatore, preoccupato per l’influenza negativa che l’immagine avrebbe potuto avere sui giovani. L’uomo, un certo Sun, non ha esitato a presentare un reclamo tramite la piattaforma governativa della provincia di Zhejiang, ritenendo che l’opera rischiava di rendere il fumo un’abitudine affascinante per gli adolescenti.
L’opinione pubblica si è quindi divisa tra i sostenitori di Sun, convinti che gli spazi pubblici dovrebbero evitare immagini che tendono a normalizzare il fumo, e i suoi oppositori, secondo cui rimuovere o apportare modifiche all’iconico ritratto avrebbe causato solo uno spreco di risorse pubbliche. Per questi ultimi, inoltre, agire in tal senso avrebbe significato compiere una distorsione storica, dal momento che all’epoca di Lu Xun il fumo non era considerato un vizio, né era condannato come un pericolo per la salute pubblica. Alla fine ha prevalso il secondo fronte: le autorità culturali locali hanno deciso di preservare il murale, in quanto ritenuto parte dell’immagine storica di Lu Xun.
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Cina
La Cina impone controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare

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Cina
Trump: gli USA imporranno dazi del 100% alla Cina

Il presidente Donald Trump ha dichiarato che, a partire dal 1° novembre 2025, gli Stati Uniti applicheranno dazi del 100% sui prodotti cinesi, in reazione a quelle che ha definito restrizioni commerciali «straordinariamente aggressive» introdotte da Pechino.
Giovedì, la Cina ha reso noti nuovi controlli sulle esportazioni di minerali strategici con applicazioni militari, giustificando la misura come necessaria per tutelare la sicurezza nazionale e adempiere agli obblighi internazionali, inclusi quelli legati alla non proliferazione.
In un messaggio pubblicato venerdì su Truth Social, Trump ha accusato la Cina di aver assunto «una posizione estremamente ostile in materia di commercio», annunciando l’intenzione di imporre «controlli su larga scala sulle esportazioni di quasi tutti i prodotti che producono, inclusi alcuni non realizzati da loro», secondo una comunicazione inviata a livello globale. Tali misure, ha sottolineato il presidente, avrebbero impatto su tutti i paesi «senza eccezioni».
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«In risposta a questa posizione senza precedenti della Cina, gli Stati Uniti imporranno un dazio del 100% sui prodotti cinesi, in aggiunta a qualsiasi tariffa attualmente in vigore», ha scritto Trump, specificando che, dalla stessa data, saranno introdotti controlli sulle esportazioni di «qualsiasi software critico».
Ad agosto, Stati Uniti e Cina avevano concordato una tregua tariffaria di 90 giorni, che ha ridotto i dazi americani sui prodotti cinesi dal 145% al 30% e quelli cinesi sui prodotti americani dal 125% al 10%. Questa tregua scadrà a novembre. Trump ha definito la mossa di Pechino «assolutamente inaudita nel commercio internazionale» e «una vergogna morale nei rapporti con altre nazioni», precisando di parlare esclusivamente a nome degli Stati Uniti, non di altre nazioni similmente minacciate.
L’annuncio ha provocato un forte impatto sui mercati globali, con un crollo delle borse statunitensi nella giornata di venerdì. Come visibile nella finance card sopra, l’indice S&P 500 ha registrato un calo del 2,7%, segnando la peggiore perdita giornaliera da aprile, mentre il Dow Jones Industrial Average è sceso di circa 900 punti, pari all’1,9%.
Il NASDAQ, fortemente legato al settore tecnologico, ha subito un ribasso del 3,6%, con gli investitori che hanno venduto titoli ad alta crescita, particolarmente vulnerabili alle interruzioni nelle catene di approvvigionamento cinesi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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