Gender
«Il 100% delle donne non ha il pene»: sconvolgenti rivelazioni del premier britannico
Il primo ministro britannico Rishi Sunak ha dichiarato che il 100% delle donne non ha il pene.
La sconvolgente rivelazione da parte del premier arriva dopo che il leader del partito laburista Keir Starmer aveva suggerito che solo il 99,9% delle donne non possiede il membro maschile. Membro non in senso di «membro parlamentare», beninteso.
Quando è stato chiesto al Sunak a inizio di questa settimana se credeva che il 100% delle donne non avesse il pene, Sunak ha risposto agli interlocutori del sito Conservative Home: «sì, certo» ha dichiarato con matematica certezza il politico di origine indiane (anche se la sua casta non, bizzarramente per una persona originario del subcontinente, è in alcun modo nota).
Il premier conservatore, che è succeduto a Liz Truss dopo il suo breve soggiorno a Downing Street lo scorso anno, ha aggiunto di ritenere che «la compassione, la comprensione e la tolleranza» debbano essere mantenute per le persone «che stanno pensando di cambiare il proprio genere».
La domanda rivolta a Sunak sembrava contenere un riferimento a una domanda simile posta dal quotidiano Sunday Times al suo rivale politico, il leader laburista Keir Starmer, il quale ha affermato di ritenere che solo il 99,9% delle donne «non abbia un pene».
All’inizio di questo mese è stato riferito che Sunak sta valutando la possibilità di modificare la definizione di sesso nella legge per creare maggiore «chiarezza» in relazione agli spazi e alle attività per sole donne – una mossa che sembrerebbe sottolineare un impegno della campagna fatto l’anno scorso per affrontare diritti delle donne.
Una revisione della Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani (EHRC) di questo mese aveva affermato che modificare il linguaggio dell’Equality Act del 2010 per fare specifico riferimento al «sesso biologico» era qualcosa che meritava dibattito e considerazione.
Tale proposta è stata ferocemente criticata dal gruppo per i diritti umani Liberty, che ha affermato che i commenti del Sunakko sulla questione sono basati su «presupposti transfobici» e sono stati un mezzo per i politici per usare le vite delle persone transgender come «una pedina nelle guerre culturali».
I laburisti, nel frattempo, non hanno adottato una posizione unificata sugli affari trans. La deputata Rosie Duffield di Canterbury ha affermato di ritenere che fosse «distopico» che Starmer non dicesse che le donne non possono avere il pene. Tuttavia, la vice leader del partito, Angela Rayner, ha dichiarato giovedì di ritenere che il rafforzamento degli spazi per sole donne non debba andare a scapito dei diritti dei transgender.
Né Sunak né Starmer né i loro partiti nei loro commenti pare abbiano preso in considerazione persone cosiddette intersessuali – ermafroditi, veri «androgini» etc. – che sono segnati dalla nascita da una rara condizione corporea che fornisce loro tratti sessuali ed organi riproduttivi di ambo i sessi.
A differenza di gay, lesbiche e trans, gli intersessuali non sono esattamente organizzati politicamente, ed infatti nel magico alfabeto arcobalenato arrivano dopo la Q: prendendo l’onnipotente sigla LGBTQI, essi vengono dopo Saffo, Sodoma, il bigusto, i transgender e pure i queer, qualsiasi cosa voglia dire.
Potrebbe essere gravemente in errore, ma ci scappa il dubbio: non è che magari gli intersessuali non abbiano voglia di sbandierare la loro condizione? Non è che non abbiano automaticamente voglia di iscriversi al circo sessual-iridato?
Ribadiamo che potremmo errare, e di brutto. C’è stato un tempo in cui alcuni credevano che l’intero costrutto sociopolitico LGBTQIQ+ etc., magari con i 96 gender presenti nei protocolli del Comune di San Francisco per prendere il reddito di transessualanza, non fosse altro che un abile accrocchio inventato dai gay – cioè, gli omosessuali maschi – che sono senza dubbio alcuno il Paese egemone dell’arcipelago omopolitico.
Invece, da quello che sembra, i trans – un tempo reietti, in minoranza, ritenuti talvolta nelle chiacchierate sottovoce dei «colleghi» semplicemente omosessuali pure un po’ mentalmente problematici e perfino «poveri» – hanno preso la scena e stanno trascinando l’intero movimento dalla loro parte, tanto che oramai la bandiera arcobaleno versione original pare sia meno sventolata, alle manifestazioni gosciste, di quella transgender, che ha colori più tenui.
Stiamo vedendo così la creazione di milizie transgender, e pure stragi – non una, diverse – perpetrate da personaggi radicalizzati col gender. A proposito di queste, notiamo come il famigerato manifesto di Audrey Hale, la trans-stragista che ha ucciso tre bambini di 9 anni e 3 adulti in una scuola di Nashville, non è ancora stato pubblicato, nonostante le autorità nei dispongano dal primo giorno, e nonostante fosse con estrema probabilità l’intenzione dell’assassina multipla farlo trovare dopo il bagno di sangue.
Stiamo vedendo immani proteste in nome della transessualità, Campidogli occupati (per chiedere la continuazione della mutilazione sessuale infantile in nome della disforia), atlete fatte fuggire scortate dalla polizia, aggressioni pubbliche, roghi di libri, trasmissioni TV dove ai bambini vengono mostrati transessuali ignudi, stupratori messi in prigioni femminili perché improvvisamente sedicenti trans, premi alla Casa Bianca, cose così.
Ecco, Rishi Sunak, l’uomo delle criptovalute di Stato, finanziere adepto di colui che investì trai i primi in Moderna nei primissimi anni 2010, l’amico subitaneo di Zelens’kyj che da ragazzo si vantava in TV di non aver amici operai, si ficca tranquillo in questo vespaio, e pensa di uscirne illeso.
Povero Risho Sunacco: pensava di dire un’ovvietà, una tautologia, un truismo, credeva dire fischiettando che gli individui femmina non hanno attributi maschili, e farla franca. Probabilmente non ha esattamente idea di cosa sta succedendo.
Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Gender
Egitto e Iran «rifiutano completamente» il piano «Pride Match» per la Coppa del Mondo
Il «Pride Match» previsto per la Coppa del Mondo FIFA del prossimo anno in Nord America sta incontrando l’opposizione di Iran ed Egitto.
La federazione calcistica ha recentemente pubblicato le partite del torneo, che si terrà in Messico, Stati Uniti e Canada. Tuttavia, la partita tra Egitto e Iran si scontra con il progetto di un gruppo LGBT di celebrare l’omosessualità e il transgenderismo in concomitanza con la partita.
Il termine Pride Match non è una designazione ufficiale della FIFA, ma piuttosto del comitato ospitante locale e degli attivisti LGBT.
«Il Seattle PrideFest è organizzato in città dal 2007 da un’organizzazione no-profit che ha designato la partita del 26 giugno come evento celebrativo, prima che la FIFA effettuasse il sorteggio per la Coppa del Mondo venerdì», scrive l’Associated Press (AP). La partita di calcio coincide con il Seattle PrideFest.
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«Sia l’Egitto che noi abbiamo sollevato obiezioni, perché si tratta di una mossa irragionevole e illogica che sostanzialmente segnala il sostegno a un gruppo specifico, e dobbiamo assolutamente affrontare questo punto», ha dichiarato ai media statali Medhi Taj, della Federazione calcistica iraniana, secondo quanto riportato dall’AP.
Ado Rida, omologo di Taj in Egitto, ha osservato che il Paese a maggioranza islamica «rifiuta completamente tali attività, che contraddicono direttamente i valori culturali, religiosi e sociali della regione, in particolare nelle società arabe e islamiche».
Il comitato organizzatore locale della Coppa del Mondo FIFA 2026 di Seattle non ha intenzione di intervenire contro la celebrazione, che probabilmente offenderà i musulmani praticanti che si oppongono all’omosessualità, considerandola un peccato. Sia l’Egitto che l’Iran puniscono l’omosessualità.
«Il Pacifico nord-occidentale ospita una delle più grandi comunità iraniano-americane del Paese, una fiorente diaspora egiziana e ricche comunità che rappresentano tutte le nazioni che ospitiamo a Seattle», ha dichiarato Hana Tadesse all’Associated Press. «Ci impegniamo a garantire che tutti i residenti e i visitatori possano sperimentare il calore, il rispetto e la dignità che caratterizzano la nostra regione».
Nel frattempo, il New York Times ipotizza che potrebbe esserci un conflitto con le regole della FIFA che vietano che le partite vengano utilizzate per promuovere un’agenda politica.
«I codici etici dell’organismo calcistico, in particolare l’articolo 4, richiedono neutralità in merito a questioni politiche e sociali, e i giocatori che violano il codice potrebbero incorrere in sanzioni che includono il divieto di giocare a calcio fino a due anni», ha riportato l’agenzia di stampa. Questo potrebbe anche, in teoria, essere utilizzato per punire i giocatori che protestano contro l’agenda LGBT.
«Durante la Coppa del Mondo 2022, la FIFA ha messo in guardia i giocatori dall’indossare le fasce arcobaleno LGBTQ OneLove, che avrebbero dovuto richiamare l’attenzione sui diritti degli omosessuali in Qatar, e ha affermato che se le avessero indossate avrebbero ricevuto cartellini gialli di avvertimento in campo», ha riportato il giornale neoeboraceno.
L’intersezione di calcio e diktat LGBT ha creato diversi episodi degni di nota negli ultimi anni. La polizia tedesca ha avviato un’indagine su una stella del calcio della Premier League, il portiere della nazionale germanica Bernd Leno, accusato di aver apprezzato un video di un’Intelligenza Artificiale che mostrava violenza durante una parata del Gay Pride.
Come riportato da Renovatio 21, la stella del calcio serbo Nemanja Matic è stato sospeso per quattro partite per aver coperto uno stemma arcobaleno pro-LGBT sulla sua maglia.
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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il ministero dello Sport francese annunziò punizioni per i calciatori che rifiutavano di indossare le magliette omotransessualiste.
Non c’è solo il calcio sotto il tallone arcobalenato.
Come riportato da Renovatio 21, un caso non dissimile avvenne anche nell’hockey su ghiaccio nordamericano, quando a inizio 202 il 26enne Ivan Provorov, difensore russo dei Philadelphia Flyers della lega hockeistica NHL, ha suscitato polemiche dopo aver rinunciato a un riscaldamento pre-partita in cui gli sarebbe stato richiesto di indossare una maglia da riscaldamento color arcobaleno a sostegno di il movimento dell’orgoglio.
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Gender
Religioso canadese arrestato per essersi rifiutato di scrivere delle scuse al bibliotecario della «Drag Queen Story Hour»
Canadian Pastor, Derek Reimer was arrested yesterday after refusing a court ordered apology for protesting a kid friendly drag queen story hour. He was hauled off in handcuffs while his son screamed. Free speech is not under attack anymore, it is being dragged away. pic.twitter.com/6jMtoqNMPH
— Chad Prather (@WatchChad) December 4, 2025
Canada: Pastor Derek Reimer was arrested in Calgary for refusing to apologize to a Leftist librarian.
The librarian had arranged a drag queen story hour for children. Pastor Reimer protested the evil event. Pray for him and his family. pic.twitter.com/hQgQ151LYX — Christian Emergency Alliance (@ChristianEmerg1) December 4, 2025
An entire video leading to Pastor Derek Reimer’s arrest! December 3, 2025!
Street Church Calgary! We meet on the streets three times a week and inside the building, every Saturday 9:30 AM. On the streets, in front of Calgary City Hall: Wednesday 11:30 AM, Friday 5:00 PM, Sunday… pic.twitter.com/wyfj97fHqz — Artur Pawlowski (@ArturPawlowski1) December 4, 2025
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Calgary Pastor Derek Reimer found not guilty of mischief! Charges stem from an incident occuring during a drag queen story hour.
Reimer was forcibly ejected from the event after calling attendees perverts. Drag queen story time has now been discontinued @calgarylibrary . https://t.co/W5uAJa4j58 pic.twitter.com/cDDw7GCs37 — Without Papers Pizza (@wopizza4) September 25, 2024
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Gender
Le femministe britanniche espungono i membri transgender (nel senso, agli affiliati transessuali)
Due tra le più importanti organizzazioni britanniche riservate a donne e ragazze, il Girlguiding (l’equivalente delle Girl Scout) e il Women’s Institute, hanno deciso di chiudere le porte ai membri transgender, nel senso degli affiliati transessuali.
Martedì il Girlguiding ha reso noto che «le ragazze e le giovani donne trans non potranno più iscriversi» come nuove socie. Il giorno successivo, mercoledì, il Women’s Institute, fondato oltre 110 anni fa, ha annunciato che «l’iscrizione sarà riservata esclusivamente alle persone di sesso femminile alla nascita».
Entrambe le associazioni hanno sottolineato che la scelta non era quella auspicata, ma è diventata inevitabile per evitare possibili contenziosi legali dopo la sentenza emessa ad aprile dalla Corte Suprema del Regno Unito. I giudici hanno stabilito che, ai sensi dell’Equality Act 2010, i termini «donna» e «sesso» si riferiscono esclusivamente al sesso biologico e non all’identità di genere.
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La pronuncia era arrivata al termine di un ricorso presentato da For Women Scotland contro una norma del governo scozzese che includeva i transgenderri (munite di certificato di riconoscimento del genere) nel calcolo delle quote femminili nei consigli di amministrazione pubblici.
Un sondaggio realizzato subito dopo la sentenza ha mostrato che il 59% dei britannici concorda sul fatto che una persona transgender non sia legalmente una donna (dati Electoral Calculus). Tra chi ha accolto favorevolmente la decisione c’è anche J.K. Rowling, da tempo sostenitrice di For Women Scotland.
Sempre quest’anno, la Federazione calcistica inglese (FA) e British Rowing (l’ente per il canottaggio) hanno adottato politiche analoghe: dal 1º giugno 2025 i transgender non potranno più competere nelle categorie femminili del calcio in Inghilterra, mentre nel canottaggio britannico l’accesso alla gara femminile è limitato a chi è «assegnato di sesso femminile alla nascita»; per tutti gli altri resta aperta la categoria Open.
Secondo le ultime indiscrezioni, anche il Comitato Olimpico Internazionale starebbe valutando di escludere i transessuali dalle competizioni femminili olimpiche.
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La battaglia tra femministe e transessuali va avanti oramai da un pezzo, al punto che il mondo transessualista ha trovato un acronimo per definire le femministe che non accettano il dogma transgenderro imposto ora all’intera società occidentale: le chiamano TERF, trans-exclusionary radical feminists ossia femministe radicalo trans-escludenti.
Il caso più celebre di persona definita TERF per aver espresso dubbi sul fatto che maschi biologici possano essere definiti «donne» è stata la scrittrice di Harry Potter JK Rowling, che è peraltro la donna più ricca del Regno Unito.
In Europa si era avuto il caso della norvegese Christina Ellingsen, dell’organizzazione femminista globale Women’s Declaration International (WDI), è sotto indagine della polizia per aver fatto la denuncia in un tweet in cui ha criticato il gruppo di attivismo trans FRI. «Perché insegna ai giovani che i maschi possono essere lesbiche? Non è una terapia di conversione?» avrebbe twittato la Ellingsen.
Il caso si replicò in Norvegia con l’attrice e cineasta Tonje Gjevjon, una lesbica nota nella cultura popolare del Paese, che osò scrivere su Facebook che «è semplicemente impossibile per gli uomini diventare lesbiche quanto lo è per gli uomini rimanere incinti. Gli uomini sono uomini indipendentemente dai loro feticci sessuali». L’attrice fu quindi informata di essere sotto indagine e di rischiare tre anni di carcere per l’espressione delle sue opinioni.
Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 la Norvegia ha adottato una nuova legge penale che punisce le persone per aver detto qualcosa di considerabile come incitamento all’odio nei confronti di persone transgender anche nel contesto della propria casa o conversazioni private.
Più recente il caso dell’attivista brasiliana per i diritti delle donne Isabella Cepa, la quale ha ottenuto lo status di rifugiata in un Paese europeo non specificato, dopo essere stata accusata di reati penali in Brasile per aver definito un politico transgender da uomo a donna come un uomo.
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Immagine: The Girl Guides Association in Britain 1914-1918; un gruppo di Guide posa per una fotografia nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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