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Guerra cibernetica

Hacker russi attaccano i Paesi Baltici e la Polonia

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Un insieme di gruppi hacker russi ha attaccato ciberneticamente Lituania, Estonia, Lettonia e Polonia accusate di essere «complici del regime di Kiev».

 

Complessivamente, 16 gruppi di hacker provenienti da diversi paesi, tra cui Russia, Ucraina e altri, hanno partecipato all’attacco. Durante l’operazione, sono state prese di mira 127 diverse strutture situate nei Paesi Baltici e in Polonia, tra cui istituti bancari, organizzazioni governative, perfino, a quanto sembra, il sistema dei parchimetri.

 

Secondo quanto riportato il sito web del Ministero degli Affari Interni della Lettonia sarebbe stato violato, e sono state divulgate informazioni relative alla corrispondenza del dipartimento, ai dipendenti, alla polizia e ai documenti finanziari. I deputati baltici avrebbero ricevuto una mailing list SMS che parlava di denazificazione.

 

È stato pubblicato un manifesto sulle strutture compromesse con la dichiarazione: «la guerra terminerà solamente quando sarà sradicato l’ultimo individuo affiliato ai nazisti».

 

«Il nostro gruppo dichiara l’unione in un unico attacco contro i complici del regime di Kiev! Vendichiamo Pskov, la Crimea e il Donbass! Per tutti gli innocenti uccisi dai nazisti, e soprattutto per i bambini! La guerra finisce solo quando l’ultimo nazista viene distrutto! Esercito russo, avanti! Crediamo nella nostra vittoria! Per la libertà dell’Ucraina dal nazismo!»

 

 

Il 4 settembre, un gruppo di 16 gruppi di hacker ha annunciato l’hacking di infrastrutture come parte di un’operazione su larga scala contro i «complici degli attacchi ucraini» alla Russia. Successivamente, sul canale Telegram di Beregini, sono apparse informazioni secondo cui 30 gruppi si erano uniti all’attacco.

 

All’attacco avrebbero partecipato i gruppi Beregini, RaHDIt, Killnet, Zarya, Joker DPR, Wagner, XakNet Team, NoName057(16), Black Wolfs, BEAR.IT.ARMY, Voskhod, People’s CyberArmy, Patriot Black Matrix, DEADFOUD, Xecatsha, BEARSPAW.

 

Il leader del gruppo Joker DNR, intervistato dalla testata russa Izvestia, ha affermato che durante il massiccio attacco informatico del 4 settembre contro siti polacchi e baltici, gli hacker filo-russi hanno avuto accesso a tutte le strutture necessarie per gli attacchi.

 

 

«Come ogni sistema statale, è ben protetto dagli attacchi hacker, soprattutto da quelli occidentali. Ma, come si suol dire, non ci sono ostacoli per i patrioti russi. Noi hacker abbiamo lavorato nei luoghi più vulnerabili e abbiamo avuto accesso a tutte le strutture», ha affermato.

 

Rispondendo alla domanda sul perché fosse necessario hackerare i parchimetri, ha detto che paralizzando l’infrastruttura dei trasporti, gli hacker volevano mostrare «agli abitanti dei prosperi stati europei che il loro cosiddetto benessere è immaginario».

 

«I miei hacker riusciranno ad individuare assolutamente tutte le vulnerabilità. Non ci dimenticherete mai, la vittoria sarà nostra», ha dichiarato in conclusione il leader hacker.

 

Izvestia aveva parlato anche con altri membri di collettivi coinvolti come Zarya e Killnet.

 

Il portavoce di Zarya ha dichiarato che gli Stati baltici sono diventati l’obiettivo di un attacco informatico a causa del suo coinvolgimento negli attacchi ucraini alle strutture russe, aggiungendo che l’hacking del Ministero degli Affari Interni è «solo una piccola parte che è diventata pubblica come avvertimento».

 

 

 

Il portavoce di KillNet ha osservato che gli hacker russi si sono sempre sostenuti a vicenda, ma oggi è il momento di unirsi e «aprire una nuova pagina nella nostra grande storia».

 

Come riportato da Renovatio 21, a giungo alcuni gruppi hacker, tra cui Killnet, avevano promesso un attacco cibernetico che avrebbe preso di mira il sistema bancario europeo.

 

 

«Molte banche europee saranno bersagliate e colpite senza pietà» diceva il video-avvertimento. «Questo non è un attacco DDoS. I giochi sono finiti. Facciamo appello a tutti i gruppi attivi perché si coinvolgano in attività distruttive contro il sistema bancario europeo. Niente danaro, niente armi, niente regime di Kiev. Questa è la formula per la morte del nazismo e funzionerà» dichiarava il personaggio mascherato del gruppo KillNet.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche un gruppo di hacker cinesi chiamato Volt Typhoon settimane prima avrebbe attaccato infrastrutture elettroniche delle forze armate americane nel Pacifico, in un’operazione dove forse l’obiettivo finale era prendere le misure per Taiwan.

 

 

 

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Geopolitica

Il caso Durov come «esempio»: parla il procuratore di Parigi

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Il caso contro il CEO dell’app di messaggistica Telegram, Pavel Durov, rappresenta «un esempio» della battaglia contro la criminalità informatica condotta dalle autorità francesi, ha affermato il procuratore di Parigi Laure Beccuau.

 

Durov è stato arrestato dopo essere atterrato a Parigi a fine agosto e accusato di molteplici reati che vanno dal rifiuto di collaborare con le autorità all’amministrazione di una piattaforma online presumibilmente utilizzata dalla criminalità organizzata per condotte illegali, come il traffico e l’abuso sessuale su minori. L’imprenditore tecnologico russo, che ha anche la cittadinanza francese, degli Emirati Arabi Uniti e di Saint Kitts e Nevis, è stato poi rilasciato su cauzione di 5 milioni di euro. Al miliardario trentanovenne è vietato lasciare il Paese mentre il caso è in corso.

 

Interrogato mercoledì in merito all’indagine su Durov e Telegram in un’intervista con RTL Radio, Beccuau ha affermato: «un buon esempio del tipo di azioni intraprese dalla sezione criminalità informatica della Procura di Parigi».

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Il magistato aggiunto che in passato la sua agenzia aveva avuto problemi con il sito web della chat Coco e con il messenger crittografato Sky ECC, entrambi chiusi.

 

«La criminalità organizzata si sta diffondendo in un mondo che consideriamo virtuale», ha affermato il procuratore.

 

Secondo Beccuau, la Francia sta reagendo modificando la propria legislazione e introducendo un nuovo reato penale per la gestione di una piattaforma online che consente transazioni illegali, una delle accuse a carico di Durov.

 

Telegram ha attirato l’attenzione della Procura di Parigi perché la sua unità per la criminalità informatica «ha contattato la piattaforma più volte chiedendole di identificare i criminali informatici, in particolare nell’ambito della pornografia infantile. Ma la piattaforma non ha risposto a queste richieste. Non ha reagito», ha spiegato.

 

Beccuau ha osservato che Durov sta rispettando i termini della sua libertà su cauzione, che gli impongono di presentarsi alla polizia due volte a settimana.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa settimana, appena uscito di prigione, Durov ha rilasciato una lunga dichiarazione su Telegram, insistendo sul fatto che le affermazioni di alcuni media secondo cui la sua piattaforma «è una sorta di paradiso anarchico sono assolutamente false».

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Telegram rimuove «milioni di post e canali dannosi ogni giorno» e pubblica «rapporti quotidiani sulla trasparenza» sulle azioni intraprese contro la diffusione di contenuti illegali, tra cui abusi sui minori e terrorismo, ha affermato.

 

Durov ha affermato di aver collaborato in passato con le forze dell’ordine francesi e di averle «personalmente aiutate a stabilire una hotline con Telegram per affrontare la minaccia del terrorismo in Francia» aggiungendo, che la piattaforma rimane aperta a collaborare con le autorità di regolamentazione statali per stabilire «il giusto equilibrio tra privacy e sicurezza».

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2017 Telegram avrebbe collaborato con le autorità francesi in passato sul fronte della lotta al terrorismo islamico (l’ISIS). In quell’occasione, è stato detto, Durov avrebbe anche incontrato Macron che gli avrebbe proposto di spostare la sede di Telegram da Dubai in Francia. In seguito, Durov ha ottenuto la cittadinanza francese nell’ambito di un processo di naturalizzazione che premia personaggi stranieri«eminenti».

 

Secondo speculazioni, la sera dell’arresto Durov avrebbe dovuto andare a cena proprio con il presidente francese, ma si tratta di voci subito smentite. Macron ha in seguito negato di aver saputo in anticipo dell’arresto dell’imprenditore russo,

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Immagine di Ser Amantio di Nicolao via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Guerra cibernetica

Inno ucraino trovato nel codice del database degli elettori degli Stati Uniti

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L’inno ucraino è stato trovato incorporato nel codice sorgente del database degli elettori dello Stato del New Hampshire, il cui sviluppo era stato apparentemente esternalizzato a programmatori offshore. Lo riporta la testata americana Politico.   I funzionari elettorali avevano precedentemente deciso di sostituire il database di registrazione degli elettori dello Stato prima delle imminenti elezioni presidenziali del 2024 e, a quanto si dice, si erano rivolti a una piccola azienda informatica con sede nel Connecticut chiamata WSD Digital per sviluppare il software.   Tuttavia, dopo aver esaminato il progetto completato, è emerso che l’azienda aveva delocalizzato parte del lavoro. Dato che ciò comportava il rischio che programmatori sconosciuti al di fuori degli Stati Uniti avessero accesso al software e potessero potenzialmente manipolare le liste degli elettori, i funzionari del New Hampshire hanno assunto un’azienda forense per esaminare il codice alla ricerca di segni di malware nascosto.   L’inchiesta avrebbe rivelato una serie di «sorprese indesiderate», scrive Politico, citando una persona a conoscenza dell’indagine. Tra queste, l’uso di codice open source, software che era stato configurato in modo errato per connettersi a server al di fuori del Paese e il testo dell’inno nazionale ucraino.   «Un programmatore aveva inserito nel database l’inno nazionale ucraino, in un apparente gesto di solidarietà con Kiev», riporta Politico.

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Tuttavia, i funzionari statali hanno dichiarato che nessuna di queste conclusioni costituisce prova di illecito e che tutti i problemi erano stati risolti dalla società responsabile dello sviluppo del database prima che questo entrasse in uso.   «Si è trattato di un disastro evitato», ha affermato la fonte di Politico, sottolineando che gli hacker avrebbero potuto sfruttare le vulnerabilità per modificare le liste elettorali dello Stato o usarle per alimentare cospirazioni elettorali.   Sebbene la potenziale catastrofe nel New Hampshire sia stata apparentemente scongiurata, Politico ha affermato che la sua indagine sulla questione, durata sei mesi, suggerisce che problemi simili potrebbero presentarsi in altri stati a causa della mancanza di controllo sullo sviluppo del software di elaborazione del voto.   «I fornitori di tecnologia che sviluppano software utilizzati il ​​giorno delle elezioni affrontano margini di profitto ridottissimi», ha scritto l’emittente, notando che questo lascia poco spazio per investimenti cruciali nella sicurezza e si traduce nella mancanza in molti stati di un sistema rigoroso per verificare cosa viene effettivamente inserito nel software elettorale.   Nel frattempo, il mese scorso l’FBI ha riferito di essere «sicuro» che l’Iran abbia cercato di interferire nelle prossime elezioni di novembre e che avrebbe cercato di ottenere l’accesso alle campagne presidenziali di entrambi i partiti politici.   Teheran, tuttavia, ha negato le accuse, definendole «infondate e prive di qualsiasi fondamento» e insistendo sul fatto che non ha alcuna intenzione di intromettersi nelle elezioni statunitensi.

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Guerra cibernetica

Hackerata la famiglia Trump

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Martedì, gli account dei social media appartenenti ai familiari di Donald Trump sono stati compromessi e hanno pubblicato post falsi che pubblicizzavano un’iniziativa di famiglia in materia di criptovaluta che deve ancora essere svelata, ha affermato Eric Trump, figlio dell’ex presidente degli Stati Uniti.

 

I post su X sembravano provenire dagli account di Lara Trump, co-presidente del Republican National Committee, e Tiffany, la più giovane delle due figlie del candidato repubblicano.

 

I brevi messaggi, che nel frattempo sono stati rimossi, facevano riferimento a World Liberty Financial e promuovevano un indirizzo di sito web insieme a un token che dichiarava di far parte del progetto.

 

«Questa è una truffa!!! I profili Twitter di Lara Trump e Tiffany Trump sono stati compromessi!!» ha scritto su X Eric Trump, sottolineando nel post che Twitter «è stato fantastico e ha bloccato» gli account in pochi minuti.

 


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World Liberty Financial ha confermato l’informazione, esortando il pubblico a non «cliccare su alcun link o acquistare alcun token condiviso» dagli account compromessi. L’azienda ha affermato in un post su Telegram che stava «lavorando attivamente per risolvere» il problema e ha invitato le persone a rimanere «vigili ed evitare le truffe!»

 

Trump e i suoi figli stanno promuovendo il loro progetto di finanza decentralizzata (DeFi) da diverse settimane.

 

Pochi giorni fa il candidato alla presidenza ha condiviso un video di se stesso con una voce narrante che dice: «Questo pomeriggio, esporrò il mio piano per garantire che gli Stati Uniti diventino la capitale delle criptovalute del pianeta». Ha anche promesso di svelare un piano che si aspetta trasformi gli Stati Uniti nella capitale mondiale delle criptovalute.

 

Trump figlio aveva precedentemente affermato che la piattaforma avrebbe rivaleggiato con il sistema bancario tradizionale. Il canale Telegram del progetto ha guadagnato abbonati, con oltre 219.000 follower a partire da mercoledì.

 

All’inizio di questa settimana, riporta il sito specializzato CoinDesk, citando estratti dalla documentazione interna dell’azienda, che il progetto includerà un «sistema di conti di credito» basato sulla piattaforma DeFi Aave e sulla blockchain di Ethereum per facilitare prestiti e prestiti decentralizzati.

 

Come riportato da Renovatio 21, intervenuto ad una convention di bitcoiner, Trump ha promesso che quando verrà rieletto renderà gli USA una «superpotenze delle criptovalute»The Donald ha inoltre promesso di graziare subito Ross Ulbricht, fondatore del marketplace criminale del dark web Silk Road, ritenuto da molti incastrato dalle autorità per alcuni reati e condannato alla pena, ritenuta da alcuni sproporzionata, dell’ergastolo.

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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons CC BY-SA 2.0

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