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Persecuzioni

Gli arcivescovi birmani: morte, fame e luoghi di culto bruciati senza pietà

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Appello del card. Bo e dei presuli di Mandalay e Taunggyi a tutte le parti in conflitto in Myanmar dopo l’attacco alla storica chiesa di Chan Thar: «Abbiamo sofferto a sufficienza, lasciamo che le armi tacciano».

 

 

 

L’ultima settimana in Myanmar è stata ancora una volta pesantemente segnata dalle violenze che sono arrivate a colpire direttamente anche un luogo simbolo della comunità cattolica locale, la storica chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione nel villaggio di Chan Thar, incendiata e rasa al suolo dall’esercito. Una nuova ferita nell’abisso di guerra in cui il Paese è stato trascinato dal golpe di due anni fa, che ha visto i militari deporre e incarcerare nuovamente Aung San Suu Kyi. In questo contesto i tre arcivescovi cattolici del Paese – il card. Charles Bo di Yangon, l’arcivescovo di Mandalay mons. Marco Tin Win e l’arcivescovo di Taunggyi mons. Basilio Athai – hanno lanciato a nome di tutti i leader religiosi un nuovo accorato appello intitolato «La pace è un pellegrinaggio, percorriamolo insieme», che riportiamo qui sotto.

 

 

Caro popolo del Myanmar e parti in conflitto, statali e non statali: la pace sia con tutti voi.

 

Come leader delle principali religioni e fedi del Myanmar, rivolgiamo questo appassionato appello per la pace, esortando tutti a intraprendere il pellegrinaggio della pace.

 

Gli ultimi mesi hanno visto grandi minacce alla sacralità della vita umana, vite perse, vite sfollate, vite che muoiono di fame. In un Paese benedetto da tante grandi risorse, la distruzione di vite umane è una tragedia straziante.

 

Sempre più spesso i luoghi di culto e i monasteri, dove le comunità hanno cercato pace e riconciliazione, sono esse stesse oggetto di attacco e massacro. Strumenti internazionali come la Convenzione dell’Aia invitano a proteggere i luoghi di culto, i luoghi di insegnamento e i luoghi di cura. Con dolore e angoscia, ci chiediamo perché questi luoghi sacri vengano attaccati e distrutti.

 

Come nazione, abbiamo bisogno di guarire. E la guarigione passa attraverso un profondo senso di relazione reciproca. I luoghi di culto promuovono questa interdipendenza, per costruire la pace. Quando vengono bruciati senza pietà, tornare alla normalità diventa una grande sfida.

 

Come leader delle diverse tradizioni religiose, il nostro appassionato appello a tutte le parti in conflitto in Myanmar è che abbiamo sofferto a sufficienza come popolo: lasciamo che tutte le armi tacciano, raggiungiamo tutti, come fratelli e sorelle iniziamo il sacro pellegrinaggio della pace, uniti come nazione e come popolo.

 

La pace è possibile, la pace è l’unica via.
Con preghiere per la pace e la riconciliazione, a nome dei leader religiosi.

 

 

card. Charles Bo
arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale del Myanmar

mons. Marco Tin Win
arcivescovo di Mandalay

mons. Basilio Athai
arcivescovo di Taunggyi

 

 

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni

 

 

 

Immagine da AsiaNews

 

 

 

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Persecuzioni

Antica cattedrale ortodossa in Ucraina «trasformata in un cinema»

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La Cattedrale della Trasfigurazione, una delle più antiche chiese ortodosse dell’Ucraina, risalente agli inizi dell’XI secolo, sarebbe stata trasformata in un cinema improvvisato. Lo racconta un deputato ucraino.

 

La questione è stata evidenziata da Artem Dmitruk, un parlamentare ucraino noto per la sua cifra religiosa e per la sua opposizione pubblica alla repressione del governo di Kiev nei confronti della più grande confessione cristiana del Paese, la Chiesa ortodossa ucraina (UOC). Il parlamentare è stato infine costretto a fuggire dal Paese a causa delle sue opinioni e ora è ricercato dalle autorità ucraine.

 

Il Dmitruk ha citato immagini che circolano online per sostenere le sue affermazioni. L’edificio è stato sequestrato dalle autorità l’anno scorso.

 

«I cani di Zelens’kyj, dopo aver sequestrato la cattedrale più antica dell’Ucraina, vi hanno allestito un cinema e rimosso tutte le icone», ha scritto Dmitruk sul suo canale Telegram, sostenendo che alle persone che hanno assistito al «cinema» è stato chiesto di pagare 20 grivne (circa 50 centesimi) per l’ingresso.

 

Le immagini condivise dal parlamentare mostrano un interno della cattedrale oscurato, con un piccolo gruppo che guarda un grande schermo TV eretto di fronte all’altare. Il luogo di culto sembra privo di icone, con alcune immagini posizionate su cavalletti visibili vicino alla TV.

 


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Secondo i resoconti dei media locali, le immagini sono state registrate venerdì alla première di un film documentario intitolato «Principato di Chernigov. 1.000 anni».

 

La Cattedrale della Trasfigurazione, situata a circa 100 miglia a nord di Kiev, è stata sequestrata dalle autorità nell’ottobre dell’anno scorso, con i sacerdoti della UOC sfrattati con la forza dai suoi locali da individui armati e mascherati. I funzionari e un museo locale che gestivano la cattedrale e la affittavano alla chiesa canonica all’epoca, hanno affermato che i locali erano in condizioni estremamente pessime a causa della negligenza della UOC e che necessitavano di lavori di ristrutturazione immediati.

 

Nello stesso post, Dmitruk ha anche menzionato un recente scandalo nella città di Lutsk, nell’Ucraina occidentale, dove una cattedrale locale, controllata dalla Chiesa ortodossa ucraina (OCU), gruppo scismatico creatosi sotto il premier Petro Poroshenko per tagliare ogni legame religioso dell’ortodossia ucraina con il Patriarcato di Mosca, è stata adornata con affreschi raffiguranti uomini d’affari locali, che avrebbero donato fondi per il suo restauro.

 

«La cattedrale dell’OCU a Lutsk è stata dipinta con affreschi con ritratti di banditi-imprenditori locali. Il lavoro è stato avviato personalmente dal “vescovo” Volyn dell’OCU Mikhail Zinkevich. È orribile», ha scritto il parlamentare.

 


Gli affreschi hanno ricevuto, a quanto si dice, reazioni contrastanti persino tra i seguaci locali dell’OCU, con alcuni che hanno bollato l’esposizione come un sacrilegio e ne hanno chiesto la rimozione. Tuttavia, dipingere ritratti di ktetors, i principali donatori che forniscono fondi per la costruzione o la ricostruzione di una chiesa, è una tradizione di lunga data nel cristianesimo orientale e non è in alcun modo offensivo.

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L’Ucraina è stata colpita da tensioni religiose per gran parte della sua storia moderna, con numerose entità che rivendicano il ruolo di vera Chiesa ortodossa del Paese.

 

La situazione si è rapidamente deteriorata dopo il 2018, quando l’OCU è stata istituita con il sostegno attivo dell’allora presidente Petro Poroshenko, che ha ottenuto un decreto speciale per legittimare l’entità dal Patriarcato di Costantinopoli, che da alcuni è accusato di essere controllato dalla CIA.

 

La manovra ha causato una frattura importante nel mondo ortodosso, con la Chiesa ortodossa russa (ROC) che ha reciso i suoi legami con Costantinopoli e bollato l’OCU come scismatica.

 

La persecuzione della canonica UOC si è intensificata dopo l’escalation di un conflitto di lunga data tra Mosca e Kiev nel febbraio 2022. Sebbene la chiesa abbia formalmente dichiarato l’indipendenza da Mosca, ciò non l’ha risparmiata da ripetute accuse di lavorare per la Russia.

 

Come riportato da Renovatio 21, la diocesi UOC di Cherkasy ha subito un raid di uomini armati il mese scorso, cui è seguita l’occupazione dalla parte dell’OCU, con la chiesa ortodossa canonica costretta quindi a passare alla clandestinità.

 

Come riportato da Renovatio 21, gruppi di uomini avevano attaccato il monastero della Natività della Beata Vergine Maria nella città di Cherkassy lo scorso novembre.

 

Il regime Zelens’kyj a inizio 20233 aveva tolto la cittadinanza a sacerdoti della Chiesa Ortodossa d’Ucraina (UOC). Vi era stato quindi un ordine di cacciata dalla cattedrale della Dormizione dell’Abbazia delle Grotte di Kiev proprio per il Natale ortodosso. Una tregua di Natale sul campo di battaglia proposta da Putin era stata sdegnosamente rifiutata da Kiev.

 

La repressione religiosa, nel corso di questi mesi, si è presentata con nuove misure volte a vietare le istituzioni religiose ritenute avere legami con la Russia nel tentativo di salvaguardare «l’indipendenza spirituale» della nazione.

 

Dall’inizio del conflitto tra Mosca e Kiev, le autorità e gli attivisti ucraini hanno sequestrato i luoghi di culto della Chiesa Ortodossa Ucraina e li hanno consegnati alla «Chiesa ortodossa dell’Ucraina», sostenuta dal governo. L’esempio più doloroso è quello dei monaci della Chiesa ortodossa ucraina sono stati sfrattati dal luogo ortodosso più sacro del Paese, la Lavra di Kiev, teatro dell’eroica resistenza dei fedeli e dei religiosi dell’OCU.

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A fine 2023 il Patriarca di tutte le Russie Kirill aveva inviato un appello a papa Francesco, Tawadros II di Alessandria (leader della Chiesa copta ortodossa), all’arcivescovo di Canterbury Justin Welby (leader della Comunione anglicana), all’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e ad altri rappresentanti di organizzazioni internazionali, per chiedere il loro aiuto e porre fine alla persecuzione del vicegerente della Lavra, il metropolita Pavel, poi liberato con una cauzione di circa 820 mila euro.

 

Nello stesso periodo il metropolita Gionata della diocesi di Tulchin è stato condannato a cinque anni di carcere e alla confisca dei beni da un tribunale di Vinnitsa (città centro-occidentale del Paese) per vari presunti reati contro lo Stato ucraino.

 

Le immagini di Cherkasy vanno ad aggiungersi alle immagini, oramai notissime, della resistenza dei fedeli e dei religiosi allo sfratto dal monastero della Lavra.

 

Il sindaco di Kiev Vitalij Klitschko, recentemente postosi come avversario di Zelens’kyj e forse candidato pure a sostituirlo, ha ordinato tre mesi fa la chiusura di 74 chiese appartenenti alla Chiesa Ortodossa Ucraina canonica.

Come riportato da Renovatio 21, il Parlamento ucraino ha approvato una legge che consentirebbe alle autorità di vietare la Chiesa ortodossa ucraina (UOC), che Kiev ha ripetutamente accusato di avere legami con la Russia.

 

 

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Immagine di Bvzhovtok via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Persecuzioni

Birmania: un vescovo discute delle condizioni di vita dei cristiani

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La recente proposta di papa Francesco di offrire asilo politico alla dissidente Aung San Suu Kyi ha avuto l’effetto di riportare sotto i riflettori la sanguinosa guerra civile in Myanmar (ex Birmania). In questo Paese al 90% buddista, la minoranza cristiana sta subendo il peso di una guerra civile che mescola dimensione religiosa ed etnica.  

Un vescovo testimonia le condizioni vissute dai cristiani nella sua diocesi situata nell’est del Paese

La giunta militare, guidata dal generale Min Aung Hlaing, è salita al potere con il colpo di stato del febbraio 2021 che ha spodestato il governo di Aung San Suu Kyi, ponendo fine a una parentesi decennale di democrazia «all’occidentale», e precipitando il Paese in una violenza senza precedenti. Oltre agli attivisti pro-democrazia, la giunta, il cui potere vacilla, sta combattendo diversi gruppi armati etnici.   In visita a Roma per partecipare all’incontro di formazione per i vescovi di nuova nomina, mons. Celso Ba Shwe, vescovo di Loikaw, capitale dello Stato di Kayah, ha portato la sua preziosa testimonianza all’agenzia di stampa Asianews.   Dallo scorso novembre il presule è costretto a lasciare la sua cattedrale di Cristo Re, occupata dall’esercito per ordine della giunta. Ora vive tra i rifugiati nello stato di Kayah, le cui sistemazioni – principalmente tende e alloggi improvvisati in bambù – hanno dovuto far fronte al diluvio causato dal tifone Yagi.   «A Loikaw non vive più nessuno», precisa mons. Celso Ba Shwe. «La maggior parte degli edifici sono stati bruciati e distrutti, soprattutto nelle zone cristiane. In molte parti della città è anche impossibile tornare a casa a causa delle mine».   «Questi giovani sono convinti di lottare per la giustizia; nessuno di noi vuole tornare ai tempi della dittatura militare, ma anche i giovani sanno che la guerra non è la soluzione per raggiungere uno stato democratico. Ciò che la Chiesa vuole e chiede è che i PDF si presentino come un gruppo unito: questo un giorno, forse, avverrà, ma per il momento è ancora molto difficile» spiega il Vescovo di Loikaw.   Quando gli è stato chiesto di lasciare la regione per recarsi in un luogo più sicuro, il prelato ha risposto: «Sono un vescovo senza cattedrale, ma sono felice. Come posso lasciare la mia gente? Devo andare dove si trova il mio gregge. Le persone non hanno una chiesa, ma hanno i propri posti dove pregare. È un’esperienza che, con tutte le sue difficoltà, mi ricorda la vita dei primi cristiani»

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In questo stato di emergenza che vivono i cristiani del Myanmar, suore e sacerdoti si fanno protagonisti: «non possiamo darci la struttura di una ONG, ma siamo sempre vicini alla gente, con una clinica mobile per le visite mediche e un gruppo di sostegno per coloro che sono più gravemente traumatizzati».   «Le suore, soprattutto, sono vicine a chi soffre. Ed è così che raggiungiamo queste persone in regioni remote che le agenzie internazionali non possono raggiungere», specifica mons. Celso Ba Shwe che ha anche formato con urgenza catechisti per sostenere i religiosi sopraffatti.   Il futuro del Myanmar comporterà la creazione di regioni autonome? Forse perché, dall’indipendenza del Paese nel 1948, le milizie etniche hanno sempre combattuto, più o meno, contro il governo centrale in mano all’etnia maggioritaria Bamar, a maggioranza buddista.   Ma «in passato», aggiunge il prelato, «queste milizie hanno talvolta creato amministrazioni contrarie alla volontà delle popolazioni locali». Il futuro rimane quindi incerto, soprattutto perché la vicina Cina ha numerosi interessi nel Paese e rimane un attore chiave nella regione.   Ma il vescovo di Loikaw resta fiducioso: «anche se le sfide e le difficoltà sono immense, Dio non ci abbandona! Quando una famiglia mi avvisa: “non abbiamo più riso per nutrire i bambini”, qualcuno si fa avanti per fare una donazione. Non abbiamo quasi nulla, ma facciamo quello che possiamo ogni volta».   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Droni

Birmania, attacco con droni distrugge chiesa

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Continua il conflitto tra la giunta militare golpista birmana e gruppi di ribelli, con un’altra chiesa devastata dai colpi. Lo riporta AsiaNews.

 

Negli ultimi giorni droni armati hanno atacco il villaggio di Mon Hla, nella regione del Sagaing.

 

Nel raid è stata colpita la chiesa di san Michele, con la «distruzione dell’intero lato destro» come racconta una fonte di AsiaNews. «Anche il campanile e la navata hanno riportato gravi danni».

 

Il Sagaing è la terra natale di monsignor Charles Maung Bo, attuale arcivescovo di Rangoon.

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Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno uomini armati avevano sparato ad un sacerdote cattolico durante la Santa Messa. Nel 2021 vi fu l’uccisione di un volontario di un seminario cattolico durante un raid nella struttura che ospitava profughi e sfollati.

 

L’anno passato fu presa dall’esercito la cattedrale di Loikaw, con il vescovo rifugiatosi nella foresta.

 

Durante il conflitto chiese sono state colpite anche nello Stato di Shan (Birmania orientale) e in altre regioni, facendo vittime, tra cui bambini. In altri casi si sono visti attacchi a villaggi cattolici con diecine di case date alle fiamme.

 

Due anni fa i soldati della giunta golpista incendiarono la storica chiesa dell’Assunzione a Chan Thar.

 

Tre anni fa si registrò il bombardamento di una chiesa e di un convento di suore.

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 Immagine di Gerd Eichmann via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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