Economia
Giornale ammette: la Germania si sta deindustrializzando

Il principale quotidiano economico tedesco Handelsblatt ha pubblicato un rapporto allarmante su come l’industria stia subendo crescenti pressioni a causa dei prezzi elevati dell’energia, con numerosi settori industriali che stanno già rispondendo con tagli alla produzione per risparmiare gas ed elettricità.
L’inflazione dei prezzi dell’energia sta colpendo in particolare i settori ad alta intensità energetica, che hanno tagliato la produzione su tutta la linea: l’industria siderurgica, di circa il 5%, l’industria chimica, dell’8%.
L’industria dei fertilizzanti ha ridotto o chiuso completamente il 70% della sua capacità di produzione in Germania.
Gli esperti prevedono che la rapida perdita di competitività potrebbe cambiare in modo permanente l’economia tedesca.
Oliver Falck, capo del Centro IFO per l’Economia Industriale, ha dichiarato a Handelsblatt che «se i prezzi dell’energia rimarranno alti come sono attualmente a lungo termine, ciò potrebbe portare alcune industrie a lasciare la Germania».
Ciò riguarderebbe in particolare le aziende ad alta intensità energetica come le industrie chimiche e dei metalli, nonché le industrie di base come petrolio, vetro, ceramica e carta.
La maggior parte delle industrie colpite aveva già subito svantaggi competitivi prima della guerra in Ucraina, di cui Falck ha osservato che «l’attuale crisi sta accelerando questo processo».
Un dato precipuo di crisi è che i prezzi alla produzione sono aumentati del 45,8% ad agosto, il più grande aumento da quando le statistiche hanno iniziato a essere mantenute nel 1949.
La Germania ha testé nazionalizzato il colosso energetico distributore di gas Uniper. Secondo dati dell’Ufficio Federale delle Statistiche Destatis, l’inflazione si è abbattuta disastrosamente sul Paese.
l’economista del gruppo ING Carsten Brzeski, in un rapporto ai clienti avrebbe scritto che la recessione tedesca sarebbe oramai inevitabile.
L’industria tedesca ha già annunciato più volte invece che senza il gas russo vi saranno chiusure. L’economia teutonica ha già dato pesanti segni di contrazione, con una perdita calcolata per almeno 200 miliardi di euro e crollo del PIL di almeno il 12,7%.
Il collasso industriale del Paese pare ineludibile – è ciò che in queste settimane continuano a denunciare dagli stessi industriali teutonici. CEO di megagruppi come sindaci di piccole città chiedono a gran voce l’apertura del gasdotto Nord Stream 2, che casualmente doveva essere inaugurato proprio allo scoppio delle tensioni in Ucraina.
Assieme al collasso industriale, possiamo parlare anche di possibile collasso della società civile.
Berlino sta preparandosi all’ipotesi di non poter fornire riscaldamento alle case dei cittadini con la costituzione di «hub di riscaldamento» dove gli «sfollati energetici» potranno cercare di non morire assiderati nelle loro stesse abitazioni.
Il governo di Berlino sta inoltre preparandosi alla repressione di eventuali rivolte, allargando la definizione di «estremisti» a chiunque sia contrario alla politica dello Stato Federale e del Land di appartenenza.
Non sembra esservi alcuna volontà da parte della classe dirigente politica tedesca di uscire dall’impasse. Il ministro degli Esteri Annalena Baerbock ha dichiarato che la politica filoucraina verrà portata avanti anche qualora i suoi elettori fossero contrari.
Economia
Stablecoin e derivati cripto minacciano l’equilibrio economico e funzionario

Il 6 ottobre, l’Institute for New Economic Thinking, un think tank no-profit con sede a New York fondato nel 2009 dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, ha pubblicato un lungo articolo accademico di Arthur E. Wilmarth, professore emerito di diritto alla George Washington University e autore del libro del 2020 Taming the Megabanks: Why We Need a New Glass-Steagall Act.
L’articolo, che merita una lettura completa, conferma molte delle analisi sulla pericolosità delle stablecoin e sul GENIUS Act (Guiding and Establishing National Innovation for U.S. Stablecoins Act), una legge federale degli Stati Uniti che mira a creare un quadro normativo completo per le stablecoin.
«Il GENIUS Act autorizza le società non bancarie a emettere stablecoin non assicurate al pubblico, senza le garanzie essenziali fornite dall’assicurazione federale sui depositi e dalle normative prudenziali che disciplinano le banche assicurate dalla FDIC. Inoltre, il GENIUS Act conferisce alle autorità di regolamentazione federali e statali ampia autorità per consentire agli emittenti di stablecoin non bancarie di vendere al pubblico derivati crittografici ad alta leva finanziaria e altri investimenti speculativi in criptovalute» scrive lo Wilmarth.
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«Le stablecoin sono utilizzate principalmente come strumenti di pagamento per speculare su criptovalute con valori fluttuanti, con circa il 90% dei pagamenti in stablecoin collegati a transazioni in criptovalute. Le stablecoin sono anche ampiamente utilizzate per condurre transazioni illecite. Nel 2023, le stablecoin sono state utilizzate come strumenti di pagamento per il 60% delle transazioni illegali in criptovaluta (tra cui truffe, ransomware, evasione dei controlli sui capitali, riciclaggio di denaro ed evasione fiscale) e per l’80% di tutte le transazioni in criptovaluta condotte da regimi sanzionati e gruppi terroristici».
«Più di 20 stablecoin sono crollate tra il 2016 e il 2022» dichiaro lo studioso nell’articolo.
«Quando un gran numero di investitori si trova improvvisamente costretto a liquidare le proprie stablecoin, deve fare affidamento sulla capacità degli emittenti e degli exchange di stablecoin di riscattare rapidamente le stablecoin al valore “ancorato” di 1 dollaro per moneta. Il GENIUS Act consente agli emittenti di stablecoin non bancari di detenere tutte o la maggior parte delle loro riserve in strumenti finanziari non assicurati, come depositi bancari non assicurati, fondi del mercato monetario (MMF) e accordi di riacquisto (repos).
«Il GENIUS Act consente inoltre agli emittenti di stablecoin non bancari di vendere al pubblico una gamma potenzialmente illimitata di derivati crypto e altri investimenti in criptovalute approvati dalle autorità di regolamentazione federali e statali come “accessori” alle attività dei fornitori di servizi di criptovalute. I derivati crittografici, inclusi futures, opzioni e swap, rappresentano circa tre quarti di tutta l’attività di trading di criptovalute e la maggior parte delle negoziazioni di derivati crittografici avviene su borse estere non regolamentate. I contratti futures crittografici perpetui consentono agli investitori di effettuare scommesse a lungo termine con elevata leva finanziaria sui movimenti dei prezzi delle criptovalute senza possedere le criptovalute sottostanti».
«L’esplosione di derivati crittografici ad alto rischio e di altri investimenti crittografici rischiosi è gonfiare una bolla crypto “Subprime 2.0” generando molteplici scommesse ad alto rischio su cripto-asset estremamente volatili, privi di asset tangibili sottostanti o flussi di cassa indipendenti» avverte lo Wilmarth. «Ciò causerà quasi certamente un crollo simile, con potenziali effetti devastanti sul nostro sistema finanziario e sulla nostra economia. Le agenzie federali saranno molto messe alle strette per contenere un simile crollo con salvataggi paragonabili a quelli del 2008-09 e del 2020-21».
«Dato l’enorme debito del governo federale, l’attuazione di tali salvataggi innescherà probabilmente una crisi nel mercato dei titoli del Tesoro e un significativo deprezzamento del dollaro statunitense» conclude lo studioso.
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Economia
Importatori indiani pagano petrolio russo in yuan

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Cina
La Cina impone controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare

Il ministero del Commercio cinese, ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali. Lo riporta il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times.
Questi controlli riguardano «l’estrazione, la fusione e la separazione delle terre rare, la produzione di materiali magnetici e il riciclaggio delle risorse secondarie delle terre rare». Le aziende potranno richiedere esenzioni per casi specifici. In assenza di esenzioni, il ministero della Repubblica Popolare obbligherà gli esportatori a ottenere licenze per prodotti a duplice uso non inclusi in queste categorie, qualora sappiano che i loro prodotti saranno utilizzati in attività connesse alle categorie elencate.
Il precedente tentativo del presidente statunitense Donald Trump di avviare una guerra tariffaria con la Cina si è rivelato un fallimento, principalmente a causa del dominio preponderante della Cina nell’estrazione e nella lavorazione dei minerali delle terre rare. Delle 390.000 tonnellate di ossidi di terre rare estratti nel 2024, la Cina ne ha prodotte circa 270.000, rispetto alle 45.000 tonnellate degli Stati Uniti, e detiene circa l’85% della capacità di raffinazione globale.
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La decisione odierna della Cina avrà certamente un impatto a Washington, soprattutto in vista dell’incontro tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping previsto per fine mese. Oggi si è registrata una corsa all’acquisto delle azioni di MP Materials, il principale concorrente statunitense della Cina nella produzione di terre rare.
All’inizio dell’anno, il dipartimento della Difesa statunitense aveva investito in MP Materials, dopo che Trump aveva evidenziato il divario tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, tale investimento è stato considerato insufficiente e tardivo.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.
Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.
Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.
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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia
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