Bizzarria
Giorgio Bush e il lapsus del secolo

Se non lo avete visto, ecco George Bush in quello che può tranquillamente definirsi il più grande lapsus del XXI secolo.
Una figura da cioccolatai che, è il caso di dirlo, ha proporzioni mondiali.
«… del tutto ingiustificata e brutale invasione dell’Iraq… scusate, Ucraina… eh».
Vien quasi da essere magnanimi, e pensare che in fondo non fosse lui la vera fonte del Male che imperversò sul mondo nei primi anni Duemila, ma chi gli stava intorno, in particolare gli allievi di Leo Strauss, quei neocon che oggi, per i loro motivi, hanno messo a ferro e fuoco (a breve nucleare, forse) l’Ucraina provocando scientemente l’Operazione Z.
George Dubya non è mai stato considerato quello intelligente in famiglia: tutti si aspettavano che a succedere al padre stabilmente sarebbe stato Jeb Bush, il fratellino più intelligente e mainstream, benvoluto come governatore della Florida e convertito al cattolicesimo come tanti conservatori americani.
Il destino aveva altri piani: se nell’era Reagan George junior, tra cocaina e alcool, era un imbarazzo per la famiglia Bush – si possono vedere scene eloquenti nella pellicola Vice, incentrata sull’onnipotente vicepresidente di Bush jr. alleato dei neocon Dick Cheney – egli seppe riscattarsi e vincere per due volte le presidenziali.
Quanto a Jeb, come noto era destinato a succedergli, confermando la più grande dinastia politica americana, dopo gli 8 anni di Obama. La sua sfidante principale era un’amica di famiglia, Hillary Clinton, moglie dell’uomo che aveva strappato a George senior la rielezione, ma in ottimo rapporti con il clan texano, baci e abbracci.
Hillary temeva che la medietà di Jeb, elettoralmente una sorta usato sicuro e per giunta più presentabile del precedente, potesse vincere contro l’immagine di una Clinton implicata in scandali e bombardamenti. Quindi, i Clinton chiamarono un loro amico, un personaggio TV che, essendo anche palazzinaro, per ingraziarsi i Clinton appena arrivati a Nuova York dopo la Casa Bianca costruì un campo da golf per giuocarci assieme.
L’amico stava già giochicchiando con la politica da un po’. Era il petardo perfetto da buttare nel Partito Repubblicano, creando caos, togliendo il voto radicale (che era già allora più che sensibile) ai candidati favoriti, in pratica mettendo in difficoltà Jeb Bush alle primarie.
Andò esattamente come progettato dai Clinton: Hillary si trovò dinanzi come sfidante proprio l’impresentabile petardo che aveva lei stessa lanciato, convinta a questo punto di segnare a porta vuota.
Sappiamo tutti invece cosa successe: lo strumento anti-Bush dei Clinton, Donald Trump, spazzò via Ilaria e la umiliò pubblicamente, al punto da renderla completamente inaccettabile ad una massa immensa di americani, che ora vedono in solo corruzione e trame oscure.
Maureen Dowd, editorialista veterana del New York Times, chiese conto di questa storia a Donald Trump impersona. Non confermò, né smentì…
Inutile rimpiangere il fatto che con l’improvvisato avversario dei Bush al potere, non ci sarebbe stata né l’invasione dell’Iraq né quella dell’Ucraina…
Bizzarria
Trump contro la trionfale copertina di TIME: «mi hanno fatto sparire i capelli»

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha criticato l’ultima copertina della rivista Time, che accompagna un articolo che loda il suo ruolo nel negoziato di un cessate il fuoco tra Israele e il gruppo militante palestinese Hamas.
L’edizione di lunedì della rivista ha definito la tregua di Gaza come il «trionfo» di Trump, presentando un suo ritratto scattato dal basso. Sebbene abbia riconosciuto che l’articolo in sé fosse «relativamente buono», Trump ha duramente contestato l’immagine su Truth Social martedì mattina, definendola «forse la peggiore di sempre».
«Mi hanno fatto “scomparire” i capelli e poi hanno messo sopra la mia testa qualcosa che sembrava una corona fluttuante, ma estremamente piccola. Davvero strano!» ha scritto.
Trump ha frequentemente accusato i media americani di parzialità, sostenendo che la maggior parte della copertura mediatica evidenzi ingiustamente le critiche alla sua presidenza.
The living Israeli hostages held in Gaza have been freed under the first phase of Donald Trump’s peace plan, alongside a Palestinian prisoner release. The deal may become a signature achievement of Trump’s second term, and it could mark a strategic turning point for the Middle… pic.twitter.com/0bZDABIDGj
— TIME (@TIME) October 13, 2025
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Non si tratta della prima volte che il Trump si preoccupa della sua criniera, a lungo oggetto di speculazioni sulla sua autenticità. Per provare di avere i capelli veri, si fece tirare i capelli in diretta dalla giornalista televisiva Mika Brzezinski (figlia del geostratega Zbigniew), che col marito co-conduttore Joe Scarborough divenne poi acerrima avversaria del presidente (con reductio ad Hitlerum ad abundatiam) e parossistica apologeta di Biden.
Mika Brzezinski from MSNBC’s “Morning Joe” was once visibly fond of Donald Trump, even playfully running her fingers through his hair.
Later on she compared him to Hitler.
And now, after seven years of estrangement, apparently he’s no longer Hitler… pic.twitter.com/b9tepBUuSy
— MAGA Resource (@MAGAResource) November 18, 2024
Il figlio primogenito Don jr. ha raccontato durante un incontro pubblico con Charlie Kirk che, raggiunto al telefono dai figli dopo l’attentato subito a Butler in Virginia durante la campagna elettorale, Trump ha chiesto loro come in TV, in quel momento, fossero i suoi capelli. «I capelli vanno bene… c’è molto sangue, ma vanno bene» ha risposto il figlio.
È lecito pensare che vi sia nel presidente statunitense una cifra sansonica, per cui il suo potere – a questo punto indiscutibile – è tratto proprio dalle sue bionde, inconfondibili, escrescenze tricologiche – che sono, lo sanno gli esperti, uno strumento di branding perfino superiore al baffetto dello Hitler, al baffone dello Stalin, alla pelata mussoliniana.
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Bizzarria
Ai nordcoreani è stato ordinato di identificare le donne con tette «antisocialiste»

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Animali
Il Canada vuole eutanasia di massa anche per gli struzzi

Una controversia legata alla gestione di un focolaio di influenza aviaria ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica canadese. Tutto ha avuto inizio nel 2024, quando i proprietari di un’azienda agricola a conduzione familiare nella Columbia Britannica hanno rilevato sintomi compatibili con l’influenza aviaria in alcuni struzzi del loro allevamento. La malattia si è diffusa rapidamente tra gli uccelli, causando la morte di 69 esemplari nel giro di un mese.
Gli struzzi rimasti, tuttavia, non hanno mostrato segni di malattia nei mesi successivi, suggerendo lo sviluppo di una possibile immunità naturale. Nonostante ciò, l’Agenzia canadese per l’ispezione alimentare (CFIA) ha disposto l’abbattimento dell’intero stormo sopravvissuto, considerandolo un rischio per la salute pubblica e per l’industria avicola nazionale.
La decisione ha suscitato una forte reazione da parte della famiglia proprietaria dell’allevamento, che da mesi si oppone al provvedimento attraverso vie legali e mediatiche. La vicenda ha avuto un nuovo sviluppo lo scorso mercoledì, quando la Corte Suprema del Canada ha concesso una sospensione temporanea dell’abbattimento, bloccando l’operazione in attesa di ulteriori decisioni giudiziarie.
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Nonostante la sospensione, gli agenti della CFIA – coadiuvati da oltre 100 agenti di polizia – continuano a presidiare la proprietà, impedendo ogni accesso non autorizzato agli animali. Secondo i proprietari, l’agenzia ha anche vietato loro di effettuare test diagnostici indipendenti sugli uccelli sopravvissuti, con la minaccia di sanzioni che includono multe fino a 200.000 dollari e pene detentive fino a sei mesi per ogni esemplare testato senza autorizzazione.
La CFIA sostiene che la presenza degli struzzi costituisca ancora una minaccia biologica. Tuttavia, alcuni osservatori hanno sollevato dubbi sulle modalità di gestione della situazione. In particolare, è stato segnalato che, nei giorni iniziali dell’intervento, alcuni operatori dell’agenzia sarebbero entrati nell’area senza adeguati dispositivi di protezione individuale, adottando misure di sicurezza più rigorose solo successivamente. Anche le forze dell’ordine, secondo quanto riferito, non avrebbero utilizzato equipaggiamenti protettivi durante le operazioni di sorveglianza.
La famiglia proprietaria della fattoria, denuncia quella che definisce una violazione dei propri diritti. La figlia dei titolari, ha dichiarato: «Non si tratta solo dei nostri struzzi. È una questione più ampia che riguarda i diritti degli agricoltori e la libertà di gestire le proprie terre».
Il caso ha acceso un dibattito pubblico sull’equilibrio tra misure di biosicurezza e diritti individuali, sollevando interrogativi sulla proporzionalità dell’intervento governativo e sulla trasparenza delle valutazioni scientifiche alla base delle decisioni.
Rimane il fatto che il Canada, anche per i grandi pennuti, è capitale dell’eutanasia di Stato che si dirige verso l’eliminazione dei bambini autistici (anche senza consenso dei genitori), i malati mentali in genere, i disabili, i depressi da lockdown, gli angosciati, i poveri – etc. Con contorno di record per le predazioni di organi.
Due anni fa il Canada registrò che una persona su 25 moriva per MAiD, il nome della pubblica eutanasia canadese.
Come riportato da Renovatio 21, un altro caso di eutanasia animale sconvolse gli USA, forse spostando anche qualche voto delle presidenziali: quello dello scoiattolo Peanut, strappato dalle amorevoli braccia del suo addestratore ed eutanatizzato dalle autorità statunitensi.
Perché per il malvagio squirrello che invece terrorizza la California, al momento, non è richiesta la morte di Stato?
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Immagine di Mostafameraji via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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