Persecuzioni
Gaza, scatta l’ordine di evacuazione per il quartiere della parrocchia cattolica

Padre Gabriel Romanelli, parroco della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza, l’unica chiesa cattolica nell’enclave, ha dichiarato all’agenzia di stampa italiana ANSA il 18 agosto 2025 che «è stato emesso un ordine di evacuazione per l’intero quartiere», mentre Israele prosegue il suo piano di sfollamento dei palestinesi, riporta Vatican News.
«È stato emesso un ordine di evacuazione per l’intero quartiere. E hanno detto che stanno iniziando a distribuire le tende», ha detto Padre Gabriel Romanelli.
La sua dichiarazione giunge mentre le forze israeliane proseguono il loro piano di ricollocazione di migliaia di palestinesi dal nord di Gaza, dove si trova la parrocchia, in aree designate nel sud, suscitando preoccupazione internazionale per il peggioramento delle condizioni umanitarie.
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Tuttavia, ha aggiunto, «dove troveranno spazio per tutti gli abitanti» della Striscia di Gaza, ovvero «2.300.000 persone»?
Padre Romanelli ha affermato che durante la messa di domenica, «hanno sentito un’esplosione molto forte nelle vicinanze che ha rotto una cisterna d’acqua», sottolineando che «fortunatamente, si sono verificati solo danni materiali».
Padre Romanelli ha anche citato «segnali contrastanti», affermando che sembrava esserci un ordine di evacuazione mentre «un’associazione stava distribuendo verdure, pomodori e patate», che la gente ha ricevuto con gratitudine.
L’esercito israeliano ha descritto il piano di ricollocamento come necessario per proteggere i civili mentre i combattimenti continuano.
Migliaia di persone hanno manifestato a Tel Aviv questo fine settimana, sostenendo che questo piano d’azione potrebbe mettere in pericolo la vita dei circa 20 ostaggi ancora tenuti da Hamas. Anche Hamas ha respinto questo piano.
Un mese dopo l’attacco del 17 luglio alla parrocchia cattolica, che ha causato tre morti e diversi feriti, tra cui padre Romanelli, leggermente ferito a una gamba, il sacerdote ha sottolineato che «i bambini hanno bisogno di tutto».
Riguardo alla situazione del conflitto in generale, ha affermato: «non c’è accordo; non vogliono rilasciare gli ostaggi, o solo parzialmente; l’altra parte dice “no, tutti insieme”… L’unica cosa certa è che le bombe continuano a uccidere civili e bambini; i numeri sono terribili».
(…)
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Catholic Church of England and Wales via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Persecuzioni
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Persecuzioni
Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere

L’arcivescovo armeno Mikael Ajapahyan è stato giudicato colpevole di incitamento al colpo di stato e condannato a due anni di carcere, in un clima di crescente tensione tra la Chiesa nazionale e il governo. Il religioso ha respinto le accuse, definendole di natura politica.
Come riportato da Renovatio 21, l’arcivescovo era stato arrestato ad inizio estate, quando la polizia aveva fatto irruzione nella sede della Chiesa apostolica armena, la più grande del Paese, nella città di Vagharshapat, provocando gravi scontri tra chierici, membri della chiesa e forze dell’ordine.
Negli ultimi mesi, le frizioni tra il primo ministro Nikol Pashinyan e l’opposizione, appoggiata da figure di spicco della Chiesa Apostolica Armena (CAA), si sono intensificate. I critici hanno accusato Pashinyan di compromettere gli interessi nazionali dell’Armenia per aver accettato di cedere alcuni villaggi di confine all’Azerbaigian, Paese con cui l’Armenia ha contenziosi territoriali. Pashinyan ha difeso la decisione, che ha scatenato proteste, sostenendo che punta a risolvere il conflitto decennale tra le due ex repubbliche sovietiche.
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Venerdì, un tribunale di Yerevan ha emesso la sentenza contro Ajapahyan, in custodia cautelare da fine giugno. L’accusa aveva richiesto una condanna a due anni e mezzo, mentre la difesa aveva sostenuto l’innocenza dell’arcivescovo. Secondo l’atto d’accusa, Ajapahyan avrebbe incitato al rovesciamento del governo armeno in due interviste rilasciate a febbraio 2024 e giugno 2025.
Commentando le accuse dopo il suo arresto, Ajapahyan ha dichiarato che il «Signore non perdonerà i miseri servitori che sanno bene cosa stanno facendo».
Ad agosto, Karekin II, Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, ha espresso preoccupazione per la «campagna illegale contro la Santa Chiesa apostolica armena e il suo clero da parte del potere politico», come riportato in una dichiarazione ufficiale della Chiesa.
A giugno, le autorità armene hanno arrestato un altro importante religioso, il vescovo Bagrat Galstanyan, accusandolo di terrorismo e di aver pianificato un colpo di Stato.
Nello stesso mese, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito la spaccatura tra il governo armeno e la Chiesa una «questione interna» dell’Armenia, aggiungendo però che molti membri della numerosa diaspora armena in Russia stavano «osservando questi eventi con dolore» e non «accettavano il modo in cui si stavano svolgendo».
L’Armenia e il vicino Azerbaigian sono entrambe ex repubbliche sovietiche, coinvolte in una disputa territoriale sulla regione del Nagorno-Karabakh dalla fine degli anni Ottanta. La regione, a maggioranza armena, si è staccata da Baku all’inizio degli anni ’90 in seguito a una guerra in piena regola.
Il territorio è stato fonte di costante tensione tra Armenia e Azerbaigian per oltre due decenni, con molteplici focolai e conflitti su larga scala, prima che Baku riuscisse a riprendere il controllo della regione con la forza nel 2023, provocando l’immane esodo degli armeni del Nagorno, regione divenuta prima teatro di atrocità poi di città fantasma.
Come riportato da Renovatio 21, strutture gasiere legate all’Azerbaigian sono state colpite nei pressi di Odessa, a pochi metri dal confine romeno (cioè NATO) nelle scorse ore.
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Baku è legata alla politica europea, ed italiana, tramite il gasdotto TAP, considerato come fornitura di idrocarburo alternativa a Mosca, per cui spinta dalle élite euro-atlantiche di Brusselle, pronte a chiudere un occhio sulle accuse allo Stato dinastico petro-islamico dell’Azerbaigian riguardo i diritti umani.
Secondo un giornale spagnolo, l’Armenia, nel suo movimento di allontanamento da Mosca perseguito dalla presidenza Pashynian, starebbe per porre parte del suo territorio sotto il controllo degli Stati Uniti.
Yerevan è diventata sempre più filo-occidentale sotto Pashinyan; durante la conferenza stampa, il primo ministro ha ribadito che «l’Armenia vuole entrare a far parte dell’UE», riflettendo una legge firmata all’inizio di quest’anno che esprime questa intenzione. Tuttavia, ha riconosciuto che sarà «un processo complicato», poiché il paese dovrà soddisfare determinati standard e ottenere l’approvazione di tutti gli Stati membri.
Nelle ultime settimane, la tensione in Armenia è stata elevata a seguito dell’arresto di due alti prelati della Chiesa Apostolica Armena (CAA) e di uno dei suoi principali sostenitori, l’imprenditore russo-armeno Samvel Karapetyan. Sono stati accusati di aver cospirato per rovesciare il governo di Pashinyan dopo aver esortato la popolazione a protestare contro la decisione del primo ministro di cedere diversi villaggi di confine all’Azerbaigian.
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