Spirito
Forma e significato della messa di «rito maya»
Come riportato di recente, in Messico si sta preparando un rito «maya» della messa. Lo studio è già avanzato ed è emerso un progetto. Un gruppo di vescovi messicani si è infatti riunito per lavorarvi nella diocesi di San Cristóbal de las Casas con Mons. Aurelio Garcia Macias, sottosegretario del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Preparato a febbraio, il progetto sarà sottoposto ai vescovi messicani prima di essere inviato a Roma a maggio. Prima di leggere il testo, è utile conoscere il contesto.
Diocesi di San Cristóbal de las Casas
La diocesi è stata per decenni sotto l’occhio vigile di Roma. In gioco c’è il sincretismo, il processo decisionale comunitario, l’attivismo politico di sinistra e l’ordinazione di centinaia di diaconi permanenti, con le loro mogli, per realizzare una «chiesa indigena».
Mons. Samuel Ruiz Garcia, vescovo della diocesi dal 1960 al 2000, è stato all’origine del movimento. Mons. Felipe Arizmendi Esquivel, creato cardinale nel 2020, vescovo della diocesi dal 2000 al 2017, ha proseguito nella linea del suo predecessore, che ha sollevato non poche preoccupazioni a Roma.
Il caso dei diaconi permanenti associati alle loro mogli
Nel 2000 il Vaticano ha chiesto che, al momento dell’ordinazione dei diaconi permanenti, il vescovo non imponesse le mani sul capo della moglie, come era prassi. Nel 2005 la Congregazione per il Culto Divino ha sospeso «le ordinazioni diaconali permanenti fino a quando non sarà risolto il problema ideologico di fondo» e che il concetto di celibato sacerdotale fosse rafforzato.
Inoltre «la formazione dei candidati al diaconato permanente doveva essere interrotta». La diocesi contava allora 340 diaconi permanenti sposati e un quarto di questo numero di sacerdoti: le parrocchie erano gestite principalmente da diaconi permanenti e dalle loro mogli.
Nel 2007 Roma ha chiesto di togliere dal direttorio diocesano l’indicazione che questi diaconi potessero diventare preti sposati.
L’incoraggiamento di papa Francesco
Il cardinale Arizmendi racconta come, già nel 2013, fosse incoraggiato dal nuovo Papa. Francesco gli disse che il diaconato permanente sarebbe potuto essere una soluzione molto opportuna nelle comunità indigene e che sarebbe dovuto essere incoraggiato. Lo raccomanda Querida Amazonia, n°92.
Pochi mesi dopo il presule ha spiegato che «siamo stati autorizzati a continuare queste ordinazioni». Francesco ha così incoraggiato un diaconato indigeno permanente con mogli considerate co-diaconesse, ma sostenne anche lo sviluppo di un rito indigeno.
Gli elementi generali alla base del nuovo progetto
Diversi elementi compaiono nel Sinodo amazzonico del 2019: rafforzamento del ruolo liturgico delle donne (verso un diaconato femminile), ruolo preponderante dei diaconi indigeni sposati (verso i sacerdoti sposati) e un’inculturazione liturgica mista a elementi idolatrici (cfr. culto della Pachamama).
Per quanto riguarda l’antica religione maya, essa è intrisa di politeismo, animismo, credenza nella comunicazione con gli antenati, persino sacrifici umani.
Il rito «maya» così com’è già praticato nella diocesi di San Cristóbal de las Casas
C’è già una avanzata inculturazione dei riti maya, approvata dal vescovo locale.
Alcuni di questi elementi devono essere integrati nel progetto attuale.
Incensazione dell’altare da parte delle donne
È un’antica funzione delle donne maya incensare oggetti come l’altare maya; questa funzione si ripete durante la messa, con lo stesso tipo di incensiere: le donne incensano l’altare in momenti diversi durante la messa con un incensiere maya.
Le danze rituali
La cultura maya utilizza danze rituali: queste sono previste alla fine della messa. Si ritiene che queste danze siano mezzi per comunicare con divinità e spiriti. Il sito web di World History spiega: «i rituali di danza venivano praticati per comunicare con gli dei. Le danze prevedevano sontuosi costumi raffiguranti i volti delle divinità. (…) I Maya pensavano che vestendosi e comportandosi come un dio, potessero comunicare con lui».
La Terra, «dea madre»
Spiega il cardinale Arizmendi: «nella “teologia indiana” la terra è essenziale, la conoscono come la Dea Madre. Ha la sua personalità. Lei è sacra. Lei è il soggetto con cui parliamo e che veneriamo. La terra è fertilità divina. Le piante, in particolare il mais, sono la carne degli dei data all’uomo per il sostentamento».
Sincretismo e indifferentismo religioso
La rinascita delle pratiche e dei simboli maya è vista come un ritorno alle tradizioni «precolombiane», cioè pagane. Ma per la teologia indiana non c’è contraddizione con il Cattolicesimo.
Un autore scrive che: «mons. Ruiz ha sottolineato che il Dio venerato nella teologia indiana non era diverso dal Gesù venerato nel cattolicesimo».
Lo stesso autore descrive l’incorporazione di antichi riti religiosi nei riti cattolici: «alcuni hanno incorporato elementi come l’acqua, il fuoco, i colori ancestrali, che non hanno nulla a che fare con le preghiere della Chiesa cattolica: rimandiamo non solo a un Dio cristiano, ma anche alla terra, le montagne, l’acqua, la luna, il sole, tra gli altri…»
Il ruolo liturgico delle donne
Si manifesta nell’inclusione delle mogli nell’ordinazione dei diaconi permanenti. La sposa, scrive Mons. Arizmendi, «rimane accanto al diacono durante tutta la cerimonia, e unisce la sua mano a quella del marito nel momento della promessa di obbedienza». Inoltre «riceve, insieme al marito, il libro dei Vangeli. Assiste come ministro straordinario della comunione. E nelle celebrazioni ordinarie incensa l’altare, i Vangeli, le immagini, i ministri e i fedeli».
Inoltre, “abbiamo autorizzato due donne ad amministrare il battesimo e a presiedere la celebrazione del matrimonio quando non ci sono altri ministri»: una delle esigenze del Cammino sinodale…
L’altare maya
È un altare dedicato agli dei e alle credenze della religione maya. Questi altari si trovano già nelle chiese della regione e durante molte cerimonie religiose. Scrive Mons. Arizmendi: «in alcuni luoghi è consuetudine fare, davanti all’altare, l’“altare maya”, con fiori e candele colorate, secondo le quattro direzioni dell’universo, con i frutti della terra».
Ogni colore ha un significato specifico, quattro dei quali rappresentano i punti cardinali. Ad un certo punto, la congregazione si inchina verso il centro dell’altare che presenta due candele che si ritiene rappresentino Cristo, sebbene queste candele abbiano anche altri significati.
Mons. Arizmendi spiega: «abbiamo favorito l’inculturazione dell’adorazione del Santissimo Sacramento presso l’“altare maya””. Ci sono “simboli su questo “altare” della presenza eucaristica di Gesù”. Nella cultura maya, “Dio è invocato come Cuore del Cielo e Cuore della Terra”; tuttavia, spiega il porporato: “Gesù unisce il cielo e la terra, perché è Dio e uomo».
Accensione di candele
«Il sacerdote che presiede la celebrazione annuncia alla comunità che la preghiera universale sarà fatta seguendo il metodo di accensione delle candele secondo la tradizione degli antenati» scrive mons. Arizmendi. Secondo la tradizione Maya, è possibile comunicare in questo modo con i propri antenati. Prima dell’inizio della messa viene preparato un posto davanti all’altare dove verranno accese le candele.
Il numero di candele varia a seconda dello scopo della preghiera. Il direttore – sempre laico – invita alla preghiera, mentre la musica tradizionale viene suonata con arpa, violino e chitarra. Tutti i partecipanti si inginocchiano. Una donna incensa le candele, poi l’officiante le accende. Il sacerdote sta davanti al luogo dove sono le candele, si inginocchia e prega con il capo.
Danza rituale
«Al termine dell’omelia, scrive il porporato, si può eseguire una danza rituale. È un leggero movimento del corpo e dei piedi che può essere eseguito in una o tre danze».
Alcuni di questi elementi erano presenti nella messa papale del 15 febbraio 2016, celebrata da Francesco durante la sua visita alla diocesi di San Cristóbal de las Casas: Papa Francesco ha incensato l’altare con due mogli diaconali, entrambe con incensieri maya in mano, sotto lo sguardo dei loro mariti, due diaconi permanenti autoctoni. C’è stata anche una danza rituale.
Il lettore rimarrà forse sbalordito di fronte a questa disordinata inculturazione che introduce gli elementi di una cultura profondamente pagana e che non può che – quanto meno – mantenere una deleteria confusione, ma piuttosto tende, quale che sia l’intenzione degli autori, a un rito che non ha più nulla di cattolico e che è solo puro sincretismo.
I punti chiave
Gli elementi centrali del progetto sono: l’incenso durante la messa da parte di laici, uomini o donne; preghiere guidate da un laico dotato di una nuova funzione liturgica: il «principale»; danze maya; l’«altare maya», il cui «contenuto è custodito, sotto il nome di offerta maya».
La diocesi vuole quindi istituire due nuove funzioni liturgiche, occupate da un laico, uomo o donna, scelto dalla comunità parrocchiale con l’assenso del vescovo. La prima di queste funzioni è quella di «principale», la seconda quella di «incensatore».
Il «principale» o «anziano»
Il principale, posto accanto al sacerdote, dirige le preghiere comunitarie durante la messa. Questo ruolo sminuisce notevolmente l’importanza del sacerdote. Questa funzione è di grande importanza.
Così «l’ufficio liturgico di principale è conferito alla persona, uomo o donna, che è autorità morale nella comunità, che guida il suo popolo nella preghiera e nella fede. Veglia su coloro che hanno un ministero nella comunità. Nella liturgia guida il popolo, su invito di chi presiede la celebrazione, nei momenti di preghiera comunitaria».
Il progetto pone il principale al di sopra del diacono permanente e di sua moglie: «il principale o l’anziano, rappresentante della comunità ecclesiale indigena, è un agente formativo molto importante. Accompagna il diacono permanente e la sua sposa con i suoi consigli, la sua esperienza e la sua saggezza, assicurando che siano radicati nella comunità, secondo la loro cultura».
L’incensatore
Deve incensare in momenti diversi durante la Messa, il che sminuisce ulteriormente il ruolo del sacerdote. Il progetto parla di «incensazione della croce e dell’altare e, ove opportuno, delle immagini di Maria e dei santi».
Questa nuova funzione liturgica può essere esercitata da un uomo o da una donna:
«Si propone che, presso i popoli originari della diocesi, l’ufficio liturgico di incensare resti nelle mani di persone, maschi o femmine, nominate dalla comunità e approvate dall’Ordinario. Queste funzioni, principale e incensatore, esistono già per approvazione episcopale».
Preghiera comunitaria secondo la cultura maya
Le radici di questa cultura sono pagane. Nonostante la spiegazione del cardinale Arizmendi – «i riti che proponiamo hanno una base cattolica, ma sono stati sviluppati da questi popoli di origine maya che si sono allontanati dagli antichi maya» – rimane il timore del sincretismo. Il progetto afferma che le pratiche maya sono essenziali affinché i nativi entrino in relazione con Dio:
«Pregare ad alta voce e in comunità, guidati dal principale, ci permette di entrare in un rapporto diretto con Dio. Senza questo elemento il cuore non è disposto a partecipare. Così questa preghiera comunitaria è un elemento essenziale da inserire nella Messa celebrata con i popoli della diocesi. Senza di essa non si entrerebbe adeguatamente in una relazione personale con Dio».
In altre parole, senza questo antico modo di pregare, accompagnato dall’accensione di candele poste a terra davanti all’altare – pratica derivata dai riti pagani del popolo Maya – la grazia del sacrificio della Messa sembra essere diminuito. Secondo il progetto: «c’è anche un elemento storico, poiché era il modo proprio di queste culture di vivere il rapporto con Dio».
«In questo modo, la celebrazione dell’Eucaristia e il modo proprio di pregare di questi popoli non restano estranei o separati, ma si fanno insieme, in armonia, anche con il creato». Per un cattolico, l’armonia con il creato si raggiunge attraverso Dio, e quindi attraverso Gesù Cristo…
L’accensione di ceri o candele
La necessità di questa pratica è così spiegata: «La preghiera comunitaria con l’accensione delle candele è stata una delle forme di preghiera più frequentemente utilizzate dagli indigeni, con la quale esprimono tutte le richieste che la comunità ha nel cuore. (…) Questo modo di pregare è uno dei mezzi a disposizione di questi popoli per esprimere con più forza la loro fiducia in Dio».
Gli autori del progetto sembrano dire che il rito dell’accensione delle candele sia, per gli indigeni, un mezzo di unione con Dio più potente della Messa, o almeno necessario per la sua piena efficacia.
La Madre Terra e gli Antenati
La cerimonia dell’accensione, che è accompagnata dall’inchino del capo, dal contatto con il suolo e dal canto, ha lo scopo di entrare in contatto non solo con Dio, ma anche con gli antenati e con la madre Terra, ponendo così Dio sullo stesso piano della terra o gli antenati. Vediamo come il culto di Dio sembra essere posto sullo stesso piano del culto degli idoli.
L’altare maya
L’accensione delle candele è legata all’allestimento di un altare maya, denominato «offerta maya» dal documento, che così lo descrive: deve essere collocato all’interno della chiesa, vicino all’altare, e secondo i colori simbolici maya: rosso, nero, bianco e giallo, nonché i punti cardinali. I colori «cardinali» hanno un significato derivato dall’antica religione politeista.
«Vicino all’altare sono poste piante, fiori, frutti e semi della regione, e candele del colore che rappresentano i punti cardinali: a est, rosso; a ovest, nero; a nord, bianco; e a sud, giallo. Vicino alle candele vengono posti frutti o fiori dello stesso colore. Al centro, un crocifisso, una Bibbia, una candela blu e una verde, oltre all’acqua, alla terra e alla chiocciola».
Danza liturgica: «I piedi accarezzano il volto della Madre Terra»
Secondo il progetto, «il ringraziamento può essere espresso attraverso una danza». È un «grazie collettivo: nella danza i piedi accarezzano il volto della Madre Terra, compiendo leggeri movimenti. Il volto di Dio viene salutato muovendosi nelle quattro direzioni dell’universo. È il momento di sentire la vicinanza dei nostri fratelli e sorelle, che danzano insieme, sullo stesso essere».
«Dio danza in mezzo a noi. (…) È anche sentire la presenza di Gesù, dei santi, dei nostri antenati, che danzano con noi, non come un’immaginazione forzata, ma come una presenza spirituale reale, in una comune armonia».
Il testo afferma quindi che gli antenati sono «realmente presenti spiritualmente» in questa danza rituale, cosa che non può essere esatta secondo la dottrina cattolica. Questa danza è «parte integrante dell’azione liturgica»: è una liturgia danzata, e non «una danza nella liturgia».
Una parola sugli autori del progetto
L’autore principale è un gesuita, padre Felipe Jaled Ali Modad Aguilar, già impegnato nella preparazione del Sinodo amazzonico. È coordinatore della commissione diocesana per il nuovo rito indigeno in Chiapas, molto attento alla comunicazione con gli antenati.
Un altro membro, padre Víctor Manuel Pérez Hernández è parroco della parrocchia di San Juan Chamula, una parrocchia nota per i sacrifici di animali e altre pratiche di culto pagano. Diversi turisti raccontano le loro esperienze in questa chiesa. Ecco un esempio.
«Dall’esterno la chiesa assomiglia a tutte le chiese messicane: una facciata luminosa e colorata, con un’architettura molto semplice. Si pagano 25 pesos per entrare, ma è vietato fare foto o video». All’interno «i fedeli praticano rituali unici che coinvolgono santi cattolici, liquori di contrabbando e sacrifici di animali».
«Il visitatore è sopraffatto dall’odore dell’incenso di resina di copale e dal fumo di migliaia di candele. Le pareti sono fiancheggiate da statue di santi ornate di specchi per allontanare il male. Non ci sono panchine; freschi aghi di pino ricoprono il terreno. Ogni famiglia spazza uno spazio libero e attacca le candele sulle piastrelle».
«I fedeli lasciano che le candele si consumino completamente durante e dopo le loro cerimonie personali. Pregano ad alta voce in tzotzil, a volte piangono e spesso si fanno il segno della croce. Bevono Coca-Cola e “pox” – il distillato regionale; ruttano con l’intenzione di evacuare gli spiriti maligni».
«A volte alla famiglia si unisce un curandero [sciamano] che può imporre le mani sui malati, assorbire le loro malattie in un uovo di gallina o guarirli agitando un pollo vivo sopra la loro testa. La gallina viene quindi sacrificata». E la «messa» viene regolarmente celebrata in questa chiesa dal parroco Hernández…
Conclusione
Sembra abbastanza ovvio che l’adattamento di elementi culturali e riti di origine maya per la diocesi di San Cristóbal de las Casas non eviti il sincretismo.
(…)
Se vescovi e sacerdoti possono distinguere le cose, ma per i fedeli è un’altra cosa. Inoltre, che bisogno c’è di immergere il discepolo di Cristo in questi elementi che possono solo turbarlo, lasciandolo legato a pratiche quantomeno superstiziose, se non addirittura idolatre.
Quanta responsabilità nello stabilire questo rito paganizzato!
Articoli previamente apparsi su FSSPX.news.
Immagine da FSSPX.news
Pensiero
Mons. Viganò: dissonanza cognitiva e rivelazione del metodo, il colpo da maestro di Satana
Renovatio 21 pubblica questo scritto dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

Ex fructibus igitur eorum cognoscetis eos.
Mt 7, 20
Premessa
La crisi nella Chiesa è di natura teologica, non canonica. Non solo: questa non è una crisi tra le tante, ma la crisi dell’Autorità, perché è appunto l’Autorità ad essere oggetto di un sovvertimento che fino a sessant’anni fa non era nemmeno immaginabile in seno alla Chiesa Cattolica. Se infatti l’Autorità, quando è esercitata per il bene, è certamente lo strumento più idoneo ad assicurare il buon governo dell’istituzione che presiede, così essa si può mutare in uno strumento altrettanto efficace per distruggerla, nel momento in cui chi la ricopre rescinde il proprio vincolo di obbedienza verso Dio, che dell’Autorità è supremo garante (1).
Questo hanno fatto i Giacobini nel 1789, questo hanno ripetuto i fautori della rivoluzione conciliare nel 1965: appropriarsi illegittimamente dell’Autorità per costringere i sudditi ad accettare di obbedire a ordini iniqui, finalizzati ad un piano eversivo. E tanto i Giacobini quanto i Modernisti si sono avvalsi non solo della collaborazione attiva dei propri complici e dell’inazione dei codardi, ma anche del consenso di coloro che obbedivano in buona fede e da una massa progressivamente indotta ad accettare in nome dell’obbedienza qualsiasi cambiamento (2).
L’idealizzazione dell’autorità
Nelle scorse settimane «conservatori» come Riccardo Cascioli, Luisella Scrosati, Daniele Trabucco e Giovanni Zanone hanno sostenuto che laici e chierici, dinanzi alla crisi della Gerarchia cattolica, non dovrebbero adottare forme di resistenza nei confronti di cattivi Superiori; né dovrebbero mettere in discussione la loro Autorità, dal momento che essa promana direttamente da Nostro Signore.
Costoro affermano che l’indegnità di un vescovo o del papa non inficia la legittimità della loro autorità, ma questo può essere vero nel caso di un’indegnità personale che non coinvolge l’esercizio dell’autorità stessa. L’autorità, tuttavia non può essere esercitata legittimamente al di fuori dei confini che le sono dati né tantomeno contro i propri fini o contro la volontà del divino Legislatore. Un vescovo che coopera consapevolmente ad uno scopo iniquo con atti di governo, inficia la legittimità di quegli atti e la sua stessa autorità, proprio perché sono posti in fraudem legis.(3)
La visione idealista e sconnessa dalla realtà degli Autori citati, secondo la quale l’Autorità non perderebbe la propria legittimità nemmeno quando i suoi ordini sono volti al male, rende evidente il cortocircuito logico tra la realtà di papi e vescovi eretici – formali o materiali, poco importa: è comunque una cosa inaudita – e la teoria di un’Autorità immune dall’eresia e dalle cattive intenzioni di chi ricopre quell’Autorità.
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Una crisi sistemica
Chi si ostina a giudicare i singoli fatti prescindendo dall’evidente coerenza che li lega tra loro e dal quadro complessivo che se ne evince, falsifica la realtà dandone una rappresentazione ingannevole. Questa è una crisi che dura da sessant’anni, sempre nella medesima direzione, sempre con la connivenza dell’Autorità, sempre contraddicendo gli stessi articoli di Fede e sostenendo i medesimi errori già condannati.
I responsabili di questa crisi sono tutti accomunati dalla volontà eversiva di appropriarsi e mantenere il potere per raggiungere gli scopi che si prefiggono. E a riprova che deep state e deep church agiscono di concerto, basti vedere come gli artefici di questa sovversione in campo ecclesiastico agiscono specularmente ai loro omologhi nella sfera civile, giungendo a mutuarne il lessico e le tecniche di manipolazione di massa. L’evidenza dei risultati disastrosi ottenuti dai papi e dai vescovi conciliari non li ha indotti a tornare sui propri passi e a riparare al danno compiuto, ma al contrario li vediamo proseguire ostinatamente sulla medesima linea, confermando dolo e premeditazione, ossia la mens rea. (4)
Ci troviamo in una situazione di gravissimo conflitto istituzionale, dal quale emerge che la maggior parte dei vescovi costituiti in Autorità – senza alcuna ombra di dubbio – agisce con l’intenzione determinata e volontaria di commettere atti illeciti contro il bene della Chiesa e delle anime, nella consapevolezza delle loro conseguenze.
Se in costoro non vi fosse intenzione di compiere il male – se, cioè, essi fossero in buona fede – non si ostinerebbero a ripetere i medesimi errori, nel perseguimento dei medesimi risultati. Né cercherebbero con ogni mezzo di indurre fedeli e sacerdoti a rinnegare ciò che la Santa Chiesa ha insegnato per secoli, facendo loro abbracciare quanto essa condannava e puniva con le pene più severe.
L’accettazione della frode
Abbiamo dunque una Gerarchia composta da vescovi e papi traditori che pretende dai propri fedeli non solo il silenzio inerte dinanzi ai peggiori scandali dei suoi membri, ma anche l’entusiastica accettazione e condivisione di questo tradimento, secondo quel principio esoterico che il satanista Aleister Crowley aveva così riassunto agli inizi del Novecento: «Il male deve nascondersi alla luce del sole, poiché le regole dell’universo impongono che chi viene ingannato acconsenta al proprio inganno».
Questo è il modus operandi del demonio e dei suoi servi, che troviamo confermato dalla narrazione delle tentazioni cui Satana sottopone Nostro Signore nel deserto: «Tutto questo io ti darò – dice il Maligno a Cristo – se prostrato mi adorerai» (Mt 4, 9). Nel pretendere di essere adorato come Dio, Satana chiede anzitutto l’accettazione della frode, ossia della premessa – Tutto questo io ti darò – che è assolutamente falsa, in quanto Satana non può cedere ciò che non gli appartiene. Se per assurdo Nostro Signore si fosse prostrato a Satana adorandolo, Egli non avrebbe avuto da lui nemmeno un granello di polvere del deserto e questo baratto si sarebbe rivelato una frode.
er questo il Signore gli risponde «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (ibid., 10). Con queste parole Nostro Signore svela l’identità del tentatore e i suoi inganni. Anche nell’Eden, tentando Eva, il Serpente aveva prospettato ai Progenitori di diventare sicut dii (Gen 3, 5).
Essi sapevano benissimo che Satana non sarebbe stato in grado di renderli come dèi e che avrebbero dovuto rispondere a Dio della loro orgogliosa disobbedienza, ma nonostante questo hanno consentito alla menzogna del Maligno come se fosse vera, rendendosi responsabili del sovvertimento di Bene e Male e agendo come se Dio non fosse onnipotente e in grado di punirli. È questa, in definitiva, la ὕβρις, la superbia che spinge l’uomo a sfidare Dio scegliendo di compiere il peccato, che ha come conseguenza la νέμεσις, ossia la punizione inevitabile che colpisce chi ha violato l’ordine divino oltrepassando i limiti imposti da Dio.
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La «Rivelazione del Metodo»
Lo storico ed esperto di ingegneria sociale Michael A. Hoffman ha affrontato il medesimo tema da una prospettiva differente, identificando un’élite nascosta che usa tecniche di manipolazione per controllare le masse. Essa non vuole solo conquistare il potere, ma intende condurre una guerra psicologica che trasforma la realtà in un rituale magico, alchemico (e in questo coincide con le parole di Crowley).
Questa élite non nasconde più tutto, ma rivela deliberatamente parti del suo piano (da qui la Rivelazione del Metodo), come atto di umiliazione dei sudditi e di affermazione della propria supremazia. Gli studi di psicologia sociale confermano che questo gioco crudele per soggiogare e dominare le vittime serve a provocare la dissonanza cognitiva, ossia quello stato di disagio psicologico che si verifica quando ci troviamo dinanzi a due affermazioni o fatti in conflitto tra loro, come ad esempio è avvenuto quando le autorità sanitarie sostenevano, mentendo, che il siero genico sperimentale fosse «sicuro ed efficace» ma allo stesso tempo chiedevano lo scudo penale per i medici inoculatori; o quando abbiamo sentito affermare da Jorge Bergoglio che «Dio non è cattolico».
Questa dissonanza cognitiva, questa percezione di una contradictio in terminis è voluta, perché ci demoralizza (siamo consapevoli della nostra impotenza), perché ci induce ad un consenso implicito (un consenso passivo, come dire: «Ti mostro cosa faccio, e tu non fai nulla, quindi acconsenti») e infine perché ci porta all’accettazione di un potere dispotico (anche se esso sbeffeggia le masse, rafforzando su di noi il proprio controllo psicologico).(5)
La «dissonanza cognitiva» e il «gaslighting» dei conservatori
Non ci deve dunque stupire se queste tecniche di manipolazione di massa sono usate anche nella sfera ecclesiastica, allo scopo di provocare la stessa dissonanza cognitiva nei fedeli, la stessa demoralizzazione, lo stesso consenso estorto, la medesima accettazione dell’autorità che ostenta la contraddizione ma pretende obbedienza. Pensiamo al paradosso di Leone che dichiara la libertà religiosa un diritto umano sulla base del Vaticano II e allo stesso tempo canonizza il Beato Bartolo Longo, che nei suoi scritti condanna l’indifferentismo religioso e il concetto di libertà religiosa (6); o che presiede incontri ecumenici con gli islamici, ma canonizza il Beato Ignazio Choukrallah Maloyan, vescovo armeno martirizzato dai maomettani per essersi rifiutato di apostatare la vera Fede.
Non ci deve stupire nemmeno che la Nuova Bussola si comporti esattamente come previsto in questi casi dai manuali di psicologia sociale, negando ostinatamente la contraddizione ancorché evidente, in un’operazione di vero e proprio gaslighting (7): «Ciò che hai visto non è mai successo».
Anche il ricorso a video o immagini generate dall’AI diventa strumento di destabilizzazione, perché queste contribuiscono a erodere la base sensibile della conoscenza della realtà, rendendo impossibile distinguere il vero dal falso e di fatto cancellando la nozione stessa di «reale» mediante la sua sostituzione con il «verosimile».
L’apparenza prende così il posto della sostanza, solo perché essendo veicolata dall’immagine che appare sul cellulare o sul computer noi non sappiamo se ciò che ci sembra vero lo è davvero o lo sembra soltanto. Come non vedere in questo nuovo fenomeno un attacco con cui Satana sfida con i suoi artifici teatrali e con i suoi effetti speciali la verità di Dio che è simplex, senza pieghe?
Questi sono test di massa per mettere alla prova la devozione alla religione sinodale, esattamente come in ambito civile avviene con la religiones anitaria o la religione green. E non è diverso chiedere al fedele di accettare la messa protestantizzata di Paolo VI se vuole avere il permesso di assistere alla Messa tridentina, che del Novus Ordo è l’antitesi.
Anche la «scomunica» che Jorge Bergoglio mi ha inflitto palesa una enorme contraddizione: da un lato io sono stato dichiarato scismatico per aver denunciato gli stessi errori che tutti i Papi fino a Pio XII incluso hanno condannato; dall’altro i veri eretici e scismatici sono ammessi alla communicatio in sacris con chi mi condanna, senza alcuna conseguenza canonica. Il messaggio è chiaro: «Possiamo mostrarti la contraddizione tra le nostre parole e le nostre azioni, e tu non farai nulla. Accetterai sia la menzogna che la prova di essa».
Ogni assurdità accettata indebolisce la capacità di discernimento dei fedeli e del Clero, per poter responsabilmente obbedire ai propri Pastori. Se la nostra Fede non è forte e convinta, questo ci porta ad una forma di apatia verso ogni nuova provocazione. È una forma di umiliazione rituale che funziona non più attraverso la segretezza, ma attraverso una sfacciata ostentazione, specialmente quando l’obbedienza all’Autorità che imparte ordini abusivi e addirittura criminali è richiesta come un sacrificio della propria razionalità, come un’immolazione della volontà mediante un concetto pervertito di autorità e di obbedienza.
Se l’Autorità della Gerarchia, fino ai suoi massimi vertici, si rende responsabile di questa manipolazione psicologica dei fedeli finalizzata a perpetuare il proprio potere per demolire la Chiesa, a chi dovrebbero rivolgersi, sacerdoti e laici, per veder condannati i colpevoli di tanto tradimento? A quegli stessi eretici manipolatori, incistati a Roma e in tutti gli organi e le istituzioni della Chiesa Cattolica?
Non stupisce che troppe vocazioni sacerdotali si perdano e che molti fedeli si rassegnino o abbandonino la pratica religiosa. È il risultato voluto e pianificato di questo crudele stillicidio.
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Il «colpo da maestro» di Satana
Il demonio vuole ottenere la nostra adesione al male non per inganno, ma portandoci ad accettare la menzogna con la quale egli definisce bene il male, e ad accettare la finzione mediante la quale ci presenta il bene come un male. Il colpo da maestro di Satana consiste in questo: nell’ottenere da noi un assenso irrazionale, pur dinanzi all’evidenza della frode e del sovvertimento che riconosciamo per tali ma che, in un atto di folle annientamento suicida, accettiamo come se fossero verità divinamente rivelate. Per il Cattolico la Fede non è mai irrazionale: rationabile sit obsequium vestrum, dice San Paolo (Rom 12, 1), perché Dio è autore della Fede e della ragione, e non vi può essere contraddizione nella Verità.
Satana, al contrario, essendo menzognero e padre della menzogna (Gv 8, 44) non può non dissimulare i propri inganni con la frode, per i quali pretende da noi non un’adesione razionale, ma un consenso superstizioso, un atto di fede al contrario, nel quale l’assenso dell’intelletto a errori e eresie evidenti è motivato non dall’autorità di un Dio verace, ma dall’usurpazione di quell’autorità da parte di una creatura ribelle, bugiarda e che sappiamo che ci vuole ingannare e perdere.
Satana vuole che abdichiamo alla ragione e allo stesso sensus fidei, trasformando l’atto di fede in una folle apostasia.
L’assolutizzazione dell’obbedienza
Assolutizzare l’obbedienza, scardinandola dalla necessaria coerenza che essa presuppone tra tutti i soggetti del corpo gerarchico in cui essa viene esercitata,[8] significa consegnare nelle mani dell’autorità vicaria della Gerarchia un potere che il supremo Legislatore non le ha mai concesso, ossia la facoltà di poter legittimamente legiferare contro la volontà del Legislatore stesso e in danno dei fedeli.
Qui non stiamo parlando di ordini incidentalmente sbagliati, o di singoli vescovi che abusano della propria autorità in un contesto ecclesiale in cui la Virtù è incoraggiata e il peccato condannato e punito. Qui stiamo parlando di un intero sistema gerarchico che è riuscito – nella Chiesa Cattolica come nella cosa pubblica – ad impossessarsi del potere, ottenendo riconoscimento e obbedienza dai sottoposti mediante l’uso di mezzi coercitivi.
Non solo: l’assolutizzazione dell’obbedienza nei riguardi dell’autorità finisce anche con l’essere deresponsabilizzante: un comodo alibi offerto ai tanti, troppi don Abbondio in veste filettata o in clergyman, ben attenti a non dispiacere ad alcuno, ad «evitare polarizzazioni» – secondo l’auspicio di Leone – a beneficiare dei favori del potente che si conosce come iniquo ma a cui si presta ossequio per viltà o interesse.
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Conclusione
La Sacra Scrittura, i Padri, i mistici e la stessa Vergine Maria a Fatima ci hanno messi in guardia su un’apostasia che la Chiesa dovrà affrontare negli ultimi tempi. Come possiamo pensare che questa apostasia si concretizzi, se non attraverso falsi pastori al posto di buoni pastori, e di pseudocristi e falsi profeti al posto di Cristo e dei Profeti? Come potrebbero gli eletti essere tratti in inganno dagli eretici e dagli scismatici (Mt 24, 24), se non nel momento in cui questi ricoprono ruoli d’autorità nella Chiesa? Ma la Chiesa è indefettibile, ripetono alcuni con petulanza.
E lo è davvero: nonostante la stragrande maggioranza dei suoi vescovi infierisca su di essa e agisca di concerto con nemici di Cristo. La Chiesa Cattolica è indefettibile nel senso che essa non può mai venir meno nella sua missione di custodire e trasmettere la Verità rivelata da Dio, né può cadere in errore definitivo nella sua Fede e nella sua Morale. E questo di fatto non accade nemmeno quando una Gerarchia eretica e corrotta cerca di oscurare o di sfigurare il sacro Deposito della Fede. Non dimentichiamo che la Chiesa non è solo quella militante su questa terra (hic) e oggi (nunc), ma è anche quella penitente in Purgatorio e trionfante in Paradiso.
La sua compagine celeste è garanzia di quell’indefettibilità che il suo divino Fondatore le ha promesso e che lo Spirito Santo le assicura. E se la chiesa conciliare-sinodale che oggi si presenta come militante contraddice quella di ieri, spezzando la continuità e l’unità nella Professione dell’unica Fede che la rende una e apostolica anche nel fluire del tempo e non solo nella sua diffusione nello spazio, essa non è più la stessa Chiesa.
Per questo il Signore non manca di suscitare una vox clamantis in deserto che rompa il muro di silenzio e di complicità dei congiurati: mi riferisco ai “dottori degli ultimi tempi” cui accenna Augustin Lémann (9) nel suo saggio L’Anticristo. Sono i nuovi Sant’Atanasio imprigionati, esiliati, perseguitati ma infine risarciti dalla Giustizia divina con la proclamazione della loro santità. Ecco come il grande Vescovo di Alessandria e Dottore della Chiesa si rivolge ai fedeli durante la grande eresia ariana (10):
Che Dio vi consoli! (…) Quello che rattrista (…) è il fatto che gli altri hanno occupato le chiese con violenza, mentre in questo periodo voi vi trovate fuori. È un dato di fatto che hanno la sede, ma voi avete la Fede apostolica. Possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera Fede. Voi rimanete al di fuori dei luoghi di culto, ma la Fede abita in voi. Vediamo: che cosa è più importante, il luogo o la Fede? La vera Fede, ovviamente. Chi ha perso e chi ha vinto in questa lotta – quella che mantiene la sede o chi osserva la Fede? È vero, gli edifici sono buoni, quando vi è predicata la Fede apostolica; essi sono santi, se tutto vi si svolge in modo santo… Voi siete quelli che sono felici, voi che rimanete dentro la Chiesa per la vostra Fede, che mantenete salda nei fondamenti come sono giunti fino a voi dalla Tradizione apostolica, e se qualche esecrabile gelosamente cerca di scuoterla in varie occasioni, non ha successo. Essi sono quelli che si sono staccati da essa nella crisi attuale. Nessuno, mai, prevarrà contro la vostra Fede, amati fratelli, e noi crediamo che Dio ci farà restituire un giorno le nostre chiese. Quanto più i violenti cercano di occupare i luoghi di culto, tanto più essi si separano dalla Chiesa. Essi sostengono che rappresentano la Chiesa, ma in realtà sono quelli che ne sono a loro volta espulsi e vanno fuori strada. Anche se i Cattolici fedeli alla Tradizione sono ridotti a una manciata, sono loro che sono la vera Chiesa di Gesù Cristo.
L’accusa ricorrente che tanto i Conservatori e i Sinodali rivolgono a chi rimane saldo nella Fede e denuncia i loro errori è di volersi creare una propria chiesa, separandosi con lo scisma dalla Chiesa Cattolica, visibile e gerarchica, di cui essi si sono però impossessati con un vero e proprio golpe e nella quale pretendono di esercitare una legittima Autorità per gli scopi opposti a quelli che Nostro Signore le ha affidato.
Ma non sono stati forse costoro, con i loro errori condannati da tutti i Papi preconciliari, a crearsi una chiesa parallela che contraddice il Magistero immutabile e sovverte il Papato? Come può un’autorità ribelle a Cristo Capo del Corpo Mistico pretendere di esercitare l’Autorità di Cristo per contraddire la Sua Parola?
Come può chi si è separato dalla comunione ecclesiale con la vera Chiesa Cattolica Apostolica Romana accusare di scisma chi le rimane fedele?
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
24 Ottobre MMXXV
S.cti Raphaëlis Archangeli
NOTE
1) Il termine auctoritas deriva da auctor, nell’accezione di autore e garante riferita a Dio.
2) San Pio X ricordava che il successo dei malvagi è possibile anzitutto grazie all’ignavia dei buoni.
3) L’espressione in fraudem legis si riferisce a un comportamento o un atto giuridico compiuto con l’intenzione di eludere una norma, aggirandone lo scopo o l’applicazione, pur rispettandone formalmente la lettera. In altre parole, si tratta di un’azione che, pur apparendo conforme alla legge, viene posta in essere per ottenere un risultato che la legge stessa intende vietare o limitare. Le caratteristiche di questo comportamento sono la conformità formale, l’intenzione elusiva e l’effetto contrario alla mens del legislatore.
4 – La mens rea designa la componente psicologica del reato, ossia l’intenzione o la consapevolezza di violare la legge.
5) Scrive Hoffman: «Il principio alchemico della Rivelazione del Metodo ha come componente principale una beffarda derisione delle vittime, simile a quella di un clown, come dimostrazione di potere e macabra arroganza. Quando viene eseguito in modo velato, accompagnato da certi segni occulti e parole simboliche, e non suscita alcuna risposta significativa di opposizione o resistenza da parte dei bersagli, è una delle tecniche più efficaci di guerra psicologica e violenza mentale». Cfr. Michael A. Hoffman II, Secret Societies and Psychological Warfare, 2001.
6) Scriveva Bartolo Longo: Innanzi a Dio l’uomo non ha vera libertà di coscienza, libertà di culto e libertà di pensiero, come oggi s’intende, cioè facoltà di scegliersi una religione ed un culto come gli talenta; ma solo la libertà dei figliuoli di Dio, come dice S. Paolo, cioè di lasciare l’errore e le seduzioni del secolo per correre liberamente al Cielo. L’affermare, perciò, che l’uomo ha il diritto innanzi a Dio di pensare e di credere in religione come gli piace, è un errore. Cfr. Bartolo Longo, San Domenico e l’Inquisizione al Tribunale della Ragione e della Storia, Valle di Pompei, Scuola tipografica editrice Bartolo Longo, 1888.
7) Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica in cui una persona (o un gruppo) fa dubitare un’altra della propria percezione della realtà, della memoria o della sanità mentale, con l’obiettivo di controllare, indebolire o destabilizzare la vittima.
8) Non vi può infatti essere vera obbedienza se chi è costituito in autorità nella Gerarchia esige di essere obbedito ma allo stesso tempo disobbedisce a Dio, che è il garante e la fonte stessa dell’Autorità. Né vi può essere legittima autorità se chi la esercita in nome di Dio non si sottomette a propria volta alla Sua suprema Autorità.
9) Augustin Lémann, L’Anticristo, Marietti, 1919, pag. 53. «Il secondo campione della verità cristiana contro l’Anticristo sarà una falange di dottori suscitata da Dio in quei tempi di prova. […] Questa falange di dottori riceverà, per la difesa e consolazione dei buoni, una maggiore intelligenza delle nostre sante Scritture». Cfr. https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/LANTICRISTO-A-Lemann.pdf
Il Canonico Augustin Lémann, ebreo francese, si convertì al Cattolicesimo insieme al fratello Joseph. Divenuti amici di Pio IX, furono entrambi consultori del Concilio Vaticano I.
10) Sant’Atanasio, Epistolæ festales, Lettera XXIX, in: Coll. Selecta SS. Eccl. Patrum, a cura di Caillaud e Guillon, vol. 32, pagg. 411-412.
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Renovatio 21 offre questo testo di monsignor Viganò per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Spirito
«Umiliazione della Chiesa dinanzi a un eretico concubinario globalista»: Mons. Viganò sulla preghiera congiunta del re britannico col papa
Migliaia di Martiri massacrati dalla furia anticattolica di Enrico VIII, Edoardo VI, Elisabetta I, Giacomo I, Carlo I e Carlo II si staranno chiedendo – increduli – come sia possibile che l’odierno successore di Clemente VII comunichi in sacris con il capo della chiesa… pic.twitter.com/cugRJvginQ
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 23, 2025
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Spirito
Quarant’anni fa, l’arcivescovo Lefebvre diceva la verità
Nel 1985, l’arcivescovo Lefebvre pubblicò la sua Lettera aperta ai cattolici perplessi.
Quarant’anni dopo, nel 2025, il sito web americano The Remnant ha pubblicato, sotto la penna di Robert Morrison, un articolo intitolato «La sacra saggezza dell’arcivescovo Marcel Lefebvre sulla crisi della Chiesa cattolica», in cui citava ampi estratti di questa lettera aperta, riconoscendo che «le citazioni dell’arcivescovo Lefebvre suonano più vere oggi di quando le scrisse decenni fa, e illuminano il cammino da seguire per rimanere fedeli cattolici».
Due anni dopo, nel 1987, l’arcivescovo Lefebvre aveva pubblicato Lo hanno detronizzato: dal liberalismo all’apostasia, la tragedia conciliare. Nel 2025, sullo stesso sito, The Remnant , apparve un articolo di Andrew Pollard intitolato «Cristo Re deve essere re-incoronato per salvare il mondo».
Quarant’anni fa, agli occhi dei «moderati» impenitenti, l’arcivescovo Lefebvre poteva sembrare uno di quei «profeti di sventura» che Giovanni XXIII non voleva più sentire quando aprì il Concilio Vaticano II, con un ottimismo la cui ingenuità oggi fa sorridere… o piangere.
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Vediamo lo stato attuale della Chiesa: pratica religiosa al suo punto più basso, seminari deserti, conventi vuoti, chiese distrutte o trasformate in sale espositive. Oggi non siamo più «perplessi», ma convinti che la diagnosi di Monsignor Lefebvre fosse corretta.
I fatti gli danno ragione in modo inconfutabile e i rimedi da lui proposti sono più che mai attuali, proprio perché non sono suoi, ma quelli della Tradizione bimillenaria: «Ho trasmesso ciò che ho ricevuto».
Quarant’anni è il tempo impiegato dagli Ebrei ad attraversare il deserto verso la Terra Promessa. Non osiamo affermare che presto raggiungeremo la terra «dove scorre latte e miele», ma adottiamo l’atteggiamento coraggioso dei veri pellegrini.
Nel deserto spirituale in cui viviamo, non costruiamoci idoli a nostra immagine e somiglianza e non rimpiangiamo le “cipolle d’Egitto”: questa sazietà di beni materiali offerta dal progresso tecnico, in cambio della servitù all’ideologia consumistica promossa dai nuovi faraoni.
Andiamo avanti! Non seguendo idoli moderni, ma dietro l’icona della Santissima Vergine. Andiamo avanti! Non sazi delle cipolle appassite di un edonismo ampiamente biodegradato, ma ben fortificati dalla manna della Santa Eucaristia. Andiamo avanti! Con l’inossidabile certezza che alla fine di questa lunga marcia si trova il trionfo dei Cuori uniti di Gesù e Maria.
Smettiamo di lamentarci dell’aridità del deserto spirituale che ci circonda, con i suoi tanti accessori a buon mercato. Con la grazia di Dio, scaviamo dentro di noi un’avidità spirituale : la fame e la sete dell’Unico necessario.
Abate Alain Lorans
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Fotocollectie Elsevier Nationaal Archief via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0); immagine modificata
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