Geopolitica
Crisi Sri Lanka: il peso dei prestiti cinesi

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Con i Rajapaksa al potere, finanziati da Pechino progetti infrastrutturali spesso inutili e troppo costosi. Il porto e l’aeroporto nel distretto di Hambantota sono gli esempi più eclatanti. La Cina ha il 10% del debito estero di Colombo, come il Giappone, ma a tassi d’interesse molto più alti.
Lo Sri Lanka ha contratto ingenti debiti, in buona parte con la Cina, per colmare anni di carenze di bilancio e deficit commerciali. Diversi governi hanno sperperato però somme colossali in progetti infrastrutturali imprudenti, che hanno prosciugato in modo ulteriore le finanze pubbliche e portato all’attuale tracollo economico.
Tra il 2010 e il 2015, durante il secondo mandato alla presidenza di Mahinda Rajapaksa, da poco dimessosi da premier sull’onda delle proteste di piazza contro il governo del fratello Gotabaya, i cinesi hanno prestato a Colombo 5 miliardi di dollari per finanziare una serie di iniziative infrastrutturali. Alcuni delle più importanti, come l’aeroporto internazionale di Mattala e il porto di Magampura, si trovano nel distretto di Hambantota, la roccaforte elettorale della famiglia Rajapaksa.
I due megaprogetti sono in realtà degli «elefanti bianchi», costosi e inutili.
Secondo fonti aeroportuali e dell’aviazione, per lo scalo aereo di Mattala sono stati spesi 209 milioni di dollari. Costruito con l’obiettivo di far atterrare gli Airbus A380, che non possono farlo all’aeroporto internazionale Bandaranaike della capitale, quello di Mattala è l’unico scalo al mondo a essere ignorato dalle compagnie aeree internazionali. Per questo motivo, l’aeroporto di Mattala ha avuto difficoltà a raggiungere gli obiettivi finanziari prefissati e a recuperare le spese di costruzione.
Secondo gli ambientalisti, l’aeroporto si trova poi in quello che era un “«orridoio per gli elefanti». Anche dopo la cerimonia di apertura, pachidermi selvatici si aggiravano negli spazi della struttura. Lo scalo si trova anche lungo una rotta degli uccelli migratori, con cui molti velivoli si sono scontrati.
Analisti politici osservano che “questo aeroporto è un tuffo nel pantano della politica nazionale, delle manovre geopolitiche, della cruda corruzione e della fame della Cina di investire in massicci progetti infrastrutturali” lungo la sua Belt and Road Initiative, la Via della seta del 21° secolo.
Il caso più eclatante di struttura inutile rimane però il porto di Magampura, considerato economicamente insostenibile. Nel 2017 lo scalo è stato affittato a una compagnia cinese per 99 anni in cambio del mancato pagamento dei debiti contratti con Pechino: per molti osservatori un esempio di «trappola del debito» usata da Pechino per assumere il controllo di alcune infrastrutture incluse nella Belt and Road.
Come riporta Nikkei Asia, il Fondo monetario internazionale calcola che lo Sri Lanka abbia un debito estero di 38,6 miliardi di dollari: il 46,7% del debito pubblico nazionale.
La quota cinese è del 10%, come quella del Giappone, solo che il tasso d’interesse richiesto da Pechino è in media del 3,3%, mentre quello nipponico si ferma allo 0,7.
Ciò non ha dissuaso i Rajapaksa dal finanziare un terzo dei 313 progetti infrastrutturali lanciati nel Paese dopo il 2009 con soldi dalla Cina.
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Immagine di Deneth17 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Geopolitica
La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

La Serbia non potrà entrare nell’UE senza un pieno allineamento alla politica estera del blocco, incluse tutte le sanzioni contro la Russia, ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
La Serbia, che ha richiesto l’adesione all’UE nel 2009 e ha ottenuto lo status di paese candidato nel 2012, è tra i pochi stati europei a non aver imposto restrizioni a Mosca. Belgrado ha sottolineato i suoi storici legami con la Russia e la dipendenza dalle sue forniture energetiche.
Mercoledì, durante una conferenza stampa a Belgrado accanto al presidente serbo Aleksandar Vucic, von der Leyen ha ribadito che la Serbia deve compiere «passi concreti» verso l’adesione e mostrare un «maggiore allineamento» con le posizioni dell’UE, incluse le sanzioni, evidenziando che l’attuale livello di conformità della Serbia alla politica estera dell’UE è del 61%, ma ha insistito che «serve fare di più», sottolineando il desiderio di Bruxelles di vedere Belgrado come un «partner affidabile».
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Vucic ha più volte dichiarato che la Serbia non imporrà sanzioni alla Russia, definendo la sua posizione «indipendente e sovrana». Tuttavia, il rifiuto di Belgrado ha attirato crescenti pressioni da parte di Bruxelles e Washington.
La settimana scorsa, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Petroleum Industry of Serbia (NIS), parzialmente controllata dalla russa Gazprom Neft, spingendo la Croazia a interrompere le forniture di greggio. Vucic ha avvertito che tali misure potrebbero portare alla chiusura dell’unica raffineria petrolifera serba entro novembre, mettendo a rischio l’approvvigionamento di benzina e carburante per aerei.
Come riportato da Renovatio 21, proteste sempre più violente si susseguono nel Paese, che Belgrado attribuisce a influenze occidentali volte a destabilizzare il governo.
Le proteste hanno già portato alle dimissioni del primo ministro Milos Vucevic e all’arresto di diversi funzionari, tra cui un ex ministro del Commercio, con l’accusa di corruzione.
Il presidente Aleksandar Vucic ha affermato che i disordini sono stati fomentati dall’estero e ha denunciato quella che ha definito «violenza mascherata da attivismo»: «mancano pochi giorni prima che inizino a uccidere per le strade» aveva detto lo scorso agosto davanti all’ennesima ondata di proteste violente.
Come riportato da Renovatio 21, le grandi manifestazioni contro Vucic di marzo erano seguite la visita pubblica del figlio del presidente USA Don Trump jr. al premier di Belgrado.
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Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese il servizio di Intelligence estero russo (SVR) ha sostenuto che l’UE starebbe cercando di orchestrare un «Maidan serbo» per insediare un governo filo-Bruxelles. Belgrado nel dicembre 2023 produsse evidenti segni di «maidanizzazione» in corso. Già allora presidente serbo accusò le potenze occidentali di tentare di «ricattare» la Serbia affinché sostenga le sanzioni e di tentare di orchestrare una «rivoluzione colorata» – una sorta di Maidan belgradese –contro il suo governo a dicembre.
Vucic giorni fa ha accusato le potenze occidentali di aver cercato di orchestrare il suo rovesciamento. In un’intervista su Pink TV trasmessa lunedì, il presidente serbo aveva affermato che le «potenze straniere» hanno speso circa 3 miliardi di euro nell’ultimo decennio nel tentativo di estrometterlo dal potere.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri Pietro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.
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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

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Geopolitica
Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

Uno dei corpi restituiti martedì da Hamas non appartiene a nessuno degli ostaggi tenuti prigionieri dal gruppo armato palestinese a Gaza, hanno affermato le Forze di difesa israeliane (IDF).
Lunedì Hamas ha liberato gli ultimi 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio del rilascio di quasi 2.000 prigionieri palestinesi, nell’ambito di un accordo mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia. Martedì, il gruppo ha iniziato a consegnare i cadaveri dei prigionieri deceduti a Israele, restituendone sette in due lotti tramite la Croce Rossa.
Tuttavia, le IDF hanno dichiarato mercoledì in una dichiarazione su X che un esame presso l’istituto forense Abu Kabir ha rivelato che uno dei quattro corpi del secondo lotto «non appartiene a nessuno degli ostaggi». Si ritiene che i resti appartengano a un palestinese, hanno aggiunto.
🟡Following the completion of examinations at the National Institute of Forensic Medicine, the fourth body handed over to Israel by Hamas does not match any of the hostages.
Hamas is required to make all necessary efforts to return the deceased hostages.
— Israel Defense Forces (@IDF) October 15, 2025
Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato.
Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti.
Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.
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Immagine di Chenspec via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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