Riprogenetica
Creato il primo mammifero con cariotipo artificiale

Utilizzando una nuova tecnica per l’ingegneria genetica a livello cromosomico, scienziati cinesi hanno prodotti topi con cambiamenti genetici evolutivi in laboratorio. Lo riporta BioNews.
I ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze (CAS) affermano di aver creato con successo in laboratorio un topo con un cariotipo nuovo.
Un cariotipo è una preparazione dell’insieme completo di cromosomi nelle cellule di una specie o in un singolo organismo, ordinati per lunghezza e altre caratteristiche come la conta del numero di cromosomi. Il cariotipo è, in pratica, o l’immagine completa dei cromosomi di un organismo.
Il topo geneticamente modificato, che i ricercatori hanno chiamato Xiao Zhu, o «Piccolo bambù», contiene 19 coppie cromosomiche, una coppia in meno rispetto al numero standard di cromosomi nei topi.
«Il topo domestico da laboratorio ha mantenuto un cariotipo standard di 40 cromosomi dopo oltre 100 anni di riproduzione artificiale. ha affermato il co-primo autore, il dottor Li Zhikun, accademico delle scienze del laboratorio di Cellule staminali e biologia riproduttiva dell’Istituto Zoologico di Stato.
«Su scale temporali più lunghe, tuttavia, i cambiamenti del cariotipo causati da riarrangiamenti cromosomici sono comuni. I roditori hanno da 3,2 a 3,5 riarrangiamenti per milione di anni, mentre i primati ne hanno 1,6».
Il dottore cinese sembra quindi dire che, grazie all’ingegneria genetica, sono stati in grado di «accelerare» l’evoluzione.
Pubblicando i loro risultati su Science , i ricercatori hanno modificato il genoma delle cellule staminali embrionali aploidi. Hanno fuso i due cromosomi murini più grandi, i cromosomi 1 e 2 e due cromosomi di medie dimensioni, i cromosomi 4 e 5. I cariotipi che trasportano i cromosomi 1 e 2 fusi non si sono sviluppati oltre lo stadio embrionale, tuttavia, i cariotipi che trasportano i cromosomi 4 e 5 fusi potevano essere trasmessi alla loro progenie.
Le cellule diploidi contengono due serie di cromosomi che si allineano in un certo modo per formare la genetica dell’organismo risultante. Questo è noto come «imprinting genomico» e consente ai geni di essere espressi o meno, a seconda che siano ereditati dalla madre o dal padre. Questo processo può essere manipolato in laboratorio, ma i precedenti tentativi in cellule di mammifero non avevano mai avuto successo.
«L’imprinting genomico viene spesso perso, il che significa che le informazioni su quali geni dovrebbero essere attivi scompaiono, nelle cellule staminali embrionali aploidi, limitando la loro pluripotenza e l’ingegneria genetica», ha affermato il co-primo autore il dottor Wang Libin, altro accademico delle Scienze che fa parte dell’Istituto per le cellule staminali di Pechino e Medicina Rigenerativa.
«Recentemente abbiamo scoperto che eliminando tre regioni impresse, potremmo stabilire un modello di imprinting stabile simile allo sperma nelle cellule».
«La modifica del numero di cromosomi di un animale richiede solitamente milioni di anni dall’evoluzione» riassume BioNews. «Tuttavia, questa ricerca suggerisce che l’ingegneria a livello cromosomico nei mammiferi potrebbe essere fattibile, il che potrebbe fornire informazioni su come i riarrangiamenti cromosomici possono influenzare l’evoluzione».
Non si tratta del solo grande avanzamento riprogenetico fatto sui topolini laboratoriali di recente.
Cinque mesi fa era emerso che sempre scienziati cinesi avevano creato topo via partenogenesi., cioè hanno ottenuto un essere fertile partendo da un singolo ovulo non fecondato. La partenogenesi artificiale, possiamo notare, non renderà più necessario il padre, e l’esistenza dei maschi in generale.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso è stato reso noto che scienziati israeliani avevano creato un embrione di topo a partire da cellule staminali, facendolo crescere in un ectogenesi, cioè utero artificiale.
La combinazione di ectogenesi e partenogenesi possono sconvolgere completamente la riproduzione umana.
Tuttavia, come ripete questo sito, il prossimo passo che è sperimentalmente già avanzato è la gametogenesi, ossia la produzione di cellule sessuali a partire da qualsiasi cellula del corpo: una cella della pelle può divenire uno spermatozoo o un ovulo, così che gli uomini possono produrre ovule e le donne spermatozoi, rendendo possibile per le coppie omosessuali di avere figli geneticamente corrispondenti.
La gametogenesi rende obsolescente quindi non solo il padre, ma anche la madre, e la donna in generale, specie pensando ai progressi che sta facendo, anche grazie a fondi dell’Unione Europea, l’utero artificiale.
Con la gametogenesi potrebbe rendere inutile anche la madre, e la donna in generale, specie pensando ai progressi che sta facendo, anche grazie a fondi dell’Unione Europea, l’utero artificiale.
Conosciamo in materia il piano che hanno i signori della teoria gender.
Come scrive Elisabetta Frezza nel libro Malascuola, per Shulamith Firestone, femminista lesbica suicida nel 2012, il sessismo, così come l’intero sistema di oppressione che vi fa capo, si radica nel modo in cui si configura in natura la riproduzione umana: la schiavitù della donna passa per i suoi «specifici legami con la riproduzione biologica e l’allevamento dei bambini».
Per liberarsi del sistema dei sessi, scrive la femminista suicida, bisgona operare non solo sul piano simbolico, ma anche su quello biologico approfittando del progresso tecnologico.
«Il fine ultimo della rivoluzione femminista deve essere […] non solo l’eliminazione dei privilegi maschili, ma la stessa distinzione in sessi», e la chiave per raggiungere questo risultato è il controllo della riproduzione, capace di liberare le donne dal peso di far nascere i figli» scrive la Firestone.
«Se la riproduzione della specie venisse rimpiazzata dalla riproduzione artificiale, i bambini nascerebbero uguali di entrambi i sessi, o indipendenti da questo fattore» e «la tirannia della famiglia biologica sarebbe finalmente spezzata».
E di lì, si va ben oltre.
«Il tabù dell’incesto – continua la Firestone – attualmente serve solo a preservare la famiglia: se ci sbarazzassimo della famiglia ci sbarazzeremmo anche delle repressioni che vedono la sessualità posta in formazioni specifiche».
Forse così il lettore riesce a capire perché Renovatio 21 dà così tanto peso all’avanzamento forsennato della tecnologia riproduttiva, oramai accettato persino dalla Chiesa cattolica.
La riprotecnologia apre alla depravazione terminale dell’essere umano, la distruzione materiale della dignità dell’uomo.
Immagine di Melissa C. Keinath, Vladimir A. Timoshevskiy, Nataliya Y. Timoshevskaya, Panagiotis A. Tsonis, S. Randal Voss & Jeramiah J. Smith via Wikimedia pubblicato su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Riprogenetica
Scienziati cinesi stanno sviluppando robot con uteri artificiali

Gli scienziati stanno sviluppando robot surrogati dotati di uteri artificiali, progettati per «dare alla luce» bambini umani.
Questi uteri artificiali sono progettati per imitare una gravidanza dal concepimento al parto, con il neonato che riceve i nutrienti attraverso un tubo.
Lo scienziato cinese Zhang Qifeng, fondatore dell’azienda Kaiwa Technology, ha affermato che la tecnologia è già in una «fase matura» e che un prototipo sarà venduto per 100.000 yuan (circa 11.986 euro) l’anno prossimo.
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«Ora deve essere impiantato nell’addome del robot in modo che una persona reale e il robot possano interagire per ottenere una gravidanza, consentendo al feto di crescere al suo interno», ha affermato Zhang.
Secondo quanto riportato dai media, i dettagli su come esattamente un embrione umano verrebbe creato e successivamente impiantato nella macchina rimangono poco chiari. Tuttavia, è probabile che ciò implichi una qualche forma di fecondazione in vitro.
I bambini in via di sviluppo rimarrebbero all’interno del robot per l’intero periodo di gestazione e sarebbero circondati da liquido amniotico artificiale, progettato per creare un’atmosfera simile a quella di un utero.
Si dice che il robot sia destinato a contrastare l’aumento dei tassi di infertilità in Cina e altrove.
Il Telegraph ha affermato che gli uteri artificiali «potrebbero rivoluzionare la scienza medica e le nostre nozioni di famiglia e fertilità», ammettendo implicitamente che rappresentano un attacco alla famiglia naturale con il bambino «privato» dell’utero naturale della madre. Nell’articolo si dice che esperti medici sollevano dubbi sulla possibilità che l’utero artificiale possa replicare la gestazione umana, sottolineando che i complessi processi biologici, come la secrezione ormonale materna, non possono essere replicati dai robot.
È citato inoltre il fatto che il nascituro e la madre si scambiano cellule durante la gravidanza, in un processo chiamato microchimerismo fetale – con alcune cellule del bambino che si attaccano, per sempre, a parti del corpo della madre, come il cuore. Il trasferimento probabilmente aiuta il sistema immunitario del bambino, esponendolo ai fattori immunitari materni e, quindi, riducendo potenzialmente il rischio di malattie autoimmuni.
I neonati iniziano a riconoscere la voce della madre già nel grembo materno, favorendo il legame, la regolazione emotiva e lo sviluppo del linguaggio.
L’utero artificiale – detto anche ectogenesi – è oramai inevitabile, come peraltro teorizzato da pionieri del pensiero genderista come Shulamith Firestone, con il femminismo radicale a sognare la riproduzione extraumana (cioè, privata della femmina, della madre) come liberazione definitiva dalla tirannia del Patriarcato – quasi a dimostrare che la rivolta è, in ultima analisi, contro la natura stessa.
Lo studio della tecnologia ectogenetica procede anche con fondi dell’Unione Europea. Tre anni fa in Inghilterra è nato un bambino a seguito un innesto di tessuto ovarico, cosa che potrebbe far presagire avanzamenti nella tecnologia di questo tipo. Quattro mesi fa ricercatori israeliani hanno prodotto in un utero artificiale un embrione di topo peraltro derivato da cellule staminali e non da gameti.
A fine 2022 cominciò a circolare in rete un video che mostrava un impianto avveniristico di uteri artificiali. Il video, che assomiglia vagamente a quanto visto più di 20 anni fa in Matrix, mostra centinaia di capsule tecnologiche dove i piccoli esseri umani crescono come in una gestazione nel grembo materno. La madre qui, è la macchina, l’industria, il sistema.
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Come riportato da Renovatio 21, l’industria dell’utero in affitto ucraina è già pronta a saltarci sopra, con il fondatore della prima clinica di riproduzione artificiale e uteri affittati dell’Ucraina che ha dichiarato che l’ectogenesi sarà realtà tra 5-7 anni.
Non sappiamo dire quanti allocchi pro-vita finiranno nella trappola che offrirà l’utero artificiale: niente più aborti, con l’embrione che verrà semplicemente trasferito in una capsula industriale e portato a termine, per divenire cosa non sappiamo, ma lo sanno ancora meno i prolife ebeti che hanno accettato la catastrofe dei bambini in provetta (in Italia, la legge 40/2004) senza nemmeno voler guardare dove il pendìo scivoloso li avrebbe portati.
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Immagine generata artificialmente
Genetica
Scienziati cinesi creano topi fertili con due «padri»

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Riprogenetica
Micro testicoli coltivati dagli scienziati in laboratorio

Alcuni scienziati sono riusciti a coltivare in laboratorio minuscoli organoidi di testicoli. Lo riporta il sito Futurism.
Il fenomeno apre la strada ad una riproduzione artificializzata a partire dalla stessa produzione dei gameti.
A febbraio l’Università israeliana Bar-Ilan ha annunciato in un comunicato stampa che i suoi ricercatori sono riusciti a far crescere con successo testicoli artificiali da cellule di topo in una capsula di Petri, in uno sviluppo che, dicono come sempre, potrebbe essere utilizzato in futuro per contribuire a curare l’infertilità maschile umana.
Come mostrano le riprese ravvicinate al microscopio degli organoidi, è evidente che hanno formato le strutture di base dei testicoli, compresi i tubuli attraverso cui passa lo sperma e anche il contorno oblungo generale dell’organo vero e proprio.
Sebbene questa non sia la prima volta che gli scienziati riescono a far crescere testicoli in laboratorio (è già successo almeno una volta, quando nel 2015 alcuni scienziati americani ne crearono una coppia in grado di produrre testosterone utilizzando cellule staminali umane per aiutare i soldati le cui gonadi erano rimaste ferite in combattimento), questo, secondo la vulgata transumanista degli scienziati, ultimo successo potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento dell’infertilità maschile.
La «scienza» quindi prevede di produrre spermatozoi da testicoli in vitro, aggiungendo un livello ulteriore all’artificio della riproduzione artificiale, usando come scusante il crollo della fertilità maschile registrato in questi anni.
Come riportato da Renovatio 21, ricerche oramai comprovate segnalano una tendenza allarmante: il numero di spermatozoi degli uomini è diminuito, i livelli di testosterone sono precipitati e la disfunzione erettile è in aumento.
Anche il cosiddetto «periodo COVID» ha influito negativamente su questa problematica già abbondantemente conclamata. Come se non bastasse, un nuovo studio ha concluso che la fertilità maschile è ridotta per diversi mesi dopo l’iniezione del vaccino COVID-19 a base mRNA.
Nonostante non se ne parli con la stessa frequenza dell’infertilità femminile, è comunque un problema molto serio: come spiega uno studio del 2015 pubblicato sul Journal of Human Reproductive Sciences, fino al 2% degli uomini in tutto il mondo presenta problemi di «spermatozoi non ottimali».
In un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz, la dottoressa Nitzan Gonen del Bar-Ilan, specialista nella determinazione del sesso del feto e direttrice dell’Istituto di nanotecnologia e materiali avanzati dell’istituto, ha espresso il desiderio di demitizzare le discussioni comprensibilmente imbarazzanti che circondano testicoli, sperma e infertilità maschile mentre lei e i suoi colleghi lavorano alla loro ricerca, pubblicata di recente sull‘International Journal of Biological Sciences.
«La scienza oggi riconosce più di 100 geni in cui le mutazioni possono causare l’inversione sessuale, ma pensiamo che questa sia solo la punta dell’iceberg», ha detto la Gonen. «E ora arriviamo al motivo per cui sono entrato in questo ramo di ricerca; stavamo cercando un sistema cellulare, un sistema in vitro, per studiarlo. Fino a quel momento non esisteva un sistema biologico per modellare il testicolo».
I ricercatori non sono ancora riusciti a far crescere i testicoli in vitro, né sono riusciti a fargli produrre sperma. Tuttavia, questo progresso segna la prima volta dalla 2015 che un’obiettivo simile viene raggiunto.
Il fine ultimo sembra quello di voler artificializzare non solo l’unione dei gameti, ma la produzione dei gameti stessi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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