Epidemie
COVID, come si salva una RSA. Intervista al dott. Romano D’Alessandro

Mentre l’emergenza COVID-19 investiva il nostro Paese mandando al collasso parte del sistema ospedaliero a causa dell’elevato numero di ricoveri, in particolare di quei pazienti infetti ricoverati nei reparti di terapia intensiva e rianimazione, i focolai di SARS-CoV-2 divampavano nelle RSA e più in generale in tutte le case residenza per anziani.
La percentuale di contagi all’interno di esse, anche su scala nazionale, è altissima.
Riguardo ai decessi la situazione è, come sappiamo, ancora più drammatica: l’Istituto superiore di sanità ha recentemente reso pubblico il terzo rapporto sul contagio da Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie in Italia: in tutto, dal 1º febbraio al 18 aprile, sono stati contati 6.773 decessi, di cui il 40% riconducibili al Covid-19. I numeri, come abbiamo già più volte detto, potrebbero persino non essere quelli reali perché per molti dei decessi non si è avuta la conferma di tampone positivo.
Qualche realtà, però, si è salvata grazie ad un grande lavoro di prevenzione messo in atto da professionisti decisi a dare il massimo per la tutela dei propri ospiti e del personale dipendente.
Qualche realtà si è salvata grazie ad un grande lavoro di prevenzione messo in atto da professionisti decisi a dare il massimo per la tutela dei propri ospiti e del personale dipendente.
Una di queste, una vera e propria mosca bianca, è la struttura per anziani «Il Giardino» di Bagnolo in Piano, provincia di Reggio Emilia, facente parte del gruppo anniazzurri e sotto la direzione dell’Azienda lombarda Kos Care.
Renovatio 21 ha diffusamente parlato di quanto sta accadendo all’interno di questa CRA con il dottor Romano D’Alessandro, coordinatore infermieriestico della struttura nonché RAS (Responsabile attività sanitaria), che insieme al medico della struttura, il dottor Francesco Testa, alla direttrice Daniela Zaccarelli e a tutti i colleghi ha gestito e continua a gestire questo difficile momento.
Dott. D’Alessandro, qual è la situazione nella vostra struttura ad oggi?
Ad oggi, su 61 ospiti residenti all’interno della nostra struttura, non si registra alcun caso di contagio o di sospetto tale.
Potremmo quindi dire che siete una delle poche strutture ad aver tenuto fuori il COVID-19?
Per fortuna nostra sì. Certo dispiace sapere di così tanti contagi in tantissime altre strutture anche nella nostra provincia. La guardia però non va mai abbassata, nemmeno quando si è fatto tutto il possibile. Il nemico contro il quale combattiamo, oltre che invisibile, è davvero molto insidioso.
«Ad oggi, su 61 ospiti residenti all’interno della nostra struttura, non si registra alcun caso di contagio o di sospetto tale»
Quali strategie di prevenzione avete messo in atto e da quando esattamente?
Ricordo che le prime indicazioni dalla direzione generale arrivarono esattamente il 24 febbraio ed esse ci indicavano, da quel preciso momento, l’utilizzo obbligatorio per tutti i dipendenti (anche il personale amministrativo, compreso il centralinista) di mascherina chirurgica e guanti, nessuno escluso.
Il 28 febbraio è arrivato il protocollo-procedura ufficiale che metteva fine ad ogni tipo di ingresso, sia ingressi di nuovi pazienti provenienti da ospedale o dal domicilio, sia ingresso inteso come visite di familiari o fornitori — i quali hanno continuato ovviamente a rifornirci non entrando però mai personalmente in struttura ma depositando la merce all’esterno, ritirata e poi sistemata dal personale interno.
Le visite dei nostri ospiti sono state ridotte alle sole visite urgenti, dopo le quali, l’ospite che rientrava dall’ospedale, veniva ospitato in apposite camere di isolamento per 15 giorni. Anche le trasfusioni sono state sospese, e ci siamo attrezzati prontamente per farle all’interno della struttura.
«Le visite dei nostri ospiti sono state ridotte alle sole visite urgenti, dopo le quali, l’ospite che rientrava dall’ospedale, veniva ospitato in apposite camere di isolamento per 15 giorni»
Dal 3 marzo abbiamo iniziato a misurare la temperatura corporea a tutti gli operatori con termometro frontale a laser, molto costoso e difficile da trovare, ma alla fine non ci siamo arresi e siamo riusciti a procurarcelo. In questo senso, l’infermiere che smonta dal turno notturno aspetta la responsabile di reparto — la prima ad arrivare — all’ingresso, misurandole la temperatura.
La responsabile, a sua volta, attende tutti gli operatori del mattino e ad uno ad uno misura la TC. In egual modo avviene per i turni del pomeriggio e della notte, con un dipendente dedicato al rilievo della temperatura per i colleghi che entrano in turno.
Sempre all’ingresso, dopo aver rilevato la TC, vengono consegnati mascherina e guanti prima di poter accedere agli spogliatoi per indossare la divisa, firmando anche in questo caso un foglio volto ad attestare di aver ricevuto questi due dispostivi di protezione individuale all’ingresso. I guanti, ovviamente, saranno poi cambiati in reparto dopo ogni manovra, previo essersi lavati e disinfettati accuratamente le mani.
Non solo i guanti, ma tutti i DPI vengono cambiati continuamente, utilizzando anche tre camici monouso per volta, cioè uno sopra all’altro. Abbiamo poi distanziato il più possibile tutti gli ospiti sfruttando totalmente gli spazi interni.
«Avere una direzione lombarda in questo senso ci ha aiutati molto, perché lì erano già preparati a far fronte a questo tipo di emergenza, pur con tutte le difficoltà»
Quindi siete partiti largamente in anticipo, anche rispetto all’emergenza inerente alle residenze per anziani, giusto?
Siamo sicuramente partiti prima di molte altre strutture grazie ad un protocollo sanitario aziendale interno al quale, come dicevo, ci siamo rigorosamente attenuti. Credo fosse indispensabile partire con grande anticipo senza sottovalutare nulla ma facendo, piuttosto, tutto ciò che di possibile si poteva fare per prevenire il contagio. Avere una direzione lombarda in questo senso ci ha aiutati molto, perché lì erano già preparati a far fronte a questo tipo di emergenza, pur con tutte le difficoltà.
Siete riusciti a sottoporre i vostri ospiti al tampone naso-faringeo?
Guardi, in realtà abbiamo avanzato domanda alla ASL già parecchio tempo fa, addirittura facendo richiesta di poter procedere privatamente attraverso un laboratorio privato. Non abbiamo però ancora ricevuto risposta.
Come mai secondo lei?
Non ne ho idea, ma potrei supporre che non avendo all’interno della nostra struttura casi sospetti ed essendo già chiusi a tutto, come spiegavo poc’anzi, da tantissimo tempo, l’urgenza dei tamponi da noi secondo l’ASL passi in secondo piano.
«Noi avevamo una scorta di 1000 camici e 600 mascherine già da prima che scoppiasse l’epidemia, oltre ovviamente ai guanti e agli occhiali»
Parliamo dei tanto discussi dispostivi di protezione individuale: come ve li siete procurati e con quanto anticipo?
Noi avevamo una scorta di 1000 camici e 600 mascherine già da prima che scoppiasse l’epidemia, oltre ovviamente ai guanti e agli occhiali. Poi dai primi di marzo ci siamo procurati altre 2000 mascherine chirurgiche per permetterne un ricambio costante ai nostri operatori. Nel mentre, per sicurezza, ci siamo procurati anche i tutoni idrorepellenti a alcune mascherine FFP2.
Certo trovare DPI in questo periodo non è stato affatto facile, ma partendo con largo anticipo e sondando le varie possibilità ci siamo riusciti.
A quali direttive avete fatto riferimento per proteggere la vostra struttura e i vostri ospiti?
Sempre e comunque al nostro protocollo sanitario aziendale interno, che a sua volta è stato specificamente redatto seguendo direttive ministeriali, dell’Istituto Superiore di Sanità e del Comitato Tecnico Scientifico.
Il personale sanitario della vostra struttura è stato formato, come richiesto da alcuni rapporti redatti dall’Istituto Superiore di Sanità, per far fronte all’emergenza Covid?
Assolutamente sì. E non solo il personale sanitario ma tutti i dipendenti, anche il personale addetto alle pulizie e alla cucina.
«Ogni due settimane abbiamo continuato a ripetere, con le stesse modalità anti-assembramento e sempre ponendo l’attenzione sulle richieste degli operatori, gli incontri formativi»
In che modo?
Sempre i primi giorni di marzo la nostra azienda ci ha chiesto di formare una équipe multidisciplinare interna alla struttura dedicata alla formazione del personale sull’emergenza nCoV, fornendoci la documentazione necessaria. Come prima cosa, circa a metà marzo, abbiamo fissato un incontro formativo dividendo il personale in due gruppi per non creare assembramenti e potendo così garantire le distanze sociali fra i dipendenti.
Abbiamo dedicato mezza giornata a questo primo incontro formativo, dove si sono anzitutto ascoltate e raccolte le paure, i dubbi e le richieste dei dipendenti. Poi l’incontro è proseguito con una spiegazione generale rispetto all’infezione SARS-CoV-2 — cos’è, come si trasmette, quali complicanze può creare e via discorrendo.
Ogni due settimane abbiamo continuato a ripetere, con le stesse modalità anti-assembramento e sempre ponendo l’attenzione sulle richieste degli operatori, gli incontri formativi. Alcuni di essi sono poi stati dedicati alla formazione sulle corrette pratiche di vestizione e spoliazione, inclusa la modalità corretta per apporre sul volto la mascherina FFP2.
Ad ogni operatore poi, di tanto in tanto, venivano consegnati alcuni fascicoli di approfondimento redatti dalla nostra direzione sanitaria, così come alcuni documenti aggiornati dei vari comitati scientifici. Dopo averlo ricevuto, ogni operatore era tenuto firmare un foglio che confermasse la ricezione del proprio personale fascicolo o documento. Inoltre la nostra azienda, attraverso una piattaforma internet, ha reso obbligatori a tutti gli operatori sanitari due corsi di formazione sulla prevenzione e sulla gestione dell’emergenza COVID.
«Oggi, a distanza di oramai due mesi, nelle telefonate con i familiari riceviamo ogni tipo di ringraziamento per aver fatto una scelta così coraggiosa, che certo è costata tanto sul piano emotivo, ma i parenti hanno capito che l’importante era preservare la salute dei propri cari»
Come hanno reagito i vostri ospiti alla chiusura della struttura e comunque ad un cambio così drastico della loro quotidianità?
Ovviamente per alcuni di loro è stato un evento traumatico, quantomeno inizialmente. Non è stato facile fargli comprendere che, per il loro bene, non avrebbero potuto incontrare i propri familiari per diverso tempo. Nondimeno hanno anche subito l’impossibilità di alcune particolari abitudini, come il poter andare dalla parrucchiera o dalla podologia — servizi che la nostra struttura garantisce internamente. Tutto questo è pesato molto a loro come a noi, ma alla fine pian piano hanno capito la situazione e le circostanze straordinarie alle quali eravamo tenuti a rispondere con serietà e prontezza.
E i familiari?
Anche per loro non è stato facile accettare una decisione così preventiva. In molti, soprattutto dopo il 28 febbraio, data in cui abbiamo bloccato totalmente l’ingresso ai visitatori, ci hanno chiamato chiedendoci spiegazioni nel merito di una decisione che a loro appariva, comprensibilmente, molto rigida.
Io e il nostro medico direttore sanitario abbiamo deciso di avvisare personalmente tutti i parenti, fornendo le informazioni necessarie che hanno motivato la scelta della nostra struttura. Oggi, a distanza di oramai due mesi, nelle telefonate con i familiari riceviamo ogni tipo di ringraziamento per aver fatto una scelta così coraggiosa, che certo è costata tanto sul piano emotivo, ma i parenti hanno capito che l’importante era preservare la salute dei propri cari.
E per ora — e speriamo per sempre — così è stato e ce ne hanno dato atto.
Visto il risultato, quindi, pensa sia valsa la pena adottare le rigide ed impegnative misure da voi messe in atto?
Certamente. Come ho già detto il prezzo da pagare è stato sicuramente alto sul piano emotivo, ma guardando al risultato posso fermamente dire che ne è valsa la pena.
«Il prezzo da pagare è stato sicuramente alto sul piano emotivo, ma guardando al risultato posso fermamente dire che ne è valsa la pena»
Per quanto andrete avanti così? Piano piano allenterete qualche misura o è ancora troppo presto?
È ancora troppo presto per ogni tipo di decisione o qualsivoglia allentamento delle misure preventive. Non dimentichiamoci che siamo ancora in piena pandemia, e che anche dopo il lockdown nazionale il 44% dei contagi ha avuto luogo all’interno residenze per anziani. Non si può in alcun modo allentare la presa. Continuerà il blocco degli ingressi fino a data da destinarsi, e anche dopo una recente videoconferenza di tre ore con i vertici sanitari della nostra azienda non ci sono state date direttive in merito ad eventuali cambiamenti.
Quale crede sia stato l’antidoto che ha salvato fino ad ora la vostra struttura?
Abbiamo una direzione sanitaria veramente preparata, decisa e competente. Allo stesso non posso mancare di fare i più doverosi complimenti e ringraziamenti a tutti gli operatori: medici, infermieri, operatori socio-sanitari, amministrazione, addetti alle pulizie e alla cucina, nonché a tutti i parenti dei nostri ospiti che hanno risposto in noi piena fiducia. A tutti loro va un sentito grazie con un monito, però: questa guerra non è ancora finita, dobbiamo continuare con massima serietà, professionalità ed attenzione il nostro lavoro perché la pandemia è tutt’altro che finita.
Cristiano Lugli
Epidemie
Il Congo dichiara una nuova epidemia di Ebola

Almeno 16 persone, tra cui quattro operatori sanitari, sono morte a causa di una nuova epidemia del mortale virus Ebola nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), hanno annunciato le autorità del paese dell’Africa centrale.
Finora sono stati segnalati 28 casi sospetti nella provincia di Kasai e i test di laboratorio hanno confermato il ceppo zairese della malattia, ha affermato giovedì il ministero della Salute congolese in una nota.
«Il tasso di mortalità è stimato al 57%, anche se le indagini e le analisi di laboratorio continuano a definire la situazione», ha affermato il ministero, aggiungendo che gli ultimi casi segnano la 16a epidemia registrata nella Repubblica Democratica del Congo.
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Il governo ha dichiarato di aver schierato squadre di risposta rapida, supportate da esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), per potenziare la sorveglianza epidemiologica e istituire strutture di triage e isolamento.
L’Ebola, una febbre emorragica altamente contagiosa, si diffonde attraverso il contatto diretto con fluidi corporei o tessuti infetti. I sintomi includono spesso febbre alta, affaticamento, mal di testa, mal di gola, vomito, diarrea, eruzioni cutanee ed emorragie interne o esterne.
Il Congo ha registrato l’ultima volta il virus nel 2022 nella provincia di Equateur, dopo una devastante epidemia tra il 2018 e il 2020 che ha ucciso quasi 2.300 persone. Il paese, attualmente alle prese con un conflitto armato nelle sue province orientali ricche di minerali, alimentato dal gruppo ribelle M23, ha anche sperimentato gravi epidemie negli ultimi mesi, che vanno da quelle descritte come «misteriose» al virus Mpox , precedentemente noto come vaiolo delle scimmie.
L’OMS ha dichiarato che consegnerà due tonnellate di forniture, tra cui dispositivi di protezione individuale, attrezzature per laboratori mobili e medicinali, per sostenere Kinshasa. Ha aggiunto che il Congo dispone di una scorta di trattamenti e di 2.000 dosi del vaccino Ervebo, che saranno inviate nel Kasai per vaccinare i contatti e gli operatori sanitari in prima linea.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio di quest’anno, anche la vicina Uganda ha dichiarato una nuova epidemia di Ebola dopo che un’infermiera di 32 anni è morta per insufficienza multiorgano. L’OMS ha registrato 14 casi, di cui 12 confermati e due probabili, con quattro decessi.
Come riportato da Renovatio 21, la lotta in Congo tra le forze governative e i ribelli del gruppo M23 secondo molti sostenuto dal Ruanda, sta continuando in queste ore, con i ribelli ad accusare gli accordi di pace.
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Nel frattempo si consumano anche cruenti attacchi contro i villaggi cristiani, con diecine di morti.
Come riportato da Renovatio 21, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) aveva lanciato un allarme secondo cui gli scontri in corso nella città di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo orientale, potrebbero causare la fuga di campioni di Ebola e di altri agenti patogeni da un laboratorio.
Come riportato da Renovatio 21, dichiarazioni di allarme simili sono state lanciate due anni fa dall’OMS anche nel caso del conflitto in Sudan, con rischi riguardo a biolaboratori che, abbiamo appreso, sono siti pure lì.
A maggio 2024 era emerso che scienziati cinesi hanno progettato in un laboratorio un virus con elementi dell’Ebola che ha ucciso un gruppo di criceti.
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Immagine di World Bank Photo via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Armi biologiche
I vaccini COVID «sono armi biologiche» che «hanno provocato danni profondi»: nuovo studio

Un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria suggerisce che il virus SARS-CoV-2 responsabile del COVID-19 mostra segni di «ingegneria deliberata» e che queste caratteristiche, tra cui la proteina spike presente anche nei vaccini mRNA contro il COVID-19, sono responsabili di danni alla salute diffusi a livello globale.
Lo studio, redatto da 11 esperti scientifici e legali, è stato pubblicato nell’edizione autunnale del Journal of American Physicians and Surgeons.
Gli autori sostengono che le caratteristiche artificiali del SARS-CoV-2 e dei vaccini mRNA contro il COVID-19 siano probabilmente il risultato di una controversa ricerca sull’acquisizione di funzione, in violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sulle armi biologiche. La ricerca sul guadagno di funzione, che aumenta la trasmissibilità o la virulenza dei virus, è spesso utilizzata nello sviluppo dei vaccini.Secondo il documento, la diffusione del COVID-19, seguita dalla distribuzione dei vaccini a mRNA, ha provocato danni alla salute senza precedenti, che vanno da «malattie autoimmuni e catastrofi cardiovascolari a complicazioni della gravidanza e tumori aggressivi».
«Lungi dall’essere benigni, questi vaccini hanno provocato danni profondi, sconvolgendo quasi tutti gli apparati del corpo umano e contribuendo a livelli di morbilità e mortalità senza precedenti», afferma il documento. Il dottor Andrew Zywiec, primario presso Zywiec & Porter, è l’autore principale dello studio. Ha affermato che lo studio rivela un «modello di danno troppo costante e pervasivo per essere liquidato come casuale». «La tossicità sistemica scatenata da questi interventi, che si manifesta sotto forma di malattie autoimmuni, devastazioni cardiovascolari, tumori aggressivi e danni riproduttivi catastrofici, rappresenta non solo un fallimento della salute pubblica, ma un profondo tradimento della fiducia» ha aggiunto. Joseph Sansone, Ph.D., uno psicoterapeuta che ha intentato una causa per vietare i vaccini a mRNA in Florida, ha affermato che l’articolo è «estremamente significativo» in quanto è «il primo articolo di una rivista peer-reviewed che afferma che sia il COVID che le iniezioni di COVID violano la Convenzione sulle armi biologiche e che sia il COVID-19 che le iniezioni di COVID sono armi biologiche».Il virus SARS-CoV-2 è «indicativo di manipolazione di laboratorio»
Secondo l’articolo, il virus SARS-CoV-2 «presenta molteplici caratteristiche genomiche indicative di manipolazione di laboratorio», tra cui il sito di scissione della furina, che «aumenta l’infettività» e che è «assente nei virus simili alla SARS presenti in natura».
Diverse altre caratteristiche del virus SARS-CoV-2 «migliorano l’evasione immunologica e la trasmissibilità tramite aerosol», rendendo il virus «insolitamente resistente… e cinque volte più stabile nell’aria» rispetto ad altri virus respiratori.«Queste caratteristiche combinate, insieme ai modelli di mutazione del virus, sono una forte prova che il SARS-CoV-2 non avrebbe potuto evolversi naturalmente», afferma il documento.
L’articolo cita due articoli di riviste scientifiche sottoposte a revisione paritaria, redatti da scienziati militari, che affermano che il SARS-CoV-2 contiene «prove di manipolazione» che rendono il virus un «patogeno attraente» per le sue caratteristiche, che ricordano quelle di un’arma biologica.
Queste manipolazioni «rappresentano una violazione della Convenzione sulle armi biologiche», sostiene il documento. Promulgata nel 1975, la convenzione «proibisce di fatto lo sviluppo, la produzione, l’acquisizione, il trasferimento, lo stoccaggio e l’uso di armi biologiche e tossiche». È stata firmata da quasi 200 Paesi.Un articolo accusa Fauci di aver deliberatamente nascosto le origini del SARS-CoV-2
Secondo il documento, la ricerca sull’acquisizione di funzione implica «tecniche di manipolazione virale» che possono portare allo sviluppo di agenti patogeni vietati dalla convenzione. Tuttavia, il governo degli Stati Uniti, in particolare il National Institute of Allergy and Infectious Diseases, guidato dal dottor Anthony Fauci fino al 2022, è da tempo coinvolto nella ricerca sul guadagno di funzione, «inclusa una collaborazione di lunga data tra istituzioni finanziate dagli Stati Uniti e il Wuhan Institute of Virology» in Cina. I sostenitori della «teoria della fuga dal laboratorio» sulle origini del SARS-CoV-2 sostengono che la ricerca sul guadagno di funzione nel laboratorio di Wuhan e una successiva fuga di notizie abbiano portato allo scoppio dell’epidemia globale di COVID-19, che è stata insabbiata. Ad aprile, l’amministrazione Trump ha lanciato una nuova versione del sito web ufficiale del governo dedicato al COVID-19, presentando prove che il COVID-19 sia emerso a causa di una fuga di notizie dal laboratorio di Wuhan. La CIA, l’FBI, il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, il Congresso degli Stati Uniti e diverse agenzie di Intelligence straniere hanno avallato questa teoria. Il documento fa riferimento al Progetto DEFUSE, una proposta presentata dall’EcoHealth Alliance e dagli scienziati di Wuhan alla Defense Advanced Research Projects Agency degli Stati Uniti nel 2018. Sebbene la proposta sia stata respinta, descriveva la creazione di coronavirus con caratteristiche che ne aumentavano l’infettività, tra cui il sito di scissione della furina. EcoHealth Alliance e il suo ex presidente, il dottor Peter Daszak, hanno collaborato con i ricercatori di Wuhan. L’anno scorso, il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (HHS) ha sospeso tutti i finanziamenti per EcoHealth Alliance dopo aver scoperto che l’organizzazione non aveva monitorato adeguatamente gli esperimenti rischiosi sul coronavirus. Il documento afferma che Fauci e l’intelligence statunitense non hanno mai rivelato l’esistenza della ricerca. Al contrario, «hanno oscurato quella che è, di fatto, la prova dell’intenzione di produrre un virus molto simile a quello che ha causato la pandemia di COVID-19». L’articolo cita una teleconferenza del 1° febbraio 2020 con Fauci e importanti virologi, tra cui diversi coautori dell’ormai famigerato articolo «The proximal origin of SARS-CoV-2». L’articolo, che promuoveva l’origine naturale del COVID-19, è stato pubblicato su Nature Medicine nel marzo 2020. Sebbene diversi coautori di «Proximal Origin» abbiano espresso dubbi sul fatto che il SARS-CoV-2 si sia sviluppato naturalmente, Fauci «ha cercato di sopprimere» tali preoccupazioni durante la chiamata del 1° febbraio 2020. «Proximal Origin» è diventato uno degli articoli più citati del 2020, con oltre 6 milioni di accessi. Nel 2023, The Nation ha riportato che oltre 2.000 testate giornalistiche hanno citato l’articolo. Successivamente, il governo degli Stati Uniti, la comunità scientifica e i media hanno utilizzato il termine «origine prossimale» per promuovere la teoria «zoonotica» – o dell’origine naturale – dell’origine del SARS-CoV-2 e per screditare i sostenitori della «teoria della fuga di laboratorio». «L’occultamento deliberato di caratteristiche genomiche critiche ha ritardato la consapevolezza pubblica e gli sforzi di mitigazione della pandemia, consentendo potenzialmente una diffusione più ampia e un maggior numero di decessi», afferma il documento. A maggio, il presidente Donald Trump ha emesso un ordine esecutivo che ha sospeso la ricerca sul guadagno di funzione negli Stati Uniti per 120 giorni, in attesa dello sviluppo di un nuovo quadro normativo. Ha inoltre interrotto i finanziamenti statunitensi per tale ricerca in alcuni Paesi.La proteina Spike potrebbe causare danni irreversibili
Secondo gli autori dello studio, lo sviluppo del SARS-CoV-2 e delle caratteristiche del COVID-19 che presentano proprietà di acquisizione di funzione simili hanno causato danni significativi alla salute pubblica globale. Il documento fa riferimento alle statistiche del Defense Medical Epidemiology Database che mostrano un aumento significativo dell’incidenza di miocardite (151,4%), embolia polmonare (43,6%), disfunzione ovarica (34,9%), malattia ipertensiva (22,9%), sindrome di Guillain-Barré (14,9%), cancro esofageo (12,5%) e cancro al seno (7%) nel 2021, l’anno in cui i vaccini contro il COVID-19 sono stati distribuiti a livello globale. Ulteriori dati militari statunitensi citati nel documento mostrano «aumenti persistenti» di miocardite, cancro agli organi digestivi, cancro al cervello e altre lesioni tra il 2022 e il 2025. Anche i danni riproduttivi sono aumentati significativamente in seguito alla distribuzione dei vaccini contro il COVID-19, sostiene il documento. Cita dati provenienti da fonti quali il Vaccine Adverse Event Reporting System ( VAERS ), gestito dal governo statunitense, il rapporto di sorveglianza post-marketing di Pfizer del 2021 e i dati degli studi clinici di fase 2/3 per il suo vaccino contro il COVID-19, che mostrano un aumento di aborti spontanei, nati morti e decessi neonatali. Lo studio cita la proteina spike nei vaccini mRNA contro il COVID-19 come uno dei probabili fattori responsabili dell’aumento dell’incidenza di tumori e altre patologie negli ultimi anni. «L’espressione proteica prolungata, esemplificata dal rilevamento della proteina spike S1 oltre 700 giorni dopo la vaccinazione contro il COVID, sottolinea il potenziale di danni irreversibili», afferma il documento. Il documento sostiene che la soppressione di «trattamenti comprovati o promettenti» come l’idrossiclorochina a favore dell’obbligo vaccinale universale contro il COVID-19 – e la decisione politica di implementare la vaccinazione di massa durante la pandemia – hanno ulteriormente aggravato la salute pubblica globale e hanno avuto «effetti dannosi sulla fiducia del pubblico». Il documento è stato pubblicato proprio mentre la Food and Drug Administration statunitense, all’inizio di questa settimana, ha interrotto l’ampia autorizzazione dei vaccini contro il COVID-19, limitando le iniezioni alle persone ad alto rischio di contrarre la malattia grave. All’inizio di questo mese, l’HHS ha annunciato di aver cancellato quasi 500 milioni di dollari in contratti e sovvenzioni per lo sviluppo di vaccini a mRNA. Un numero crescente di scienziati ha chiesto la sospensione o il ritiro dei vaccini a mRNA. Gli autori dello studio hanno affermato che i loro risultati rafforzano queste richieste. «L’aumento delle malattie autoimmuni, dei tumori aggressivi, delle interruzioni di gravidanza, dei decessi cardiovascolari, della frammentazione sociale e dei rischi incombenti delle piattaforme avanzate di mRNA richiedono un’immediata sospensione dell’uso di vaccini a mRNA e di prodotti biologici, indagini approfondite sui motivi alla base di questa violazione senza precedenti della fiducia pubblica e misure robuste per ripristinare terapie sicure e pratiche etiche di salute pubblica» hanno affermato. La dottoressa Irene Mavrakakis, una delle coautrici dell’articolo e professoressa associata presso il dipartimento di Chirurgia del Philadelphia College of Osteopathic Medicine, ha affermato che l’articolo sostiene le richieste di «ritiro completo di tutti i vaccini e farmaci biologici contro il COVID-19 e di una moratoria su tutti i farmaci biologici a mRNA». La Mavrakakis ha anche chiesto che vengano «perseguiti penalmente i decisori che sono stati penalmente negligenti e hanno mancato ai loro doveri». Ha affermato che i produttori di vaccini dovrebbero essere privati dell’immunità di cui godono ai sensi del National Childhood Vaccine Injury Act del 1986 e del Public Readiness and Emergency Preparedness Act ( PREP Act ) del 2005. Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso Children’s Health Defense, concorda. Ha affermato che la ricerca sul guadagno di funzione «avrà sempre i suoi sostenitori», ma l’umanità si trova ad affrontare «rischi estremi e inevitabilmente paga un prezzo elevato per tale ricerca». «I laboratori possono avere perdite, e lo fanno», ha affermato. «Un singolo evento al Wuhan Institute of Virology alla fine del 2019 ha causato innumerevoli sofferenze e morti. Finché non saremo in grado di costruire un laboratorio a prova di perdite, non dovremmo assemblare virus che potrebbero devastare il mondo al suo interno». Michael Nevradakis Ph.D. © 29 agosto 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Epidemie
Caso di verme divoratore di carne umana in USA

Il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (HHS) ha segnalato il primo caso umano di verme divoratore di carne umana associato ai viaggi nel Maryland, dopo il ritorno di un «paziente» da El Salvador. Lo riporta l’agenzia Reuters, citante il portavoce dell’HHS Andrew G. Nixon
Si tratta di una creatura chiamata New World screwworm (verme a vite del Nuovo Mondo), il cui nome scientifico è Cochliomyia hominivorax, conosciuta come «Mosca assassina», una specie di mosca parassita le cui larve (o vermi) mangiano i tessuti vivi degli animali a sangue caldo.
Non sono stati resi noti dettagli sullo status di immigrazione del paziente, sebbene sia importante sottolineare che il Maryland è una roccaforte dell’estrema sinistra del Partito Democratico USA e un Sanctuary State, uno Stato-rifugio per gli immigrati.
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Dal 2023, le larve di mosca assassina si stanno spostando verso nord dall’America Centrale attraverso il Messico, con un nuovo caso identificato a luglio a circa 400 miglia a sud del confine statunitense, a Veracruz. La risposta del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) è stata quella di chiudere le attività transfrontaliere dei porti di ingresso del bestiame negli Stati Uniti per mitigare la minaccia alla biosicurezza.
«L’HHS ha segnalato negli Stati Uniti il primo caso umano di parassita del Nuovo Mondo associato ai viaggi. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno confermato la presenza del parassita il 4 agosto in un paziente di ritorno da El Salvador» scrive Reuters. «Fonti del settore avevano precedentemente riferito a Reuters che il paziente proveniva dal Guatemala, e le email della Beef Alliance avevano diffuso questa versione ai responsabili dell’allevamento. L’HHS non ha chiarito la discrepanza».
L’HHS afferma che il rischio per la salute pubblica degli Stati Uniti è molto basso. Quest’anno non sono stati segnalati casi di contagio tra gli animali negli Stati Uniti.
Gli esseri umani possono sopravvivere alle infestazioni dal verme a vite del Nuovo Mondo con un trattamento adeguato, ma questo è il primo caso negli Stati Uniti che ha fatto scattare l’allarme tra i funzionari della sanità pubblica e l’industria del bestiame. Se non trattati, questi parassiti possono uccidere gli ospiti, come bovini, animali selvatici e animali domestici.
Il Segretario del dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America (USDA) Brooke Rollins ha recentemente annunciato i piani per un nuovo impianto sterile per mosche in Texas (base aerea miliare di Moore), ispirato alle passate campagne di eradicazione. La costruzione della struttura richiederà dai 2 ai 3 anni.
Anche il Messico sta costruendo un impianto per la produzione di mosche sterili da 51 milioni di dollari nel Sud. Attualmente, ne esiste solo uno (a Panama City), che produce 100 milioni di mosche sterili a settimana, ma ne serviranno 500 milioni per respingere le infestazioni fino al Darien Gap.
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L’USDA stima che un’epidemia di verme della vite senza fine del Texas potrebbe devastare l’industria bovina, causando perdite per 1,8 miliardi di dollari tra mortalità del bestiame, manodopera e costi di trattamento. La minaccia biologica arriva in un momento in cui il patrimonio bovino nazionale è il più piccolo degli ultimi 70 anni, i prezzi della carne bovina sono a livelli record e i margini di profitto degli allevamenti intensivi rimangono estremamente ridotti.
Una serie di fattori, tra cui la riduzione delle mandrie, la siccità e le tariffe doganali, sta facendo salire i prezzi della carne bovina nei supermercati a livelli record …
L’USDA classifica ufficialmente i vermi della vite come una «minaccia per la biosicurezza agricola» e, visti i recenti casi di cittadini cinesi sorpresi a introdurre clandestinamente funghi «agroterroristici» nel Paese, viene da chiedersi se questi parassiti potrebbero essere utilizzati come arma da parte di avversari stranieri per una guerra ibrida.
Come riportato da Renovatio 21, gli USA già in passato sono stati teatro di casi di batterio vibrio vulnificus, organismo noto per divorare la carne delle infezioni, detto anche batterio carnivoro. Parimenti, sono emersi altre creature inquietanti come l’ameba mangia cervello, segnalata nei fiumi del Nebraska e in Missouri.
Prioni sarebbero invece stati alla base anche di un’epidemia del 2019 di cervi-zombie: ai poveri ungulati, già martoriati dalle zecche portatrici di Lyme che ritengono il loro manto peloso il luogo migliore per accoppiarsi, viene «mangiato» il cervello da proteine infette, ingenerando così nelle tenere bestie cornute comportamenti di zomberia pura.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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