Big Pharma
COVID-19, terapia con il plasma di pazienti guariti. Intervista al prof. Bellavite
La cura arriverebbe dal popolo e dal suo altruismo invece che dalle farmaceutiche: un concetto che per alcuni sarebbe difficile da accettare. Ma cosa è veramente la terapia al «plasma iperimmune»? Funziona davvero? È costosa?
Renovatio 21 torna ad intervistare il professor Paolo Bellavite, medico chirurgo, ematologo, perfezionato in epidemiologica clinica e docente di Patologia Generale, sulla terapia del COVID-19 con plasma di guariti. Un argomento molto dibattuto in questo ultimo periodo e al quale anche i media ufficiali, chissà perché, stanno dando, ad ora, non troppo risalto.
È importante che l’opinione pubblica appoggi questi tentativi e vigili affinché non si abbandoni questo promettente filone di intervento terapeutico “no-profit”
Prof. Bellavite, in cosa consiste la terapia con plasma iperimmune?
Si tratta di una tecnica di immunoterapia di malattie infettive mediante la somministrazione di plasma (la parte liquida del sangue) donato da pazienti guariti dalla stessa malattia. È una tecnica antica (fu usata ad esempio nella difterite), già utilizzata nelle precedenti epidemie di coronavirus (SARS, MERS) e in quella di Ebola.
Una forma più precisa è la somministrazione di immunoglobuline purificate, non ancora disponibile per COVID-19, che si pratica per curare le tossinfezioni come quella tetanica, botulinica e il morso di vipera.
In breve: Si prelevano circa 400-500 cc di plasma ad un donatore, che dev’essere un paziente guarito da almeno 15 giorni ed essere negativo al tampone (questo anche per evitare contagi nei centri trasfusionali). Il prelievo si fa con una macchina che separa automaticamente il plasma dalle cellule, le quali sono restituite al donatore stesso.
Si prelevano circa 400-500 cc di plasma ad un donatore, che dev’essere un paziente guarito da almeno 15 giorni ed essere negativo al tampone. La procedura non causa alcun problema al donatore
A parte il posizionamento dell’agocannula in vena e il tempo di attesa, la procedura non causa alcun problema al donatore. Il plasma è poi congelato in attesa che si facciano i test della negatività per altri virus (ad es. HIV, epatite B e C) e si valuti il titolo anticorpale neutralizzante.
Il titolo è la diluizione più alta in cui si ottiene un effetto bloccante l’infettività del virus. Se non è disponibile un test di neutralizzazione, si può fare un test ELISA in cui si ottiene comunque una stima della quantità di anticorpi presenti. Al bisogno, il plasma viene scongelato e somministrato ad un malato.
Praticamente, ogni guarito può guarire delle altre persone?
La certezza in medicina non esiste coi farmaci più collaudati, figuriamoci in un caso come questo, in cui le prove sono state fatte in condizioni di urgenza (si dice a scopo “compassionevole”), senza studi clinici controllati.
Comunque, la letteratura più recente e le esperienze che sono riferite dai medici ospedalieri sono prevalentemente positive, tanto che sono stati già autorizzati studi clinici controllati.
Si tratta di una terapia sicura, senza effetti collaterali, salvo un piccolo rischio (teorico) di una reazione negativa detta “potenziamento anticorpo-dipendente”: se il paziente ha già anticorpi contro altri ceppi di coronavirus, la reazione potrebbe essere troppo forte e innescare o peggiorare un’infiammazione sistemica
Certamente, la probabilità di buon successo dipende dal titolo anticorpale neutralizzante del plasma del donatore e dalle condizioni cliniche del malato ricevente. Se la situazione clinica è troppo compromessa, qualsiasi terapia ha maggiori difficoltà ad esplicare le proprie potenzialità.
Si tratta di una terapia sicura, senza effetti collaterali, salvo un piccolo rischio (teorico) di una reazione negativa detta “potenziamento anticorpo-dipendente”: se il paziente ha già anticorpi contro altri ceppi di coronavirus, la reazione potrebbe essere troppo forte e innescare o peggiorare un’infiammazione sistemica. Quanto tale rischio — ben noto ai medici — sia concreto in caso di COVID-19 ancora non si sa bene e dovrà essere valutato su grandi casistiche.
Quanti malati può servire un donatore?
Una donazione serve un malato, potrebbe servire forse anche due o tre, se il titolo anticorpale fosse molto alto. Indicativamente, un titolo alto è maggiore di 1/320, cioè il virus viene neutralizzato anche se il plasma è diluito 320 volte.
A questo proposito va precisato che il concetto di plasma “iperimmune” è un po’ vago, proprio perché per ora non si può sapere cosa significhi quell’”iper”, e sarebbe meglio parlare semplicemente di “plasma di convalescente”.
Una lettrice di Renovatio 21 ha avuto, con tutta la famiglia il COVID-19, e nel mese di passione ha perso il padre. Ora è negativizzata, dicono i tamponi. Vorrebbe donare il plasma, ma, ci dice, nessuno le vuole dare retta. Perché?
Non saprei, ma posso immaginare che questo approccio sia visto come promettente solo da una minoranza di centri di cura, oppure che i medici che hanno in cura i pazienti COVID-19 siano in generale sovraccarichi di lavoro, cosicché non hanno tempo e strumenti per potersi dedicare a stabilire protocolli terapeutici basati sulla trasfusione di plasma.
È come la trasfusione di sangue. Non solo costa poco, ma si tratta di una terapia che ha grandi fondamenti etici e di solidarietà. Viene già usata nella maggior parte delle Nazioni
Consiglierei alla lettrice di insistere e contattare i centri italiani che fanno già questa terapia (cito a memoria Cremona, Lodi, Pavia, Mantova, Padova, ma certo ce ne sono di più).
Si tratta di una terapia costosa?
Assolutamente no, è come la trasfusione di sangue. Richiede solo un centro trasfusionale attrezzato e protocolli tecnici rigorosi.
Non solo costa poco, ma si tratta di una terapia che ha grandi fondamenti etici e di solidarietà. Viene già usata nella maggior parte delle Nazioni.
I margini di questa terapia toccano le farmaceutiche?
No, è una terapia che si può fare in concomitanza con altri farmaci.
Ritengo che la resistenza principale al’uso massivo della terapia con plasma derivi dalla mancanza di studi clinici controllati in questa specifica malattia
L’industria del trasfusionale in Italia è attrezzata per un uso massivo del plasma dei guariti?
Per quanto riguarda l’attrezzatura, certamente non è un problema, o basterebbe poco a portarla al livello necessario. Ritengo che la resistenza principale al’uso massivo della terapia con plasma derivi dalla mancanza di studi clinici controllati in questa specifica malattia.
Perciò è importante, direi essenziale, che tali studi siano condotti presto e bene, cosa non scontata: condurre uno studio clinico non è facile, perché si devono formare due gruppi di malati, mediante sorteggio, e fare la terapia solo ai malati di un gruppo.
Apparentemente questa procedura può sembrare ingiusta o poco etica, ma in realtà non lo è perché una certezza di efficacia può venire solo da uno studio del genere.
Ciò vale anche per i comuni farmaci, ma c’è una differenza: gli studi sui farmaci di solito sono sponsorizzati dalle case produttrici, mentre uno studio sul plasma non ha sponsor, in quanto nessuno ci potrebbe lucrare. Quindi è importante che l’opinione pubblica appoggi questi tentativi e vigili affinché non si abbandoni questo promettente filone di intervento terapeutico “no-profit”.
Gli studi sui farmaci di solito sono sponsorizzati dalle case produttrici, mentre uno studio sul plasma non ha sponsor, in quanto nessuno ci potrebbe lucrare
Ci sono molte cose da verificare, tra cui il momento più adatto per introdurre il plasma del convalescente: già all’inizio della malattia o solo nelle fasi più avanzate quando si è capito che il malato non riesce a guarire altrimenti?
Immaginiamo che, rispetto al vaccino che è una piccola fialetta resa obbligatoria dallo Stato, la terapia del plasma iperimmune dia a chiunque la gestisca margini estremamente più ridotti. No?
Su questo non ci sono dubbi. Sarebbe da ingenui ignorare che gli indirizzi e le decisioni di politica sanitaria sono state spesso influenzate dalla case farmaceutiche. In questo caso (COVID-19) si è però creata una situazione molto favorevole, proprio per la mancanza di cure sicuramente efficaci.
Pertanto bisogna che la fase di sperimentazione e quella di applicazione dei vari approcci terapeutici siano controllate dallo Stato in modo efficace e trasparente.
Per dissipare ogni dubbio al riguardo, è fondamentale che le commissioni scientifiche dello Stato siano composte solo da studiosi sicuramente privi di conflitti di interesse e da rappresentanti di società scientifiche a loro volta prive di conflitti di interesse.
Bisogna che la fase di sperimentazione e quella di applicazione dei vari approcci terapeutici siano controllate dallo Stato in modo efficace e trasparente
E non mi parli nemmeno di fialette rese obbligatorie!
È possibile che a frenare sull’applicazione di questa terapia sia quindi una lobby farmaceutica?
Dire che il mercato della sanità è frequentato dalle lobby farmaceutiche non è complottismo ma una ovvietà. Si possono immaginare le pressioni che stanno esercitando le case farmaceutiche affinché i loro prodotti siano inseriti come candidati negli studi clinici e quindi potenzialmente facciano ingresso nel mercato.
Anche la corsa al vaccino è aperta e ci sono forti competizioni, come si è visto pure per i test immunologici. Non ho notizie per sostenere che ci siano pressioni per frenare lo sviluppo della terapia con plasma di convalescente.
È fondamentale che le commissioni scientifiche dello Stato siano composte solo da studiosi sicuramente privi di conflitti di interesse e da rappresentanti di società scientifiche a loro volta prive di conflitti di interesse
Posso solo sperare che ciò non succeda e che chi può controllare si metta la mano sulla coscienza.
Per terapie promettenti come idrossiclorochina ed eparina, si tratta dello stesso fenomeno di logoramento e censura messo in atto dagli amici di Big Pharma?
Non credo, perché sono comunque prodotti farmaceutici, anche se non costano molto.
Però i due farmaci sono molto diversi: l’idrossiclorochina è un potenziale antivirale e quindi deve essere sperimentato come tutti gli altri prima di “cantare vittoria”, mentre l’eparina a basso peso molecolare è una terapia anticoagulante che è giusto e logico somministrare nel COVID-19 quando c’è pericolo di coagulazione intravascolare o trombosi venosa.
Dire che il mercato della sanità è frequentato dalle lobby farmaceutiche non è complottismo ma una ovvietà
Secondo me resta ancora da stabilire se l’eparina possa servire anche nelle prime fasi della malattia.
Se un guarito può donare il plasma e far guarire qualcun altro, come si spiega la recidività del virus che oramai pare quasi accertata?
Si spiega perché in medicina ci sono sempre delle eccezioni, visto che ogni persona è diversa, e ogni malattia è diversa nelle diverse persone.
In più, il virus muta velocemente, come si sa, ma anche questo non significa necessariamente che l’immunità naturale non duri, perché essa è di natura “policlonale”, cioè è diretta verso molteplici bersagli del microbo.
In definitiva, Prof. Bellavite, qualcuno ci ha capito qualcosa di questo virus?
In realtà direi di sì. Si conoscono ormai un sacco di cose, anche se molte si sono apprese per “trial and error”, purtroppo anche a spese dei primi approcci disastrosi.
Ci sarebbe tanto da dire, ovviamente, ma rimarco ciò che ritengo particolarmente importante: il virus si può domare sia col “distanziamento sociale” (brutta parola che sostituirei con “conoscenza e responsabilità”) sia con le terapie, anche se non arriva il fantomatico vaccino.
Il virus si può domare sia col “distanziamento sociale” (brutta parola che sostituirei con “conoscenza e responsabilità”) sia con le terapie, anche se non arriva il fantomatico vaccino
Inoltre sappiamo che la gravità della malattia non dipende solo dalla “cattiveria” del virus ma soprattutto dalle condizioni di salute sottostanti e precedenti dell’ospite, che a loro volta dipendono da un’ampia serie di fattori (abitudini di vita, alimentazione, movimento, attitudini psicologiche, salubrità dell’aria e dell’acqua), la più gran parte dei quali si possono modificare e migliorare.
Cristiano Lugli
Le opinioni espresse degli articoli e delle interviste pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Big Pharma
AstraZeneca ammette che il vaccino può provocare trombosi mortali: documenti giudiziari
AstraZeneca ha ammesso per la prima volta in documenti giudiziari che il suo vaccino anti-COVID può causare un raro effetto collaterale potenzialmente mortale, in un’apparente dietrofront che potrebbe aprire la strada a un pagamento legale multimilionario. Lo riporta il Telegraph.
Il colosso farmaceutico è stato citato in giudizio in un’azione collettiva per aver affermato che il suo vaccino, sviluppato con l’Università di Oxford, avrebbe causato morte e lesioni gravi in dozzine di casi.
Gli avvocati dei ricorrenti sostengono che il vaccino abbia prodotto un effetto collaterale che ha avuto un effetto devastante su un piccolo numero di famiglie.
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Il primo caso è stato presentato l’anno scorso da Jamie Scott, padre di due figli, che è rimasto con una lesione cerebrale permanente dopo aver sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia al cervello che gli ha impedito di lavorare dopo aver fatto il vaccino nell’aprile 2021. L’ospedale aveva chiamato la moglie tre volte per dirle che suo marito stava per morire.
AstraZeneca contesta le affermazioni ma ha accettato, in un documento legale presentato all’Alta Corte a febbraio, che il suo vaccino anti-COVID «può, in casi molto rari, causare TTS», cioè la trombosi con sindrome trombocitopenica.
La TTS è una condizione rara, in cui una persona sviluppa coaguli di sangue che possono ridurre il flusso sanguigno se combinati con un basso numero di piastrine, causando difficoltà nell’arrestare il sanguinamento. I sintomi della TTS comprendono forti mal di testa e dolori addominali.
Cinquantuno casi sono stati depositati presso l’Alta Corte, con vittime e parenti in lutto che chiedono danni per un valore stimato fino a 100 milioni di sterline.
«L’ammissione di AstraZeneca – fatta in difesa legale contro la richiesta del signor Scott all’Alta Corte – fa seguito ad un intenso dibattito legale» scrive il Telegraph. «Potrebbe portare a dei pagamenti se l’azienda farmaceutica accettasse che il vaccino è stato la causa di malattie gravi e morte in casi legali specifici».
Si apprende inoltre che «il governo si è impegnato a sottoscrivere le spese legali di AstraZeneca». Il governo britannico ha manlevato AstraZeneca da ogni azione legale ma finora si è rifiutato di intervenire.
In una lettera di risposta inviata nel maggio 2023, AstraZeneca ha detto agli avvocati di Scott che «non accettiamo che la TTS sia causata dal vaccino a livello generico».
Tuttavia, nel documento legale presentato all’Alta Corte a febbraio, AstraZeneca avrebbe affermato: «È ammesso che il vaccino AZ possa, in casi molto rari, causare TTS. Il meccanismo causale non è noto».
«Inoltre, la TTS può verificarsi anche in assenza del vaccino AZ (o di qualsiasi vaccino). Il nesso di causalità in ogni singolo caso sarà oggetto di prova da parte di esperti».
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Gli avvocati sostengono che il vaccino AstraZeneca-Oxford è «difettoso» e che la sua efficacia è stata «ampiamente sopravvalutata», affermazioni che AstraZeneca nega fermamente.
Gli scienziati avevano identificato per la prima volta un collegamento tra il vaccino e una nuova malattia chiamata trombocitopenia e trombosi immunitaria indotta da vaccino (VITT) già nel marzo 2021, poco dopo l’inizio del lancio del vaccino COVID-19. Gli avvocati dei ricorrenti sostengono che VITT è un sottoinsieme di TTS, sebbene AstraZeneca non sembri riconoscere il termine.
Kate Scott, la moglie del signor Scott, ha detto al Telegraph che «il mondo della medicina ha riconosciuto da molto tempo che la VITT è stata causata dal vaccino. Solo AstraZeneca si è chiesta se le condizioni di Jamie siano state causate dal vaccino».
«Ci sono voluti tre anni perché arrivasse questa ammissione. È un progresso, ma vorremmo vedere di più da loro e dal governo. È tempo che le cose si muovano più rapidamente. Spero che la loro ammissione significhi che saremo in grado di risolvere la questione il prima possibile. Abbiamo bisogno di scuse e di un giusto risarcimento per la nostra famiglia e per le altre famiglie che sono state colpite. Abbiamo la verità dalla nostra parte e non ci arrenderemo».
Sarah Moore, partner dello studio legale Leigh Day, che sta portando avanti le azioni legali, ha dichiarato che «AstraZeneca ha impiegato un anno per ammettere formalmente che il loro vaccino può causare devastanti coaguli di sangue, quando questo fatto è stato ampiamente accettato dal mondo clinico dalla fine del 2021».
«In questo contesto, purtroppo sembra che AZ, il governo e i suoi avvocati siano più propensi a fare giochi strategici e ad accumulare spese legali piuttosto che impegnarsi seriamente con l’impatto devastante che il loro vaccino AZ ha avuto sulla vita dei nostri clienti».
In un comunicato AstraZeneca ha dichiarato: «La nostra solidarietà va a chiunque abbia perso i propri cari o abbia riportato problemi di salute. La sicurezza dei pazienti è la nostra massima priorità e le autorità di regolamentazione dispongono di standard chiari e rigorosi per garantire l’uso sicuro di tutti i medicinali, compresi i vaccini».
«Dall’insieme delle prove contenute negli studi clinici e nei dati del mondo reale, è stato continuamente dimostrato che il vaccino AstraZeneca-Oxford ha un profilo di sicurezza accettabile e le autorità di regolamentazione di tutto il mondo affermano costantemente che i benefici della vaccinazione superano i rischi di effetti collaterali potenzialmente estremamente rari».
L’azienda sottolinea che le informazioni sul prodotto relative al vaccino sono state aggiornate nell’aprile 2021, con l’approvazione dell’autorità di regolamentazione del Regno Unito, per includere “la possibilità che il vaccino AstraZeneca-Oxford sia in grado, in casi molto rari, di essere un fattore scatenante» per la TTS.
L’azienda non riconosce le affermazioni di aver compiuto un dietrofront nel riconoscere che il vaccino può causare TTS nei documenti giudiziari, scrive il Telegraph.
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Il vaccino – annunciato al momento del suo lancio da Boris Johnson come un «trionfo per la scienza britannica» – non è più utilizzato nel Regno Unito.
Nei mesi successivi al lancio, gli scienziati hanno identificato l’effetto collaterale potenzialmente grave del vaccino. È stato quindi raccomandato di offrire un vaccino alternativo ai minori di 40 anni perché il rischio del vaccino AstraZeneca superava il danno rappresentato da Covid.
I dati ufficiali dell’Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari (MHRA) mostrano che si sospetta che almeno 81 decessi nel Regno Unito siano stati collegati alla reazione avversa che ha causato la coagulazione in persone che avevano anche un basso numero di piastrine.
In totale, secondo i dati dell’MHRA, quasi una persona su cinque che soffriva di questa condizione è morta.
Il governo britannico gestisce il proprio programma di compensazione per il vaccino, ma le presunte vittime sostengono che il pagamento una tantum di 120.000 sterline sia inadeguato.
I dati ottenuti nell’ambito di una richiesta relativa alla libertà di informazione mostrano che dei 163 pagamenti effettuati dal governo entro febbraio di quest’anno, almeno 158 sono andati a destinatari del vaccino AstraZeneca.
AstraZeneca è la seconda più grande società quotata in borsa nel Regno Unito, con una capitalizzazione di mercato di oltre 170 miliardi di sterline. Il suo amministratore delegato, Sir Pascal Soriot, è il capo più pagato tra le società FTSE 100, con guadagni vicini a 19 milioni di sterline.
Come riportato da Renovatio 21, le cause in Gran Bretagna che sostengono che il siero abbia causato morti e lesioni gravi sono molteplici. Autopsie su cittadini morti erano giunti a conclusioni sulla coagulazione del sangue dei vaccinati ancora due anni fa. Ricerche supponevano una correlazione tra coaguli e vaccino ancora nel 2021.
Durante un’intervista di inizio 2022 il professor Sir Andrew Pollard, direttore dell’Oxford Vaccine Group e presidente del Comitato Congiunto Britannico per la Vaccinazione e l’Immunizzazione (JCVI), aveva affermato che il lancio del vaccino contro il COVID dovrebbe essere frenato per «concentrarsi sui vulnerabili» piuttosto che iniettare infiniti booster all’intera popolazione.
«Non possiamo vaccinare il pianeta ogni quattro o sei mesi. Non è sostenibile o conveniente» aveva detto lo scienziato.
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Come riportato da Renovatio 21, ancora tre anni fa per i periti della Procura, la morte della giovane Camilla per trombosi – una vicenda che sconvolse l’Italia allora in piena campagna di vaccinazione genica universale – «è ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti COVID». La 18enne ligure si era vaccinata con un siero AstraZeneca.
«Non avevo mai visto un cervello ridotto in quelle condizioni da una trombosi così estesa e grave» dichiarò a La Stampa il direttore della clinica neurotraumatologica che aveva seguito il caso genovese.
I genitori di Camilla avevano ripetuto che la ragazza, morta dopo la prima dose, non aveva patologie pregresse, né assumeva farmaci di qualsiasi tipo. La famiglia aveva poi assentito all’espianto degli organi della ragazza.
Il padre di Camilla è morto per un malore improvviso nel marzo 2022, a neanche un anno dalla tragica scomparsa della figlia. Il nonno paterno di Camilla era morto a poche settimane di distanza dalla nipote ancora nell’estate 2021.
In Italia, ad ogni modo, sui giornali sono molti i casi finiti sui giornali, casi che riguardano anziani, adulti e pure i giovani. Effetti avversi gravi e mortali sono stati discussi anche in Canada, in Austria e in tantissimi altri Paesi.
Tre anni fa la somministrazione del vaccino AZ alle donne incinte fu sospesa in Brasile, mentre la Corea del Sud ha rifiutato il siero AZ per gli over 65. Degna di nota la mossa degli USA che nel 2021 inviarono dosi extra di AstraZeneca in Messico e in Canada.
AstraZeneca, la grande farmaceutica a cui l’allora ministro della saluta Speranza aveva detto nel 2020 di aver ordinato 400 milioni di dosi, era già nota anche in Italia per vicende controverse riprese anche in Parlamento. Nel 2013, il presidente della commissione antitrust italiana Giovanni Pitruzzella, nella relazione annuale presentata al Parlamento, stigmatizzò il comportamento dominante di alcune multinazionali farmaceutiche tra cui l’AstraZeneca.
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Big Pharma
Affermazioni fuorvianti sul vaccino Pfizer «hanno portato discredito» a Big Pharma: parla un autorità di autoregolamentazione britannica
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Grave censura per aver portato «discredito su» Big Pharma
La denuncia si concentrava su un tweet che Phillips di Pfizer ha condiviso su Twitter, ora X, originariamente realizzato da un dipendente Pfizer con sede negli Stati Uniti. Il tweet affermava: «Il nostro vaccino candidato è efficace al 95% nella prevenzione del COVID-19 e al 94% nelle persone di età superiore ai 65 anni. Archivieremo tutti i nostri dati presso le autorità sanitarie entro pochi giorni. Grazie a tutti i volontari della nostra sperimentazione e a tutti coloro che combattono instancabilmente questa pandemia». Il comitato investigativo della PMCPA ha scoperto che quattro dipendenti di Pfizer UK avevano ritwittato il post e altri lo avevano messo «mi piace». Hanno detto che probabilmente il pubblico e gli operatori sanitari avrebbero visto il tweet.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Altri cinque rimproveri legati alla promozione del vaccino anti-COVID
Pfizer è stata rimproverata sei volte dall’autorità di regolamentazione per la sua promozione non etica del vaccino COVID-19. Il 4 marzo, pochi giorni dopo che la PMCPA aveva annunciato la sua sentenza sui tweet del 2020 che promuovevano il vaccino, l’agenzia ha anche annunciato una seconda sentenza , rilevando che Pfizer aveva violato un’altra clausola del codice di condotta in un tweet del 2022 di Pfizer UK che «non è riuscita a mantenere standard professionali». Tale sentenza, emessa anche in risposta a una denuncia presentata da UsForThem, riguardava una serie di tre tweet pubblicati sul feed Twitter di Pfizer UK che includevano un collegamento a un articolo di Pulse Today.Aiuta Renovatio 21
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Alimentazione
Pfizer sospende la nuova pillola dimagrante dopo che i pazienti hanno riscontrato gravi effetti collaterali
La nuova pillola sperimentale per la perdita di peso della Pfizer ha funzionato nel raggiungere il suo obiettivo dichiarato, ma con alla perdita di peso si sono aggiunti effetti collaterali così gravi che la ricerca è stata interrotta.
In un comunicato stampa, il colosso farmaceutico ha affermato che avrebbe interrotto gli studi clinici sul danuglipron, la sua pillola dimagrante da prendere due volte al giorno. Questo farmaco utilizza un meccanismo simile a semaglutide, perché un’ampia percentuale delle persone che l’hanno assunto nelle prime due fasi sperimentali ha avuto disturbi gastrointestinali ed effetti indesiderati come nausea e diarrea.
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«Mentre gli eventi avversi più comuni erano lievi e di natura gastrointestinale coerenti con il meccanismo, sono stati osservati tassi elevati (fino al 73% di nausea; fino al 47% di vomito; fino al 25% di diarrea)», si legge nel comunicato stampa. «Tassi di interruzione elevati, superiori al 50%, sono stati osservati con tutte le dosi rispetto a circa il 40% con il placebo».
«Al momento, la formulazione di danuglipron due volte al giorno non avanzerà negli studi di Fase 3» scrive il comunicato.
Come il semaglutide, il principio attivo dei famosissimi iniettabili Ozempic e Wegovy, il danuglipron è un agonista del recettore del peptide-1 (GLP-1) simile al glucagone, il meccanismo esatto è oggetto di dibattito ma che a livello generale si ritiene imiti la sensazione di pienezza nell’intestino. Sebbene le iniezioni di semaglutide – che solo negli ultimi anni sono state approvate in USA per la perdita di peso – siano sempre più in voga, anch’esse possono avere alcuni importanti effetti collaterali gastrointestinali.
Con la popolarità degli iniettabili di semaglutide è arrivata una crescente spinta a trovare un modo per ottenere gli effetti del farmaco sotto forma di pillola. Fino a quando Pfizer non ha deciso di interrompere i suoi studi, il danuglipron sembrava destinato a diventare il prossimo grande passo nel trattamento della perdita di peso, soprattutto considerando che i risultati di studi precedenti suggerivano che fosse efficace quanto Ozempic.
L’azienda a fronte degli investimenti fatti e dei possibili grandi guadagni, ha sostenuto nella sua dichiarazione che, sebbene stia interrompendo i test sul danuglipron, sta ancora cercando di immettere sul mercato una pillola dimagrante.
«I risultati degli studi in corso e futuri sulla formulazione a rilascio modificato di danuglipron una volta al giorno forniranno informazioni su un potenziale percorso da seguire con l’obiettivo di migliorare il profilo di tollerabilità e ottimizzare sia la progettazione che l’esecuzione dello studio», ha affermato il dottor Mikael Dolsten, direttore scientifico e presidente di Pfizer.
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«Lo sviluppo futuro di danuglipron si concentrerà su una formulazione una volta al giorno, con dati farmacocinetici attesi nella prima metà del 2024» annuncia il comunicato Pfizer.
Come riportato da Renovatio 21, il semaglutide – commercializzato come Ozempic – sta rivoluzionando il settore farmaceutico e si annuncia, secondo alcuni analisti, come quello che potrebbe divenire il farmaco più venduto della storia. Il fenomeno potrebbe avere consegue trasformative per la società e l’economia: la banca d’affari Morgan Stanley ha pubblicato un rapporto sull’impatto dei farmaci contro l’obesità sui produttori di cibo spazzatura.
Il problema degli effetti collaterali tuttavia è già stato posto.
Come riportato da Renovatio 21, oltre al pericolo per le donne incinte, vi sarebbe un’inchiesta in corso per stabilire se esiste una possibile correlazione tra l’assunzione del semaglutide e l’ideazione di pensieri suicidi.
Una recente intervista di Tucker Carlson ad un ex dirigente di enti di regolazione del farmaco ha aperto numerosi dubbi riguardo gli effetti avversi del farmaco e riguardo alla bontà dell’intera filiera industrial-sanitario-statale che si prepara a sostenerne la massima diffusione.
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