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Epidemie

Coprifuoco: a che scopo?

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire

 

 

 

Stupefatti, i francesi hanno appreso che una misura di ordine pubblico, il coprifuoco, è efficace per prevenire un’epidemia. Ognuno di noi, sapendo che non esiste un virus che si metta in pausa rispettando orari fissati per decreto, pone una domanda che infastidisce: perché un coprifuoco?

È d’obbligo osservare che questa volta non può trattarsi di errore di valutazione, bensì di politica autoritaria che prende a pretesto una crisi sanitaria

 

 

Parecchi Paesi occidentali pensano di essere di fronte a una nuova ondata dell’epidemia di COVID-19. Le popolazioni – che hanno già molto sofferto, non per la malattia, ma per le misure adottate per proteggerle – accettano con difficoltà nuove misure di ordine pubblico, adottate in nome di ragioni sanitarie. È l’occasione per fare un’analisi dei comportamenti.

 

Chi governa sa che dovrà rendere conto di quanto fatto e di quanto non fatto. Per contenere la malattia, ma soprattutto per la pressione del futuro giudizio, i governanti hanno dovuto agire. Come hanno elaborato la propria strategia?

 

Si sono basati sui consigli degli specialisti (medici, biologi e statistici). Ma presto, all’interno di ciascuna disciplina gli esperti si sono divisi, sicché i governanti hanno dovuto decidere chi seguire. Ma in base a quali criteri hanno scelto?

Si sono basati sui consigli degli specialisti (medici, biologi e statistici). Ma presto, all’interno di ciascuna disciplina gli esperti si sono divisi, sicché i governanti hanno dovuto decidere chi seguire. Ma in base a quali criteri hanno scelto?

 

 

Molte incertezze

Le opinioni pubbliche sono convinte:

  •  che il virus si trasmette attraverso le goccioline respiratore;

 

  • che le contaminazioni possono essere limitate indossando mascherine chirurgiche e mantenendo una distanza di almeno un metro dagli interlocutori;

 

  •  che le persone malate possono essere individuate attraverso test diagnostici PCR.

 

Così, a dispetto dei messaggi rassicuranti, regna ancora la massima confusione sulle connotazioni dell’epidemia

Gli specialisti invece sono molto meno categorici. Alcuni infatti sostengono:

  • che la trasmissione del virus avviene non tanto attraverso le goccioline respiratorie, ma soprattutto attraverso l’aria che respiriamo;

 

  • che, di conseguenza, le mascherine chirurgiche e il distanziamento sociale non servono a nulla;

 

  • che i test PCR danno risultati diversi secondo i laboratori che li eseguono; di conseguenza, le statistiche cumulative sommano dati disomogenei.

 

Così, a dispetto dei messaggi rassicuranti, regna ancora la massima confusione sulle connotazioni dell’epidemia.

Di fronte all’epidemia, presi alla sprovvista si sono lanciati in una gara con i Paesi vicini: chi sapeva adottare le misure più drastiche dimostrava la propria superiorità. Ma soprattutto hanno mascherato la propria incompetenza ricorrendo a misure autoritarie

 

 

Che fare?

Il problema con cui i governanti hanno dovuto confrontarsi era nuovo. Non essendo stati in alcun modo preparati, si sono perciò rivolti agli specialisti. Se i consigli dei primi scienziati sono stati chiari, tutto è diventato complicato quando altri scienziati hanno contraddetto i primi. I governanti ne sono stati sopraffatti.

 

I politici non hanno potuto che reagire in base alla propria esperienza politica, che ha loro insegnato che bisogna proporre sempre qualcosa più degli avversari: non lo 0,5% di aumento delle retribuzioni promesso dai concorrenti, bensì lo 0,6%, pronti però a trovare una scusa per non mantenere la promessa. Di fronte all’epidemia, presi alla sprovvista si sono lanciati in una gara con i Paesi vicini: chi sapeva adottare le misure più drastiche dimostrava la propria superiorità. Ma soprattutto hanno mascherato la propria incompetenza ricorrendo a misure autoritarie.

 

I tecnocrati non hanno potuto che reagire in base all’esperienza del corpo burocratico cui appartengono, maturata di fronte alle grandi catastrofi. Ma è difficile adattare a una crisi sanitaria le esperienze acquisite lottando contro inondazioni o terremoti. È stato perciò naturale per loro rivolgersi alle strutture di sanità pubblica esistenti. Nel frattempo, i responsabili politici hanno creato nuove strutture che sono andate a sovrapporsi alle esistenti, ma non hanno precisato le rispettive competenze. Sicché, invece di unire gli sforzi, ognuno ha cercato di salvaguardare il proprio orticello.

 

Se i governanti fossero stati scelti per autorevolezza, ossia per fermezza e attenzione al prossimo, avrebbero affrontato il problema appoggiandosi sulla propria cultura generale.

 

Da quando sappiamo distinguere i virus dai batteri mai si è osservata una malattia virale dispiegarsi in più ondate

In tal caso, avrebbero saputo che i virus per sopravvivere hanno bisogno di persone da infettare: nelle prime settimane dell’irruzione, per quanto mortale sia, il COVID-19 non cercava di distruggere l’umanità, ma vi si stava adattando. Raggiunto lo scopo, la letalità si sarebbe abbassata rapidamente e non ci sarebbe stato un nuovo picco dell’epidemia. Una «seconda ondata» sarebbe apparsa improbabile.

 

Infatti, da quando sappiamo distinguere i virus dai batteri mai si è osservata una malattia virale dispiegarsi in più ondate.

 

Le recrudescenze cui oggi assistiamo, per esempio negli Stati Uniti, non sono ulteriori piccole ondate: indicano invece l’arrivo del virus in nuovi strati di popolazione cui non si è ancora adattato. La somma del numero dei malati su scala nazionale maschera la ripartizione a livello geografico e sociale.

 

Peraltro, non sapendo come il virus si trasmetta, questi governanti avrebbero supposto che lo faccia alla stregua di ogni altra malattia virale respiratoria: non attraverso le goccioline respiratorie, bensì attraverso l’aria che si respira.

 

Avrebbero altresì saputo che in tutte le epidemie virali la maggior parte dei decessi non è imputabile al virus, ma alle malattie opportuniste che sopraggiungono con l’occasione. Sicché avrebbero deciso di raccomandare a tutti la frequente aerazione dei luoghi in cui si vive e d’imporla alle amministrazioni. Avrebbero altresì raccomandato a tutti non già di disinfettarsi le mani, ma di lavarle il più spesso possibile. A tale scopo avrebbero installato ovunque possibile punti per poterlo fare.

 

Del resto, sono queste le due principali misure consigliate dall’OMS all’inizio dell’epidemia, quando l’isteria non si era ancora sostituita alla riflessione: non l’obbligo di mascherine chirurgiche, non disinfezioni, non quarantena di persone sane, tantomeno il loro isolamento.

Abbiamo potuto verificare quanto la pratica attuale sia pressoché totalmente incompatibile con lo spirito scientifico

 

 

La scienza non ha risposte definitive, suscita solo domande

Il modo in cui i media hanno messo in scena gli scienziati dimostra la manifesta incomprensione della natura della scienza, che non è somma di saperi, ma processo di conoscenza. Abbiamo potuto verificare quanto la pratica attuale sia pressoché totalmente incompatibile con lo spirito scientifico.

 

È assurdo pretendere da scienziati un rimedio a quanto ancora non conoscono, dal momento che hanno appena iniziato a studiare il virus, la sua modalità di propagazione, nonché i danni che causa. Ed è pretenzioso da parte degli scienziati aderire a simili richieste.

 

 

Un cambiamento della società

È assurdo pretendere da scienziati un rimedio a quanto ancora non conoscono, dal momento che hanno appena iniziato a studiare il virus, la sua modalità di propagazione, nonché i danni che causa. Ed è pretenzioso da parte degli scienziati aderire a simili richieste

Alcune delle misure adottate quando il virus ha fatto irruzione si possono spiegate con errori di valutazione.

 

Per esempio, il presidente Emmanuel Macron ha messo in atto il confinamento generale dopo essere stato fuorviato dalle statistiche catastrofiche di Neil Ferguson (Imperial College di Londra) (1), che annunciava almeno 500 mila morti in Francia.

 

Le statistiche ufficiali – benché si sappiano sopravvalutate – dicono che la mortalità è stata 14 volte inferiore. Retrospettivamente si può affermare che una così pesante limitazione delle libertà personali non era giustificata.

 

Ma la decisione, dopo pochi mesi, di un coprifuoco per una lieve crescita del numero dei morti è, in Stati democratici, incomprensibile: tutti hanno potuto constatare che la malattia è molto meno letale di quanto si temesse e che il periodo più pericoloso è passato. Nessun dato attuale giustifica questa limitazione delle libertà personali.

Retrospettivamente si può affermare che una così pesante limitazione delle libertà personali non era giustificata

 

Il presidente Macron ha giustificato la misura parlando di una seconda ondata, che tuttavia non esiste. Se ha preso questo provvedimento sulla base di un’argomentazione così poco convincente, quando lo revocherà?

 

È d’obbligo osservare che questa volta non può trattarsi di errore di valutazione, bensì di politica autoritaria che prende a pretesto una crisi sanitaria [2].

 

La decisione, dopo pochi mesi, di un coprifuoco per una lieve crescita del numero dei morti è, in Stati democratici, incomprensibile: tutti hanno potuto constatare che la malattia è molto meno letale di quanto si temesse e che il periodo più pericoloso è passato. Nessun dato attuale giustifica questa limitazione delle libertà personali.

 
Thierry Meyssan
 
 
 
 

(1) «COVID-19: Neil Ferguson, il Lyssenko liberale», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 19 aprile 2020.

(2) «Il COVID-19 e l’Alba Rossa», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 28 aprile 2020.

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

Fonte: «COVID: coprifuoco a che scopo?», Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 21 ottobre  2020.

 

 

 

Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

 

 

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Epidemie

La Russia sottoporrà a test per l’epatite tutti i lavoratori immigrati. E l’Italia?

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A partire da marzo 2026, la Russia imporrà ai lavoratori migranti di sottoporsi a test per l’epatite B e C, ampliando le attuali disposizioni di screening medico. Le nuove regole si applicheranno ai cittadini stranieri e agli apolidi che entrano in Russia per lavoro, oltre a coloro che richiedono lo status di rifugiato o asilo temporaneo.

 

Le visite mediche sono obbligatorie per i migranti: senza di esse, non è possibile ottenere permessi di lavoro, residenza temporanea o permanente. I lavoratori migranti devono completare gli esami entro 30 giorni dall’arrivo, mentre chi non intende lavorare ha 90 giorni di tempo. Attualmente, gli screening includono test per droghe e malattie gravi come HIV, tubercolosi, sifilide e lebbra.

 

Le modifiche al processo di controllo sanitario per gli stranieri in visita sono state proposte all’inizio dell’anno da un gruppo di lavoro sulle politiche migratorie, guidato dalla vicepresidente della Duma di Stato, Irina Yarovaya. La vicepresidente ha chiarito che l’obiettivo è rafforzare il monitoraggio sanitario degli stranieri in arrivo e prevenire la diffusione di malattie pericolose.

 

I lavoratori migranti sono fondamentali per l’economia russa, occupando ruoli chiave in settori come edilizia, agricoltura e servizi. Milioni di migranti, soprattutto dall’Asia centrale, sono attratti da salari più alti rispetto ai loro paesi d’origine. Tuttavia, questo afflusso ha sollevato dibattiti su salute pubblica e stabilità sociale. Per questo, le autorità russe hanno introdotto rigidi controlli sanitari e requisiti per i migranti, cercando di bilanciare i benefici economici con la sicurezza sanitaria.

 

Nell’ultimo anno, la Russia ha anche intensificato la lotta contro l’immigrazione illegale. Il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto che istituisce una nuova agenzia statale all’interno del Ministero dell’Interno, incaricata di migliorare la gestione dei flussi migratori.

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Il Cremlino ha dichiarato che l’iniziativa punta a razionalizzare il processo migratorio, promuovere il rispetto delle leggi russe tra i migranti e ridurre le attività illegali.

 

In Italia la situazione epidemiologica dell’immigrazione è un grande tabù del discorso pubblico.

 

«In base ai dati epidemiologici in nostro possesso, risulta che in Italia il 34,3% delle persone diagnosticate come HIV positive è di nazionalità straniera» diceva in un’intervista a Renovatio 21 il dottor Paolo Gulisano sette anni fa. «Considerato che gli stranieri rappresentano circa il 10% della popolazione italiana, questo dato vuole dire che la diffusione dell’HIV tra gli stranieri è oltre il triplo che negli italiani».

 

«Un dato che fa pensare. Molti immigrati provengono da Paesi dove la diffusione dell’HIV, così come quella della TBC, è molto più alta che in Europa. Basta far parlare i dati. Il numero dei decessi correlati all’AIDS nel 2016 per grandi aree è il seguente: Africa Sud-Orientale: 420 mila; Africa Centro-Orientale: 310 mila; Nord Africa e Medio Oriente: 11 mila; America Latina: 36 mila, più il dato dei soli Caraibi che è di 9400. Europa dell’Est e Asia centrale: 40 mila; Europa Occidentale e Nord America: 18 mila; Asia e Pacifico: 170 mila. Ora, la lettura di questi numeri ci fornisce delle evidenze molto chiare».

 

«È quindi chiaro quali siano i rischi di una immigrazione di massa, incontrollata anche dal punto di vista sanitario, e i rischi legati al fatto che un numero impressionante di immigrate africane viene gettato nel calderone infernale della prostituzione, che diventa veicolo di diffusione di malattie veneree».

 

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Epidemie

Paura e profitto, dall’AIDS al COVID

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   La regista ed ex reporter della BBC Joan Shenton ha paragonato la pandemia di COVID-19 all’epidemia di AIDS, definendola una «seconda versione» della stessa narrazione sulla salute pubblica. Entrambe le epidemie includevano l’uso improprio dei test PCR, la soppressione di scienziati dissenzienti e le motivazioni finanziarie alla base del «terrore della peste», ha affermato Shenton in un’intervista con Mary Holland, CEO di Children’s Health Defense, su CHD.TV.   La pandemia di COVID-19 è stata un evento che si verifica una volta ogni secolo o ha avuto parallelismi nella storia recente? Per la regista ed ex reporter della BBC Joan Shenton, la pandemia è stata la «seconda ripresa» dell’epidemia di AIDS.   «È stato così angosciante dover affrontare il COVID», ha detto Shenton a Mary Holland, CEO di Children’s Health Defense (CHD), durante un’intervista di lunedì su CHD.TV. «Se solo avessimo potuto vincere la battaglia contro l’AIDS, non avremmo avuto il COVID».   Shenton, produttore del documentario del 2011 Positivamente Falso: Nascita di un’eresia e autore del libro del 1998 «Positively False: Exposing the Myths around HIV and AIDS», si è unito alla Holland per discutere delle somiglianze tra l’epidemia di COVID-19 e quella di AIDS.   Entrambe le epidemie includono l’uso inappropriato dei test PCR per determinare l’infezione, la somministrazione di trattamenti medici che si sono rivelati mortali per molti pazienti, il coinvolgimento di personaggi come il dottor Anthony Fauci e le ripercussioni affrontate dagli scienziati che hanno messo in discussione la narrazione dominante, ha affermato Shenton.   «Una delle cose straordinarie e sorprendenti di tutto questo… è quanto siano simili molte delle dinamiche dell’epidemia di AIDS a quelle dell’epidemia di COVID», ha affermato Shenton.   Secondo Shenton, le risposte all’AIDS e al COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», una strategia «utilizzata da organizzazioni che guadagnano enormi quantità di denaro attraverso le malattie infettive, definendo le cose infettive».   Shenton ha affermato di pensare che il suo documentario avrebbe contribuito a cambiare la narrazione dominante sull’AIDS, ma non è riuscito a superare i potenti interessi che traggono profitto dallo status quo.   «Spesso pensavamo che avremmo cambiato il mondo, ma non è così», ha detto Shenton.   Tuttavia, il documentario ha prodotto un archivio di 35 anni di studi scientifici, interviste video e altri documenti. Shenton ha donato la biblioteca informativa al CHD.   «Metteremo a disposizione un archivio delle sue migliaia e migliaia di pagine sull’AIDS», ha affermato Holland. Si prevede che i documenti saranno accessibili nei prossimi mesi.

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Le opinioni dissenzienti sull’AIDS «abilmente represse per decenni»

Shenton era una reporter della BBC, l’emittente pubblica nazionale del Regno Unito, quando sviluppò il lupus indotto da farmaci, dopo essere stata sottoposta a un’eccessiva terapia farmacologica in Spagna negli anni ’70.   «Mi hanno dato tutto quello che c’era scritto nel libro», ha detto Shenton. «Certo, sono imploso e mi sono sentito gravemente male. Sono stato al Westminster Hospital per due mesi. Sono quasi morto».   L’esperienza ha suscitato in lei l’interesse per le indagini sulle lesioni causate dai trattamenti medici.   In seguito è entrata a far parte dell’emittente nazionale britannica Channel 4, producendo una serie di documentari, Kill or Cure. La serie si concentrava sulla riluttanza delle grandi aziende farmaceutiche a ritirare trattamenti pericolosi o inefficaci. «Quello mi ha davvero dato la carica», ha detto Shenton.   Nei primi anni ’80, Shenton e il suo produttore vennero a conoscenza della ricerca del dottor Peter Duesberg, un biologo molecolare tedesco che sosteneva che l’HIV non causava l’AIDS.   Iniziò a mettere in discussione le narrazioni dominanti. «Abbiamo continuato a realizzare 13 documentari sull’AIDS», ha detto Shenton.   Il documentario Positively False si concentra sulla «manipolazione delle aziende farmaceutiche e delle organizzazioni [mediche] interessate in tutto il mondo, che manipolano il terrore della peste», ha affermato Shenton.   Il film rivela «la scienza imperfetta che circonda l’AIDS e le conseguenze di seguire ipotesi sbagliate», ha affermato Shenton nell’introduzione. Tra queste, la convinzione che l’AIDS sia infettivo, che sia causato dall’HIV e che l’HIV sia contagioso.   «Molti scienziati e ricercatori non sono d’accordo. Queste opinioni sono state abilmente represse per decenni dall’ortodossia scientifica prevalente e dai media mainstream», ha affermato Shenton nel documentario.   I ricercatori che mettevano in discussione la narrazione dominante sull’HIV/AIDS sono stati repressi e messi a tacere, così come gli scienziati che mettevano in discussione la narrazione prevalente sul COVID-19, ha affermato Shenton.

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Test PCR «completamente inutili» per AIDS e COVID

In entrambi i focolai, sono stati utilizzati test PCR per determinare l’infezione, ha affermato.   «Il test [PCR] è completamente e totalmente inutile», ha detto Shenton. I test non possono «distinguere tra particelle infettive e non infettive».   Shenton ha affermato che i diversi Paesi utilizzano standard diversi per determinare una diagnosi positiva di HIV.   «Si potrebbe fare il test per l’HIV, per esempio in Sudafrica, e risultare positivi, e volare in Australia e risultare negativi», ha detto Shenton.   All’inizio dell’epidemia di AIDS, molti scienziati ritenevano che fattori legati allo stile di vita, tra cui la dipendenza da droghe ricreative e l’uso di nitriti come i «poppers», fossero la causa dell’AIDS a causa dei danni che provocavano al sistema immunitario.   Allo stesso tempo, i funzionari sanitari e i media hanno erroneamente attribuito la diffusione della malattia in Africa all’AIDS, quando in realtà era la mancanza di accesso all’acqua potabile a far ammalare le persone, ha detto Shenton.   Queste narrazioni sono cambiate quando le agenzie sanitarie governative hanno iniziato a interessarsi alla ricerca sull’AIDS, ha affermato Shenton.   «Quando il CDC [Centers for Disease Control and Prevention] è intervenuto e ha riunito tutti i suoi rappresentanti per esaminare questo gruppo di giovani uomini che erano molto, molto malati… l’intera teoria secondo cui l’AIDS era causato dallo stile di vita o dalla tossicità è scomparsa», ha detto Shenton.

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Fauci ha promosso trattamenti mortali per AIDS e COVID

Shenton ha affermato che i trattamenti medici dannosi sono stati al centro sia dell’epidemia di AIDS che di quella di COVID-19.   Nel 1987, la Food and Drug Administration statunitense approvò l’AZT (azidotimidina) per le persone sieropositive. L’AZT si rivelò pericoloso per molti pazienti affetti da AIDS. Durante la pandemia di COVID-19, i vaccini e il remdesivir hanno danneggiato le persone.   E in entrambi i casi – l’epidemia di AIDS e la pandemia di COVID-19 – Fauci ha svolto un ruolo chiave.   «Eravamo profondamente, profondamente critici nei confronti di Fauci, per il modo in cui ha gestito gli studi multicentrici di fase due sull’AZT. Voglio dire, erano corrotti, e tutta la prima fase è stata finanziata dall’azienda farmaceutica [Burroughs Wellcome, ora GSK ], e avevano dei rappresentanti, e questo è noto attraverso i documenti sulla libertà di informazione, che sono andati lì e hanno portato a casa i risultati del gruppo trattato con il farmaco e del gruppo placebo, eliminando gli effetti collaterali nel gruppo trattato con il farmaco» ha detto la Shenton.   Nel film Positively False, diversi scienziati e ricercatori hanno spiegato come l’AZT impedisca la sintesi del DNA, impedisca la replicazione delle cellule e contribuisca alla generazione di cellule cancerose.   Tuttavia, secondo il documentario, i pazienti che mettevano in dubbio la sicurezza e l’efficacia dell’AZT venivano stigmatizzati e la loro sanità mentale veniva messa in discussione.   Holland ha fatto riferimento al libro del 2021 del Segretario alla Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy Jr., The Real Anthony Fauci : Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health che contiene una sezione sul lavoro di Fauci durante l’epidemia di AIDS.   «Solleva tutti questi interrogativi il fatto che in realtà sembra la stessa truffa e gli stessi giocatori… non è cambiato molto», ha detto Holland.

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Il «terrore della peste» esisteva molto prima dell’AIDS o del COVID

Secondo Shenton, le epidemie di AIDS e COVID-19 sono esempi di «terrore della peste», che è esistito nel corso della storia.   All’inizio del XX secolo, negli Appalachi, fu diagnosticata un’epidemia di pellagra. La malattia, che causava una mortalità diffusa e si diceva fosse infettiva, si rivelò essere una carenza nutrizionale.   «Negli Appalachi, la popolazione molto povera viveva con una dieta completamente priva di nutrienti», ha detto Sheton. «Si trattava di una varietà di mais, ma lo cucinavano eliminandone tutti i nutrienti e dipendevano solo da quello».   La gente aveva così tanta paura di contrarre la pellagra che coloro che si pensava fossero infetti venivano ricoverati in istituti o «gettati fuori dalle navi», ha affermato.   Un infettivologo di New York, il dottor Joseph Goldberger, stabilì che la pellagra non era contagiosa, ma era causata da malnutrizione e carenza di niacina (vitamina B), ha detto Shenton. Fu emarginato per le sue scoperte.   «È stato ridotto allo stato laicale, privato dei fondi, ridicolizzato. È morto. E cinque anni dopo la sua morte, hanno detto che aveva assolutamente ragione: non era contagioso, era tossico», ha detto.   Secondo Shenton, in Giappone dagli anni ’50 agli anni ’70 la mielo-ottico-neuropatia subacuta (SMON) era comune.   «Centinaia di migliaia di giapponesi sono rimasti paralizzati dalla vita in giù e ciechi, e nessuno riusciva a capire il perché. E ovviamente pensavano: “Oh, è un virus”», ha detto.   Un neurologo giapponese, il dottor Tadao Tsubaki, ha studiato i pazienti affetti da SMON e ha stabilito che la condizione non era infettiva, ma era causata da un farmaco antidiarroico ampiamente somministrato, il cliochinolo.   «Ci sono voluti 30 anni e squadre di avvocati per respingere in tribunale l’idea che la causa della SMON fosse un virus», ha affermato Shenton.   Michael Nevradakis Ph.D.   © 7 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.    

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Epidemie

Le restrizioni COVID in Spagna dichiarate incostituzionali, annullate oltre 90.000 multe

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Oltre 90.000 multe per violazioni delle norme anti-COVID sono state annullate dopo che la Corte costituzionale spagnola ha dichiarato incostituzionali le severe misure adottate nel 2020.

 

Secondo il quotidiano spagnuolo The Objective, al 3 settembre 2025 sono state revocate 92.278 sanzioni, in seguito alla sentenza che ha giudicato incostituzionali alcune disposizioni del decreto sullo stato di emergenza del 2020, in vigore durante il primo lockdown per il COVID-19.

 

Queste sanzioni rappresentano solo la prima tranche di multe destinate all’annullamento, con altre che probabilmente seguiranno. Durante il rigido lockdown del 2020, imposto con lo stato di allarme, sono state emesse oltre 1 milione di sanzioni a livello nazionale, con circa 1,3 milioni di persone multate per aver violato le restrizioni.

 

La Corte Costituzionale ha stabilito che alcune parti dell’articolo 7 del Regio Decreto 463/2020, relative al divieto generale di circolazione, comportavano una sospensione ingiustificata del diritto fondamentale alla libertà di movimento, andando oltre una semplice limitazione. Tale misura superava i limiti dello stato di allarme, secondo la Corte, che ha precisato che una restrizione così drastica sarebbe stata giustificabile solo con uno stato di emergenza più severo, soggetto a un iter parlamentare più rigoroso.

 

La sentenza si applica retroattivamente a tutte le multe emesse durante il lockdown del 2020, creando un notevole onere per l’amministrazione statale. The Objective riferisce che «l’applicazione è stata lenta e disuniforme a seconda delle regioni», suggerendo che i rimborsi potrebbero richiedere mesi o anni.

 

Il quotidiano sottolinea che i 92.278 casi annullati finora rappresentano «solo la punta dell’iceberg di una crisi normativa» derivante dalle severe politiche di lockdown imposte dal governo spagnolo nel 2020.

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Immagine di Javier Perez Montes via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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