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Droga

Cocaina alla Casa Bianca, dicono che non troveranno mai il colpevole. La rete impazzisce sugli ultimi video di Hunter

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Mentre è confermato che la polvere bianca trovata alla Casa Bianca è cocaina, il sito Politico ha rivelato che «un funzionario a conoscenza delle indagini ha avvertito che è improbabile che la fonte della droga venga determinata, dato che è stata scoperta in un’area altamente trafficata dell’ala Ovest».

 

In pratica, vi stanno dicendo, fingendo fonti anonime: mettetevela via, popolani, non sapremo mai di chi è quella bustina di coca, con buona pace della tecnica, oramai vecchia di secoli, delle impronte digitali. Tanto più che, notizia delle ultime ore, non sarebbe l’ala Ovest il luogo in cui è stata trovata la sostanza.

 

Sulla questione era intervenuta anche la portavoce nera e lesbica (ci tiene a farcelo sapere, perché si sente un record vivente, un personaggio storico di rilievo, ha detto pure di recente) della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, che aveva suggerito che la droga poteva essere stata portata dentro dai turisti che fanno il giro del palazzo.

 

Eccerto. Vai a fare il tour nel posto più controllato del pianeta, e ti porti dietro la bamba. La cosa è stata notata anche dall’indomito ex inquilino della Casa, Donaldo Trump, che ha ricordato che ogni angolo della residenza è sorvegliato da telecamere, e che lui stesso ha appena dato ad un procuratore che lo perseguita molti nastri ripresi dal sistema a circuito chiuso.

 

Infatti uno ci pensa: ma chi mai potrebbe pensare di entrare nella residenza più protetta del pianeta – l’emblema stesso della legge – eludendo i controlli?

 

A questo punto le possibilità si restringono, e di moltissimo. Mentre qualche disperato comincia a pensare di puntare il dito sulla povera Kamala Harris, la rete si sta perdendo dietro ai video dell’affaccio di Hunter Biden durante i fuochi artificiali del 4 luglio.

 

 

 

Eccolo lì, dietro al vegliardo imbalsamato, il ragazzo di cui abbiamo visto la passione per il crack – la forma più tossica della cocaina – declinata in modi immaginabili: la fuma mentre corre in macchina, la fuma dentro una camera di isolamento sensoriale in un rehab, la pesa con la bilancia elettronica mentre ne discute con una donna a caso, dorme con la pipa da crack in bocca, mostra i suoi denti completamente rovinati dall’uso di droga.

 

 

 

Guardatelo sudato all’inverosimile, che smandibola e si passa la mano sul naso. Ovviamente queste immagini non provano nulla: la malizia è nell’occhio di chi guarda. È il famoso effetto Kuleshov: proiettate nei volti filmati quello che vi suggerisce il contesto.

 

 

Tuttavia, colpisce l’impudenza: il mondo ha visto le sue foto oscene, l’abisso demenziale del suo vizio, i suoi traffici di corruzione imbarazzante e apocalittica (investe in centrali atomiche cinesi, si mette in mezzo alla questione dei biolaboratori USA in Ucraina), abbiamo visto pochi giorni fa lo squallore della lotta contro la spogliarellista madre della sua ultima figlia casuale, che Hunter non vuole usi il nome Biden, e dicendo che non ha soldi riduce gli alimenti – eppure lui si affaccia alla Casa Bianca di fronte al popolo americano, senza problema alcuno.

 

Forse la droga, più che a lui, serve agli elettori USA.

 

Nel frattempo, Joe Biden, sempre più imbalsamato, ride quando gli chiedono della coca in casa sua.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, aveva riso anche quando il giornalista gli aveva domandato delle accuse di corruzione che investono il suo clan, a partire dall’immancabile Hunter, fino a lambire lo stesso presidente.

 

Tutti questi risolini, e la faccia stampata… siamo sicuri che bisogna sospettare di Hunter?

 

 

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Droga

Trump: «gli attacchi degli Stati Uniti alle imbarcazioni venezuelane sono un atto di gentilezza»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definito gli attacchi recenti contro presunte navi dei cartelli della droga al largo del Venezuela come «un atto di gentilezza», sostenendo che l’operazione abbia salvato migliaia di vite negli Stati Uniti.

 

Da settembre, gli Stati Uniti hanno distrutto almeno quattro imbarcazioni in acque internazionali, mentre Trump continua ad accusare il governo venezuelano di sinistra di utilizzare «narcoterroristi» per introdurre illegalmente droga nel suo Paese.

 

Parlando domenica alla cerimonia per il 250° anniversario della Marina degli Stati Uniti a Norfolk, in Virginia, Trump ha lodato l’esercito per il suo supporto agli sforzi «volti a far saltare in aria i terroristi del cartello».

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«È una cosa piuttosto dura quella che stiamo facendo, ma bisogna vederla in questo modo. Ognuna di quelle imbarcazioni è responsabile della morte di 25.000 americani e della distruzione di intere famiglie», ha dichiarato. «Quindi, se la si vede in questo modo, quello che stiamo facendo è in realtà un atto di gentilezza».

 

Trump ha sottolineato che gli attacchi hanno interrotto una rotta marittima cruciale per il traffico di fentanyl e altre droghe verso gli Stati Uniti. «Nessuno vuole più andare in acqua», ha aggiunto il 45° e 47° presidente USA.

 

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le accuse di gestire cartelli, affermando che il suo governo ha «eliminato tutte le principali reti di traffico e sgominato le bande più importanti».

 

Maduro ha accusato Washington di utilizzare la lotta contro i cartelli come pretesto per destabilizzare il suo governo e appropriarsi delle risorse naturali del Venezuela.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’amministrazione washingtoniana ha rotto le relazioni diplomatiche con Caracas, che a sua volta ha avvertito della possibilità di attacchi da parte di estremisti contro l’ambasciata.

 

La settimana scorsa, il New York Times ha riferito che alcuni alti funzionari hanno esortato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a perseguire la rimozione di Maduro, sebbene il leader statunitense abbia smentito piani per un cambio di regime.

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Il Venezuela ha denunziato voli «illegali» di caccia F-35 americani nei suoi spazi aerei negli ultimi giorni. Si moltiplicano intanto le notizie di preparativi di ulteriore attacchi al narcotraffico venezuelano, con minaccia diretta di Trump agli aerei di Caracas che avevano sorvolato una nave da guerra USA mandata nell’area.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Trump ha dichiarato che gli USA sono in «conflitto armato» con i cartelli della droga.

 

Secondo alcuni analisti, la nuova «guerra alla droga» altro non è che una copertura della riattivata Dottrina Monroe, che prevede l’egemonia assoluta degli USA sul suo emisfero – qualcosa del resto di detto apertamente quando si parla della cosiddetta «difesa emisferica» dell’amministrazione Trump, con varie opzioni di annessioni di PanamaGroenlandiaCanada, e perfino il Messico.

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Droga

Rottura delle relazioni diplomatiche. Il Venezuela avverte gli USA della minaccia di attentato all’ambasciata di Caracas.

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato ai suoi diplomatici di interrompere i tentativi di dialogo con Caracas, aprendo la strada a una «potenziale escalation militare» o a un tentativo di rimuovere il presidente venezuelano Nicolas Maduro. Lo riporta il New York Times, citando fonti informate.   Le tensioni bilaterali si sono intensificate nel contesto di quella che gli Stati Uniti definiscono una campagna contro i cartelli della droga.   Secondo il NYT, Trump avrebbe dato queste istruzioni al suo inviato speciale Richard Grenell, incaricato dei negoziati con Maduro e il suo governo, durante un incontro con alti vertici militari la settimana precedente.   Il quotidiano neoeboraceno ha riferito che il presidente statunitense era «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere e dalla continua negazione da parte dei funzionari venezuelani di un coinvolgimento nel traffico di droga. Il giornale ha indicato che i funzionari hanno discusso diverse opzioni militari per un’escalation, che «potrebbero includere anche piani volti a costringere Maduro a lasciare il potere».   Secondo il giornale di Nuova York, prima dell’interruzione dei canali diplomatici, Grenell cercava di raggiungere un accordo per evitare un conflitto più ampio e consentire alle aziende americane di accedere al petrolio venezuelano. Tuttavia, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha considerato tali sforzi «inutili e creassero confusione».   Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno dichiarato di aver distrutto diverse presunte «barche della droga» al largo delle coste del Venezuela, causando la morte di oltre una dozzina di persone.   I funzionari americani sostengono che il governo venezuelano abbia stretti legami con i cartelli, definendo Maduro «di fatto un boss di uno stato narcotrafficante» e rifiutando di riconoscerlo come presidente legittimo. Tuttavia, pubblicamente, Trump ha negato di perseguire un cambio di regime nel Paese latinoamericano.   Come riportato da Renovatio 21, un anno fa gli USA accusarono di «narcoterrorismo» Maduro ma gli offrirono l’amnistia qualora avesse fatto un passo indietro.   Maduro ha respinto con forza le accuse di legami con il narcotraffico, inquadrando le azioni di Washington come tentativi di destituirlo. Ha avvertito che, in caso di attacco al Venezuela, dichiarerebbe lo stato di «lotta armata». Caracas ha già intensificato la sua presenza militare per contrastare l’aumentata attività militare statunitense nella regione.   In uno sviluppo successivo, il Venezuela ha messo in guardia Washington su un presunto complotto di gruppi estremisti per collocare esplosivi nell’ambasciata statunitense, chiusa a Caracas. Jorge Rodriguez, presidente dell’Assemblea Nazionale, ha dichiarato lunedì sui social media che il governo aveva informato gli Stati Uniti «attraverso tre canali diversi» di «una grave minaccia».   «Attraverso un’operazione sotto falsa bandiera preparata da settori estremisti della destra locale, si sta tentando di piazzare esplosivi letali presso l’ambasciata statunitense in Venezuela», ha scritto Rodriguez su Telegram, precisando che anche un’ambasciata europea, non specificata, è stata avvisata.   L’ambasciata statunitense è chiusa dal 2019, ma è ancora presidiata da personale addetto alla sicurezza e alla manutenzione. Le relazioni diplomatiche si interruppero quell’anno, dopo che Washington riconobbe il leader dell’opposizione Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela, contestando la rielezione di Nicolas Maduro come illegittima e imponendo dure sanzioni a Caracas.   Le tensioni tra i due Paesi sono aumentate nelle ultime settimane a seguito di attacchi militari statunitensi contro navi al largo delle coste venezuelane, definiti da Washington parte di una campagna antidroga. Gli attacchi, che hanno causato oltre una dozzina di morti, sono stati collegati da funzionari americani a cartelli criminali che opererebbero, secondo loro, sotto la protezione del governo di Maduro. I funzionari statunitensi hanno accusato il leader venezuelano di avere stretti legami con i trafficanti, descrivendolo come «di fatto un boss di un narco-stato».   Maduro ha rigettato le accuse, imputando a Washington l’intenzione di destituirlo e appropriarsi delle risorse naturali del Venezuela. Caracas ha già rafforzato le sue misure difensive per contrastare la crescente presenza militare statunitense nella regione.   La settimana scorsa, il New York Times ha riferito che alcuni alti funzionari hanno esortato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a perseguire la rimozione di Maduro, sebbene il leader statunitense abbia smentito piani per un cambio di regime.   Il Venezuela ha denunziato voli «illegali» di caccia F-35 americani nei suoi spazi aerei negli ultimi giorni. Si moltiplicano intanto le notizie di preparativi di ulteriore attacchi al narcotraffico venezuelano, con minaccia diretta di Trump agli aerei di Caracas che avevano sorvolato una nave da guerra USA mandata nell’area.   Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Trump ha dichiarato che gli USA sono in «conflitto armato» con i cartelli della droga.   Secondo alcuni analisti, la nuova «guerra alla droga» altro non è che una copertura della riattivata Dottrina Monroe, che prevede l’egemonia assoluta degli USA sul suo emisfero – qualcosa del resto di detto apertamente quando si parla della cosiddetta «difesa emisferica» dell’amministrazione Trump, con varie opzioni di annessioni di Panama, Groenlandia, Canada, e perfino il Messico.

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Trump afferma che gli USA sono in «conflitto armato» con i cartelli della droga

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Il presidente Donald Trump ha notificato al Congresso che gli Stati Uniti sono impegnati in un «conflitto armato non internazionale» con i cartelli della droga.

 

Giovedì, Trump ha trasmesso un memorandum al Congresso, acquisito dal Washington Examiner, in cui definisce i cartelli organizzazioni terroristiche e i loro membri combattenti illegali.

 

Questa mossa segue l’autorizzazione da parte di Trump a vari raid aerei letali nei Caraibi per colpire imbarcazioni sospettate di contrabbando di droga dal Venezuela, operazioni che hanno generato interrogativi legali sull’impiego immediato di forza letale da parte dell’amministrazione contro presunti trafficanti, invece di intercettare le navi e rimpatriare i passeggeri negli Stati Uniti nel rispetto del giusto processo. Il documento delinea le basi giuridiche degli attacchi.

 

«Il Presidente ha ordinato queste azioni in linea con il suo dovere di tutelare gli americani e gli interessi statunitensi all’estero, a sostegno della sicurezza nazionale e degli obiettivi di politica estera, in conformità alla sua autorità costituzionale di Comandante in Capo e capo dell’esecutivo nelle relazioni internazionali», si legge nel testo.

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Il memorandum indirizzato alle commissioni congressuali non specifica alcun cartello particolare coinvolto nel conflitto con gli Stati Uniti.

 

«Gli Stati Uniti hanno raggiunto un punto di non ritorno in cui è essenziale ricorrere alla forza per autodifesa e per proteggere gli altri dagli assalti persistenti di queste organizzazioni terroristiche designate», afferma il documento.

 

La portavoce della Casa Bianca Anna Kelly ha commentato il promemoria: «Come abbiamo ribadito più volte, il presidente ha agito nel rispetto del diritto dei conflitti armati per salvaguardare il nostro Paese da chi tenta di importare veleno letale sulle nostre coste, e sta mantenendo l’impegno di contrastare i cartelli ed eliminare queste minacce alla sicurezza nazionale, che potrebbero causare ulteriori morti tra gli americani».

 

Kelly ha citato una nota di un funzionario della Casa Bianca, secondo cui «un rapporto 1230 è obbligatorio per legge ai sensi del National Defense Authorization Act dopo qualsiasi episodio in cui le Forze Armate degli Stati Uniti siano coinvolte in attacchi o ostilità. Questo rapporto è stato sottoposto al Congresso in seguito all’operazione del 15 settembre contro un’organizzazione terroristica designata. Non include nuove informazioni».

 

Ad agosto, il Pentagono ha dispiegato migliaia di militari e diverse unità navali al largo delle coste dell’America Latina per rafforzare le operazioni contro l’influenza dei cartelli della droga e gruppi criminali, come il Tren de Aragua venezuelano.

 

Martedì, Trump ha dichiarato al Washington Examiner che la sua amministrazione «considererà con grande serietà i cartelli che tentano di entrare via terra».

 

ome riportato da Renovatio 21, in settimana Trump aveva dichiarato di valutare l’ipotesi di attacchi in Venezuela e aveva minacciato di abbatterne gli aerei.

 

Trump ha insistito nell’inquadrare la presenza militare statunitense vicino al Venezuela come parte di una stretta sul traffico di droga. «Miliardi di dollari di droga stanno affluendo nel nostro Paese dal Venezuela. Le prigioni venezuelane sono state aperte al nostro Paese», ha dichiarato Trump, aggiungendo che le forze statunitensi avrebbero preso di mira le imbarcazioni sospettate di trasportare stupefacenti.

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Ad agosto, gli Stati Uniti hanno annunciato una ricompensa di 50 milioni di dollari per qualsiasi informazione che porti all’arresto di Maduro, definito «uno dei più grandi narcotrafficanti del mondo».

 

La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Caracas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma.

 

Il presidente venezuelano ha respinto le accuse, affermando che il suo Paese è «libero dalla produzione di foglie di coca e di cocaina» e sta lottando contro il traffico di droga.

 

Come riportato da Renovatio 21, gli sviluppi recenti si inseriscono nel contesto delle annunciate operazioni cinetiche programmate dal presidente americano contro il narcotraffico. Ad inizio mandato era trapelata l’ipotesi di un utilizzo delle forze speciali contro i narcocartelli messicani. La prospettiva, respinta dal presidente messicano Claudia Sheinbaum, ha scatenato una rissa al Senato di Città del Messico la scorsa settimana.

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