Geopolitica
Cinque giornalisti tra i 20 morti nell’attacco aereo israeliano all’ospedale di Gaza
Tra le almeno 20 persone uccise lunedì in un attacco aereo israeliano «a doppio colpo» contro l’ospedale Nasser, la più grande struttura medica nella Striscia di Gaza meridionale, c’erano anche cinque giornalisti appartenenti a testate ed agenzie internazionali.
L’attacco all’ospedale è avvenuto in due ondate, con la seconda che ha colpito i primi soccorritori e i giornalisti presenti sul posto. Il secondo attacco è stato ripreso in diretta streaming da Alghad TV, con sede in Giordania. L’ordigno ha colpito direttamente le persone radunate su una scala esterna dell’ospedale, spesso utilizzata dai media per filmare la zona di Khan Younis, nel sud di Gaza.
I giornalisti uccisi nell’attacco sono stati identificati come Hussam al-Masri, della Reuters, Mohammed Salama di Al Jazeera, Mariam Dagga, dell’Associated Press, Ahmad Abu Aziz, del Middle East Eye, e Moas Abu Taha. Inizialmente si diceva che quest’ultimo lavorasse per la NBC, ma l’emittente statunitense ha negato tale l’affiliazione.
🚨BREAKING :A video documents a horrific Israeli crime: targeting ambulance and civil defense crews as they were rescuing victims and the wounded after Israel bombed Nasser Medical Complex in Khan Younis among them was journalist Hossam al-Masri. pic.twitter.com/hKlZGBIpoa
— Gaza Notifications (@gazanotice) August 25, 2025
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Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno confermato di aver condotto l’attacco nell’area dell’ospedale, ma non hanno fornito dettagli sull’obiettivo previsto. L’esercito israeliano ha affermato di «deplorare qualsiasi danno arrecato a individui non coinvolti e di non prendere di mira i giornalisti in quanto tali» e ha promesso di «condurre un’indagine preliminare il prima possibile».
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa, sei giornalisti, tra cui quattro di Al Jazeera, sono stati uccisi in un attacco israeliano nei pressi dell’ospedale al-Shifa a Gaza City. All’epoca, l’IDF aveva dichiarato di aver preso di mira Anas al-Sharif, un importante reporter di Al Jazeera, sostenendo che operava «come capo di una cellula terroristica di Hamas». Non è stata presentata alcuna prova conclusiva a sostegno delle accuse.
Dopo l’incidente di oggi, il numero dei giornalisti di Al Jazeera uccisi da Israele a Gaza nel corso del conflitto con il gruppo militante palestinese Hamas è salito a 10, mentre il bilancio totale delle vittime tra i giornalisti supera ora le 240.
WARNING: GRAPHIC CONTENT
Video shows the moment a second strike hit Nasser hospital in Khan Younis, as emergency responders were removing the bodies of those killed in another strike minutes earlier https://t.co/DXtTbrTRJq pic.twitter.com/J2kHVop0Ez— Reuters (@Reuters) August 25, 2025
L’ultimo attacco è stato fermamente condannato da gruppi per i diritti umani e organizzazioni mediatiche internazionali. La Foreign Press Association ha chiesto a «Israele di porre fine una volta per tutte alla sua abominevole pratica di prendere di mira i giornalisti».
«Questo è uno degli attacchi israeliani più letali contro i giornalisti che lavorano per i media internazionali dall’inizio della guerra di Gaza», ha affermato l’organizzazione con sede a Londra in una nota.
Israele aveva già dato conferma un anno fa di aver ucciso il giornalista di Al Jazzera Ismail al-Ghoul, sostenendo che si trattasse di un terrorista.
Come riportato da Renovatio 21, otto mesi fa si era avuto il caso di cinque giornalisti uccisi a Gaza in un unico attacco.
Poche settimane prima, soldati israeliani avevano fatto irruzione negli uffici di Al Jazeera a Ramallah, in Cisgiordania. Il governo israeliano l’anno scorso aveva votato per chiudere il canale televisivo del Qatar. Tre anni fa vi fu lo scandalo del corteo funebre della celebre giornalista cristiana di Al Jazeera Shireen Abu Akleh attaccato dalla polizia israeliana.
Come riportato da Renovatio 21, lo Stato Ebraico sarebbe responsabile del 75% delle morti di giornalisti in zona di guerra nel 2023.
Lo scorso mese l’agenzia AFP che a Gaza i suoi giornalisti collaboratori stanno morendo di fame.
Un’inchiesta del giornale britannico Guardian ha scoperto che l’esercito israeliano considererebbe legittimi obiettivi militari i media affiliati alla resistenza al genocidio di Gaza.
Anche la stampa israeliana potrebbe non essere lontana dagli obbiettivi politici attuali: mesi fa era emerso che il governo israeliano voleva sanzionare anche il più antico quotidiano del Paese, Haaretz.
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Immagine screenshot da Twitter
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Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.
La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.
Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.
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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.
L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.
Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.
Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.
Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.
Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.
Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.
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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.
Come riportato da Renovatio 21, le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.
Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.
Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.
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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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