Cina
Cina, un nuovo vescovo a Luliang nel quadro dell’Accordo
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Mons. Antonio Ji Weizhong, 51 anni, si è insediato oggi alla guida della diocesi, che nel nome e nei confini canonici prende il posto di quella istituita da Pio XII con il nome di Fenyang. La nomina era stata approvata da papa Francesco il 28 ottobre. In settimana novità in arrivo anche nel Fujian.
Le nomine dei vescovi nel quadro dell’Accordo provvisorio tra Roma e Pechino ripartono dalla provincia dello Shanxi, nella Cina settentrionale.
Questa mattina nella cattedrale del Sacro Cuore di Gesù a Fenyang, un distretto dell’odierna città di Luliang, si è svolta la cerimonia di ordinazione del nuovo vescovo mons. Antonio Ji Weizhong, un sacerdote di 51 anni che era già il vicario generale di questa Chiesa locale. Si è così insediato su una cattedra vacante da quando due anni fa morì all’età di 96 anni l’ultimo predecessore, mons. Giovanni Huo Cheng, presule che aveva trascorso 14 anni in carcere durante la Rivoluzione culturale e che dal 1991 aveva guidato la Chiesa di Fenyang in comunione con la Santa Sede.
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La cerimonia di consacrazione di mons. Ji Weizhong è stata presieduta dal vescovo Taiyuan, mons. Meng Ningyou, che è anche vicepresidente dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, assistito da mons. Ding Lingbin, vescovo di Changzhi, mons. Liu Genzhu, vescovo di Linfen, e mons. Ma Cunguo, vescovo di Shuozhou. Alla cerimonia di consacrazione hanno partecipato circa 130 sacerdoti provenienti dalle diocesi di tutto il Paese, oltre a suore, seminaristi e laici, per un totale di circa 450 persone.
La Santa Sede ha confermato che l’ordinazione è avvenuta ai sensi dell’Accordo e che papa Francesco aveva già approvato questa candidatura lo scorso 28 ottobre, cioè pochi giorni dopo il terzo rinnovo dell’intesa provvisoria tra Roma e Pechino, estesa a una durata di altri quattro anni. Il Vaticano ha anche reso noto che in occasione di questa nomina sono state mutate la denominazione e i confini della diocesi, che d’ora in poi prenderà il nome di Luliang, la città capoluogo della prefettura in cui si trova.
Anche in questa nomina, dunque, si conferma la scelta vaticana di acconsentire al ridisegno della geografia delle Chiese locali seguendo i confini amministrativi, perseguita da tempo dalle autorità di Pechino. Ora «il territorio della diocesi di Luliang – riferisce la sala stampa vaticana – è conforme a quello della città capoluogo di Luliang, con una superfice totale di 21mila kmq e una popolazione totale di 3.346.500 abitanti, di cui circa 20mila cattolici, serviti da 51 sacerdoti e 26 suore».
Il vescovo Ji Weizhong è nato il 3 agosto 1973 nella contea di Wenshui, a Luliang. Dal 1995 al 2001 ha studiato teologia e filosofia presso il seminario cattolico nazionale di Pechino ed è stato ordinato sacerdote nell’ottobre 2001 per la diocesi di Fenyang. Dal 2005 al 2010 ha conseguito la licenza in teologia dogmatica presso l’Università di Sankt Augustin dei Verbiti in Germania. Rientrato nella sua diocesi è stato prima vice-parroco, poi responsabile del Centro pastorale e infine vicario generale. Il 19 luglio scorso era avvenuta la sua elezione come vescovo, poi confermata dalla nomina di papa Francesco.
La sua è la prima nomina episcopale dall’ultimo rinnovo dell’Accordo (quella del vescovo coadiutore di Pechino mons. Matteo Zhen Xuebin, pur annunciata a fine ottobre, era in realtà avvenuta in agosto) e l’undicesima dall’avvio di questa modalità nelle relazioni tra Roma e Pechino nel 2018. Probabilmente – come già avvenuto recentemente – già nei prossimi giorni potrebbero arrivare anche altre notizie di nomine per la Chiesa in Cina: per la mattina di giovedì 23, infatti, anche la diocesi di Fuzhou nella provincia del Fujian, ha già annunciato la cerimonia di insediamento del suo nuovo vescovo.
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Questa sede – in una delle comunità storicamente più importanti del cattolicesimo cinese – è vacante dalla morte nell’aprile 2023 di mons. Pietro Lin Jashian, che era uno dei vescovi «clandestini» riconosciuti ufficialmente dalle autorità di Pechino nell’ambito dell’Accordo.
A differenza di quanto accade solitamente, l’invito diffuso dalla diocesi non indica il nome del successore; fonti locali parlano di un possibile trasferimento di un vescovo da un’altra diocesi della provincia del Fujian.
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Immagine da AsiaNews.
Bizzarria
Ballerini su ghiaccio cinesi indagati per un missile pelouche
🌐🇨🇳Message sent? – How else to explain the actions of Chinese athletes.
Chinese figure skaters showed a toy ballistic missile DF-61, their actions will be investigated . Chinese figure skaters showed a plush toy in the shape of an intercontinental ballistic missile — the… pic.twitter.com/Iu5AL1QUEz — 🌐geopolitics in the picture (@geogeolite) October 28, 2025
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Cina
Partita autunnale tra Santa Sede e Pechino
Mentre il Partito Comunista Cinese aumenta la pressione sulla Chiesa cattolica in Cina, la consacrazione episcopale del nuovo vescovo ausiliare di Shanghai, il 15 ottobre 2025, riaccende le tensioni e illustra tutta la complessità del dossier avvelenato ora sulla scrivania di Papa Leone XIV.
L’ordinazione episcopale del vescovo Wu Jianlin si è svolta il 15 ottobre con misure di sicurezza degne di quelle imposte durante l’epidemia di COVID-19 nel Regno di Mezzo. Al punto che alcuni testimoni l’hanno descritta come una «cerimonia gremita»: circa seicento fedeli, tra sacerdoti, religiosi e laici, selezionati con cura, hanno partecipato all’evento, ma sono stati sottoposti a rigorosi controlli.
Consegna obbligatoria dei cellulari all’ingresso, controlli di accesso e una laconica dichiarazione ufficiale dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, che ignora le varie parole – peraltro molto consensuali – pronunciate dai prelati sul posto.
La cerimonia non ha mancato di lasciare un retrogusto: il prelato che ha presieduto la cerimonia non era altri che mons. Joseph Shen Bin, vescovo di Shanghai e presidente del Consiglio dei vescovi cinesi, non riconosciuto da Roma e strettamente soggetto al Partito Comunista Cinese (PCC).
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Il vescovo Shen Bin, la cui nomina nell’aprile 2023 è stata imposta unilateralmente da Pechino, prima di essere ratificata retroattivamente da papa Francesco il 15 luglio, era circondato da tre vescovi riconosciuti in base all’accordo provvisorio concluso tra la Santa Sede e il Vaticano nel 2018: il vescovo Yang Yongqiang di Hangzhou, il vescovo Li Suguang di Nanchang e il vescovo Xu Honggen di Suzhou.
La situazione non è migliore per il vescovo ordinato il 15 ottobre: l’elezione del vescovo Wu Jianlin, 55 anni e originario del distretto di Chongming, risale al 28 aprile 2025, periodo in cui la sede papale è vacante. Non si tratta di una circostanza di poco conto: ha permesso al regime cinese di aggirare i fragili meccanismi di consultazione previsti dall’accordo provvisorio del 2018.
Il nuovo prelato, che ha assunto l’incarico di amministratore diocesano dopo la morte del precedente vescovo nel 2013, incarna la fedeltà alla linea del presidente Xi Jinping. La sua approvazione da parte di Papa Leone XIV, datata 11 agosto 2025, è stata rivelata dalla Sala Stampa vaticana il giorno stesso dell’ordinazione: un modo per dimostrare che la Santa Sede si è trovata ancora una volta di fronte al fatto compiuto.
La consacrazione del 15 ottobre risuona come un gesto di fragile unità, illustrato dal messaggio inviato dal vescovo Thaddée Ma Daqin, l’altro vescovo ausiliare di Shanghai, confinato nel seminario di Sheshan per tredici anni per essersi dimesso dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, dimostrando così la sua distanza dal PCC.
Assente alla cerimonia, il vescovo Ma Daqin, ordinato nel 2012 con l’accordo del Vaticano, ha espresso il suo auspicio per l’armonia sulla rete WeChat controllata da Pechino: «sono lieto di apprendere che il vescovo Shen Bin ha ordinato stamattina padre Wu Jianlin come vescovo ausiliare. Credo fermamente che, con questo collaboratore, il vescovo Shen potrà guidare le opere della Chiesa cattolica a Shanghai verso uno sviluppo sempre maggiore, per la maggior gloria del Signore».
Eppure, lungi dal suscitare una gioia unanime, questa ordinazione provoca una lacerazione personale tra i cattolici di Shanghai, come testimonia una voce anonima raccolta da AsiaNews il 16 ottobre 2025: «a Shanghai, dovremmo gioire o dovremmo piangere?», si chiede questo fedele locale.
L’incoronazione del vescovo Wu Jianlin avviene in un contesto di relazioni sino-vaticane erose nel tempo: Sandro Magister interpreta questa sequenza come una manifestazione dell’arroganza di Pechino, amplificata dalla «sinizzazione» delle religioni voluta da Xi Jinping. L’accordo del 2018, che affida alle autorità cinesi la proposta iniziale dei candidati episcopali prima dell’approvazione papale, verrebbe così «disprezzato», nelle parole dell’esperto vaticano.
E il Vaticano, dopo aver protestato nel 2023 contro l’insediamento del vescovo Shen Bin, si accontenterebbe di una conferma silenziosa, ratificando peraltro altre tre nomine cinesi dall’elezione di papa Leone XIV. «Se ignoriamo la verità dei fatti; se non interveniamo nella reclusione di un vescovo già legittimamente consacrato (…), è ancora questa la comunione voluta da Cristo?», si chiede il vaticanista italiano, che parla di uno «schiaffo in faccia» dato al nuovo sovrano pontefice.
Più che uno schiaffo in faccia per un papa – Xi Jinping non è certo Filippo il Bello – potrebbe trattarsi di una prova? Da bravi giocatori di Go, gli inventori del gioco più antico del mondo elogiano l’efficacia delle famose «mosse sentite», che costringono l’avversario a rispondere per mantenere l’iniziativa. La sfida per Roma sarebbe ora quella di riconquistare il vantaggio perso, probabilmente durante il precedente pontificato.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine da FSSPX.News
Cina
La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi
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