Politica
Biden dice che sta «governando il mondo»
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden afferma di essere «al governo del mondo» e che pertanto non ha effettivamente bisogno di alcun test cognitivo per dimostrare la sua idoneità alla carica.
Il presidente ha rilasciato queste dichiarazioni in un’intervista rilasciata venerdì ad ABC News, quando l’81enne è stato ripetutamente incalzato da George Stephanopoulos in merito alle crescenti preoccupazioni riguardanti le sue condizioni mentali e fisiche.
Alla domanda se avesse «sottoposto il paziente a una valutazione neurologica e cognitiva completa», Biden ha fornito una risposta piuttosto incoerente.
«Ho avuto – ogni giorno mi sottopongo a un test neurologico completo. E ho fatto una visita medica completa. Ho avuto, sai, voglio dire, sono stato al Walter Reed [un centro medico militare nazionale USA, ndr] per le mie visite mediche. Voglio dire – uhm sì, la risposta», ha affermato.
Incalzato ulteriormente sul fatto che si fosse effettivamente sottoposto a «test cognitivi specifici» e a un esame da parte di un neurologo qualificato, piuttosto che di un medico di pratica più ampia, Biden ha insistito che «nessuno» gli aveva detto che in realtà aveva bisogno di sottoporsi a uno.
Il presidente ha eluso la domanda se avrebbe volontariamente superato tale test e ne avrebbe reso pubblici i risultati, insistendo sul fatto che il suo lavoro da solo dimostra che è abbastanza idoneo per l’incarico.
Delusions of grandeur? Just senile president Joe Biden – now in a new shade of orange – admitting he sees himself as a global dictator “running the world”. This Orange Man bad. And sad. pic.twitter.com/HgEpyDU5sx
— Polly Tickal (@BubblesToBurst) July 6, 2024
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«Guarda. Ho un test cognitivo ogni singolo giorno. Ogni giorno ho quel test. Tutto quello che faccio. Sai, non solo sto facendo campagna elettorale, ma sto governando il mondo. Non – e non è lui – sembra un’iperbole, ma siamo la nazione essenziale del mondo», ha affermato l’ottuagenario del Delaware.
Durante l’intervista, il presidente ha anche attribuito la sua prestazione mediocre durante il dibattito della scorsa settimana contro Donald Trump al fatto di aver sofferto di un «brutto raffreddore», liquidandolo come un «brutto episodio» piuttosto che come parte di un problema più grande.
Il fiasco del dibattito ha rinvigorito preoccupazioni di lunga data sull’età avanzata di Biden, nonché sul suo stato di salute in declino.
Venerdì, un gruppo di 168 sostenitori di alto profilo del Partito Democratico, tra cui importanti donatori e accademici, ha inviato una lettera al presidente degli Stati Uniti, esortandolo a ritirarsi dalla corsa, ha riferito il Washington Post, citando fonti anonime.
I firmatari hanno chiesto «rispettosamente» a Biden di farlo, sostenendo che la mossa era necessaria «per il bene della nostra democrazia e del futuro della nostra nazione», secondo il rapporto. Tuttavia, Biden ha ripetutamente promesso di continuare a perseguire la rielezione, respingendo qualsiasi prospettiva di ritiro tra le crescenti critiche degli ultimi giorni.
Lo Stephanopoulos ha intervistato altre volte il Biden ed è noto per agire come sorta di «materasso» per l’intervistato.
Come riportato da Renovatio 21, si tratta del medesimo giornalista in una cui intervista del 2022 il vegliardo della Casa Bianca aveva sobriamente definito «assassino» il presidente russo Vladimir Putin.
EXCLUSIVE: Pres. Biden told @GStephanopoulos that he agreed Russian President Vladimir Putin is a “killer” and will “pay a price” for interfering in U.S. elections. https://t.co/rIe2ms8sSv pic.twitter.com/VtAGCvF9hp
— Good Morning America (@GMA) March 17, 2021
Biden aveva inoltre ricordato di aver avuto un incontro con Putin durante il quale il presidente della Federazione Russa gli avrebbe detto di «non avere un’anima». Si trattava anche all’epoca di una prova della demenza presidenziale, tuttavia nessuno, tra i grandi media e il Partito Democratico, pareva accorgersene.
Ora che la strategia del lawfare (la guerra giudiziaria, non dissimile a quella scatenata per venti anni e passa contro Silvio Berlusconi in Italia) è fallita, si impone il cambio di un candidato-marionetta del potere profondo purtroppo divenuto incontrovertibilmente impresentabile.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Tucker Carlson: Putin è il «leader più popolare al mondo»
🇺🇸🇷🇺 “Putin is one of the most popular leaders in the world” — Tucker Carlson
“Wherever you go, you won’t meet anyone who doesn’t like Putin. Putin is like a global celebrity. I travel a lot, I know what I’m talking about” pic.twitter.com/YguN7ZbXL2 — Lord Bebo (@MyLordBebo) October 27, 2025
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Politica
Costantinopoli, per il sindaco (incarcerato) Imamoglu anche l’accusa di spionaggio
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Dalla cella il leader dell’opposizione definisce il nuovo procedimento è un «complotto» per estrometterlo dalla scena politica. Per analisti e oppositori è un tentativo di governo e AKP – sconfitti alle urne – di assumere il controllo della metropoli. I due volti della Turchia di Erdogan: repressione e carcere per gli oppositori e critici sul fronte interno, mediatore per la pace a Gaza (e in Siria).
Dopo le imputazioni per corruzione e legami con organizzazioni terroristiche, per il sindaco di Istanbul e leader dell’opposizione Ekrem Imamoglu – in carcere dal marzo scorso ma pur sempre il principale rivale del presidente Recep Tayyip Erdogan – arriva anche quella di «spionaggio politico».
Un tribunale turco ha emanato un ordine di arresto – emettere un mandato per una persona già in cella è una pratica tutt’altro che inusuale per il Paese – per il primo cittadino della capitale economica e commerciale, segnando un’ulteriore escalation in un’ottica di repressione. Per critici e cittadini scesi in piazza anche oggi a manifestare sfidando i divieti, il nuovo procedimento è un segnale della «politicizzazione» dei tribunali e l’uso ad orologeria della giustizia, accuse respinte dal governo di Ankara che rivendica l’indipendenza dei giudici.
Il sindaco è apparso ieri in tarda mattinata davanti ai giudici del tribunale di Caglayan, per rispondere dei nuovi capi di imputazione a suo carico in un crescendo di attacchi e incriminazioni, mentre all’esterno un migliaio di sostenitori si sono riuniti per manifestare. Dopo diverse ore l’entourage di Imamoglu ha diffuso una nota, ripresa dalla stampa turca, in cui egli respinge le accuse: «non ho assolutamente alcuna conoscenza o connessione con le agenzie di intelligence o i loro dipendenti» bollandole come «assurde» e collegate a una «complotto» per estrometterlo dalla scena politica.
«Sarebbe più realistico dire» ha concluso «che ho incendiato Roma».
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All’esterno del tribunale, il leader del Partito popolare repubblicano (CHP) Ozgul Ozel ha parlato a una folla di sostenitori e simpatizzanti riunita per protestare contro il nuovo procedimento a carico del sindaco, sorvegliati a vista da poliziotti in tenuta antisommossa. «Lo hanno chiamato ladro, non ha funzionato; lo hanno chiamato corrotto, non ha funzionato; lo hanno accusato di sostenere il terrorismo, non ha funzionato» ha detto di Imamoglu il presidente del CHP. «Ora, come ultima risorsa, hanno cercato di chiamarlo spia. Vergogna su di loro!» ha gridato Ozel, anch’egli finito nel mirino della magistratura.
Il 24 ottobre scorso, infatti, il tribunale ha respinto il processo intentato dal governo a carico del principale partito di opposizione (il Partito Popolare Repubblicano, CHP), che mirava all’annullamento del congresso 2023 e all’elezione del suo leader. Una decisione che sembrava aver allentato la morsa voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan contro il principale schieramento rivale, con decine di sindaci e alte personalità del partito finite sotto processo o già condannate.
Per la Corte le (presunte) irregolarità non hanno alcuna rilevanza giuridica. In realtà, a distanza di pochi giorni è giunta la notizia delle nuove accuse contro Imamoglu in un quadro di continua repressione.
Analisti ed esperti sottolineano che il nuovo attacco al primo cittadino sia un tentativo del governo e del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) – sconfitto alle urne – di assumere il controllo di Istanbul, una metropoli dall’importanza strategica. Imamoglu parla di «calunnie, bugie e cospirazioni», ma resta il fatto che le accuse potrebbero consentire al governatore nominato dallo Stato di assumere per via giudiziale la guida della città. Secondo l’analista di GlobalSource Partners Atilla Yesilada il ministero turco degli Interni ha infatti l’autorità di licenziare Imamoglu e sostituirlo con un fiduciario, assestando un colpo durissimo al partito di opposizione.
Del resto già nel settembre scorso, e nel silenzio internazionale, la magistratura – col benestare del governo – ha di fatto azzerato – e commissariato – i capi del Partito Popolare Repubblicano (CHP), principale movimento di opposizione del Paese, a Istanbul.
Inoltre si sono registrati diversi arresti fra quanti sono scesi in piazza a dimostrare, oltre al blocco di internet e il divieto di manifestazioni nel tentativo di «oscurare» dissenso e malcontento fra la popolazione contraria alla deriva autoritaria impressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Il giro di vite è parte di una più ampia campagna che si è intensificata dopo le schiaccianti vittorie dell’opposizione nelle elezioni locali del marzo 2024.
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Dall’ottobre dello scorso anno i pubblici ministeri e la polizia hanno condotto indagini su corruzione e terrorismo che hanno portato a centinaia di arresti, tra cui quello, avvenuto a marzo, del sindaco di Istanbul, la personalità più importante finita in cella. Decine di sindaci e amministratori CHP sono stati incarcerati in attesa di processo, con ripercussioni anche economiche per turbolenze sui mercati e preoccupazione di investitori stranieri, mentre il partito ha trasferito la sede provinciale a Istanbul per sfuggire alla morsa della magistratura.
Se, sul fronte interno, il governo di Ankara e il presidente Erdogan alimentano la repressione contro oppositori e critici, a livello internazionale cercano di capitalizzare il ruolo di attore regionale sul fronte mediorientale e un ruolo nella tregua a Gaza e sulla nascitura forza di stabilizzazione. Un tentativo di rafforzare la propria immagine, ben rappresentato dalla foto a Sharm el-Sheikh in cui Erdogan si ergeva in prima fila accanto al padrone di casa Abdel Fattah al-Sisi e al presidente USA Donald Trump, artefice del piano di pace per la Striscia.
Anche in queste ore Erdogan ha insistito per garantire ad Ankara un ruolo nella risoluzione dei vari scenari di crisi dalla Siria all’Ucraina fino alla Striscia. «Ora vi è una Turchia nella regione e nel mondo» ha affermato il presidente «che è rinomata per la sua promessa di esportare pace e stabilità» in quanto «potenza globale» in una prospettiva di «pace, armonia e stabilità».
Un tentativo di leadership, quello turco, che parla di pace ma non disdegna di mostrare i muscoli: è attesa la visita in Turchia del premier Keir Starmer per discutere della vendita, attualmente in sospeso, di 40 jet Eurofighter Typhoon, che secondo le intenzioni di Erdogan dovrebbero rafforzare la pattuglia dei caccia assieme agli F-16 ed F-35 USA.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Politica
La nuova presidente irlandese è NATO-scettica e contraria alla militarizzazione dell’UE
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