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Geopolitica

Attentato a Imran Khan. Pakistan nel caos

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L’ex primo ministro pakistano Imran Khan è stato colpito a colpi di arma da fuoco durante una manifestazione politica lo scorso giovedì.

 

 

Vari media hanno affermanoto che l’ex premier sarebbe stato ferito alla gamba. «Imran Khan, l’ex primo ministro del Pakistan, ha subito una ferita da proiettile alla gamba dopo che un uomo armato ha aperto il fuoco durante una manifestazione a Wazirabad», ha riferito Al Jazeera. «Azhar Mashwani, un funzionario del partito Pakistan Tehreek-e-Insaf di Khan, giovedì ha confermato ad Al Jazeera che il politico è stato colpito a una gamba ma non sarebbe in pericolo».

I servizi di sicurezza pakistani hanno confermato un tentato omicidio contro l’ex primo ministro del paese Imran Khan all’inizio della giornata durante una manifestazione politica.

Un alto leader del partito di Khan, il Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI), n ha detto che Khan è stato colpito a un piede, per il quale è attualmente sottoposto a un intervento chirurgico. «L’ex capitano di cricket pakistano è stato prelevato dal luogo della manifestazione appena fuori dalla città di Gujranwala per ricevere cure a Lahore, a circa due ore e mezza di auto», scrive la CNN.

Il sospetto attentatore, che avrebbe già confessato, è stato bloccato dalla folla degli astanti e dalla polizia, che lo ha arrestato in flagrante subito dopo aver sparato al Khan che stava partecipando ad una parata politica dove, con il suo staff, stava in piedi su un grande container.

L’attacco avrebbe ucciso una persona e ferito altre sei. La violenza arriva in quadro politico incandescente dove il Khan stava conducendo una marcia di protesta verso la capitale Islamabad nel tentativo di indurre il governo a indire elezioni anticipate.

 

 

 

 

Ci sono notizie contrastanti secondo cui un secondo tiratore stesse sparando con un’arma automatica. Non è assolutamente chiaro, al momento, chi possa essere il mandante.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, il Khan è stato di recente detronizzato in quello che lui stesso ha definito «un complotto USA». Da premier, aveva mostrato politiche filo-Repubblica Popolare Cinese (di fatto da sempre alleata del Pakistan contro l’India) e negli ultimi tempi filo-russe, posizione più nuova per un premier pakistano. Il Khan aveva altresì avviato accordi con il Tehreek-i-Labbaik Pakistan, il partito islamista del Paese.

 

Khan, ex campione di cricket – inaffrontabile sport nazionale di Pakistan e India, aveva sposato in prime nozze l’erede di una importante famiglia dell’oligarcato britannico, Jemina Goldsmith. Le ultramiliardarie fortune Goldsmith, casato di origine ebraico-tedesca (erano Goldschmidt  prima di anglicizzare il proprio nome), si intrecciano nella storia con quelle di un casato simile, quello dei Rothschild. Le ultime generazioni dei Goldsmith si sono distinte – in linea con gli Windsor – per l’impegno ambientalista, raggiungendo anche la politica: l’ex cognato di Khan, Lord Frank Zacharias Robin «Zac» Goldsmith, dopo lo scranno parlamentare per il Partito Conservatore, ha ottenuto nei governi Truss e ora Sunak il ruolo di Ministro per l’Asia, l’Energia, il Clima e l’Ambiente.

 

Dei tempi in cui Khan era sposato alla Goldsmith risale questa potente fotografia d’ensemble, dove ad una cena in Sud Africa è possibile vedere, oltre al padrone di casa Mandela, anche Mia Farrow, Quincy Jones, Naomi Campbell e Charles Taylor, signore della guerra, re del traffico di diamanti accusato di ordinare il cannibalismo ai suoi soldati.

 

 

Divorziato dalla Goldsmith, il Khan tornò in patria e si sposò prima con una giornalista e poi con una figura enigmatica, la murshid (guida spirituale) Bushra Bibi, appartenente ad un molto influente clan del Punjab, i Manika. Khan l’avrebbe sposata senza averla mai vista in volto, causa velo totale: l’ex campione disse che aveva di lei solo una vecchia foto. La Bibi sarebbe poi divenuta l’unica premier dame totalmente velata della storia del Pakistan, cosa che la espone a diverse critiche in patria.

 

Ripakistinazzata la sua immagine, il Khan vinse le elezioni con un suo partito, divenendo premier in un Paese dove lo Stato profondo, animato da militari, servizi segreti (il noto ISI) e interessi di Washington la fanno da padroni da decenni. La sua detronizzazione è stata rapida, ma lui non ha abbandonato la lotta per tornare al potere.

 

Nel frattempo, in questi mesi  Pakistan è nel caos, con blackout, terrorismo montante con stragi sanguinarie, pressioni del Fondo Monetario Internazionale, fabbriche che chiudono e avvisaglie di guerra civile. Non mancano, nel quadro già tetro, le visite di Bill Gates a generali della potenza nucleare.

 

 

 

Immagine screenshot da Twitter

 

 

 

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Geopolitica

La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

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La Serbia non potrà entrare nell’UE senza un pieno allineamento alla politica estera del blocco, incluse tutte le sanzioni contro la Russia, ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

 

La Serbia, che ha richiesto l’adesione all’UE nel 2009 e ha ottenuto lo status di paese candidato nel 2012, è tra i pochi stati europei a non aver imposto restrizioni a Mosca. Belgrado ha sottolineato i suoi storici legami con la Russia e la dipendenza dalle sue forniture energetiche.

 

Mercoledì, durante una conferenza stampa a Belgrado accanto al presidente serbo Aleksandar Vucic, von der Leyen ha ribadito che la Serbia deve compiere «passi concreti» verso l’adesione e mostrare un «maggiore allineamento» con le posizioni dell’UE, incluse le sanzioni, evidenziando che l’attuale livello di conformità della Serbia alla politica estera dell’UE è del 61%, ma ha insistito che «serve fare di più», sottolineando il desiderio di Bruxelles di vedere Belgrado come un «partner affidabile».

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Vucic ha più volte dichiarato che la Serbia non imporrà sanzioni alla Russia, definendo la sua posizione «indipendente e sovrana». Tuttavia, il rifiuto di Belgrado ha attirato crescenti pressioni da parte di Bruxelles e Washington.

 

La settimana scorsa, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Petroleum Industry of Serbia (NIS), parzialmente controllata dalla russa Gazprom Neft, spingendo la Croazia a interrompere le forniture di greggio. Vucic ha avvertito che tali misure potrebbero portare alla chiusura dell’unica raffineria petrolifera serba entro novembre, mettendo a rischio l’approvvigionamento di benzina e carburante per aerei.

 

Come riportato da Renovatio 21proteste sempre più violente si susseguono nel Paese, che Belgrado attribuisce a influenze occidentali volte a destabilizzare il governo.

 

Le proteste hanno già portato alle dimissioni del primo ministro Milos Vucevic e all’arresto di diversi funzionari, tra cui un ex ministro del Commercio, con l’accusa di corruzione.

 

Il presidente Aleksandar Vucic ha affermato che i disordini sono stati fomentati dall’estero e ha denunciato quella che ha definito «violenza mascherata da attivismo»: «mancano pochi giorni prima che inizino a uccidere per le strade» aveva detto lo scorso agosto davanti all’ennesima ondata di proteste violente.

 

Come riportato da Renovatio 21, le grandi manifestazioni contro Vucic di marzo erano seguite la visita pubblica del figlio del presidente USA Don Trump jr. al premier di Belgrado.

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Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese il servizio di Intelligence estero russo (SVR) ha sostenuto che l’UE starebbe cercando di orchestrare un «Maidan serbo» per insediare un governo filo-Bruxelles. Belgrado nel dicembre 2023 produsse evidenti segni di «maidanizzazione» in corso. Già allora presidente serbo accusò le potenze occidentali di tentare di «ricattare» la Serbia affinché sostenga le sanzioni e di tentare di orchestrare una «rivoluzione colorata» – una sorta di Maidan belgradese –contro il suo governo a dicembre.

 

Vucic giorni fa ha accusato le potenze occidentali di aver cercato di orchestrare il suo rovesciamento. In un’intervista su Pink TV trasmessa lunedì, il presidente serbo aveva affermato che le «potenze straniere» hanno speso circa 3 miliardi di euro nell’ultimo decennio nel tentativo di estrometterlo dal potere.

 

Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri Pietro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.

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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

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Afghanistan e Pakistan hanno dichiarato un cessate il fuoco temporaneo, mettendo fine agli scontri iniziati mercoledì mattina tra le loro forze. Più di una dozzina di civili sono stati uccisi nell’ultimo conflitto armato tra i due paesi vicini.   Il ministero degli Esteri pakistano ha comunicato, alcune ore dopo lo scontro, che Kabul e Islamabad hanno concordato una tregua di 48 ore, con inizio alle 18:00 ora locale di mercoledì.   Nella sua nota, il ministero ha sottolineato che entrambe le parti «si impegneranno sinceramente attraverso il dialogo per trovare una soluzione positiva ai loro problemi complessi ma risolvibili».   In precedenza, il portavoce dei talebani afghani Zabihullah Mujahid aveva scritto su X che le forze pakistane avevano avviato un attacco, utilizzando «armi leggere e pesanti», causando la morte di 12 civili e il ferimento di oltre 100 persone.

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Il portavoce aggiunto che le forze afghane hanno risposto al fuoco, uccidendo un «gran numero» di soldati, confiscando armi e carri armati pakistani e distruggendo installazioni militari.   Ali Mohammad Haqmal, portavoce del distretto di Spin Boldak, in Afghanistan, luogo dello scontro, ha stimato che le vittime civili siano state 15. Secondo l’AFP, un funzionario dell’ospedale locale ha riferito che tra i feriti ci sarebbero 80 donne e bambini.   Islamabad ha definito le accuse «oltraggiose» e «palesi menzogne», sostenendo che i talebani afghani abbiano iniziato le ostilità attaccando una postazione militare pakistana e altre aree vicino al confine. L’esercito pakistano ha dichiarato di aver respinto l’assalto, uccidendo 37 combattenti talebani in due operazioni distinte.   Secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti di sicurezza anonime, lo scontro sarebbe durato circa cinque ore.   Il conflitto segue un’escalation di scontri avvenuta nel fine settimana, durante la quale Afghanistan e Pakistan si sono accusati a vicenda per le vittime. I talebani hanno affermato di aver ucciso 58 soldati pakistani, mentre Islamabad ha dichiarato di aver conquistato 19 posti di frontiera afghani.   Le tensioni transfrontaliere tra Afghanistan e Pakistan sono aumentate negli ultimi anni, con entrambe le parti che si accusano ripetutamente di ospitare militanti.  

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Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

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Uno dei corpi restituiti martedì da Hamas non appartiene a nessuno degli ostaggi tenuti prigionieri dal gruppo armato palestinese a Gaza, hanno affermato le Forze di difesa israeliane (IDF).

 

Lunedì Hamas ha liberato gli ultimi 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio del rilascio di quasi 2.000 prigionieri palestinesi, nell’ambito di un accordo mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia. Martedì, il gruppo ha iniziato a consegnare i cadaveri dei prigionieri deceduti a Israele, restituendone sette in due lotti tramite la Croce Rossa.

 

Tuttavia, le IDF hanno dichiarato mercoledì in una dichiarazione su X che un esame presso l’istituto forense Abu Kabir ha rivelato che uno dei quattro corpi del secondo lotto «non appartiene a nessuno degli ostaggi». Si ritiene che i resti appartengano a un palestinese, hanno aggiunto.

 

 

Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato.

 

Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti.

 

Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.

 

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Immagine di Chenspec via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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