Geopolitica
Associazione dei giornalisti dice che i reporter a Gaza muoiono di fame
Gli ultimi collaboratori palestinesi rimasti dell’Agence France-Presse (AFP) a Gaza stanno morendo di fame e non sono in grado di continuare a lavorare o sopravvivere nelle attuali condizioni, ha avvertito l’associazione interna dei giornalisti dell’agenzia.
Da quando il suo staff si è ritirato dall’enclave all’inizio del 2024, l’AFP si è affidata a dieci freelance locali, ha affermato lunedì la Society of Journalists (SDJ) in una nota.
«Sono giovani, ma le loro forze stanno diminuendo. La maggior parte non ha più la capacità fisica di muoversi nell’enclave per svolgere il proprio lavoro», ha scritto l’associazione su X.
I freelance vengono pagati, ma non c’è nulla da comprare, si legge nella dichiarazione. Vivono in «totale miseria», con alcuni che soffrono di malattie non curate e di grave malnutrizione. Senza carburante o veicoli disponibili, i giornalisti si spostano a piedi o su carretti trainati da asini per coprire il conflitto.
Fin dalla sua fondazione nel 1944, l’AFP «non ha mai dovuto affrontare l’orrore di vedere uno dei nostri collaboratori morire di fame», ha concluso l’associazione.
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Il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot ha risposto lunedì alla dichiarazione, affermando che il governo spera di evacuare alcuni collaboratori dell’agenzia nelle prossime settimane. Ha anche chiesto che alla stampa internazionale sia consentito entrare a Gaza «per mostrare cosa sta succedendo lì e per testimoniare».
Israele ha vietato l’ingresso dei giornalisti stranieri nell’enclave, citando rischi per la sicurezza e la necessità di impedire la fuga di informazioni operative sensibili. Sono state consentite solo visite con l’esercito israeliano, sotto stretta sorveglianza. Il mese scorso, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) ha definito il divieto “senza precedenti” e ne ha chiesto la revoca.
A maggio, dopo quasi tre mesi di blocco totale, Israele ha annunciato che avrebbe consentito solo un flusso minimo di aiuti umanitari a Gaza. I funzionari hanno descritto la politica come necessaria per prevenire la carestia di massa, continuando al contempo a esercitare pressioni su Hamas.
Le organizzazioni internazionali e i gruppi per i diritti umani da tempo lanciano l’allarme: la «fame catastrofica» e l’aumento dei decessi dovuti a malnutrizione a Gaza.
Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre cinque giornalisti palestinesi sono stati uccisi in un unico attacco israeliano notturno nei pressi di un ospedale nel centro di Gaza.
Un’inchiesta del giornale britannico Guardian ha scoperto che l’esercito israeliano considererebbe legittimi obiettivi militari i media affiliati alla resistenza al genocidio di Gaza.
Come riportato da Renovatio 21, lo Stato Ebraico sarebbe responsabile del 75% delle morti di giornalisti in zona di guerra nel 2023.
Anche la stampa israeliana non vive un momento bellissimo: mesi fa era emerso che il governo israeliano voleva sanzionare anche il più antico quotidiano del Paese, Haaretz.
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Immagine di Al Jazeera English via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic; immagine modificata
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
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Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.
Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.
Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».
Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.
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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».
«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.
Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.
Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».
«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.
Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.
Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
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