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Armi ipersoniche, fallito il secondo tentativo dell’aeronautica USA

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L’aeronautica americana ha nuovamente testato senza successo un prototipo di arma ipersonica. 

 

Si tratta del secondo tentativo fallito in pochi mesi.

 

L’arma a risposta rapida, denominata AGM-183A, lanciata dell’aeronautica si è sganciata dal bombardiere Boeing B-52 Stratofortress durante un test il 28 luglio scorso, ma i motori a razzo del missile non si sono accesi. Questo test di volo quello fallito lo scorso  aprile. 

 

Si tratta del secondo tentativo fallito in pochi mesi

Queste esercitazioni di prova sono state condotte in una zona chiamata Point Mugu Sea Range, nell’Oceano Pacifico, al largo della costa della California meridionale.

 

«Il missile si è separato in modo netto dall’aereo e ha dimostrato con successo la sequenza di rilascio completa, inclusa l’acquisizione del GPS, la disconnessione e il trasferimento di potenza dall’aereo al missile. Il missile ha inoltre dimostrato il funzionamento delle pinne e le manovre di de-conflitto che garantiscono un funzionamento sicuro per l’equipaggio» spiega l’Aviazione statunitense.

 

«A seguito di queste manovre di separazione in sicurezza, il motore del razzo non si è acceso. Il team ARRW continua a progredire attraverso lo sforzo di prototipazione rapida con un impegno costante per il benessere degli aviatori e delle attrezzature, trovando un equilibrio tra rischio prudente e rapido avanzamento del programma».

 

Il fallimento del test è un duro colpo per gli Stati Uniti che si ritrovano così bloccati nella corsa agli armamenti ipersonici contro Cina e Russia.

 

Le armi ipersoniche, come l’ARRW, possono viaggiare a Mach 5, che corrisponde a circa 6174 km/h. I missili sono progettati per viaggiare a velocità iperveloci e penetrare gli scudi di difesa aerea più avanzati al mondo.

 

La spinta per lo sviluppo e la ricerca delle armi ipersoniche si è verificata sotto l’amministrazione Trump, dove l’America stava riaffermando il suo dominio militare in tutto il mondo. 

 

Siamo quindi davanti ad una situazione del tutto simile a quella avutasi con le armi termonuclear, dove ogni asimmetria (uno Stato ha l’arma, un altro no) è estremamente pericolosa, perché inficia il concetto di deterrenza e crea uno squilibrio strategico che può portare a decisioni abissali

Gli Stati Uniti stanno tentando di schierare l’ARRW entro l’inizio di questo nuovo decennio, ma le ultime battute d’arresto potrebbero ritardare la messa in campo delle nuove armi super veloci.

 

La Russia pochi anni fa aveva dichiarato, in una presentazione svolta dallo stesso presidente Putin, di possedere armi ipersoniche. Nel video mostrato da Putin colpivano la Florida, luogo caro a Trump per via del suo resort Mar-a-Lago.

 

Qualcuno ha sostenuto che le armi ipersoniche costituiscono una nuova corsa agli armamenti nello stile della Guerra Fredda.

 

Siamo quindi davanti ad una situazione del tutto simile a quella avutasi con le armi termonucleari. Un quadro, quindi, dove ogni asimmetria (uno Stato ha l’arma, un altro no) è estremamente pericolosa, perché inficia il concetto di deterrenza e crea uno squilibrio strategico che può portare a decisioni abissali.

 

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Ex comandante NATO afferma che l’Irlanda unita potrebbe aiutare Russia e Cina

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Un ex comandante della NATO ha messo in guardia sul fatto che l’eventuale unificazione dell’Irlanda potrebbe rappresentare un grave colpo alla sicurezza occidentale, aprendo la strada a un’espansione dell’influenza di Russia e Cina nell’Atlantico settentrionale.

 

Parlando mercoledì durante un briefing per membri del Parlamento e della Camera dei Lord, il contrammiraglio britannico in pensione Chris Parry ha sostenuto che la perdita della posizione del Regno Unito nell’Irlanda del Nord offrirebbe un’importante opportunità strategica a Mosca e Pechino.

 

Il Parry ha evidenziato l’importanza delle acque tra l’Irlanda del Nord e la Scozia per i sottomarini nucleari britannici, definendole «essenziali per il nostro deterrente strategico».

 

«Con un’Irlanda unita, non vi è alcuna garanzia che potremmo schierare i nostri missili balistici», ha dichiarato il contrammiraglio, suggerendo che l’unificazione irlandese potrebbe consentire agli avversari della NATO di minacciare i cavi sottomarini cruciali.

 

«Il Regno Unito deve valutare la minaccia che una Repubblica d’Irlanda neutrale rappresenta per sé stesso. Credo che il modo migliore per sostenere l’Irlanda ora sia incrementare l’attività della NATO e degli Alleati nelle acque della sua zona economica esclusiva», ha affermato l’ex militare.

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Il Parry ha persino proposto che la NATO conduca esercitazioni nelle acque sotto il controllo irlandese «indipendentemente dall’approvazione di Dublino», sottolineando che il blocco deve essere pronto a «contrastare i nostri potenziali avversari nelle acque irlandesi». Ha aggiunto che la Repubblica dovrebbe avvicinarsi a una cooperazione militare più stretta con la NATO e abbandonare la sua neutralità.

 

«Se qualcuno attacca la Gran Bretagna, attaccherà anche l’Irlanda… La neutralità non può più essere vista come un’obiezione di coscienza. Se fai parte del mondo libero, devi essere pronto a difenderlo. La Repubblica deve ridurre le sue vulnerabilità», ha dichiarato.

 

L’Irlanda mantiene una neutralità militare dall’indipendenza nel 1921 e non è membro della NATO, pur collaborando con l’alleanza.

 

L’idea della riunificazione irlandese – l’unione della Repubblica d’Irlanda con l’Irlanda del Nord, parte del Regno Unito – è contemplata dall’Accordo del Venerdì Santo del 1998. Questo accordo ha posto fine a tre decenni di conflitto tra nazionalisti irlandesi e unionisti filo-britannici, istituendo un governo di condivisione del potere a Belfast e stabilendo che lo status dell’Irlanda del Nord può essere modificato solo con il consenso della maggioranza tramite un voto.

 

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Immagine di Mike Weston ABIPP/MOD via Wikimedia pubblicata su licenza Open Government Licence version 1.0

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Zelens’kyj elogia il successo del test del «Flamingo», missile da crociera che può colpire Mosca

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha proclamato il successo del test del Flamingo, un missile-drone con una portata di circa 3.000 km.   Secondo la stampa ucraina il missile da crociera Flamingo FP-5 sarebbe in grado di trasportare una testata nucleare e una carica esplosiva quasi tre volte superiore a quella del Tomahawk statunitense, sebbene con una precisione inferiore.   Le prime versioni di prova del missile sono già state impiegate in combattimento. Secondo fonti ufficiali di Kiev, la produzione di massa inizierà presto, ed entro la metà del 2026 l’Ucraina dovrebbe disporre di un arsenale capace di colpire qualsiasi obiettivo entro 3.000 km in Russia con una testata convenzionale da mezza tonnellata.   Immagini del razzo erano apparse sui social ancora un mese fa.

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Il Flamingo rappresenta il sostituto dei missili da crociera Kh-55, abbandonati dall’Ucraina negli anni ’90 (alcuni dei quali usati dalla Russia contro l’Ucraina nel 2022). Durante lo sviluppo, una copia di prova del missile è stata accidentalmente dipinta di rosa, un problema risolto, ma il soprannome è rimasto, come riferito da Zelens’kyj e dal suo staff.   Con una portata che include facilmente Mosca, un eventuale attacco alla capitale russa con questi missili potrebbe spingere Putin a ordinare rappresaglie più dure su Kiev. Nonostante oltre tre anni di guerra, l’esercito russo non ha ancora colpito direttamente gli edifici governativi di alto livello o i quartieri generali militari e di intelligence a Kiev, ma la situazione potrebbe presto cambiare.   La Casa Bianca auspica un accordo di pace per evitare un’escalation, ma il processo è in stallo, soprattutto dopo le nuove sanzioni di Trump contro il petrolio russo questa settimana. Nessuna delle due parti sembra disposta a compromessi, e con la Russia in vantaggio sul campo di battaglia, Mosca ha pochi incentivi a rinunciare alle condizioni massimaliste di Putin e agli obiettivi della sua «operazione militare speciale».  

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Due bombardieri statunitensi sorvolano di nuovo il Venezuela, scatenando speculazioni su un attacco imminente

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Per la seconda volta in meno di una settimana, l’aeronautica militare statunitense sembra aver condotto un volo di bombardieri vicino alla costa del Venezuela, in una chiara dimostrazione di forza.

 

La notizia segue la conferma, giorni fa, da parte del Comando Sud degli Stati Uniti di una «missione dimostrativa di attacco con bombardieri» nei cieli dei Caraibi meridionali. Secondo i dati di tracciamento dei voli open source, un episodio simile si è verificato nuovamente giovedì.

 

Il Wall Street Journal ha confermato giovedì pomeriggio: «Due B-1 Lancer sono decollati dalla base aerea di Dyess in Texas e hanno volato vicino al Venezuela, rimanendo però nello spazio aereo internazionale», come riferito da un funzionario statunitense e dai dati di tracciamento dei voli.

 

Il Pentagono ha ribadito che, secondo i tracciatori di volo, gli aerei sono rimasti sempre nello spazio aereo internazionale prima di invertire la rotta.

 

In un contesto di crescente presenza militare nei Caraibi, questi nuovi voli di bombardieri hanno alimentato speculazioni, riportate dal WSJ, su una possibile azione militare imminente del presidente Trump contro il governo Maduro.

 

Negli ultimi decenni, gli Stati Uniti hanno raramente impiegato bombardieri vicino al Sud America, limitandosi di solito a una missione di addestramento annuale programmata. Tuttavia, secondo due funzionari della Difesa, ulteriori missioni con bombardieri potrebbero essere condotte a breve.

 

I voli di giovedì rappresentano un segnale di «serietà e determinazione», ha dichiarato David Deptula, generale in pensione dell’Aeronautica Militare e preside del Mitchell Institute for Aerospace Studies, un think tank aerospaziale. «Si sta mostrando un’impressionante combinazione di capacità: resistenza, carico utile, autonomia e precisione», ha aggiunto.

 

Diversi osservatori dei tracciati di volo hanno rilevato che il sorvolo sembrava configurare una «simulazione di attacco», probabilmente supportata da aerei cisterna per il rifornimento in volo.

 

Riguardo alla possibilità di un’azione militare statunitense contro il Venezuela questa notte, o nelle prossime 24-48 ore, appare altamente improbabile, a causa della presenza nella regione della tempesta tropicale Melissa, che sembra evolvere in un uragano e sta colpendo i Caraibi.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia


 

 

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