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Politica

Agenti dell’FBI hanno coordinato la rivolta al Campidoglio?

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«A marzo, il direttore dell’FBI ha ammesso che il Federal Bureau si stava infiltrando nei gruppi di oppositori a Biden».

 

Il conduttore di Fox News, Tucker Carlson, ha spiegato come l’FBI si sia infiltrata nella marcia del 6 gennaio in Campidoglio per organizzare un attacco false flag volto a demonizzare i sostenitori di Trump.

 

«Le forze dell’ordine hanno partecipato alla rivolta. A volte in modo violento»

Durante la trasmissione televisiva Tucker Carlson Tonight, il conduttore ha analizzato i fatti della protesta del Campidoglio nei quali si vede che l’FBI ha organizzato la violazione coordinata dell’edificio del Campidoglio.

 

«Le forze dell’ordine hanno partecipato alla rivolta. A volte in modo violento», ha esordito Carlson.

 

«Ma stranamente, alcune delle persone chiave non sono state accusate. Guardate i documenti, il governo chiama quelle persone co-cospiratori non incriminati. Che cosa significa? Significa che potenzialmente in ogni singolo caso c’erano agenti dell’FBI in quel fatidico giorno», ha continuato l’anchorman americano.

«Ecco la cosa interessante. Due persone in particolare sembrano essere gli organizzatori della rivolta. Il governo sa chi sono, ma non li ha accusati. Perché? Sicuramente lavoravano tutti per l’FBI. Quindi gli agenti dell’FBI stavano organizzando l’attacco alla capitale»

Il Carlson ha quindi descritto i documenti del tribunale che rivelano che numerose persone, le quali hanno preso parte alla rivolta in Campidoglio, non sono state arrestate e le loro identità non sono state divulgate.

 

«Ecco la cosa interessante. Due persone in particolare sembrano essere gli organizzatori della rivolta. Il governo sa chi sono, ma non li ha accusati. Perché? Sicuramente lavoravano tutti per l’FBI. Quindi gli agenti dell’FBI stavano organizzando l’attacco alla capitale».

 

«E quei due non erano soli. In tutto c’erano più di 20 agitatori non incriminati i quali hanno tutti un ruolo nella protesta e non sono stati accusati».

 

«Si scopre che questa insurrezione suprematista bianca è stata – per ammissione dello stesso governo in questi documenti –  organizzata almeno in parte da agenti governativi», sostiene Carlson.

 

«Siamo scioccati. Perché nel marzo scorso, il direttore dell’FBI ha ammesso di alcune infiltrazioni in gruppi che si oppongono al regime?», si domanda Carlson.

«Si scopre che questa insurrezione suprematista bianca è stata – per ammissione dello stesso governo in questi documenti –  organizzata almeno in parte da agenti governativi»

 

Il fondatore di Revolver News, Darren Beattie, si è unito allo spettacolo con un articolo bomba che espone le prove descritte da Carlson dalle quali emerge che l’ex assistente del direttore dell’FBI, Frank Figliuzzi, avrebbe intenzione di arrestare i membri del Congresso per la protesta del Campidoglio.

 

«Dopo aver visto tutto questo, devi chiederti: l’apparato di sicurezza nazionale non è che cospira contro il popolo americano?» domanda Beattie a Carlson.

 

«Sono portato a concludere che non possiamo avere una democrazia, fino a quando non metteremo in ginocchio lo stato di sicurezza nazionale, compreso l’FBI».

 

«Sono portato a concludere che non possiamo avere una democrazia, fino a quando non metteremo in ginocchio lo stato di sicurezza nazionale, compreso l’FBI

Queste rivelazioni, a dir poco sconcertanti, sono state rese note ai membri del Congresso e alcuni dei quali – tra cui il deputato repubblicano dell’Arizona Paul Gosar – hanno chiesto risposte al direttore dell’FBI, Christopher Wray, riguardo all’articolo di Revolver e le migliaia di ore di filmati di sorveglianza del Campidoglio che l’ufficio si rifiuta di far visionare.

 

Il rappresentante Matt Gaetz (R-Fla.) ha anche chiesto a Wray di spiegare fino a che punto gli agenti dell’FBI si siano infiltrati e inseriti nei gruppi di miliziani che sono entrati nel Campidoglio.

 

I fatti del 6 gennaio a Capitol Hill presentano molti lati oscuri, e speriamo che il tempo sia galantuomo e ci permetta di fare ulteriore chiarezza in merito. Renovatio 21 vi aggiornerà tempestivamente su quanto di nuovo emergerà in merito.

 

 

 

 

 

 

 

Immagine di Tim Merbler via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

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Politica

Il governo israeliano chiude Al Jazeera

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Il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha votato all’unanimità per fermare le operazioni in Israele dell’emittente televisiva qatariota Al Jazeera, ha affermato il governo in una nota.

 

Israele accusa da tempo Al Jazeera, che rimane uno dei pochi canali di informazione internazionali ad avere corrispondenti sul campo a Gaza, di mostrare pregiudizi nei suoi confronti e di cooperare con i militanti di Hamas. L’emittente ha negato le accuse.

 

Netanyahu domenica si è rivolto a X per annunciare lo sviluppo, scrivendo che «il governo da me guidato ha deciso all’unanimità: il canale di istigazione Al Jazeera sarà chiuso in Israele».

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Poco dopo, il ministro israeliano delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha dichiarato di aver firmato l’ordine di limitazione delle operazioni dell’emittente, che entrerà in vigore immediatamente.

 

L’hardware «utilizzato per fornire i contenuti del canale», comprese le apparecchiature di editing e routing, fotocamere, laptop e alcuni telefoni cellulari, verrà sequestrato, ha scritto Karhi su X.

 

La decisione del governo israeliano è in linea con una legge approvata dal parlamento del Paese, la Knesset, in aprile, che consente la chiusura temporanea in Israele delle emittenti straniere ritenute una minaccia alla sicurezza nazionale durante il conflitto a Gaza. Secondo la normativa, il divieto prevede la ricertificazione ogni 45 giorni.

 

Il capo di Al Jazeera in Israele e nei territori palestinesi, Walid Omary, ha insistito sul fatto che la mossa del gabinetto di Netanyahu è «pericolosa» e motivata esclusivamente da considerazioni politiche. Il team legale dell’emittente sta preparando una risposta al divieto, ha detto Omary a Reuters.

 

Il corrispondente di Al Jazeera a Gaza, Hani Mahmoud, ha affermato che i palestinesi percepiscono la chiusura del canale di notizie come «una mossa disperata per impedire un’equa copertura di ciò che accade sul campo» nell’enclave.

 

Al Jazeera ha «documentato le atrocità» e «gli atti che vanno contro la legge internazionale sui diritti umani», ha affermato Mahmoud, aggiungendo che questo era “qualcosa che non è piaciuto molto al governo israeliano”.

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Il bilancio delle vittime degli attacchi aerei e dell’offensiva di terra in corso da parte di Israele a Gaza ha già raggiunto 34.654 persone, mentre altre 77.908 sono rimaste ferite, secondo il ministero della Sanità dell’enclave palestinese.

 

Al Jazeera aveva riportato molte delle atrocità commesse dalla Stato Ebraico, tra cui il video dell’eliminazione via drone di alcuni ragazzi che sembravano camminare tranquillamente tra le macerie. Il filmato fece parlare di «genocidio massivo robotizzato».

 

Al Jazzera è controllata dal Qatar, Paese sponsor dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è una derivazione. Doha, si dice, sarebbe stato il primo Paese del Golfo ad aver rapporti non ufficiali con lo Stato degli ebrei.

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Immagine di Wittylama via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported 

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Politica

Tokyo, governo sconfitto alle suppletive, sempre più basso il consenso per Kishida

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Si è votato in tre circoscrizioni che hanno visto l’affermazione del partito costituzionale democratico. Il partito del premier non è riuscito a tenere nemmeno il seggio nella prefettura di Shimane, considerata una roccaforte conservatrice. A pesare gli scandali sulla raccolta irregolare di fondi ma anche il deprezzamento dello yen.   Il partito liberaldemocratico del Giappone (PLD), da cui proviene anche il premier Fumio Kishida, ha perso tre seggi nelle elezioni suppletive per la Camera dei rappresentanti che si sono tenute ieri. Si tratta di una sconfitta che certifica lo scarso sostegno dell’opinione pubblica al partito al governo in seguito a una serie di scandali che hanno coinvolto diversi ex ministri e parlamentari.   Tutti i seggi in palio (che prima di diventare vacanti appartenevano alla formazione liberaldemocratica) sono stati vinti dal partito costituzionale democratico (PCD), guidato da Kenta Izumi: il PLD non aveva schierato candidati nelle circoscrizioni di Tokyo e Nagasaki, ma si era concentrato a difendere il seggio delle prefettura occidentale di Shimane, nota per essere una roccaforte conservatrice. Invece proprio qui ha prevalso la candidata Akiko Kamei, nonostante nell’ultimo mese il premier Kishida avesse visitato due volte la prefettura in sostegno del liberaldemocratico Norimasa Nishikori.   Kamei ha detto che la vittoria nel «regno conservatore» di Shimane, invia un «importante messaggio» a Kishida, criticato per non aver impedito il deprezzamento dello yen e non aver ottenuto un aumento dei salari superiore alla crescita dei prezzi.

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Un sondaggio di Kyodo News mostra inoltre che il 77% degli intervistati ha votato «in considerazione» dello scandalo sui fondi raccolti in maniera irregolare all’interno del PLD, che negli ultimi mesi ha costretto alle dimissioni diversi ministri e parlamentari.   A novembre dello scorso anno è stata resa pubblica un’indagine della procura giapponese secondo cui alcuni membri del PLD appartenenti alla «corrente Abe» non avrebbero dichiarato – tenendoli per sè – almeno 500 milioni di yen (circa 3,2 milioni di euro) ottenuti grazie alle raccolte fondi del partito.   Nel frattempo il tasso di approvazione nei confronti di Kishida è sceso al di sotto della soglia del 30%, considerata, da parte degli analisti, «di pericolo» per il governo.   La pesante sconfitta del PLD a Shimane probabilmente minerà una nuova candidatura del premier nella corsa per le prossime elezioni presidenziali. Il segretario generale del partito, Toshimitsu Motegi, il numero due dopo Kishida, dopo l’annuncio dei risultati si è rivolto ai giornalisti: «accetteremo umilmente i risultati», ha detto, aggiungendo che il PLD «ha bisogno di lavorare all’unisono per affrontare la sfida».   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Bioetica

Biden fa il segno della croce durante una manifestazione a sostegno dell’aborto

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Il presidente americano Joe Biden, ad un evento politico in Florida, si è fatto il segno della croce quando la signora con lui sul palco, la presidente del Partito Democratico della Florida, si è espressa a favore dell’aborto. Lo riporta Modernity News.

 

La vicenda ha generato sconvolto tra la comunità cristiana internazionale.

 

La candidata governativa fallita Nikki Fried stava sollecitando la rielezione di Biden quando ha fatto commenti su Ron DeSantis e Donald Trump che spingevano per maggiori restrizioni sull’aborto.

 

La prossima settimana in Florida entrerà in vigore un divieto di aborto di sei settimane, e questo sarebbe uno dei motivi per cui Biden si è fermato nello Stato. La Fried aveva dichiarato la scorsa settimana che Biden sa che deve trascorrere del tempo in Florida per dimostrare quanto le cose siano diventate «estreme» sotto DeSantis. «Capisci che se dobbiamo combattere contro l’estremismo dei repubblicani MAGA, devi venire al ventre della bestia».

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Mentre Biden era al suo fianco, la Fried ha dichiarato che «Ron DeSantis sentiva di dover candidarsi alla presidenza, quindi quindici settimane non erano sufficienti, dovevamo arrivare a sei settimane», sottolineando la sua opposizione alla legge sull’aborto.

 

È a questo punto che Biden, sulla carta secondo presidente «cattolico» della storia USA (e forse l’unico, che nonostante gli acciacchi, porterà al termine mandato: il primo è stato JFK e sappiamo come è andata a finire) si è fatto il segno della croce.

 


La reazione della rete è stata immediata, con commenti che davano del «vile» al vegliardo del Delaware. «Biden, l’autodefinito “cattolico devoto”, fa il segno della croce a sostegno del desiderio di questa donna di uccidere i bambini fino ai 3 mesi di gravidanza» scrive Buck Sexton. «Totalmente malvagio e sacrilego» ha twittato LifeNews. «Davvero da vomitare. Disgustoso. Insulto. Blasfemo» hanno scritto ancora su Twitter. Ancora: «Joe Biden si fa il segno della croce mentre promuove l’aborto! Questo è il male!».

 

Il fatto è avvenuto a pochi giorni dalla sostituzione della Pasqua della Casa Bianca con la giornata mondiale di visibilità trans.

 

La Fried, già Commissario per l’Agricoltura della Florida, grande sostenitrice dell’aborto, è anche esplicita riguardo alla sua pratica del giudaismo. Mentre era al liceo, partecipava al B’nai B’rith, la famigerata organizzazione ebraica. La donna ha preso anche attivamente in considerazione l’idea di fare aliya – cioè di andare a vivere in Israele –e di unirsi alle forze di difesa israeliane.

 

Dopo la sua elezione a commissario per l’agricoltura, Fried ha prestato giuramento utilizzando la prima Bibbia ebraica pubblicata negli Stati Uniti.

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