Geopolitica
Putin: Trump «razionale», Zelens’kyj «tossico» e UE «incatenata»

Il presidente russo Vladimir Putin ha condiviso il suo punto di vista sulle politiche del suo omologo statunitense Donald Trump, sul futuro dello Stato ucraino e sul potenziale ruolo dell’Europa nel processo negoziale.
In un’intervista rilasciata lunedì al giornalista del canale televisivo Rossija 1 Pavel Zarubin, Putin ha respinto le preoccupazioni relative agli accordi sulle risorse tra Stati Uniti e Ucraina, ha criticato la leadership di Zelens’kyj e ha definito le politiche di Trump come pragmatiche e filoamericane, piuttosto che vantaggiose per Mosca.
Putin ha inoltre sottolineato che i leader europei sono vincolati dagli impegni presi in passato con Kiev, mentre Mosca resta aperta alla cooperazione economica con gli Stati Uniti nonostante le sanzioni in corso.
Nell’intervista il presidente russo ha descritto il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj come una «figura tossica» per la società ucraina, sostenendo che i suoi ordini irrazionali, guidati da oscuri motivi politici, hanno portato a «perdite ingiustificatamente elevate, se non catastrofiche».
Putin ha suggerito che se Zelens’kyj, il cui mandato presidenziale di cinque anni è scaduto a maggio 2024, dovesse affrontare nuove elezioni, non avrebbe alcuna possibilità di vincere: «le sue possibilità di vincere sono assolutamente pari a zero, a meno che, ovviamente, non ci sia qualcosa di palesemente truccato». Il presidente della Federazione ha quindi sostenuto che la popolarità di Zelens’kyj è crollata e che sta attivamente evitando i negoziati di pace con la Russia per mantenere la sua presa sul potere: «se i negoziati iniziano, questo porterà prima o poi alla revoca della legge marziale. E non appena ciò accadrà, si dovranno tenere le elezioni».
Il presidente russo ha suggerito che Trump vede Zelens’kyj come un ostacolo alla stabilizzazione dell’Ucraina e alla garanzia di un accordo di pace: «Trump probabilmente capisce che Zelens’kyj è un fattore destabilizzante. Vuole riunire gli ucraini, consolidare la sua società e creare le condizioni per la sopravvivenza dello stato ucraino».
Affrontando le affermazioni secondo cui la posizione di Trump sull’Ucraina farebbe il gioco della Russia, Putin ha espresso un forte disaccordo: «nella situazione attuale, per quanto possa sembrare strano, saremmo più interessati a [Zelens’kyj] seduto lì e a corrompere ulteriormente il regime con cui siamo in conflitto armato. E dal punto di vista del rafforzamento dello stato ucraino, è necessario agire in una direzione completamente diversa: portare al potere coloro che godranno della fiducia del popolo ucraino».
Il presidente russo ha anche commentato lo stile politico di Trump, respingendo l’idea che il presidente degli Stati Uniti agisca basandosi puramente sulle emozioni: «no, certo che no. Le sue azioni si basano su un freddo calcolo e un approccio razionale alla situazione».
Putin ha sostenuto che i politici europei sono «incatenati» dai loro impegni passati e non sono in grado di cambiare il loro approccio all’Ucraina senza perdere credibilità: «a differenza del neoeletto presidente degli Stati Uniti, i leader europei sono legati all’attuale regime di Kiev. Sono troppo coinvolti e hanno fatto troppe promesse».
Il vertice del Cremlino ha quindi criticato la reazione dell’Europa alle recenti interazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Russia, affermando: «la loro risposta è stata emotiva e priva di significato pratico. Invece di affrontare problemi reali, si concentrano sul mantenimento delle apparenze».
Pur respingendo le richieste dei funzionari dell’UE di avere voce in capitolo nei negoziati tra Russia e Stati Uniti, Putin ha riconosciuto che il coinvolgimento europeo potrebbe essere utile in discussioni più ampie: «la loro partecipazione è benvenuta, ovviamente. Non ci siamo mai rifiutati di impegnarci con loro». Ha anche osservato che Mosca apprezza gli sforzi degli attori non europei, come le nazioni BRICS, nel promuovere la pace: «non solo gli europei, ma anche altri paesi hanno il diritto di partecipare e noi lo rispettiamo».
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Putin ha risposto positivamente alla proposta di Trump di tagliare la spesa per la difesa, indicando l’apertura di Mosca ai negoziati: «non siamo contrari. L’idea è buona: gli Stati Uniti tagliano del 50%, noi tagliamo del 50% e se la Cina vuole, può unirsi più tardi».
Commentando le politiche commerciali degli Stati Uniti, Putin ha criticato le sanzioni americane ma ha riconosciuto che ogni paese stabilisce le proprie priorità commerciali: «per molti anni, la politica commerciale degli Stati Uniti è stata legata alle sanzioni. Consideriamo queste sanzioni illegali e dannose per il commercio globale».
Per quanto riguarda lo spostamento di Trump verso i dazi, Putin ha affermato di aver compreso il ragionamento alla base della mossa: «ogni paese determina in modo indipendente cosa è vantaggioso… Posso capire la logica: spostare la produzione in patria, creare posti di lavoro, imporre il pagamento delle tasse… Ma a un certo punto, ovviamente, queste azioni incontreranno alcune difficoltà associate alla pressione inflazionistica».
Putin ha anche confermato che «alcune aziende russe e americane sono in contatto e stanno discutendo di grandi progetti», ma non ha specificato i dettagli.
L’accordo sui minerali delle terre rare che l’amministrazione Trump starebbe spingendo con Kiev «non riguarda» Mosca, ha detto Putin, sottolineando che la Russia è concentrata sullo sviluppo del proprio settore delle terre rare a causa della sua importanza critica in molteplici settori.
«Saremmo pronti a offrirlo ai nostri partner americani… se mostrassero interesse a lavorare insieme», ha affermato, chiarendo che questo vale sia per le aziende private che per le entità governative, sottolineando che la Russia ha riserve di metalli delle terre rare significativamente maggiori rispetto all’Ucraina, il che la rende un leader globale nel settore.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine tagliata.
Geopolitica
Orban: Bruxelles vuole la guerra per imporre un debito comune e prendersi ancor più potere

Brussels wants war to impose a common debt and seize more power, stripping competences from the member states. The arms industry wants war for profit. Meanwhile, powerful lobbies want to exploit war to expand their influence. In the end, everyone is trying to cook their own meal… pic.twitter.com/9GPzyH5SCS
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 2, 2025
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Brussels has chosen a strategy of wearing Russia down through endless war. This means pouring billions into Ukraine, sacrificing Europe’s economy, and sending hundreds of thousands to die at the front.
❌ Hungary rejects this. Europe must negotiate for peace, not pursue endless… pic.twitter.com/iA5LmpuDLI — Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 2, 2025
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Geopolitica
Il Venezuela segnala un volo «illegale» di un F-35 USA vicino ai suoi confini

Il Venezuela ha accusato gli Stati Uniti di aver effettuato voli «illegali» con caccia F-35 vicino ai suoi confini, in un contesto di crescenti tensioni nei Caraibi.
Il ministro degli Esteri Yvan Gil Pinto ha dichiarato che l’«incursione illegale» è stata rilevata giovedì a circa 75 chilometri dalla costa, vicino alla città di Maiquetia. Ha definito le manovre una «provocazione che minaccia la sovranità nazionale e viola il diritto internazionale».
Il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez ha riferito che almeno cinque F-35 sono stati avvistati in volo a una velocità di 400 nodi e a un’altitudine di 35.000 piedi, sottolineando che si tratta della prima volta che aerei di questo tipo sono stati impiegati nella regione.
Le tensioni sono aumentate il mese scorso, quando gli Stati Uniti hanno intercettato quattro imbarcazioni venezuelane in acque internazionali, accusate di trasportare presunti trafficanti di droga.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha successivamente dispiegato una flotta navale nella regione, accusando Caracas di collaborare con cartelli «narco-terroristici» per colpire gli Stati Uniti. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha respinto le accuse, promettendo di difendere il suo Paese da qualsiasi aggressione.
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Lunedì, il New York Times ha riportato che i principali collaboratori di Trump lo hanno esortato a destituire Maduro. Il presidente statunitense ha negato piani per un cambio di regime, pur avendo imposto dure sanzioni al Venezuela durante il suo primo mandato.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
Settimane fa il presidente venezuelano ha definito il premier britannico Keir Starmer come «pazzo diabolico». I rapporti sono tesi anche con Buenos Aires, con Milei a chiedere alla Corte Penale Internazionale l’arresto del Maduro.
Due settimane fa l’account di Maduro è stato rimosso da YouTube.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Jeffrey Sachs: USA «regime fantoccio» di Israele, Washington «governo del Mossad»

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