Persecuzioni
Estonia, repressione stile Kiev contro gli ortodossi legati al Patriarcato di Mosca

Secondo quanto dichiarato ai media estoni dal ministro degli Interni Lauri Laanemets, le organizzazioni religiose in Estonia potrebbero essere obbligate a interrompere tutti i legami con la Chiesa Ortodossa Russa (ROC), in base alla legge approvata dal governo giovedì.
L’emendamento alla legge sulle chiese e le parrocchie, presentato da Laanemets, è stato inviato al parlamento della nazione UE. Se approvato, la Chiesa ortodossa estone (EOC), così come altre associazioni e società religiose, avranno due mesi per adeguare i loro statuti, la composizione del consiglio e le attività alla nuova legislazione.
Una lettera esplicativa allegata al nuovo disegno di legge afferma che tutte le organizzazioni religiose in Estonia devono «escludere la leadership di una persona o associazione con influenza significativa e situata in uno stato straniero se rappresenta una minaccia per la sicurezza, l’ordine costituzionale o l’ordine pubblico dello stato estone, sostiene un’aggressione militare o incita alla guerra, a un crimine terroristico o ad altri usi illegali della forza armata o della violenza».
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Il Laanemets ha affermato che l’iniziativa sarebbe «necessaria» perché la Chiesa ortodossa, che ha legami canonici con il Patriarcato di Mosca, è «lo strumento di influenza più importante per la Russia e il Cremlino in Estonia», e che questo «deve essere fermato».
L’anno scorso, il ministro aveva minacciato di chiudere i monasteri cristiani ortodossi nel paese se non avessero reciso i legami con la ROC, annunciando che stava preparando una proposta al parlamento estone per etichettare ufficialmente la ROC come organizzazione terroristica e vietarne le attività nel Paese, scrive la stampa russa.
In precedenza, la Chiesa Ortodossa Estone aveva dichiarato di non avere intenzione di recidere unilateralmente i suoi legami canonici con il Patriarcato di Mosca, sostenendo che la Chiesa Ortodossa Russa non aveva fatto nulla che potesse costringerla a compiere tale mossa.
Tuttavia, ad agosto, il Consiglio dell’EOC del Patriarcato di Mosca ha approvato una revisione del suo statuto, rimuovendo la menzione del Patriarcato di Mosca dal nome della chiesa. Laanemets ha dichiarato all’epoca che ciò non era sufficiente e ha sostenuto che Mosca aveva ancora influenza sull’EOC.
La Russia ha condannato fermamente i tentativi dell’Estonia di separare l’EOC dalla ROC e di promulgare leggi che limiterebbero le attività della ROC, definendoli violazioni della libertà religiosa, discriminazione nei confronti dei credenti ortodossi e ingerenza negli affari religiosi da parte del governo estone.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il Parlamento della vicina Lettonia aveva votato per far separare da Mosca la chiesa ortodossa lettone.
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Immagine di Jaan Künnap via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Persecuzioni
Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere

L’arcivescovo armeno Mikael Ajapahyan è stato giudicato colpevole di incitamento al colpo di stato e condannato a due anni di carcere, in un clima di crescente tensione tra la Chiesa nazionale e il governo. Il religioso ha respinto le accuse, definendole di natura politica.
Come riportato da Renovatio 21, l’arcivescovo era stato arrestato ad inizio estate, quando la polizia aveva fatto irruzione nella sede della Chiesa apostolica armena, la più grande del Paese, nella città di Vagharshapat, provocando gravi scontri tra chierici, membri della chiesa e forze dell’ordine.
Negli ultimi mesi, le frizioni tra il primo ministro Nikol Pashinyan e l’opposizione, appoggiata da figure di spicco della Chiesa Apostolica Armena (CAA), si sono intensificate. I critici hanno accusato Pashinyan di compromettere gli interessi nazionali dell’Armenia per aver accettato di cedere alcuni villaggi di confine all’Azerbaigian, Paese con cui l’Armenia ha contenziosi territoriali. Pashinyan ha difeso la decisione, che ha scatenato proteste, sostenendo che punta a risolvere il conflitto decennale tra le due ex repubbliche sovietiche.
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Venerdì, un tribunale di Yerevan ha emesso la sentenza contro Ajapahyan, in custodia cautelare da fine giugno. L’accusa aveva richiesto una condanna a due anni e mezzo, mentre la difesa aveva sostenuto l’innocenza dell’arcivescovo. Secondo l’atto d’accusa, Ajapahyan avrebbe incitato al rovesciamento del governo armeno in due interviste rilasciate a febbraio 2024 e giugno 2025.
Commentando le accuse dopo il suo arresto, Ajapahyan ha dichiarato che il «Signore non perdonerà i miseri servitori che sanno bene cosa stanno facendo».
Ad agosto, Karekin II, Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, ha espresso preoccupazione per la «campagna illegale contro la Santa Chiesa apostolica armena e il suo clero da parte del potere politico», come riportato in una dichiarazione ufficiale della Chiesa.
A giugno, le autorità armene hanno arrestato un altro importante religioso, il vescovo Bagrat Galstanyan, accusandolo di terrorismo e di aver pianificato un colpo di Stato.
Nello stesso mese, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito la spaccatura tra il governo armeno e la Chiesa una «questione interna» dell’Armenia, aggiungendo però che molti membri della numerosa diaspora armena in Russia stavano «osservando questi eventi con dolore» e non «accettavano il modo in cui si stavano svolgendo».
L’Armenia e il vicino Azerbaigian sono entrambe ex repubbliche sovietiche, coinvolte in una disputa territoriale sulla regione del Nagorno-Karabakh dalla fine degli anni Ottanta. La regione, a maggioranza armena, si è staccata da Baku all’inizio degli anni ’90 in seguito a una guerra in piena regola.
Il territorio è stato fonte di costante tensione tra Armenia e Azerbaigian per oltre due decenni, con molteplici focolai e conflitti su larga scala, prima che Baku riuscisse a riprendere il controllo della regione con la forza nel 2023, provocando l’immane esodo degli armeni del Nagorno, regione divenuta prima teatro di atrocità poi di città fantasma.
Come riportato da Renovatio 21, strutture gasiere legate all’Azerbaigian sono state colpite nei pressi di Odessa, a pochi metri dal confine romeno (cioè NATO) nelle scorse ore.
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Baku è legata alla politica europea, ed italiana, tramite il gasdotto TAP, considerato come fornitura di idrocarburo alternativa a Mosca, per cui spinta dalle élite euro-atlantiche di Brusselle, pronte a chiudere un occhio sulle accuse allo Stato dinastico petro-islamico dell’Azerbaigian riguardo i diritti umani.
Secondo un giornale spagnolo, l’Armenia, nel suo movimento di allontanamento da Mosca perseguito dalla presidenza Pashynian, starebbe per porre parte del suo territorio sotto il controllo degli Stati Uniti.
Yerevan è diventata sempre più filo-occidentale sotto Pashinyan; durante la conferenza stampa, il primo ministro ha ribadito che «l’Armenia vuole entrare a far parte dell’UE», riflettendo una legge firmata all’inizio di quest’anno che esprime questa intenzione. Tuttavia, ha riconosciuto che sarà «un processo complicato», poiché il paese dovrà soddisfare determinati standard e ottenere l’approvazione di tutti gli Stati membri.
Nelle ultime settimane, la tensione in Armenia è stata elevata a seguito dell’arresto di due alti prelati della Chiesa Apostolica Armena (CAA) e di uno dei suoi principali sostenitori, l’imprenditore russo-armeno Samvel Karapetyan. Sono stati accusati di aver cospirato per rovesciare il governo di Pashinyan dopo aver esortato la popolazione a protestare contro la decisione del primo ministro di cedere diversi villaggi di confine all’Azerbaigian.
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