Persecuzioni
Pakistan, giustizia «al contrario»: fermato il padre di 13enne cristiana rapita e convertita
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
A Multan la figlia R. S. è stata vittima di un matrimonio forzato lo scorso marzo. Una violazione dei diritti permessa dalla complicità delle autorità locali e dell’imam che ne ha favorito la conversione. La moglie N. B. ad AsiaNews: «Stanno torturando la nostra famiglia». Joseph Jansen, attivista: «Fallimento sistemico che deve essere affrontato».
Fermato a Multan per aver chiesto giustizia per sua figlia R. S., 13enne rapita, convertita con la forza all’Islam e data in sposa contro la sua volontà lo scorso marzo. È accaduto il 25 ottobre a S. M., trattenuto in custodia cautelate per tre giorni a seguito della decisione del magistrato. Una giustizia «al contrario» che rappresenta l’ennesimo episodio di violazione dei diritti umani in Pakistan, dove l’appartenenza a minoranze religiose continua a essere un grave fattore di rischio per la sicurezza propria e delle persone più care.
R., ragazza cristiana, è stata portata via dalla sua famiglia il 13 marzo. Le autorità locali, con la complicità di un imam, hanno facilitato la sua conversione, registrandola falsamente come diciottenne e ribattezzandola Z. B. L’unione forzata è stata schedata come consensuale dai funzionari locali, consegnando di fatto R. nelle mani del suo rapitore. La ragazza è riuscita a fuggire dopo aver sentito il suo rapitore parlare di piani per venderla.
Sebbene si sia riunita alla sua famiglia, il trauma della vicenda permane. Sconcerta l’azione della polizia di Multan, che pare prendere di mira il padre, senza perseguire il rapitore. I rapporti indicano che S. M. ha dovuto subire percosse e coercizioni per rivelare dove si trovava la figlia mentre era ingiustamente detenuto.
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Parlando con AsiaNews, N. B., moglie di M., ha dichiarato: «Mio marito è detenuto da tre giorni, la polizia sta torturando la nostra famiglia, compresi i fratelli di mio marito, e ha presentato false denunce contro di noi. Il motivo è quello di impedirci di alzare la voce per ottenere giustizia per nostra figlia».
È la drammatica condizione di chi appartiene alla minoranza cristiana, oltraggiata anche da quelle autorità che dovrebbe garantire protezione. «La famiglia musulmana si comporta come se R. fosse una loro proprietà, la rapiscono continuamente e la polizia collabora con loro. Chiedo umilmente alle istituzioni per i diritti umani di alzare la voce per nostra figlia e la nostra famiglia, siamo poveri e non possiamo combattere con loro».
L’attivista per i diritti delle minoranze Joseph Jansen ha condannato le azioni delle forze dell’ordine, affermando: «i matrimoni infantili e lo sfruttamento sessuale di ragazze minorenni appartenenti a minoranze religiose sono spesso convalidati dai tribunali, che abusano delle leggi religiose per tenere le vittime con i loro rapitori invece di riunirle alle loro famiglie. Questo fallimento sistemico deve essere affrontato per proteggere i diritti e la dignità dei nostri bambini più vulnerabili».
Esperti internazionali, tra cui rappresentanti delle Nazioni Unite, hanno chiesto alle autorità pakistane di promulgare e applicare leggi che garantiscano che il matrimonio avvenga solo con il libero e pieno consenso di entrambe le parti. Essi chiedono di innalzare l’età minima per il matrimonio a 18 anni e di attuare misure per proteggere i diritti dei bambini.
«Il governo pakistano deve agire immediatamente per salvaguardare i diritti dei bambini vulnerabili ed eliminare le pratiche che minano la loro dignità e il loro potenziale», hanno dichiarato gli esperti. L’evolversi di questo caso ci ricorda l’urgente necessità di un cambiamento sistemico nell’approccio del Pakistan alla tutela dei diritti delle minoranze religiose e alla salvaguardia del benessere dei suoi bambini.
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India, nuovo rapporto schiacciante sulla persecuzione dei cristiani
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Persecuzioni
Famosa suora croata accoltellata: possibile attacco a sfondo religioso
Una suora di 34 anni è stata gravemente ferita a coltellate nel quartiere Malešnica di Zagabria, in Croazia. L’aggressione, avvenuta il 28 novembre, è al centro di un’indagine penale della polizia che non esclude la matrice religiosa.
La vittima, Suor Marija Tatjana Zrno delle Suore della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, è stata colpita più volte all’addome con un oggetto appuntito. Rientrata per pochi istanti in convento, è stata poi immediatamente trasportata al Centro Ospedaliero Universitario delle Suore della Carità, dove i medici l’hanno sottoposta a cure e accertamenti. Le sue condizioni sono serie ma stabili: non è più in pericolo di vita.
Secondo fonti giornalistiche e informazioni circolate immediatamente dopo l’attacco, l’aggressore sarebbe un migrante che avrebbe urlato un inevitabile «Allahu akbar» durante l’aggressione. Il giornalista croato Marin Vlahović, primo a dare la notizia, ha parlato di una fonte attendibile secondo cui l’uomo avrebbe pronunciato slogan di natura religiosa.
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La polizia, pur confermando di aver aperto un fascicolo per lesioni gravi, non ha ancora reso pubblico il movente, limitandosi a dichiarare che sta «verificando tutte le circostanze». Fonti citate dall’agenzia cattolica IKA riferiscono però che gli inquirenti stanno valutando con attenzione eventuali «elementi di motivazione religiosa o ideologica».
Suor Marija Tatjana, originaria di Šujica (Bosnia ed Erzegovina) e residente nel convento di via Frankopanska a Zagabria, è molto conosciuta e amata in Croazia.
Insegna religione in una scuola elementare ed è divenuta celebre per la sua passione per il calcio, vissuta con gioia e senza mai nasconderla sotto l’abito religioso. Conduttrice su Laudato TV di programmi dedicati allo sport, è una grande tifosa del centrocampista Luka Modrić (che ha sempre difeso per la sua fede ostentata) e durante i Mondiali ha promosso l’iniziativa «Rosario per il Fuoco», coinvolgendo migliaia di persone – compresa la nonna di Ivan Perišić – in preghiera per la nazionale croata.
In un’intervista rilasciata in passato aveva spiegato: «Per essere un buon calciatore bisogna allenarsi ogni giorno; lo stesso vale per la vita spirituale: senza costanza nella preghiera si diventa tiepidi».
I media cattolici croati hanno lanciato un appello alla preghiera per la sua completa guarigione, mentre le indagini proseguono per fare piena luce sull’accaduto.
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Immagine da Twitter
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