Economia
«Fabbrica del terrorismo»: l’India accusa il Pakistan
Il ministro della Difesa indiano Rajnath Singh ha accusato il Pakistan di cercare finanziamenti da istituzioni finanziarie globali per sostenere una «fabbrica del terrorismo» nel mezzo di una grave crisi economica.
Parlando a un comizio politico nel Jammu e Kashmir, una regione di confine rivendicata da entrambe le potenze nucleari, il Singh ha sottolineato gli sforzi del governo indiano sotto il premier Narendra Modi per sviluppare il Kashmir, menzionando un pacchetto economico avviato nel 2014-15, affermando che da allora si è espanso a un importo maggiore di quello che il Pakistan sta richiedendo al Fondo Monetario Internazionale (FMI).
«Se i legami tra India e Pakistan fossero stati migliori, Nuova Delhi avrebbe potuto offrire un pacchetto finanziario più ampio di quello che Islamabad ha chiesto al FMI», ha affermato Singh.
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La scorsa settimana, il FMI ha approvato un prestito da 7 miliardi di dollari come parte del suo programma di salvataggio per il Pakistan, che si trova ad affrontare una crescita stagnante, un’inflazione elevata e una povertà crescente. Da quando ha ottenuto l’indipendenza nel 1947, il Pakistan ha ricevuto 23 pacchetti di salvataggio ed è attualmente il quinto debitore del FMI, con un debito di 6,2 miliardi di dollari.
Secondo l’agenzia di stampa PTI, Singh ha affermato che Islamabad usa finanziamenti internazionali per «gestire una fabbrica di terroristi».
«Ogni volta che indaghiamo sul terrorismo, troviamo il coinvolgimento del Pakistan», ha affermato. «I governi successivi hanno esortato il Pakistan a porre fine ai suoi campi di terrore, ma senza successo». Singh ha anche messo in guardia dai presunti tentativi del Pakistan di far rivivere il terrorismo nella regione, citando recenti attacchi contro personale militare e civili.
I suoi commenti coincidono con le elezioni dell’assemblea locale in Jammu e Kashmir, le prime in un decennio. La terza e ultima fase di votazione è programmata per il 1° ottobre, con i risultati che saranno annunciati l’8 ottobre.
L’India ha costantemente sollevato preoccupazioni sul presunto sostegno del Pakistan al terrorismo transfrontaliero. Le tensioni sono aumentate nel 2019 quando il governo guidato da Modi ha abrogato l’articolo 370 della Costituzione indiana, che garantiva un certo grado di autonomia al Kashmir, portando il Pakistan a declassare le sue relazioni commerciali e diplomatiche con Nuova Delhi.
Le osservazioni del Singh hanno fatto seguito alla denuncia del Pakistan da parte del ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a Nuova York. «La politica del Pakistan sul terrorismo transfrontaliero non avrà mai successo», ha dichiarato Jaishankar, insistendo sul fatto che non può aspettarsi impunità.
Descrivendo il Pakistan come una «nazione disfunzionale», Jaishankar ha affermato che «alcuni paesi prendono decisioni consapevoli con conseguenze disastrose. Il Pakistan è un esempio lampante». Ha aggiunto che «quando questa politica instilla il fanatismo tra la sua gente, il suo PIL può essere misurato solo in termini di radicalizzazione e le sue esportazioni di terrorismo».
Le dichiarazioni di Jaishankar sono arrivate dopo che il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif ha sollevato la questione del Kashmir all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, affermando che Nuova Delhi era «impegnata in una massiccia espansione delle sue capacità militari». Sharif ha avvertito che «il Pakistan risponderà in modo più deciso a qualsiasi aggressione indiana», insistendo sul fatto che una pace duratura richiede che l’India inverta le sue «misure unilaterali e illegali», riferendosi alla mossa del 2019 di Nuova Delhi di eliminare l’articolo 370.
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Non è la prima volta che Nuova Delhi sostiene che il Pakistan produce attività terroristica.
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa, durante la celebrazione 25° anniversario dello scontro militare tra India e Pakistan nella regione himalayana di Kargil, il premier indiano Modi aveva accusato il Pakistan di voler «rimanere rilevante» attraverso «terrorismo e guerre per procura».
Il Pakistan è alle prese con il terrorismo proveniente dal lato afghano, con i cosiddetti talebani pakistani ad eseguire attentati anche contro basi militari. I talebani afghani sono universalmente ritenuti una creazione dell’ISI, ossia i servizi segreti pakistani.
In territorio Pakistan, con stragi da diecine di morti, è operante anche l’ISIS.
Per le stragi le autorità pakistane avevano inizialmente sospettato un gruppo talebano scissionista noto come Tehrik-e Taliban Pakistan (TTP), che sarebbe responsabile di due attentati mortali nella capitale provinciale di Peshawar all’inizio di quest’anno. Un’esplosione a gennaio dello scorso anno ha ucciso 74 persone all’interno di una moschea. Un altro attentato a febbraio 2023 ha preso di mira anche una moschea e ha provocato la morte di oltre 100 agenti di polizia.
Il TTP era anche dietro l’attentato del 2014 che ha ucciso 147 persone, per lo più scolari, in una scuola di Peshawar. Come riportato da Renovatio 21, nove mesi prima i talebani pakistani hanno attaccato le forze di sicurezza di Islamabad causando sei morti.
Un attacco terroristico si è registrato contro una base militare dell’esercito pakistano in una zona montuosa del Sud-Ovest del Paese a luglio 2023.
Come riportato da Renovatio 21, i talebani afghani hanno accusato il Pakistan di bombardare i civili. Islamabad aveva alzato la tensione anche con Teheran, quando missili Teheran erano caduti per isbaglio nella provincia del Baluchistan.
Tra India e Pakistan rimane il nodo degli attacchi terroristici di Mumbai del 2008. L’incriminazione all’ONU di uno dei terroristi pakistani del massacro è stata fermata da Pechino, da sempre amica di Islamabad e avversaria di Nuova Delhi.
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Economia
I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump
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«Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».Gracias Presidente @realDonaldTrump por confiar en el pueblo argentino. Usted es un gran amigo de la República Argentina. Nuestras Naciones nunca debieron dejar de ser aliadas. Nuestros pueblos quieren vivir en libertad. Cuente conmigo para dar la batalla por la civilización… pic.twitter.com/G4APcYIA2i
— Javier Milei (@JMilei) October 27, 2025
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Economia
Il declino economico tedesco è «drammatico»: studio sul «rischio di condizioni italiane»
Il declino economico della Germania sta assumendo contorni «drammatici» dopo anni di crescita stagnante e tentativi falliti di invertire la tendenza, ha avvertito il direttore dell’istituto IFO di Monaco, uno dei principali centri di ricerca economica in Europa.
Un recente studio dell’istituto rivela che l’economia tedesca è ferma dal 2018. La spesa pubblica per pensioni, scuole e infrastrutture è aumentata del 25% dal 2015, mentre gli investimenti aziendali in macchinari e stabilimenti sono scesi sotto i livelli del 2015.
Clemens Fuest, presidente dell’IFO, ha dichiarato che la situazione economica critica pone la Germania a rischio di «condizioni italiane», un’espressione usata per indicare una prolungata debolezza economica, stagnazione e inefficienze strutturali, spesso associate all’economia italiana.
«La Germania è in declino economico da anni. La situazione è diventata drammatica», ha detto Fuest al quotidiano Bild in un’intervista pubblicata domenica. «Meno investimenti privati significano meno crescita, minori entrate fiscali e, di conseguenza, meno risorse per i servizi pubblici nel medio termine».
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L’analista ha sottolineato che la recessione sta già colpendo «milioni» di cittadini tedeschi, che avvertono un «calo del tenore di vita», e ha avvertito che senza riforme rapide il Paese potrebbe affrontare una recessione lunga 25 anni.
Fuest ha sollecitato il governo a sviluppare entro sei mesi un «piano di riforme completo», che includa anche la revisione del sistema pensionistico. Ha inoltre chiesto di ridurre gli oneri burocratici per le piccole e medie imprese, eliminando normative su emissioni di CO2, catene di approvvigionamento e salari minimi, che a suo avviso aumentano i costi senza generare valore. La loro rimozione, ha sostenuto, potrebbe produrre fino a 146 miliardi di euro (170 miliardi di dollari) di benefici economici annuali.
L’economia tedesca si è contratta nel 2024, dopo un calo dello 0,3% nel 2023, segnando la prima flessione annuale consecutiva dall’inizio degli anni 2000. L’aumento dei costi energetici, dovuto in gran parte alla perdita di accesso al gas russo a basso costo a causa delle sanzioni legate all’Ucraina, è stato indicato come una delle principali cause della recessione. Ad agosto, il cancelliere Friedrich Merz ha riconosciuto che l’economia versa in una «crisi strutturale», con vasti settori «non più realmente competitivi».
Sia l’IFO che il Fondo Monetario Internazionale prevedono per la Germania una crescita vicina allo zero per quest’anno, intorno allo 0,2%, con un’attività economica complessiva stagnante.
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Economia
Trump grazia l’ex CEO del gigante delle cripto Binance
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