Geopolitica
Medvedev: la guerra è l’unica via per la pace in Medio Oriente
La pace in Medio Oriente sarà raggiunta solo attraverso un conflitto di vasta portata che coinvolga i potenti mediatori regionali, ha ipotizzato l’ex presidente russo Dmitrij Medvedev.
Giovedì, Medvedev, che ora è vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, ha scritto sul suo canale Telegram un commento sulle crescenti tensioni tra Israele e Iran, nonché sui loro partner e alleati nella regione e oltre.
«Il nodo si sta stringendo in Medio Oriente. Mi dispiace per le vite innocenti perse. Sono solo ostaggi di uno Stato disgustoso: gli USA», ha affermato Medvedev, aggiungendo «è chiaro a tutti che una guerra su vasta scala è l’unica via per una pace traballante nella regione”.
I suoi commenti giungono sulla scia dell’assassinio del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh in un attacco missilistico nella capitale iraniana, Teheran, mercoledì. Hamas ha accusato Israele di aver orchestrato l’attacco e ha avvertito che avrebbe «pagato il prezzo» per il «crimine atroce».
Israele non ha né negato né confermato il coinvolgimento, ma il primo ministro Benjamin Netanyahu si è vantato mercoledì che il suo paese ha inferto duri colpi ad Hamas, agli Houthi e ad Hezbollah, gruppi militanti islamici con stretti legami con l’Iran che operano rispettivamente a Gaza, nello Yemen e in Libano.
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Nel frattempo, anche l’Iran ha incolpato Israele, aggiungendo che gli Stati Uniti, il principale alleato di Israele, condividevano la responsabilità di quello che hanno definito un «atto atroce di terrorismo». Il Segretario di Stato americano Antony Blinken, tuttavia, ha insistito sul fatto che Washington «non era a conoscenza o coinvolta» nell’assassinio di Haniyeh.
L’uccisione di un alto funzionario di Hamas è avvenuta dopo che Israele ha confermato di aver effettuato un attacco a Beirut, Libano, che ha ucciso il comandante di Hezbollah Fuad Shukr.
Lo Stato Ebraico ha insistito sul fatto che fosse lui l’ideatore dell’attacco su un campo da calcio nelle alture del Golan occupate da Israele, che ha ucciso 12 minorenni.
Come riportato da Renovatio 21, testate arabe hanno scritto che gli USA avevano assicurato a Hezbollah che Israele non avrebbe effettuato una «grande offensiva»: invece ha ucciso uno dei vertici del movimento sciita a Beirut.
Tre settimane fa Hezbollah ha inviato in Israele 200 razzi e sciami di droni. Bombardamenti di caccia israeliani erano continuati anche il mese scorso.
Secondo quanto riportato, diecine di generali israeliani di alto rango vorrebbero che il primo ministro Benjamin Netanyahu raggiungesse un accordo di tregua con Hamas, in modo da potersi preparare a una potenziale guerra con Hezbollah in Libano.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio 2024 è emerso che una valutazione segreta della Defense Intelligence Agency (DIA) di Washington avrebbe rilevato che le forze israeliane potrebbero trovare «difficile avere successo» in una guerra su due fronti contro Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano.
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Immagine di Israel Defense Forces via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
Geopolitica
Netanyahu esclude la creazione di uno Stato palestinese
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Geopolitica
La Danimarca taglia gli aiuti all’Ucraina per la corruzione. Mosca: i crimini di Kiev alla Corte Internazionale
La Danimarca prevede di dimezzare gli aiuti militari all’Ucraina nel 2026, con un taglio ampiamente descritto dai media come massiccio: quasi il 50% rispetto a quanto erogato dal 2022.
Secondo la Danish Broadcasting Corporation, la nazione nordica si è distinta per il suo impegno spropositato nelle fasi iniziali del conflitto, ma ora il governo di Copenaghen intende che altri Stati assumano una quota maggiore del peso finanziario.
Il ministro della Difesa Troels Lund Poulsen ha comunicato al Parlamento che l’esecutivo stanzierà 9,4 miliardi di corone danesi (circa 1,29 miliardi di euro) a sostegno di Kiev nel 2026. Si tratta di una contrazione netta rispetto ai 16,5 miliardi di corone (circa 2,23 miliardi di euro) concessi nel 2025 e ai quasi 19 miliardi di corone del 2024.
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I giornali danesi attribuiscono questa decisione in parte all’esaurimento delle risorse del Fondo per l’Ucraina, creato nel 2023 con ampio consenso bipartisan tra i partner europei. In totale, dal lancio dell’invasione russa nel febbraio 2022, la Danimarca ha riversato su Kiev l’impressionante somma di quasi 9,43 miliardi di euro in assistenza militare. Ha inoltre donato caccia F-16 e accolto corsi di formazione per piloti ucraini.
Simon Kollerup, componente del Comitato Difesa danese, ha commentato che «è naturale che stiamo assistendo a una stabilizzazione del livello di sostegno fornito».
«Abbiamo deciso di essere uno dei Paesi che hanno preso l’iniziativa all’inizio della guerra, fornendo un sostegno su larga scala. Ritengo inoltre che sia giusto affermare che questo sostegno supera di gran lunga quanto effettivamente richiesto dalle dimensioni del nostro Paese. Pertanto, trovo del tutto naturale che il sostegno stia diminuendo», ha proseguito Kollerup.
Questo sviluppo coincide con il ridimensionamento del massiccio supporto statunitense all’Ucraina, mentre l’amministrazione Trump privilegia la cessione di armi all’Europa affinché quest’ultima le rivenda o le trasferisca a Kiev.
La decisione danese di tagliare drasticamente gli aiuti giunge in un frangente delicato per il governo di Volodymyr Zelens’kyj, invischiato in uno scandalo di corruzione che lambisce direttamente l’ufficio presidenziale (con i suoi stretti collaboratori rimossi e sottoposti a indagini), spingendo forse alcuni membri dell’UE a svegliarsi e a cessare di agire con accondiscendenza.
Anche il New York Times ha recentemente ammesso in un pezzo che «l’amministrazione del presidente Volodymyr Zelens’kyj ha riempito i consigli di amministrazione di fedelissimi, ha lasciato posti vuoti o ne ha bloccato la costituzione. I leader di Kiev hanno persino riscritto gli statuti aziendali per limitare la supervisione, mantenendo il controllo del governo e consentendo che centinaia di milioni di dollari venissero spesi senza che estranei potessero curiosare».
Nel frattempo pesanti accuse a Kiev arrivano dalla Russia ben oltre la questione della corruzione. Il 5 dicembre il ministero degli Esteri russo ha diffuso un comunicato in cui annuncia che la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha accolto le contro-domande presentate dalla Russia nei confronti dell’Ucraina, riconoscendo che Kiev viola la Convenzione sul Genocidio del 1948.
«Tutte le obiezioni sollevate da Kiev in merito alla presunta inammissibilità delle contro-richieste della Russia sono state respinte integralmente e le osservazioni della Federazione Russa sono state accolte integralmente dalla Corte», si legge nella nota.
La dichiarazione prosegue ricordando che «La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, emessa il 5 dicembre, segna uno sviluppo logico dopo i vani tentativi dell’Ucraina di ritenere la Russia responsabile dell’avvio dell’operazione militare speciale. Questo contenzioso era stato avviato dal regime di Kiev e dai suoi sponsor occidentali già nel febbraio 2022. All’epoca, Kiev, sostenuta da 33 stati allineati all’Occidente, presentò un ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia sostenendo che la Russia aveva violato la Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio.»
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Si aggiunge che «Il 18 novembre 2024, la parte russa ha presentato alla Corte un consistente corpus di prove, di oltre 10.000 pagine, che comprova la perpetrazione di un genocidio da parte del criminale regime di Kiev ai danni della popolazione russa e russofona del Donbass. Il materiale probatorio includeva la documentazione di oltre 140 episodi di deliberati attacchi contro civili nel Donbass, corroborati dalle testimonianze di oltre 300 testimoni e vittime, nonché da analisi e indagini di esperti».
Il testo accusa poi Kiev di aver compiuto «omicidi di massa, torture, bombardamenti indiscriminati» e di aver condotto «in tutta l’Ucraina una politica di cancellazione forzata dell’identità etnica russa, vietando la lingua e la cultura russa, perseguitando la Chiesa ortodossa russofona, glorificando al contempo i collaboratori del Terzo Reich e cancellando la memoria della Vittoria sul nazismo».
In conclusione, il ministero russo sottolinea che «affermando oggi l’ammissibilità legale delle rivendicazioni russe, la Corte Internazionale di Giustizia ha segnalato la sua disponibilità a valutare l’intera portata dei crimini commessi dal regime di Kiev e dai suoi complici».
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Immagine di EPP Group via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Geopolitica
Zakharova: l’UE che odia la Russia «è caduta nella follia politica». Il comandante NATO: l’alleanza può «creare dilemmi» a Mosca
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