Geopolitica
Il premier di Tbilisi: la Georgia non verrà «ucrainizzata»
Il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha promesso di resistere alle pressioni delle forze politiche che cercano di «ucrainizzare» il paese, insistendo sul fatto che il suo governo non permetterà che ciò accada.
Kobakhidze si è scagliato contro il Movimento Nazionale Unito (UNM), legato all’ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili, per aver suscitato il malcontento dell’opinione pubblica per una legge che impone alle ONG e ai media che ricevono finanziamenti esteri di dichiarare le proprie fonti.
Kobakhidze ha affermato che l’UNM sta cercando di istigare proteste di massa simili a quelle che hanno rovesciato il governo ucraino nel 2014.
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«Posso assicurare ai rappresentanti del Movimento Nazionale che lo scenario ucraino non prenderà piede in Georgia, che l’ucrainizzazione della Georgia non avverrà in nessun caso. Faremo il massimo sforzo per impedirlo», ha detto ai giornalisti, dopo aver incontrato la settimana scorsa gli ambasciatori georgiani e altri funzionari del ministero degli Esteri a Berlino.
Saakashvili, ex leader filo-occidentale georgiano, è salito al potere nel 2003 sulla scia delle proteste di massa.
La Georgia ad inizio degli anni 2000 è stata teatro di una «rivoluzione colorata», la cosiddetta «rivoluzione delle rose», guidata da Saakashvili.
Secondo quanto riportato, all’epoca l’Open Society Institute (OSI), finanziato da George Soros, sosteneva Mikheil Saakashvili e una rete di organizzazioni filo-democratiche. L’OSI ha inoltre pagato un certo numero di studenti attivisti affinché andassero in Serbia e imparassero dai serbi che avevano contribuito a rovesciare Slobodan Milosevic nel 2000.I promotori della democrazia occidentale hanno anche diffuso sondaggi di opinione pubblica e analizzato i dati elettorali in tutta la Georgia.
Una significativa fonte di finanziamento per la Rivoluzione delle Rose fu quindi la rete di fondazioni e ONG associate al finanziere miliardario ungherese-americano George Soros. La Fondazione per la Difesa delle Democrazie riporta il caso di un ex parlamentare georgiano che ha sostenuto che nei tre mesi precedenti la Rivoluzione delle Rose, «Soros ha speso 42 milioni di dollari per rovesciare Shevardnadze».
Il partito di Saakashvili, tuttavia, ha perso le elezioni del 2012, spingendolo a fuggire dalla Georgia, dove è stato perseguito penalmente per le sue azioni in carica, e ha cercato di costruire una nuova carriera politica nell’Ucraina post-colpo di Stato di Maidan: il presidente Petro Poroshenko, suo amico personale, lo aveva nominato governatore dell‘oblast’ di Odessa.
Il suo breve periodo come governatore della regione di Odessa è durato meno di due anni, dopo di che è passato all’opposizione, ha perso la cittadinanza ucraina e alla fine è tornato in Georgia nel 2021. Qui è stato quindi arrestato e messo in prigione; ora afferma di essere vittima di persecuzione politica da parte del governo «filo-russo» di Tbilisi.
La legge sugli «agenti stranieri» ha messo il governo georgiano nel mirino degli Stati Uniti e dei suoi alleati, che sostengono che si tratti di un attacco alla democrazia e hanno minacciato sanzioni contro funzionari e politici che la sostengono. Il partito al governo Sogno Georgiano ha dovuto superare il veto presidenziale prima che il disegno di legge potesse diventare legge all’inizio di questo mese.
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Kobakhidze ha insistito sul fatto che la legge georgiana era ragionevole e ha definito «farsesca» la campagna contro di essa, citando un atto legislativo simile in Canada, approvato dal Senato, riporta Russia Today. Il disegno di legge federale noto come C-70 dovrebbe frenare l’influenza straniera sulla politica nazionale al fine di proteggere la democrazia nel Paese.
Alti funzionari georgiani e politici filogovernativi avevano precedentemente espresso commenti negativi sull’Ucraina e su come essa serva da esempio a Tbilisi su come non condurre la politica estera.
Come riportato da Renovatio 21, la legge sugli agenti stranieri ha provocato scontri e botte dentro e fuori dal Parlamento di Tbilisi.
Lo scorso settembre i Servizi Sicurezza di Stato (SSS) Georgiani avevano pubblicato un comunicato in cui si affermava che il Paese si trova ad affrontare la minaccia di violenti disordini orchestrati dalla cerchia ristretta dell’ex presidente Mikheil Saakashvili e «attraverso il coordinamento e il sostegno finanziario dei Paesi esteri», in pratica una Maidan georgiana.
I servizi scrissero che i disordini potevano essere causati da persona della «Legione georgiana» operante nel teatro di guerra ucraino attuale.
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Immagine di Jelger Groeneveld via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
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Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.
Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.
Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».
Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.
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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».
«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.
Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.
Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».
«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.
Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.
Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
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