Cina
Un altro vescovo cinese ordinato nella «nuova» diocesi di Weifang

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Dopo quella di Zhengzhou, una nuova cerimonia oggi nello Shandong. Mons. Antonio Sun Wenjun ha 53 anni e si insedia nell’ex prefettura apostolica di Yiduxian, vacante dal 2008. Elevandola a diocesi di Weifang papa Francesco ha accettato il ridisegno dei confini deciso autonomamente da Pechino.
Sbloccato lo stallo giovedì scorso con l’ordinazione del vescovo di Zhengzhou nella provincia dell’Henan, questa mattina nella Repubblica popolare cinese si è tenuta una nuova ordinazione episcopale, anche in questo caso avvenuta con l’assenso di Roma.
Ad essere consacrato vescovo di Weifang, nella provincia dello Shandong, è stato padre Antonio Sun Wenjun, sacerdote di 53 anni originario della stessa città. Diventa il pastore di quella che fino a ieri secondo la mappa canonica della Chiesa in Cina era la prefettura apostolica di Yiduxian e che papa Francesco – accogliendo il criterio della ridefinizione dei confini delle diocesi sulla base della fisionomia delle attuali città – ha soppresso per dare vita alla diocesi di Weifang.
La prefettura apostolica di Yiduxian – affidata ai frati minori francesi nel 1931 – era vacante dalla morte nel 2008 di monsignor Joseph Sun Zhibin, che era stato uno dei cinque vescovi dello Shandong ordinati autonomamente (e quindi illegittimamente) da Pechino il 24 aprile 1988, ma aveva poi chiesto e ottenuto di rientrare in comunione con Roma.
La cerimonia di consacrazione di mons. Antonio Sun Wenjun è avvenuta questa mattina nella chiesa di Qingzhou, che era anche la sede della prefettura apostolica di Yiduxian. A presiederla è stato il vescovo di Linyi, mons. Giovanni Fang Xingyao, presidente onorario dell’Associazione patriottica. Insieme a lui gli altri consacranti sono stati il vescovo di Zhoucun, mons. Giuseppe Yang Yongqiang, e quello di Jinang, mons. Giuseppe Zhang Xianwang.
Annunciando l’avvenuta cerimonia la Sala stampa vaticana spiega che la nomina è avvenuta il 20 aprile 2023 nell’ambito dell’Accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi. Sarebbe avvenuta, quindi, nel periodo tra lo strappo compiuto da Pechino con il trasferimento a Shanghai di monsignor Shen Bin (4 aprile) e l’approvazione successiva di papa Francesco (annunciata solo il 15 luglio).
Da parte sua come di consueto il sito chinacatholic.cn, fedele al principio dell’«autonomia» della Chiesa in Cina, parla solo dell’elezione, avvenuta il 26 agosto 2022.
Quella di oggi è la prima istituzione formale di una diocesi da parte della Santa Sede in Cina dalla rivoluzione comunista di Mao. Ma di fatto è un semplice adeguamento alla nuova geografia delle diocesi cinesi, ridisegnata autonomamente dalle autorità di Pechino.
Nel 1949 la Chiesa cattolica in Cina contava 147 circoscrizioni ecclesiastiche così suddivise: 20 arcidiocesi, 96 diocesi (incluse Macao, Hong Kong, Baotou e Bameng), 29 prefetture apostoliche e 2 amministrazioni ecclesiastiche (Harbin e Hulubei’er). Secondo le autorità cinesi le diocesi in Cina sono invece 104 (escluse Macao e Hong Kong), ridisegnate seguendo i confini dell’amministrazione civile.
L’istituzione di una diocesi a Weifang è dunque un adeguamento a questa nuova geografia, decisa dalle autorità e fatta propria già da anni dagli organismi ecclesiali controllati dal Partito. E anche l’elevazione da prefettura apostolica a diocesi è legata all’attuale struttura della Chiesa «ufficiale» in Cina dove non esistono distinzioni di rango: sono tutte diocesi, senza né metropoli e (Pechino compresa) né prefetture apostoliche.
La nota vaticana spiega che «il territorio della diocesi di Weifang è conforme a quello della città capoluogo di Weifang, con una popolazione totale di 9.386.705 abitanti, di cui circa 6 mila cattolici, serviti da 10 sacerdoti e 6 suore».
Già nel 2021, in occasione della nomina di mons. Francesco Cui Qingqi come «vescovo di Hankou/Wuhan», la Santa Sede aveva mutato il nome di questa sede episcopale, che secondo la geografia ecclesiastica di settant’anni fa era una sede arcivescovile ed era legata solo ad Hankou, una delle tre diverse città che la grande municipalità di Wuhan ha inglobato.
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Cina
Pechino dichiara guerra al fumo

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Cina
La Cina impone controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare

Il ministero del Commercio cinese, ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali. Lo riporta il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times.
Questi controlli riguardano «l’estrazione, la fusione e la separazione delle terre rare, la produzione di materiali magnetici e il riciclaggio delle risorse secondarie delle terre rare». Le aziende potranno richiedere esenzioni per casi specifici. In assenza di esenzioni, il ministero della Repubblica Popolare obbligherà gli esportatori a ottenere licenze per prodotti a duplice uso non inclusi in queste categorie, qualora sappiano che i loro prodotti saranno utilizzati in attività connesse alle categorie elencate.
Il precedente tentativo del presidente statunitense Donald Trump di avviare una guerra tariffaria con la Cina si è rivelato un fallimento, principalmente a causa del dominio preponderante della Cina nell’estrazione e nella lavorazione dei minerali delle terre rare. Delle 390.000 tonnellate di ossidi di terre rare estratti nel 2024, la Cina ne ha prodotte circa 270.000, rispetto alle 45.000 tonnellate degli Stati Uniti, e detiene circa l’85% della capacità di raffinazione globale.
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La decisione odierna della Cina avrà certamente un impatto a Washington, soprattutto in vista dell’incontro tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping previsto per fine mese. Oggi si è registrata una corsa all’acquisto delle azioni di MP Materials, il principale concorrente statunitense della Cina nella produzione di terre rare.
All’inizio dell’anno, il dipartimento della Difesa statunitense aveva investito in MP Materials, dopo che Trump aveva evidenziato il divario tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, tale investimento è stato considerato insufficiente e tardivo.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.
Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.
Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.
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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia
Cina
Trump: gli USA imporranno dazi del 100% alla Cina

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