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Eutanasia

Sucidio assistito in Veneto, cosa sta succedendo?

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In Veneto si è appena sfiorata l’approvazione di una legge regionale sul suicidio assistito. Sarebbe stato il primo caso in Italia: curiosamente non capitava in regioni «rosse» come l’Emilia o la Toscana, ma in quella che si credeva una delle regioni più cattoliche d’Europa, governata da quasi tre lustri da un esponente di spicco di un partito, la Lega Nord, che in teoria è espressione delle tradizioni popolari.

 

I motivi per cui Zaia, che aveva iniziato il suo mandato nel 2010 negando la pillola abortiva RU486 negli ospedali veneti, si sia spostato su posizioni di laicismo spintissimo (fecondazione assistita fino a 50 anni, centri di cambio sesso…) lasciano molti osservatori interdetti, e privi di vere spiegazioni. Tuttavia, nonostante la velocità con cui si è manifestato, il progetto dell’eutanasia veneta sembra, almeno per il momento, essere stato fermato.

 

Abbiamo parlato della situazione con il Dottor Alberto Zelger, già consigliere comunale e provinciale a Verona, città è stato candidato sindaco nel 2022. Lo conosciamo per il suo indefesso, autentico, afflato pro-life, tuttavia negli ultimi anni si è speso generosamente su temi come il green pass e la guerra ucraina. Anche questa volta, non ha perso tempo ed ha organizzato una rete di resistenza alla Cultura della Morte che stava per fare un grande passo dentro la sua regione.

 

Dottor Zelger, cosa stava accadendo in Veneto?

Nel maggio scorso il consiglio regionale aveva già approvato una mozione favorevole al suicidio assistito, forse senza nemmeno valutarne le conseguenze. Nel frattempo l’Associazione Luca Coscioni stava lavorando per una proposta di legge atta a velocizzare il percorso di suicidio ammesso dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale; una proposta di legge d’iniziativa popolare, che poi è stata presentata in Regione il 30 giugno con 9000 firme.

 

Cosa dice la sentenza?

La sentenza della Corte si basava sulla legge 219/2017 (Consenso informato e DAT) per stabilire la parziale abrogazione dell’art. 580 del Codice Penale (Istigazione o aiuto al suicidio) limitatamente al caso in cui il paziente possieda i seguenti requisiti: 1) è tenuto in vita da trattamento di sostegno vitali; 2) è affetto da una patologia irreversibile; 3) ha una patologia che è «fonte di sofferenze intollerabili»; 4) è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

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In che modo è stata recepita?

È apparso come uno spiraglio, attraverso il quale i fautori del suicidio assistito mirava ad inserirsi per promuovere a livello regionale ciò che non riuscivano ad ottenere a livello nazionale, cioè l’eutanasia di Stato. Verso metà giugno il consigliere regionale Stefano Valdegamberi ha pensato quindi di contrapporre alla proposta Coscioni una proposta alternativa sull’assistenza domiciliare e sulle cure palliative, chiedendo anche il mio aiuto

 

Come è stata organizzata l’opposizione alla legge?

Ho contattato professori di diritto costituzionale e di bioetica per redigere un testo da sottoporre a Valdegamberi. Lui lo ha integrato in collaborazione col consigliere Nicola Finco e lo protocollò all’inizio di agosto. Il progetto di legge in questione fu sottoscritto da tre consiglieri regionali: Stefano Valdegamberi (che è il primo primo firmatario), Nicola Finco e Fabiano Barbisan. Il progetto è stato illustrato nella conferenza stampa del 31 ottobre scorso a palazzo Ferro Fini, sede della Regione Veneto. Ha fatto molto scalpore, perché ha mandato in frantumi la quasi certezza del Presidente Zaia di far approvare senza scosse il progetto di legge sul suicidio assistito.

 

Cosa prevedeva la legge regionale?

La proposta degli attivisti eutanatici prevedeva tempi molto ristretti (27 giorni) per la verifica dei requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale e per l’esecuzione del suicidio. Teniamo presente che nel frattempo i vescovi del Triveneto avevano pubblicato un documento contrario a questa proposta e che l’Avvocatura di Stato, su richiesta del presidente del consiglio Ciambetti, aveva dichiarato che la materia non era di competenza regionale.

 

E quindi il presidente della Regione cosa ha fatto?

Zaia ha deciso di andare avanti lo stesso, supportato dal suo Ufficio legislativo, ma sapeva che la legge sarebbe stata impugnata dal governo davanti alla Corte Costituzionale; solo che per la sua abrogazione poteva passare anche un anno. Posso immaginare che nel frattempo tutti gli amanti del suicidio d’Italia avrebbero potuto venire in Veneto a farsi ammazzare e altre Regioni avrebbero potuto approvare leggi simili, creando una diffusa cultura della morte e inducendo infine il Parlamento a legiferare sull’eutanasia

 

In che modo la legge è stata «respinta»?

Ho cercato di diffondere la notizia a tutti i miei contatti, soprattutto a quelli coi quali avevo collaborato in precedenza. Comunicando coi social abbiamo attivato gruppi di preghiera, monasteri, tante famiglie e singole persone, affinché dedicassero preghiere e digiuni per chiedere a Dio, tramite la Madonna, di scongiurare questa calamità.

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Ci sono state altre manifestazioni oltre quella del 16 gennaio?

Il 13 dicembre, quando il Presidente Zaia è venuto a Verona a presentare un suo libro, organizzammo un presidio di circa 50 persone con due grandi striscioni: «NO A ZAIA ARCOBALENO» e diversi cartelli del tipo: «SI all’assistenza domiciliare – NO al suicidio assistito», «NO all’ideologia gender nelle scuole», «Aiuti concreti per i caregivers», «I nostri cari hanno diritto all’assistenza», etc. Alcuni partecipanti urlavano slogan come «Zaia basta calpestare i valori tradizionali del popolo veneto…», «Zaia dov’è l’autonomia?», , «I soldi vanno spesi per la sanità vera, non per il cambio di sesso».

 

Avete contattato qualche consigliere regionale?

In seguito abbiamo invitati i nostri simpatizzanti ad inviare messaggi e riflessioni sul tema a tutti i consiglieri regionali, dato che la Commissione Sanità aveva iniziato l’iter di approfondimento della proposta Coscioni con diverse audizioni. La Commissione si è riunita 5 volte: il 31 ottobre, il 13 e 16 novembre, e il 7 e 13 dicembre. Lo Statuto regionale prevede che le proposte di legge d’iniziativa popolare giungano in consiglio entro 6 mesi dalla presentazione; la proposta avrebbe dovuto quindi essere portata in aula entro il 31 dicembre. C’era anche il bilancio da approvare e ciò non è stato possibile, ma è stata portata in aula al primo consiglio del mese, cioè il 16 gennaio.

 

Arriviamo così alla giornata della discussione e della protesta.

Per l’occasione ho organizzato un presidio a Venezia davanti a palazzo Ferro Fini, chiamando a raccolta persone da varie parti del Veneto e d’Italia, con l’obiettivo di sostenere i consiglieri pro-life e far capire a tutti gli altri che il popolo veneto preferisce la solidarietà all’abbandono di chi soffre, e respinge ogni induzione ai suicidio, mascherata da falsa pietà e da una libertà di scelta che non esiste; quale libertà può mai avere chi sta soffrendo abbandonato da tutti (medici e persone care), in quanto isolato in una RSA o in un ospedale chiuso alle visite per COVID.

 

Cosa è accaduto in aula?

Il dibattito in consiglio è iniziato alle 10:30 ed è arrivato alla prima votazione (articolo per articolo) intorno alle 19:00. Lo Statuto e il Regolamento consiliare prevedono che una proposta venga approvata solo se ottiene la maggioranza dei voti dei consiglieri presenti. Il consiglio è composto da 51 consiglieri, compreso il Presidente Zaia. È iniziata la votazione dell’Art.1. In aula c’era solo 50 consiglieri (uno era andato via); per l’approvazione ci volevano 26 voti favorevoli, ma ce ne sono stati solo 25, con 22 contrari e 3 astenuti. L’art. 1 è stato bocciato. Idem per l’art.2. Dopodiché l’Ufficio legislativo ha fatto sapere al presidente del consiglio (Ciambetti) che l’intera proposta, senza articolo 2, non aveva più senso.

 

E quindi?

Sulla base di precedenti analoghi, la proposta di legge è stata rinviata alla Commissione Sanità, con votazione unanime, da dove difficilmente uscirà una seconda volta, sia perché Zaia è stato sconfitto e non credo abbia interesse a ripescare il progetto, sapendo che solleverà ulteriori polemiche, sia perché bisognerebbe approvare un emendamento che riscriva completamente la proposta originaria, essendo stato respinto il suo principale articolo

 

Ora cosa succederà alla legge? Uscita dalla porta potrebbe tornare dalla finestra

Difficilmente potrà accadere prima delle prossime elezioni, cioè maggio-giugno 2025. Ma vigileremo.

 

C’è una spaccatura nella Lega?

Credo proprio di sì, basata anche su altre questioni, come i numerosi voltafaccia del partito su altri temi: guerra, COVID, green pass, UE, Euro, … Inoltre, sui temi etici la Lega si era spesso vantata di difenderli e molti nel partito non hanno gradito lo scivolamento di Zaia verso posizioni radicali. E Salvini che dice «io avrei votato contro» senza bloccare Zaia, è del tutto insufficiente, perché significa che il partito non ha una posizione definita su questioni che interessano tante famiglie che finora l’hanno votato.

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C’è una valenza di questo voto sugli equilibri politici nazionali, specialmente tra i due maggiori partiti di governo, in vista delle prossime elezioni?

Non solo per questo. Anche per quando ho detto sopra. Su questioni essenziali la Lega, ma anche Fratelli d’Italia, sembrano agire in continuità col governo Draghi: sudditi dell’UE, degli USA, della NATO e forse anche dell’OMS (speriamo di no), mentre le nostre aziende chiudono, i disoccupati crescono, le ideologie galoppano (gender, CO2, ecoterrorismo, …) e arriva pure la censura. Meno male che i trattori si muovono.

 

Zaia sembra essersi appoggiato interamente al progetto dell’Associazione Luca Coscioni. Com’è possibile per una figura politica che aveva sempre cercato di mantenere buoni rapporti con le istituzioni e l’elettorato dei cattolici?

Le ipotesi sono molte e non vorrei fare il complottista, però diciamo che secondo me ha tradito gli ideali del popolo veneto.

 

C’è stato un pronunciamento dei vescovi locali?

Come ho detto sopra, i vescovi del Triveneto hanno pubblicato u bel documento sul suicidio assistito, in opposizione alla proposta di legge.

 

Il Veneto era chiamato «la sacrestia d’Italia». Com’è possibile che una legge della Cultura della Morte venga introdotta a partire proprio dalla regione più «bianca»?

Perché i Veneti lavorano e tendenzialmente si fidano dei loro rappresentanti. Certo è cresciuto il laicismo, ma la base veneta è profondamente ancorata ai valori umani e cristiani tradizionali. Ora questa base si sente tradita. Zaia segue altre ispirazioni; vorrebbe anche il 3° mandato, che poi è il 4°. In pratica il Veneto diverrebbe uno «Zaiastan». La gente potrebbe essere stufa e voler cambiare.

 

Quanti hanno pregato affinché la legge non passasse?

Credo qualche centinaio di persone.

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Eutanasia

L’Uruguay sulla strada dell’eutanasia express

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La Camera bassa del Parlamento uruguaiano ha appena approvato, in prima lettura, un disegno di legge che legalizza l’eutanasia nel Paese. Se il Senato approverà il disegno di legge – il che è più che probabile, dato che è nelle mani dei progressisti – sarà possibile ricevere l’iniezione letale cinque giorni dopo la richiesta. In alcuni casi, anche meno.   Finora si credeva che il Far West fosse la patria dei tiratori più veloci del mondo, con nomi leggendari come Billy the Kid e Calamity Jane. Ma potrebbero essere sul punto di essere superati dai legislatori uruguaiani, che stanno attualmente discutendo una proposta di legge che consentirebbe di eliminare un paziente in pochi giorni.   Utilizzando elementi cari ai progressisti, il testo «Muerte Digna» – Morte con Dignità – mira a legalizzare e regolamentare l’eutanasia attiva e il suicidio assistito a condizioni presentate come rigorose, ma che notoriamente si rivelano sempre un escamotage in questo tipo di casi. Il progetto è stato già approvato dalla Camera dei Rappresentanti nella notte tra il 12 e il 13 agosto 2025, dopo una maratona di 14 ore, con 64 voti a favore su 93 elettori.   Ha ricevuto il sostegno quasi unanime del Frente Amplio – la sinistra al governo – e di settori dell’opposizione, come il Partido Colorado e parte del Partido Nacional . Il testo deve ora passare al Senato, dove si prevede che sarà esaminato in commissione, con un’approvazione probabile entro la fine del 2025, data la maggioranza progressista in quell’aula.   Partiti di destra come Cabildo Abierto e Identidad Soberana hanno denunciato il «diritto di uccidere» piuttosto che di morire, citando rischi di abusi e paragonando Muerte Digna al programma del partito nazista degli anni Trenta. La Conferenza episcopale uruguaiana (CEU), in una dichiarazione del 29 agosto 2025, ha fermamente respinto il progetto, affermando che «causare attivamente la morte è contrario all’etica medica», e sostenendo il rafforzamento delle cure palliative.

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Cosa dice il testo? Un paziente che desidera porre fine alla propria vita consulta il proprio medico, che può dare immediatamente un parere favorevole o attendere fino a tre giorni. Successivamente, inoltra la richiesta a un altro medico, che visita il paziente ed esamina la sua cartella clinica: ha un massimo di cinque giorni per rispondere. Se i due pareri concordano, l’esecuzione viene programmata: può avvenire cinque giorni dopo l’inizio della procedura. O anche meno, se il medico ha motivo di ritenere che la coscienza del paziente possa essere gravemente compromessa nelle ore successive.   Al di là della legge naturale che viola e dell’insegnamento della Chiesa che contraddice, Muerte Digna solleva molti interrogativi: in primo luogo, il diritto all’eutanasia potrebbe entrare in conflitto con il diritto all’obiezione di coscienza di chi presta assistenza che si rifiuta di partecipare a tale pratica. Questa tensione rischia di limitare gradualmente la libertà degli operatori sanitari, costringendoli ad agire contro le proprie convinzioni. Questo vale in Uruguay come altrove.   Inoltre, il disegno di legge non subordina l’accesso all’eutanasia a una soglia minima di gravità o sofferenza per i malati terminali, il che apre la strada a interpretazioni ampie. Ancora una volta, la nozione di «sofferenza insopportabile» rimane vaga e soggettiva, rendendo la sua valutazione soggetta ad arbitrarietà.   Un punto particolarmente delicato riguarda l’accesso all’eutanasia per i pazienti affetti da disturbi psichiatrici, senza ulteriori criteri specifici. Questa scelta solleva preoccupazioni circa la tutela delle persone vulnerabili: un periodo di attesa di giorni è ridicolo in tali casi. Inoltre, il disegno di legge non richiede competenze specifiche ai medici consultati per una richiesta di eutanasia, il che indebolisce ulteriormente il rigore del processo.   Se l’argomento non fosse così serio, alcune disposizioni del testo votato dai deputati uruguaiani farebbero quasi sorridere, tanto sono deplorevolmente stupide: in particolare la menzione che l’eutanasia sarà considerata dalla legge come una «morte naturale». Per non parlare della definizione di morte «dignitosa» come diritto a morire «senza dolore»: i cambogiani, assassinati con un colpo in testa dai Khmer Rossi con il pretesto che sapevano leggere, probabilmente apprezzeranno…   «Bisogna sempre dire ciò che vediamo: soprattutto, bisogna sempre, il che è più difficile, vedere ciò che vediamo»: Péguy non è mai stato così attuale.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

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Eutanasia

Il Canada sta trasformando il suo regime di suicidio assistito in una catena di fornitura per la donazione di organi

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Il cuore di un canadese di 38 anni, sottoposto a eutanasia, è stato prelevato con successo e trapiantato a un cittadino americano di 59 anni affetto da insufficienza cardiaca. Lo riporta LifeSite evidenziando una tendenza in crescita: il prelievo di organi da persone decedute tramite eutanasia.

 

Un rapporto congiunto dell’University of Pittsburgh Medical Center e dell’Ottawa Hospital ha descritto nel dettaglio la procedura. «Qui riportiamo il primo caso di trapianto cardiaco riuscito dopo MAiD», ha scritto l’équipe medica, utilizzando l’acronimo canadese per Medical Assistance in Dying (assistenza medica alla morte). E ha aggiunto: «La somministrazione del MAiD e la determinazione del decesso sono avvenute in conformità con gli standard canadesi. Il decesso è stato dichiarato entro sette minuti dall’inizio del protocollo MAiD».

 

Il paziente canadese soffriva di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e aveva espresso la volontà di donare i propri organi. Si tratta, secondo il *National Post*, di un «caso epocale di trapianto di cuore dopo eutanasia».

 

Il quotidiano ha spiegato che «il cuore del donatore deceduto è stato rimosso, collegato a una macchina speciale che «rianima» o riavvia il cuore per mantenere il flusso sanguigno negli organi mantenendoli caldi, e poi trasportato a Pittsburgh, dove ha avuto luogo il trapianto».

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Il Canada è il primo Paese al mondo per numero di donazioni di organi provenienti da persone sottoposte a eutanasia. Sebbene questo sia il primo trapianto di cuore, interventi simili sono già stati effettuati per fegato, reni e polmoni.

 

Secondo i dati citati dal quotidiano canadese National Post, «almeno 155 persone in Canada hanno donato i propri organi e tessuti dopo aver ricevuto un’iniezione letale somministrata da un medico» dal 2016. Tuttavia, «alcuni medici sono preoccupati che alcuni canadesi sottoposti a morte assistita non soddisfino effettivamente i criteri di Health Canada per la procedura».

 

Il successo del trapianto di cuore, secondo i medici, potrebbe incoraggiare la ripetizione di tali interventi: «Sebbene saranno necessari dati a lungo termine e dati su ulteriori casi, questo caso suggerisce che un trapianto cardiaco sicuro può essere eseguito dopo la MAiD».

 

Alcuni ora ritengono che la possibilità di «donare» gli organi potrebbe indurre alcuni pazienti a scegliere la morte per aiutare altri, introducendo un elemento di pressione morale e sociale.

 

Uno studio olandese ha indicato che su 286 casi di donazione di organi dopo eutanasia fino al 2021, ben 136 si sono verificati in Canada. Dati del Canadian Institute for Health Information (CIHI) rivelano che 235 persone hanno «acconsentito a donare i propri organi» dopo essere state sottoposte a eutanasia.

 

Inoltre, tra i quasi 900 donatori canadesi sottoposti al MAiD, il 7% ha fornito organi per trapianto e il 5% dei trapianti di organi nel 2024 ha utilizzato organi provenienti da questi pazienti.

 

Nonostante la crescente frequenza delle procedure, le modalità con cui vengono gestite restano controverse. Il National Post sottolinea che «come e quando contattare le persone che richiedono il MAiD per la donazione di organi è controverso e varia in Canada».

 

Nelle province dell’Ontario e della British Columbia, le organizzazioni per la donazione raccomandano che chi richiede il MAiD «sia contattato e informato sulla possibilità di donazione di organi». In altre province, come Alberta e Manitoba, invece, la questione viene sollevata solo se è il paziente a farne richiesta.

 

Gli autori della revisione avvertono: «Non informare i pazienti sulla possibilità di una donazione può impedire loro di valutare l’opportunità di donare i propri organi e avere un impatto negativo sulla loro autonomia, mentre informarli di questa possibilità può causare un’indebita pressione sociale per la donazione».

 

Inoltre, aggiungono, «alcuni pazienti potrebbero sentirsi un peso per la loro famiglia e i loro amici e sentirsi motivati a sottoporsi alla MAiD per alleviare questo peso». Per questo, chi valuta e pratica la morte assistita «dovrebbe stare attento a potenziali indicatori che il paziente potrebbe in qualche modo sentirsi pressato a procedere con la MAiD o con la MAiD e la donazione di organi».

 

Già nel 2011, la rivista scientifica Applied Cardiopulmonary Pathophysiology descriveva casi simili in Belgio, dove i donatori venivano ricoverati poche ore prima della procedura, preparati e poi trasferiti in sala operatoria subito dopo la dichiarazione di morte.

 

«Riflettete sull’enormità di ciò che è stato fatto qui», aveva scritto all’epoca l’esperto di bioetica Wesley J. Smith. «Quattro persone – che altrimenti non sarebbero morte – furono uccise e poi trasportate rapidamente in sala operatoria per l’espianto degli organi. Tre dei donatori soffrivano di disabilità neuromuscolari e uno era affetto da disturbi mentali. Per un’ironia particolarmente amara, quest’ultimo paziente era un autolesionista cronico, il cui “trattamento” consisteva in un team di professionisti disponibili e pronti a infliggere il danno definitivo».

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Come riportato da Renovatio 21, in Canada è partita la promozione per offrire la MAiD – il programma eutanatico massivo attivato dal governo di Ottawa – anche per bambini e adolescenti. Non manca nel Paese il dibattito per l’eutanasia dei bambini autistici.

 

Di fatto, un canadese ogni 25 viene oggi ucciso dall’eutanasia. L’aumento negli ultimi anni è stato semplicemente vertiginoso. E la classe medica, oramai totalmente traditrice di Ippocrate e venduta all’utilitarismo più sadico e tetro, insiste che va tutto bene.

 

Come riportato da Renovatio 21, qualche mese fa un’altra veterana dell’esercito, divenuta disabile, ha riportato che alcuni funzionari statali avevano risposto alla sua richiesta di avere in casa una rampa per la sedie a rotelle offrendole invece la possibilità di accedere al MAiD – cioè di ucciderla.

 

Ma non è il caso più folle del degrado assassino raggiunto dallo Stato canadese: ecco l’ecologista che chiede di essere ucciso per la sua ansia cronica riguardo al Cambiamento Climatico, ecco i pazienti che chiedono di essere terminati perché stanchi di lockdown, ecco le proposte di uccisione dei malati di mente consenzienti, e magari pure dei neonati. Il tutto, ovviamente, con il corollario industriale, della predazione degli organi, di cui il Paese ora detiene il record mondiale.

Il Canada del governo Trudeau e del suo successore Carney – dove il World Economic Forum regna, come rivendicato boriosamente da Klaus Schwab – è il Paese dell’avanguardia della Necrocultura. Se lo Stato può ucciderti, ferirti, degradarti, lo fa subito, e legalmente. Magari pure con spot mistico propalato da grandi società private in linea con il dettato di morte. In Canada l’eutanasia viene servita anche alle pompe funebri.

 

A febbraio l’eutanasia è stata offerta anche ad una signora riconosciuta come danneggiata da vaccino COVID.

 

Secondo alcuni, l’eutanasia in Canada – che si muove verso i bambini – sta divenendo come una sorta di principio «sacro» dello Stato moderno.

 

Come abbiamo ripetuto tante volte: lo Stato moderno è fondato sulla Cultura della Morte. La Necrocultura è, incontrovertibilmente, il suo unico sistema operativo. Aborto ed eutanasia (e fecondazione in vitro, e vaccinazioni, anche e soprattutto geniche) sono quindi sue primarie linee di comando.

 

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Eutanasia

Francia, accelerazione parlamentare verso il fine vita

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Sebbene alcuni prevedessero un rinvio, si prevede che le discussioni sui due progetti di legge sul fine vita – uno sulle cure palliative, l’altro sul suicidio assistito – si terranno a breve al Senato. Una fonte vicina al presidente del Senato, Gérard Larcher, ha dichiarato alla stampa che è stato raggiunto un accordo per programmare questa revisione entro la fine di ottobre.   Alle prese con questioni di sovranità – immigrazione, giustizia, economia – il nuovo governo francese vorrebbe creare un consenso trasversale sulla base della legge naturale, accelerando l’agenda del testo che dovrebbe sancire uno pseudo diritto all’eutanasia in Francia?   In ogni caso, un accordo in tal senso sarebbe stato raggiunto durante un incontro del 29 settembre 2025 tra Yaël Braun-Pivet, il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Gérard Larcher, e il primo ministro dimissionario, Sébastien Lecornu. Secondo Le Figaro, questo impegno orale era in attesa di conferma definitiva.   Prima delle nuove dimissioni, è stato discusso un calendario preciso: una seduta pubblica a partire dal 20 ottobre al Palazzo del Lussemburgo e una votazione formale prevista per il 28 ottobre. Questo ritmo contrasta con le due settimane di discussioni all’Assemblea Nazionale. Anche se l’attuale caos ridimensiona molti aspetti, questo calendario solleva interrogativi.   Si tratta semplicemente di finalizzare la revisione di un testo già adottato in prima lettura dall’Assemblea Nazionale? Oppure si tratta di segnare il secondo mandato di Emmanuel Macron con un’importante riforma sociale, una riforma che sarebbe minacciata dallo scioglimento del Parlamento? Gli osservatori sospettano un tacito accordo con il Partito Socialista per facilitare l’adozione di questi testi, un’ipotesi che divide le opinioni.

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«In un clima politico così instabile, programmare un dibattito sulla morte assistita è incomprensibile. Qual è l’urgenza?», chiede un senatore LR, irritato da quella che percepisce come la debolezza di Gérard Larcher di fronte a una riforma ampiamente contestata dalla destra. «Sembra un gioco politico in cui siamo semplici pedine», aggiunge.   Questa accelerazione ha sollevato preoccupazioni tra gli operatori sanitari contrari all’eutanasia e al suicidio assistito. La Società Francese di Cure Palliative e di Accompagnamento (SFAP) ha condannato il dibattito frettoloso, in un contesto di incertezza che circonda il bilancio, il disegno di legge sul finanziamento della Previdenza Sociale e le promesse di rafforzare le cure palliative.   La strategia decennale, che prevede uno stanziamento di 100 milioni di euro all’anno per le cure palliative nell’arco di dieci anni, rischia di non essere pienamente attuata. La SFAP sottolinea inoltre che il Comitato consultivo nazionale di etica (CCNE) aveva subordinato qualsiasi passo verso l’assistenza attiva al suicidio a un miglioramento significativo delle cure palliative.   Tuttavia, secondo la Corte dei Conti, metà dei francesi che dovrebbero beneficiare di queste cure non vi ha accesso. «In questo contesto, si teme che alcuni pazienti richiedano l’eutanasia a causa della mancanza di accesso a cure palliative adeguate», avverte Ségolène Peruchhio, presidente della SFAP. Anche i sostenitori della liberalizzazione dell’eutanasia sono preoccupati.   Pertanto, l’economista Frédéric Bizard, favorevole alla modifica legislativa, sottolinea: «prima di apportare qualsiasi modifica al fine vita, dobbiamo innanzitutto garantire il futuro della previdenza sociale e migliorare l’assistenza agli anziani», avverte. Mette in guardia dal rischio di «ingiustizia sociale di fronte alla morte», dove persone vulnerabili o indigenti potrebbero ricorrere al suicidio assistito a causa della mancanza di alternative.   Anche il tempo concesso ai dibattiti in Senato alimenta le critiche. “Ci avevano promesso un dibattito pacifico, ma le condizioni non sono adeguate”, lamenta Ségolène Perruchio, sottolineando che solo il 54% dei parlamentari si è espresso a favore del suicidio assistito. Le relazioni del Senato forniranno una prima indicazione sulla direzione dei dibattiti. Si prevede che il Senato imporrà condizioni restrittive, inefficaci nella pratica, ma l’ultima parola spetterà al Palazzo Borbone.   In ogni caso, le dimissioni del Primo Ministro più effimero della Quinta Repubblica, Sébastien Lecornu, rimescolano le carte e potrebbero offrire un inaspettato sollievo alla vita dei più vulnerabili.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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