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Il papa incontra il capo delle Brigate Babilonesi. Il patriarca Sako denuncia il silenzio del Vaticano su cosa sta accadendo ai cristiani d’Iraq

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Il patriarca dei Caldei, Louis Raphaël Sako, ha rilasciato un’intervista ad Asia News, nella quale ha espresso il suo stupore che nessuno a Roma abbia voluto difendere la Chiesa in Iraq dopo che il capo dello Stato ha ritirato il suo riconoscimento ufficiale come patriarca.

 

Il patriarca vede questo mancato riconoscimento come «un progetto volto a mettere a tacere la voce della Chiesa e la mia. Durante questi dieci anni come patriarca, (…) ho cercato di proteggere i cristiani e non ho mai voluto giustificare la formazione di una milizia cosiddetta “cristiana”».

 

«Ho rifiutato tutto questo, da qui la voglia di vendetta di una fazione [le Brigate Babilonesi di Rayan al-Kildani, ndr] che ha un secondo fine: spingere i cristiani a partire per impossessarsi delle loro case, dei loro beni, delle loro proprietà . (…) Nel Paese prevale una mentalità settaria in cui le persone lottano per più potere, visibilità e denaro: regnano confusione e anarchia».

 

Questa confusione si manifesta nelle funzioni e nelle attribuzioni delle massime istituzioni, spiega il cardinale Sako: «il Presidente della Repubblica non ha il potere di revocare i decreti adottati in passato, non può annullarli arbitrariamente. Inoltre, ciò va contro una tradizione secolare, che risale al Califfato Abbaside, poi all’Impero Ottomano e infine alla Repubblica».

 

«In un secondo, il capo dello Stato ha voluto cancellare 14 secoli di storia e tradizione, ma io non ho paura e non ho nulla da perdere… forse la vita, ma sono pronto. Tutto questo viene fatto per intimidire i cristiani, affinché abbandonino il Paese: li incoraggio ancora a restare e a sperare!»

 

Il patriarca aggiunge di lottare per tutti gli iracheni: «la comunità cristiana è al mio fianco e mi sostiene. In questo momento vediamo coesione, forte sostegno e unità tra la gente e la comunità cristiana, mentre ci sono divisioni tra le Chiese».

 

E il patriarca accusa che la minaccia abbia «un approccio diverso da quello dell’ISIS, ma con la stessa logica di fondo. Forse è più nascosta e subdola, ma con lo stesso obiettivo: spingere i cristiani ad andarsene».

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Mancanza di reazioni da parte della Santa Sede e del Papa

Il patriarca ammette di essere «deluso dalla posizione della Santa Sede che, in quasi cinque mesi, non è intervenuta per sconfessare l’operato del Presidente della Repubblica, per respingere gli attacchi contro la persona del patriarca, per prendere le distanze dalla coloro che si definiscono leader cristiani». Deplora che Rayan al-Kildani [il Caldeo] abbia incontrato Francesco in piazza San Pietro, al termine dell’udienza del mercoledì.

 

 

«Rayan lo ha annunciato in pompa magna per legittimarsi rivendicando l’autorità ecclesiastica: si è presentato come il vero rappresentante dei cristiani, lui e non il patriarca di cui il Papa avrebbe accettato le dimissioni. Il silenzio di fronte a queste affermazioni è inaccettabile».

 

Per Sako, questo silenzio legittima l’usurpatore: «la Santa Sede avrebbe potuto esprimersi, dire che la propaganda di quest’uomo è falsa, e calmare i tanti cristiani e musulmani che in Iraq subiscono queste menzogne ​​che feriscono soprattutto la nostra comunità. Il nunzio apostolico mi invita al dialogo, a non umiliare il presidente… ma è il presidente che umilia la Chiesa e il suo popolo».

 

Il patriarca prosegue amaro: «il nunzio dice che bisogna abbandonare il decreto e accettare una decisione del tribunale. Ma deve comprendere la mentalità locale e sostenere la Chiesa: potrebbe negare la strumentalizzazione e le menzogne ​​di Rayan al-Kildani, chiedere ai vescovi che ricevono soldi da lui di smettere di farlo, trovare una soluzione che non vada contro la Chiesa caldea».

 

«Oggi, quasi ogni settimana, vengono presentate denunce contro di me in tribunale e nei prossimi giorni dovrò comparire e non potrò partecipare agli Incontri del Mediterraneo di Marsiglia. Ho scritto a Papa Francesco dopo la visita di Rayan in Vaticano, non mi ha ancora risposto».

 

E conclude stanco: «siamo una Chiesa perseguitata, da molto tempo… che lotta per sopravvivere, ma per questo abbiamo bisogno di sostegno, vicinanza, solidarietà. La Chiesa deve manifestare la sua presenza, la sua prossimità, deve trovare le parole che finora le sono mancate».

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Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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«Il coraggio di scendere in strada a gridare che Dio è vivo e che Cristo è Re». Intervista a Cristiano Lugli sulla processione di riparazione a Carpi

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I lettori conoscono Cristiano Lugli, per anni portavoce e organizzatore inarrestabile di tanti eventi di Renovatio 21. Cristiano è anche uno dei fondatori del Comitato Beata Giovanna Scopelli, un gruppo di fedeli cattolici nato nell’anno 2017 a Reggio Emilia. In questi anni il Comitato ha organizzato diverse azioni di riparazione, in particolare agli scandali pubblici dei vari gay Pride.   Quest’anno il Comitato si è occupato particolarmente dell’organizzazione di una processione di riparazione avvenuta a Carpi sabato 11 maggio scorso, a seguito dell’allestimento, all’interno di una chiesa, di una mostra con opere che sono state definite da alcuni come «blasfeme». Cristiano è stato uno degli organizzatori di questa processione.   Cristiano, facciamo un recap per quanti non conoscono questa storia. Cosa è successo a Carpi? Succede che il 2 marzo 2024, nella chiesa di Sant’Ignazio, chiesa del museo diocesano di Carpi, l’artista locale Andrea Saltini apre la mostra «Gratia Plena». Dopo nemmeno due giorni dalla data inaugurale, sono arrivate le reazioni indignate di molti fedeli cattolici che ravvisavano blasfemia nei quadri dove veniva rappresentato Gesù Cristo, la Madonna e Maria Maddalena.   La notizia si è poi allargata anche nell’ambiente dell’informazione cattolica e, di conseguenza, in pochissime ore è diventata già un caso non solo locale ma anche nazionale.   Si ha idea di come si sia arrivati ad esibire, in luoghi della Curia, opere del genere? Le prime spiegazioni, da parte della Curia, sono state le classicissime arrampicate sugli specchi: il vescovo Erio Castellucci, ad esempio, ha dichiarato di aver visto le opere solo ad installazione già compiuta e a mostra già inaugurata. Certamente l’iniziativa è stata tutta locale, con il parroco di riferimento che ha aperto le porte all’artista locale, con tanto di approvazione del museo diocesano di Carpi.    

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Quali sono state le prime rimostranze? La casella di posta elettronica della segreteria vescovile è stata inondata di mail, con fedeli da tutta Italia che domandavano la chiusura immediata della mostra.   Nel mentre, l’avvocato Francesco Minutillo di Forlì ha depositato una denuncia nei confronti dell’artista Saltini, del vescovo Castellucci e dei curatori della mostra, facendo riferimento al reato di cui all’art. 403 del Codice Penale [«Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone: Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000», ndr].   La Procura, con una certa velocità, ha deciso di chiedere l’archiviazione dicendo che «la notizia di reato si ritiene del tutto infondata». L’avvocato Minutillo si è opposto alla decisione promettendo di portare nuove prove davanti al GIP.   Qual è stato l’atteggiamento del vescovo? Come dicevo, inizialmente ha dichiarato di aver visto le opere solo dopo; poi ha iniziato a difendere la mostra a spada tratta, arrivando persino a dire che il male non è nella mostra, ma la malizia è piuttosto negli occhi di chi la guarda.   Parole poco diplomatiche e con alla base, forse, una visione che ritengo totalmente relativista. Riflettere, ragionare con noi fedeli offesi non è stato quindi possibile per la gerarchia della chiesa moderna.     Spiegaci meglio… In tutta questa faccenda il ruolo del vescovo Castellucci è stato centrale. Sarei anche propenso a credere al fatto che Castellucci abbia visto le opere a fatti compiuti: d’altronde oggi funziona così, i vescovi non comandano più, e sono presi da mille altre faccende di carattere prettamente burocratico. Certo, i vescovi sono sempre stati impegnati, ma il loro primo dovere è quello di vigilare e di essere pastori di anime. Il fatto che oggi il governo di un vescovo sia visto come un parlamento democratico in cui tutti hanno libertà di fare ciò che vogliono porta a questi risultati.   Sarebbe stato impensabile in anni di cattolicesimo si fosse allestita, in una chiesa consacrata – e sottolineo, consacrata – una simile mostra, che da cattolico reputo abbia evidenti tratti provocatori e contenuti blasfemi. Una mostra, penso, portata a destare scandalo fin da subito.   Un tempo sarebbe stato impensabile e qualora fosse pure successo, i responsabili religiosi non sarebbero certo rimasti scevri da conseguenze. Qui, invece, ci troviamo al capovolgimento: il vescovo non solo non corregge, ma addirittura difende la mostra, l’artista, i curatori, e se la prende con coloro i quali sono rimasti indignati, offesi dai quadri in mostra.   A mio giudizio, nello scandalo Castellucci non ha saputo agire diplomaticamente, magari cercando di sedare gli animi e tenere in considerazione la sensibilità dei fedeli scandalizzati, che hanno sentito vilipesa la religione cattolica perfino all’interno di una chiesa, di un loro luogo di culto.   C’è stato un attacco fisico al quadro e all’artista… Tutti hanno potuto vedere l’opera danneggiata; nessuno, almeno che io sappia anche in base a ciò che è trapelato dai media, ha visto cosa sia realmente accaduto. Le versioni sono state discordanti fin da subito, e la procura sta indagando. Non mi risulta, per lo meno al momento, che ci siano video, né veri e propri testimoni oculari. Pare che il presunto aggressore avesse una parrucca ed una mascherina chirurgica, che avrebbe poi lasciato cadere durante la presunta fuga. La notizia è finita sui principali quotidiani internazionali, ma senza prove vere e proprie capaci di offrire una piena ricostruzione quanto accaduto. Almeno per adesso.  

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L’attacco è avvenuto dopo che avevate segnalato la volontà di fare attività di riparazione? No, il nostro comitato non aveva ancora speso alcuna parola rispetto agli intenti poi concretizzatisi l’11 maggio scorso. Alcuni gruppi autonomi, però, avevano iniziato a pregare al sabato pomeriggio davanti alla chiesa di Sant’Ignazio dentro la quale era allestita la mostra, tuttavia in maniera totalmente pacifica e senza mai disturbare, con nessun intento provocatorio e nessun atto per surriscaldare ulteriormente il clima.   Il colpevole è stato preso? Si sa qualcosa di come stanno procedendo le indagini? Ad oggi non si sa nulla. Nessun colpevole è stato preso e non vi è nemmeno un presunto indagato, stando a quanto è emerso. Le indagini proseguono, ma a quanto so non ci sono aggiornamenti rilevanti.   La mostra quando si è conclusa? A dire il vero, la mostra, così come era stata pensata inizialmente, si sarebbe dovuta concludere il prossimo 2 giugno. L’artista, accusando il presunto clima di tensione venutosi a creare, ha deciso di chiudere anticipatamente il 18 aprile. Anche in questo caso si può notare come non sia stata la Curia a chiederne la chiusura, ma il pittore stesso. Non sappiamo, e forse non potremo mai saperlo, se la Curia possa aver mosso qualche pressione per la chiusura, ma certo è che, anche se fosse, nessuno pare aver avuto il coraggio di metterci la faccia.   Veniamo alla processione di riparazione. Quanti hanno partecipato? Noi abbiamo stimato, durante il percorso, circa 400 persone. Sono numeri davvero importanti se si pensa, appunto, che la mostra era già stata chiusa anticipatamente e questo poteva tentare molti a credere di aver già sistemato le cose. Invece è stata colta l’importanza di una pubblica riparazione, che avrebbe avuto ragion d’essere anche solo per un giorno di installazione di mostra.     Come si è svolta? Come nelle precedenti edizioni organizzate dal nostro Comitato, è stata a tutti gli effetti una funzione liturgica, una vera e propria processione religiosa, con un sacerdote a presiederla, vestito con cotta, piviale viola – il colore penitenziale – e berretta, croce da processione, accoliti e tutto ciò che riguarda il servizio liturgico.   Sono state cantate le litanie ai Santi, recitato il Santo Rosario, le litanie al Sacro Cuore, la preghiera di riparazione al Sacro Cuore di Gesù e, infine, il Te Deum di ringraziamento per la chiusura anticipata della mostra.   La processione è partita dal cimitero di Carpi, attraversando poi le principali vie della città, in particolare soffermandosi davanti alla grande Cattedrale di Carpi, in piazza Martiri, per concludere poi con la preghiera di riparazione sul sagrato della chiesa di Sant’Ignazio, dove si è consumato lo scandalo della mostra «Gratia Plena».   Il tutto è stato accompagnato da un servizio d’ordine interno al Comitato e, ovviamente, dall’ottimo servizio della questura di Carpi, che ha garantito la massima sicurezza durante tutto il percorso. Tanti giovani, tante famiglie.     Come hanno reagito i carpigiani? C’è stata una compostezza esemplare. E dico di più, un rispetto davvero inaspettato. Diverse persone, anche sedute al bar per consumare un aperitivo, si sono alzate al passaggio della processione facendosi il segno della Croce. È stato davvero commovente. Nessun commento, nessuna provocazione, ma tanto silenzio e rispetto.   La stampa vi ha dato contro? Ormai credo che la stampa abbia capito che dar contro equivale a fare pubblicità, quindi molte testate scelgono piuttosto il silenzio. Altre, invece, con un po’ di serietà, hanno capito che non poteva essere ignorato un simile evento, e quindi si sono attenute a riportare ciò che noi abbiamo dichiarato — sia rispetto al numero di partecipanti, sia rispetto allo svolgimento della funzione.

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Bisogna ricordare che la prima processione di riparazione – in quel caso, per il Gay Pride di Reggio Emilia – fu organizzata da te nel 2017. In Italia non se ne vedevano da decenni. Grazie ai tuoi sforzi, molte altre sono seguite. Che bilancio fare di questi 7 anni, includendo il disgraziato biennio pandemico? Effettivamente il disgraziato biennio pandemico non aiuta a stabilire un bilancio di questi anni, ma ciò che posso dire è che, sorprendentemente, la fiammella, nonostante tutto, non si è mai spenta. Il nostro timore è sempre stato quello di non riuscire a tenere alta l’attenzione e la tensione dopo la grande e prima processione del 2017: la novità, una volta vissuta, sé ripetuta rischia sempre di non avere più il sapore di novità e, quindi, di essere meno partecipata. In questo caso dobbiamo invece constatare che non è stato così, e la processione di Carpi ne è la prova.   Quanto è importante fare una processione oggi? Direi che è una delle cose più importanti che ci possa essere, il segno della militanza più vero e più tangibile, ciò che ci distingue dai cattolici da tastiera che parlano, denunciano, sbraitano ma poi non hanno il coraggio di scendere in strada a gridare che Dio è vivo e che Cristo è Re. Purtroppo questo è ciò che tanto del conservatorismo bussolotico e provitico italiano non riesce a dimostrare. Non può esserci cattolicesimo senza militanza, e la militanza non può essere legata solo ed esclusivamente all’informazione, che certo è utile, ma non è tutto.     Quanti si rendono conto che si tratta di una riconquista dello spazio pubblico da parte dei cattolici, secondo riti che hanno abitato i nostri borghi per millenni? È per questo che la chiesa moderna, votata alla liquidazione della cristianità, combatte le processioni? Non a sufficienza. 400 persone alla processione di Carpi è un buon numero, certo, ma è ridicolo se si pensa a quanti realmente saremmo potuti essere. Siamo una minoranza, questo è fuor di discussione, ma temo che ci si riduca sempre ad essere la minoranza di una minoranza. Come giustamente dici, la chiesa moderna combatte le processioni e continuerà a farlo perché ha capito che è proprio da questo che la Cristianità potrebbe ripartire. Lo hanno capito loro, ma purtroppo non noi. O almeno non tutti e non del tutto.   Il modernismo vuole che Dio rimanga nel privato, nella sfera intima delle persone – e non sappiamo nemmeno per quanto ancora intendano lasciarcelo almeno lì. La chiesa moderna è il nemico più grande del Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, e per questo detesta le processioni, perché esse, oltre all’intento riparatorio che hanno rappresentato sin qui, sono ciò che di più semplice, naturale e concreto possa esserci per ristabilire il Regno Sociale di Gesù Cristo, portandolo a regnare laddove Egli deve regnare: nei crocicchi delle strade, nelle piazze, nei borghi e nella società intera.   Vi sono altre iniziative da seguire? L’impressione è che spesso si tratti di eventi improvvisati creati da sigle e personaggi improbabili, ancorché sconosciuti. Quanto può nuocere il dilettantismo degli ingenui rispetto alla battaglia? Il Comitato Beata Giovanna Scopelli, dall’inizio della sua fondazione, ha deciso di dedicarsi solo ed esclusivamente ad iniziative di riparazione, questo per non mescolarsi ad altre realtà già esistenti, certamente importanti ma aventi altri ruoli. A motivo di questo, abbiamo sempre cercato di mantenerci autonomi nelle nostre iniziative. Questo non per sfiducia o vanto, ma perché sappiamo per esperienza che questo genere di organizzazioni richiedono davvero tanto tempo, impegno e concentrazione.   Organizzare una processione di riparazione o un qualsivoglia atto di riparazione non può essere visto come una cosa semplice o fattibile a prescindere da ogni condizione. Dobbiamo tenere presente che, se è vero che ciò che conta è l’azione e la proporzione soprannaturale di una riparazione pubblica che fa da contraccolpo ad uno scandalo pubblico, è altrettanto vero la dimensione naturale e quindi sociale dell’evento non può essere ignorata. In altre parole, bisogna rendere culto e la dovuta lode a Dio anche organizzando qualcosa che, numericamente parlando, renda questi onori.   Potrà sembrare strano ma non lo è affatto, perché non ci si può permettere in alcun modo che un evento pubblico possa essere deriso a causa di una presenza scarsa di fedeli. Questo, ad onor del vero, non è mai successo nelle riparazioni organizzate dal nostro Comitato. Non perché siamo più bravi o più intelligenti, ma perché sappiamo come, quando e dove muoverci. Cosa che, mi si creda, è davvero importante.   Del resto non abbiamo mai detto e mai diremo a nessuno di non organizzare atti di riparazione: non siamo nessuno e non possediamo alcuna autorità per poterlo fare, ma certo consigliamo a tutti di stare attenti a non essere precipitosi, rischiando di voler fare a tutti costi, per un proprio desiderio individualista, qualcosa che non si riesce a strutturare nel migliore dei modi.   A quanti in passato ci hanno chiesto aiuto e collaborazione, l’abbiamo sempre prestata cercando di mettere a disposizione la nostra umile esperienza raccolta in questi anni. Anni in cui, effettivamente, la società ha dovuto fare i conti con un nuovo ma pur vecchio fenomeno, cioè quello dei cattolici militanti che ancora conoscono il latino, sanno pregare e cercano di amare Dio.

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Sacerdote difende l’Eucarestia mordendo una lesbica

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Un prete cattolico della Florida potrebbe essere arrestato per aver difeso la Santa Eucarestia da una donna lesbica irata che aveva schiacciato diverse ostie e cercato di amministrarsi illecitamente la Santa Comunione, spingendolo a morderle il braccio. Lo riporta LifeSite.

 

Secondo quanto riferito, padre Fidel Rodriguez durante una messa delle 12 di domenica scorsa alla chiesa di San Tommaso d’Aquino a St. Cloud, in Florida, ha reagito quando la donna ha cercato di prendergli quello che in seguito la signora ha descritto alla polizia come «il biscotto».

 

La donna avrebbe poi lasciato una recensione con una stella della chiesa su Google. Nella sua recensione, ora cancellata, spiegava di essere una «donna orgogliosamente gay» e di aver partecipato alla messa perché era la prima comunione della nipote della sua «fidanzata». La donna avrebbe espresso rabbia per il fatto che padre Rodriguez le ha «mancato di rispetto» tentando inizialmente di darle la Comunione sulla lingua.

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Padre Rodriguez ha detto alla polizia quando sono arrivati ​​dopo la liturgia di mezzogiorno che non aveva mai incontrato la donna prima e che le sue azioni non avevano nulla a che fare con il suo stile di vita lesbico, di cui non sapeva nulla.

 

«Non giudico nessuno», ha detto il sacerdote floridiano alla polizia.

 

Il sacerdote aveva interagito per la prima volta con la signora alla liturgia delle 10:00 nella chiesa di San Tommaso d’Aquino. Le riprese video dal canale YouTube della parrocchia mostrano che lui ha avuto una conversazione di 55 secondi con lei quando era evidente che non era una cattolica praticante perché non aveva aperto bocca né risposto «Amen» quando lui aveva detto: «il Corpo di Cristo».

 

Padre Rodriguez avrebbe chiesto quindi quando è stata l’ultima volta che si era comunicata e confessata, ma la donna si sarebbe rifiutata di dirglielo. Il sacerdote quindi le dà una benedizione.

 

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Padre Rodriguez ha riconosciuto la donna quando si è ripresentata per la Comunione durante la Messa delle 12, a quel punto ha detto che non la stava giudicando ma aveva bisogno di sapere se si fosse confessata.

 

La signora avrebbe replicato che «non erano affari suoi» per poi allungare il braccio e «schiacciare» diverse ostie consacrate, rovesciandole a terra. 

 

«Non mi ha voluto dare il biscotto. Non so se fosse per il modo in cui ero vestita o se è quello che mi piace», ha poi detto alla polizia. 

 

«L’ho morsa, non lo nego. Sto difendendo me stesso e il sacramento», ha dichiarato il sacerdote alle forze dell’ordine. 

 


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La diocesi di Orlando, guidata dal vescovo John Noonan, ha rilasciato una dichiarazione a sostegno delle azioni di padre Rodriguez.

 

«Avendo solo una mano libera, padre Rodriguez ha lottato per trattenere la donna che si rifiutava di lasciare andare le ostie. Quando la donna lo ha spintonato, padre Rodriguez reagendo ad un atto percepito di aggressione le ha morso la mano per farle lasciare andare le ostie che aveva afferrato. La donna è stata immediatamente invitata ad andarsene».

 

«Mentre la diocesi di Orlando non perdona scontri fisici come questo, in buona fede, padre Rodriguez stava semplicemente tentando di impedire un atto di profanazione della Santa Comunione, che, come sacerdote, padre Rodriguez è tenuto a proteggere», aggiunge la diocesi.

 

«Non è qualcosa che una persona può richiedere arbitrariamente e certamente non è un semplice “biscotto” come lo ha definito il denunciante», continua la dichiarazione. «Il video completo e il rapporto della polizia mostrano che la donna ha iniziato un contatto fisico e ha agito in modo inappropriato».

 

Alla fine la signora è andata alla stazione di polizia dove i vigili del fuoco le hanno curato il braccio. Non è andata in ospedale. Ha intenzione di sporgere denuncia contro padre Rodriguez, riferisce il canale TV locale WESH-2.

 

Secondo i media locali, il dipartimento di polizia di St. Cloud ha consegnato il caso all’ufficio del procuratore generale della Florida per ulteriori indagini.

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Mons. Aguer: il Vaticano di Bergoglio ha «adottato l’ideologia della Rivoluzione francese»

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Renovatio 21 pubblica la traduzione di questo testo di monsignor Héctor Rubén Aguer, arcivescovo emerito della diocesi argentina di La Plata, che sta circolando su vari siti di informazione cattolica ispanofoni.   «Il Papa convoca 30 vincitori del Premio Nobel per riflettere sulla fraternità», si legge in un titolo La Prensa di un articolo della testata EFE. Si riferisce al recente «Incontro mondiale sulla fratellanza umana», il cui tema era «Sii umano».   L’obiettivo era «elaborare un nuovo Patto di Fraternità mondiale e un nuovo codice dell’essere umano, oltre ad annunciare un grande evento sulla fraternità durante l’Anno Santo che si celebrerà nel 2025». La lista degli ospiti includeva il leader indigeno guatemalteco Rigoberta Menchú, il direttore della NASA Bill Nelson, il sindaco di New York Eric Adams e l’attivista infantile mozambicana Graça Machel, che è anche la vedova di Nelson Mandela.   «Si cercherà di elaborare proposte concrete per cominciare a cambiare la storia, per stimolare le riforme che mancano, per capire dove il principio di fraternità è già presente nella vita sociale e per discernere i parametri necessari per misurarlo», ha spiegato il Santa Sede, che ha aggiunto che l’11 maggio, nell’unico evento che si terrà nel piccolo Stato, Bergoglio riceverà i partecipanti in udienza privata.   La Santa Sede – con invidia della Massoneria universale – ha adottato l’ideologia della Rivoluzione francese: «Liberté, egalité, fraternité». Dov’è stato archiviato il comando di Gesù a Pietro e agli Undici di fare tutti i popoli suoi discepoli, cioè cristiani? Il successore di Pietro è purtroppo colui che guida la Chiesa di Roma su questa strada sbagliata che tutta la Chiesa deve seguire.

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C’è un modo di reagire secondo la Tradizione: l’apostolo Paolo rimproverò Pietro per la sua ipocrisia perché mangiava con coloro che provenivano dal paganesimo ma cominciò a «giudaizzare» quando arrivò Giacomo, cugino del Signore e capo della Chiesa di Gerusalemme. Nella lettera ai Galati, Paolo dice «gli ho resistito in faccia» (kata prosōpon autō antestēn) e chiama questo comportamento «hypókrisis». (2:11-2:13)   La tradizione ha conferito al Romano Pontefice la massima autorità, ma i cardinali, con tutto il rispetto, possono renderlo consapevole del pericolo che Roma adotti il ​​dogma della Rivoluzione, cosa che i papi non facevano dai tempi di Gregorio XVI, che condannò energicamente il contagio del liberalismo nella sua enciclica Mirari Vos.   Dobbiamo ricordare Pio IX, la sua enciclica Quanta cura, e il Sillabo degli errori. Spicca anche il magistero di Pio XII e dei suoi successori. La Chiesa ha riformulato e aggiornato la sua dottrina senza violare le sue radici nella Tradizione. Giovanni Paolo II ha espresso ampiamente il cammino della Chiesa in occasione del suo ingresso nel XXI secolo.   Papa Francesco, ricevendo i partecipanti all’udienza, all’«Incontro mondiale sulla fraternità umana» ha detto: «su un pianeta in fiamme vi siete riuniti con l’intento di riaffermare il vostro “no” alla guerra e il vostro “sì” alla pace, testimoniando l’umanità che ci unisce». All’incontro hanno partecipato personalità del mondo della scienza, della politica, dell’arte e dello sport. Hanno riflettuto sulla fraternità umana e su come «costruire un mondo pacifico» in futuro.   Nel suo discorso il Sommo Pontefice ha citato Martin Luther King Jr.: «abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli». Ha anche insistito sul fatto che la parola chiave per vivere insieme è «compassione». L’intento dell’«incontro» era quello di «generare un movimento di fraternità».   «È necessario riconoscerci nuovamente nella comune umanità e mettere la fraternità al centro della vita dei popoli», ha affermato il Papa.   Il grande assente in tutto questo è Gesù Cristo. Per giudicare cosa significhi questa assenza, basta ricordare l’opera di san Paolo, soprattutto le sue lettere agli Efesini e ai Colossesi. Cristo è tutto per la Chiesa. Mi vengono in mente due significative espressioni di Paolo VI: «Avevamo sperato in una primavera rigogliosa, ma è arrivato un inverno rigido», e: «sembra che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nella Chiesa di Dio» – il Pontefice esprime così il suo disincanto dopo il Concilio Vaticano II.   Esiste una vera fraternità tra i cristiani: Paolo usa spesso il termine «fratelli» (adelphói) per indicare i destinatari delle sue lettere. È un mistero di grazia fondato sull’unico battesimo che confessiamo nel Credo e che esige la carità (agápē) nei reciproci comportamenti. L’evangelizzazione è il processo che estende la Chiesa come fraternità.   Si può dire che sia espresso nel Padre Nostro, dove chiamiamo Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo, «Padre nostro», con un plurale che esclude l’individualismo. Dal punto di vista cristiano, possiamo considerare analogicamente tutti gli uomini come fratelli in quanto creature di Dio, che è l’unico Creatore di tutti e Padre delle anime.

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È questa l’occasione per ricordare che Pietro è il capo del processo di evangelizzazione nel quale è impegnata la Chiesa nascente. Saulo, che divenne Paolo, si unì a lui.   L’apostolo delle genti ci ricorda che non esiste altro Vangelo se non quello affidato agli Undici. Quello che succede è che ci sono alcuni che distorcono il Vangelo di Cristo, contaminandolo con l’«alterità» – se così possiamo chiamarla. La persona di Pietro trova continuità nei suoi successori, i papi di Roma. Mi vengono in mente le parole di San Bernardo a Papa Eugenio III, che era stato suo discepolo: «che cosa avevano in mente i tuoi predecessori per interrompere l’evangelizzazione mentre ancora dilagava l’incredulità? Per quale motivo la Parola che corre veloce si è fermata? Ricordati che lo devi non solo ai cristiani, ma anche agli infedeli, agli ebrei, ai greci e ai pagani».   Il dogma della Rivoluzione francese – «libertà, uguaglianza, fraternità» – è un altro vangelo che diffonde l’incredulità, l’oblio di Gesù Cristo, la Parola del Padre. Il successore di Pietro e tutta la Chiesa non possono adottarla né stringere con essa un patto di falsa pace. La Parola che corre veloce non deve fermarsi.   Come continuità dell’opera redentrice di Cristo, la missione della Chiesa è orientata alla consacrazione del mondo. Questo concetto abbraccia una duplice realtà: da un lato, il mondo buono, opera della creazione di Dio; e, dall’altro, una sorta di «seconda natura», come diceva Blaise Pascal: il mondo del peccato, della vanità e della menzogna, l’alienazione dell’uomo, la sfera in cui si dispiega l’azione del nemico.   Questo mondo deve essere strappato dal male e condotto a Dio mediante la Parola, che è Cristo. Questa è anche la missione del successore di Pietro e di tutta la comunità dei fedeli. Il suo prezzo è la Croce di Cristo e la disponibilità dei discepoli al martirio.     Resta aperta la questione sul destino di Israele e sulla predicazione agli ebrei nel mezzo di una missione che fin dall’inizio mirava a procurare la conversione dei pagani. Ma bisogna tener conto della misteriosa paganizzazione del mondo cristiano.   In questo contesto teologico va collocata la posizione della Chiesa nei confronti del dogma della Rivoluzione francese.   + Héctor Aguer Arcivescovo emerito di La Plata   Buenos Aires, venerdì 24 maggio 2024. Memoria di Maria Ausiliatrice.

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