Geopolitica
Zelens’kyj vuole il «modello israeliano» per l’Ucraina
Gli Stati Uniti forniranno aiuti militari a lungo termine a Kiev simili al tipo di sostegno che Washington offre a Israele, ha affermato il presidente ucraino Vladimir Zelens’kyj. Un eventuale cambio di leadership alla Casa Bianca non influenzerebbe questo impegno, ha insistito il leader ucraino.
Domenica, durante un’intervista al canale televisivo 1+1 (quello che ha lanciato la serie TV che lo ha reso presidente) lo Zelens’kyj ha delineato le garanzie di sicurezza che l’Ucraina sta cercando dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nel suo «percorso verso la NATO».
I leader del blocco militare guidato dagli Stati Uniti non sono riusciti a offrire all’Ucraina una tabella di marcia per l’adesione al vertice in Lituania il mese scorso, sebbene le nazioni del G7 abbiano promesso assistenza continua.
«Avremo sicuramente un modello israeliano, quello che ha armi, tecnologie, addestramento, finanziamenti, etc.», ha detto Zelenskyj.
Israele è stato il maggior destinatario degli aiuti militari stranieri degli Stati Uniti dalla Seconda Guerra Mondiale, anche se gli stanziamenti annuali per l’Ucraina hanno superato quelli offerti a Gerusalemme Ovest da quando sono scoppiate le ostilità tra Mosca e Kiev l’anno scorso, scrive RT.
Lo Stato Ebraico non fa parte della NATO, il che significa che i membri della NATO non sono legalmente obbligati a difenderlo in caso di attacco. Tuttavia l’asse tra gli USA e Israele è considerato, da ogni parte, come «blindato».
Quando l’intervistatrice Natalia Moseichuk ha chiesto se le garanzie di sicurezza occidentali per l’Ucraina sarebbero sopravvissute a un possibile cambio di leadership a Washington, Zelens’kyj è stato irremovibile che lo farebbero.
«Queste sono cose per cui si vota al Congresso» degli Stati Uniti, ha detto, aggiungendo che accordi simili con i paesi europei verrebbero ratificati anche dalle loro legislature nazionali.
I cambiamenti di leadership negli Stati Uniti hanno già portato Washington ad abbandonare gli impegni internazionali.
L’amministrazione dell’ex presidente Donald Trump si è ritirata tristemente dal JCPOA, un accordo internazionale sull’industria nucleare iraniana, che era ampiamente considerato un importante risultato diplomatico sotto il predecessore di Trump, Barack Obama.
I media occidentali hanno suggerito nelle ultime settimane che gli Stati Uniti non manterranno l’attuale livello di sostegno a Kiev l’anno prossimo, quando il leader democratico Biden sarà in lotta per un secondo mandato presidenziale. Diversi candidati repubblicani hanno chiesto che gli aiuti all’Ucraina vengano eliminati del tutto, o almeno ridotti e sottoposti a un controllo più rigoroso. I repubblicani di fede trumpiana hanno minacciato di chiudere direttamente la fornitura di armi all’Ucraina.
Donald Trump è stato sempre molto critico con gli aiuti all’Ucraina, e totalmente contrario alla guerra in corso. Da notare che il figlio, Don jr., ha spesso postato sui social network meme contro l’appoggio all’Ucraina e la propaganda di Kiev, arrivando ad attaccare direttamente la messa al bando da parte del regime di Kiev della Chiesa Ortodossa Ucraina canonica.
Il riferimento di Zelens’kyj a Israele è pregnante sotto molti punti di vista. Il presidente ucraino, di origini ebraiche, ha comperato alla famiglia una residenza in Israele, Paese che ha visitato spesse volte in passato per andare a trovare l’allora suo protettore (o puparo), l’oligarca ebreo-ucraino Igor Kolomojskij, padrone, tra le altre cose, del canale 1+1 che ha lanciato il telefilm «Servo del popolo» che gli ha consentito di diventare presidente, dopo che nella finzione, anche nella realtà.
A fine 2022 si è registrato l’incredibile viaggio di una delegazione del battaglione neonazista Azov in Israele.
Nonostante i simboli runici o direttamente legati al nazismo, è vero anche, tuttavia, che negli anni gli ideologi dell’Azov hanno dichiarato che i loro modelli sono etnostati come il Giappone e, sorpresa, Israele.
Da registrare, infine, la difficoltà per gli USA di togliersi dal sostegno continuo di Tel Aviv: il candidato presidenziale repubblicano Vivek Ramaswamy – peraltro davvero critico su Zelens’kyj e sulla strategia USA in Ucraina – aveva dichiarato in un dibattito che da presidente avrebbe fermato gli aiuti militari e finanziari allo Stato Ebraico. Dopo poche ore, già era arrivata la smentita: Ramaswamy puntualizza che gli aiuti americani verranno meno ad Israele solo quando Israele sarà d’accordo.
Immagine di Presidentgovua via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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