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Storia

Borrell ripete l’antica offesa: la Russia è un stazione di benzina dotata di bombe atomiche. Storia plurisecolare di un insulto

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Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza (quello che viene chiamato «signor PESC») ha insultato nuovamente la Federazione Russa, utilizzando un frusto luogo comune privo di fondamento – ora più che mai.

 

Il Borrello sembra essersi offeso per i commenti del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, nella sua intervista alla rivista International Affairs. Lavrov aveva dichiarato che «l’Occidente di oggi è guidato da persone come Josep Borrell che dividono il mondo in un “giardino” fiorito e nella “giungla”, dove quest’ultima si applica chiaramente alla maggior parte dell’umanità».

 

«Oserei dire che questa visione del mondo razzista impedisce loro certamente di accettare l’inizio del multipolarismo. L’establishment politico ed economico in Europa e negli Stati Uniti teme ragionevolmente che la transizione verso un sistema multipolare comporterà gravi perdite geopolitiche ed economiche, lo smantellamento definitivo della globalizzazione nella sua forma attuale modellata secondo i modelli occidentali» aveva continuato il Lavrov, per concludere che essi «sono principalmente spaventati dalla prospettiva di perdere l’opportunità di sfruttare il resto del mondo, alimentando la propria rapida crescita economica a spese degli altri».

 

Nel bel mezzo di un’intervista pubblicata oggi nella sua casa di Madrid con lo spagnolo El País, Borrell, parlando della politica dell’UE nei confronti della Cina e apparentemente non provocato in alcun modo dall’intervistatore, si è scagliato contro la Russia. Innanzitutto ha notato che era impossibile confrontare Pechino e Mosca.

 

Poi ha spiegato: «Prima di tutto, la Cina non è la Russia. La Cina è un vero attore geopolitico, mentre la Russia è un nano economico, come una stazione di servizio, il cui proprietario ha una bomba atomica».

 

La storia del «nano economico» è davvero fuori tempo massimo, visto che ai BRICS lo stesso Putin ha dichiarato che la Russia è ora, nel contesto della de-dollarizzazione, tra le prime economie mondiali, piazzandosi ai livelli della Germania, e con tante, tantissime risorse ancora da offrire: sia risorse naturali che tecnologiche, che pensiamo troveranno acquirenti fra i restanti 7 miliardi di non euroamericani viventi sulla Terra.

 

Ma torniamo alla storia della pompa di benzina con le nucleari. Non tutti sanno che questa è un’espressione usata da varie parti: il Borrello non ha, tra le varie cose che gli mancano, il dono dell’originalità.

 

Come non lo ha il filosofo di Davis Yuval Noah Harari, quello per cui siamo una massa di esseri inutili di cui non si è capito ancora come disporre. Il 3 marzo 2022, se ne esce con questo tweet.

 

 

«La Russia è una stazione di servizio con armi nucleari. Quando il petrolio scenderà a 20 dollari al barile, il regime di Putin sarà finito. Abbiamo bisogno di un progetto Green Manhattan adesso».

 

Il pensatore gay transumanista la sa lunghissima, con evidenza. Come mister PESC.

 

Borrell e Harari attingono da un’espressione fin dagli anni Ottanta ampiamente utilizzata come insulto all’URSS, che veniva definita come un «Alto Volta con i missili». La Repubblica dell’Alto Volta era un Paese dell’Africa occidentale senza sbocco sul mare fondato l’11 dicembre 1958 come stato autonomo all’interno della Comunità francese.

 

In tempi recenti l’offesa è mutata in «benzinaio con armi nucleari», che parrebbe aver avuto origine nei commenti del defunto senatore americano guerrafondaio John McCain, cui raramente, se non mai, non è piaciuta una guerra sostenuta dall’Occidente. Memorabile il discorso di Putin nei suoi riguardi, quando disse che in effetti essere stato prigioniero dei Viet Cong per tutti quegli anni forse non gli aveva fatto bene.

 

In realtà l’insulto potrebbe avere origini ancora più antiche. Potrebbe essere infatti derivato da affermazioni del pensatore del XIX secolo Aleksandr Herzen, e quindi avere alle spalle più di un secolo e mezzo di storia.

 

Del concetto vi sono infatti diverse varianti susseguitesi nei secoli. Ad esempio, «Gengis Khan con il telegrafo e i razzi Congreve», espressione coniata da Herzen per commentare un libro del barone Modest Korf nel 1857.  Il «razzo Congreve» – un proiettile di polvere da sparo con una gittata fino a tre chilometri – fu inventato dal generale britannico William Congreve e gettò le basi per la missilistica europea. La lettera di Herzen voleva sfidare un celebre aforisma del poeta Aleksandr Pushkin: «Il governo è l’unico europeo in Russia». Herzen invece rivendicava il progresso fatto da tutti i russi.

 

«Se avessimo fatto tutti i nostri progressi solo nel governo – scriveva Herzen nella sua lettera aperta – avremmo dato al mondo un esempio senza precedenti di autocrazia, armati di tutto ciò che la libertà ha sviluppato; schiavitù e violenza, supportate da tutto ciò che la scienza ha scoperto. Sarebbe come Gengis Khan con i telegrafi, le navi a vapore, le ferrovie, con Carnot e Monge al quartier generale, con i cannoni Minier e i razzi Congreve sotto il comando di Batu.

 

La metafora di «Genghis Khan con i telegrafi» entrò nella coscienza pubblica molto più tardi, alla fine del XIX secolo, anche grazie al libro Il Regno di Dio dentro di Voi (1893) di Leone Tolstoj, che discute l’espressione di Herzen.

 

«Gengis Khan con la bomba atomica», fu invece utilizzata dal filosofo emigrato Semjon Frank.  Il 21 settembre 1973 il giornale tedesco Die Zeit pubblicò un articolo intitolato: «Russland – ein Kongo mit Raketen» («La Russia: un Congo con i missili») che ovviamente riprende la tradizione partita con lo Herzen. L’espressione «Alto Volta con i missili» risale invece all’autunno 1983, quando compare, tra le tensioni per il Boeing sudcoreano zeppo di americani abbattuto dall’URSS sopra Sakhalin in quei giorni, sul settimanale di sinistra britannico New Statesman in una recensione di un libro sulla minaccia dell’esercito sovietico. L’articolo scrive che la definizione scherzosa ed irrispettosa sarebbe nata nei circoli dei diplomatici stranieri a Mosca, e la cosa avrebbe alcune conferme. Tuttavia, alcuni la fanno risalire al cancelliere della Germania Ovest Helmut Schimdt, che avrebbe usato l’espressione «Obervolta mit Raketen» («Alto Volta con razzi») ma forse anche «Obervolta mit Atomwaffen» («Alto Volta con armi atomiche»).

 

Come nota RT, in tutte queste formule, la prima parte simboleggia una forza vista come incivile ed estranea ai valori occidentali, e la seconda parte simboleggia le conquiste della civiltà occidentale, principalmente in campo militare.

 

Ora non è chiaro come si possa dire una cosa del genere oggi, dove a divenire Terzo Mondo è, economicamente e biologicamente, in un processo che è sotto i nostri occhi, l’Europa e l’Occidente tutto.

 

Del resto di tratta, però, del Borrello catalano. Quello dei continui discorsi euroguerrafondai, quello che incontra i membri del «governo bielorusso in esilio» (in momento di tensione totale tra un membro della UE, la Polonia, e Minsk), quello che va a Kiev a ripetizione, ad ammettere di non voler la pace – beccandosi, quindi, una bella definizione, quasi quanto quella della pompa di benzina atomica: «la UE è ora il dipartimento relazioni economiche della NATO», disse il ministero degli Esteri russo.

 

Vero. Verissimo. Ricordando pure che, a differenza della Russia, l’Europa non ha benzina né, con la sola eccezione della Francia, controllo sulle atomiche.

 

 

 

 

 

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

 

 

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Storia

Rapporto «Verità e giustizia»: abusi sistematici contro i Tamil dopo la guerra civile in Sri Lanka

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il documento diffuso dall’International Truth and Justice Project riporta le testimonianze di 123 vittime di detenzioni, abusi e torture. Durante il conflitto concluso nel 2009 – dalle 80 alle 100 mila le persone morte – sono accusate di violenze sia i separatisti sia i governativi. Ma la persecuzione dei Tamil da parte delle forze di sicurezza è continuata impunita anche una volta finita la guerra.

 

È stato diffuso ieri il rapporto «Disappearance, Torture And Sexual Violence Of Tamils 2015-2022» dell’International Truth and Justice Project (ITJP), con sede a Londra: documenta presunti abusi nello Sri Lanka, riportando le testimonianze di 123 Tamil che hanno dichiarato di essere stati picchiati, bruciati, soffocati e aggrediti sessualmente dalle autorità dello Sri Lanka tra il 2015 e il 2022.

 

L’ITJP ha dichiarato nel documento che le forze di sicurezza dello Sri Lanka hanno rapito uomini e donne della minoranza etnica Tamil e li hanno torturati anche molto tempo dopo la fine della sanguinosa guerra civile nel Paese.

 

Il conflitto – durato 26 anni e concluso nel 2009 – ha visto contrapposti gli insorti separatisti tamil e le forze governative. Le organizzazioni per i diritti umani accusano entrambe le parti di aver commesso abusi in questo periodo in cui sono morte dalle 80 mila alle 100 mila persone, secondo le stime delle Nazioni Unite.

 

Il nuovo rapporto analizza le dichiarazioni di 109 uomini e 14 donne di età compresa tra i 20 e i 39 anni, prelevati e trattenuti dalle forze di sicurezza. Le detenzioni sono durate da un giorno a un anno e mezzo. La metà delle detenzioni del 2022 – 11 su 24 – è avvenuta dopo l’arrivo al potere dell’attuale presidente Ranil Wickremesinghe, con la deposizione di Gotabaia Rajapaksa nel luglio 2022.

 

Le vittime tamil ora vivono tutte fuori dallo Sri Lanka. Il rapporto dice che sono stati interrogati sui loro legami con le LTTE (Tigri per la liberazione della patria Tamil), sulla partecipazione a proteste e commemorazioni e sul coinvolgimento in partiti politici tamil.

 

«Le forze di sicurezza dello Sri Lanka agiscono come se i giovani tamil che esercitano pacificamente i loro diritti politici rappresentassero una minaccia per la sicurezza nazionale», si legge nel rapporto. Molti degli stessi metodi di sparizione e tortura condotti dalle forze di sicurezza contro i combattenti delle LTTE che si erano arresi e contro la popolazione civile Tamil negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, rimangono comuni fino ad oggi.

 

In 130 delle 139 detenzioni, gli interrogatori hanno comportato la tortura. Le vittime sono state picchiate duramente, asfissiate con un sacchetto di politene, bruciate con sigarette o altri materiali riscaldati, immerse in acqua e sospese a delle corde. Anche l’abuso sessuale è stato perpetrato di frequente, sono 91 i casi registrati.

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Inoltre, in 55 delle 139 detenzioni, i detenuti sono stati costretti a firmare una confessione dopo la tortura in una dichiarazione in lingua sinhala, che non potevano capire. Alcuni detenuti sono fuggiti, mentre altri sono stati rilasciati. Tuttavia, in 129 casi, sono stati bendati e restituiti alle loro famiglie dopo il pagamento di una somma di denaro.

 

«Le detenzioni arbitrarie e illegali tra il 2009 e il 2015 erano sistemiche e strutturalmente radicate», continua il rapporto. Il preoccupante intensificarsi di queste pratiche «è improbabile che si fermi, a meno che la comunità internazionale non eserciti maggiori pressioni sullo Sri Lanka affinché si occupi della riforma del settore della sicurezza e sradichi i funzionari responsabili», ha dichiarato Yasmin Sooka, direttore esecutivo dell’ITJP.

 

Nel rapporto, a pagina 33, viene citata anche una dichiarazione di Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, che nel marzo di quest’anno ha affermato: «resto profondamente preoccupato per le testimonianze ricorrenti e credibili ricevute dal mio ufficio di rapimenti, detenzioni illegali e torture, incluse violenze sessuali, da parte della polizia e delle forze di sicurezza dello Sri Lanka, alcune delle quali sarebbero avvenute nel 2023, principalmente nel nord e nell’est del Paese».

 

Il rapporto include una serie di raccomandazioni, che dovrebbero essere attuate per porre fine alla cultura dell’impunità attualmente praticata dalla polizia e dalle forze di sicurezza: rimuovere dall’incarico l’attuale Ispettore Generale di Polizia (IGP), che è stato riconosciuto da un tribunale dello Sri Lanka come coinvolto in torture.

 

E, ugualmente, sollevare dalle funzioni i membri dell’organo di controllo, la Commissione nazionale di polizia, che sarebbero complici delle sparizioni avvenute ai tempi del JVP (Fronte di Liberazione Popolare).

 

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Immagine di un_owen via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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Geopolitica

«La Russia farà tutto il possibile per evitare uno scontro globale, ma non si lascerà minacciare». Discorso di Putin alla parata della Vittoria

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Il 9 maggio si è svolta la tradizionale parata per il «giorno della Vittoria» del 9 maggio, data in cui i russi ricordano la fine della «Grande Guerra Patriottica», ossia la Seconda Guerra Mondiale, in cui Mosca prevalse sulla Germania nazista.   Si trattava del 79° anniversario della conclusione di una guerra vittoriosa che costò alla Russia diecine di milioni di vite umane.   Oltre al presidente Putin – che riveste il ruolo di comandante in capo delle forze armate della Federazione Russa – erano presenti sullo stand anche il presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko, il presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym-Jomart Tokaev, il presidente della Repubblica del Kirghizistan Sadyr Japarov, il presidente della Repubblica del Tagikistan Emomali Rahmon, il presidente del Turkmenistan Serdar Berdimuhamedov e Il presidente della Repubblica dell’Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev, il presidente della Repubblica di Cuba Miguel Mario Díaz-Canel y Bermúdez, il presidente della Repubblica di Guinea-Bissau Umaro Mokhtar Sissoco Embaló e il presidente della Repubblica democratica popolare del Laos Thongloun Sisoulith. Prima della sfilata, Vladimir Putin ha accolto nella Sala Araldica del Cremlino i capi di Stato stranieri giunti a Mosca per le celebrazioni.   La parata è iniziata quando la bandiera nazionale della Russia e lo Stendardo della Vittoria sono stati portati sulla Piazza Rossa. La parata è stata guidata dal comandante in capo delle forze di terra russe, generale dell’esercito Oleg Salyukov, ed è stata seguita dal ministro della Difesa ad interim Sergej Shoigu, scrive il sito ufficiale del Cremlino.   La colonna in marcia sulla Piazza Rossa comprendeva 30 reggimenti cerimoniali di oltre 9.000 membri del personale di servizio, tra cui oltre 1.000 soldati che prendevano parte all’operazione militare speciale.   La colonna motorizzata era guidata dal leggendario «carro armato della Vittoria» il T-34. Veicoli corazzati multiuso Tigr-M, VPK Ural e KAMAZ, ambulanze da campo protetto Linza, sistemi missilistici tattici operativi Iskander-M, lanciatori di difesa aerea S-400 Triumf, sistemi missilistici mobili terrestri Yars e veicoli corazzati BTR-82A hanno quindi attraversato la Piazza Rossa.   La parata del Giorno della Vittoria si è conclusa con una parte aerea con i jet Su-30M e MiG-29 pilotati dalle pattuglie acrobatiche Russkiye Vityazi (Cavalieri russi) e Strizhi che hanno sorvolato la Piazza Rossa nella famosa formazione a forma di losanga del Diamante cubano, seguita da sei Su- 25 aerei da combattimento dipingono il cielo con i colori della bandiera russa.   L’accompagnamento musicale è stato fornito dall’orchestra militare combinata della guarnigione di Mosca.   Quello che segue è il discorso del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin.  

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  Cittadini della Russia,   Cari veterani,   Compagni soldati e marinai, sergenti e sergenti maggiori, guardiamarina e sottufficiali,   Compagni ufficiali, generali e ammiragli,   Soldati e comandanti, personale in prima linea che partecipa all’operazione militare speciale,   Mi congratulo con te per il Giorno della Vittoria! Questa è la nostra festa sacra principale, veramente nazionale.   Oggi onoriamo i nostri padri, nonni e bisnonni. Difesero la loro terra natale e schiacciarono il nazismo, liberarono i popoli d’Europa e dimostrarono un eroismo senza precedenti in combattimento e sul fronte interno.   Oggi assistiamo a tentativi di distorcere la verità sulla Seconda Guerra Mondiale. Questa verità è una piaga per coloro che hanno sviluppato l’abitudine di basare la propria politica effettivamente coloniale sulla doppiezza e sulla menzogna.   Stanno abbattendo monumenti a coloro che hanno realmente combattuto il nazismo, erigendo monumenti ai traditori e ai complici di Hitler e cancellando la memoria dell’eroismo e dello spirito nobile dei liberatori e del grande sacrificio che fecero per il bene di tutta la vita sulla Terra.   Nutrire sentimenti revanscisti, prendersi gioco della storia e cercare di giustificare gli attuali seguaci nazisti fa parte di ciò che costituisce una politica comune delle élite occidentali per alimentare conflitti regionali, conflitti interetnici e interreligiosi e per contenere centri sovrani e indipendenti. dello sviluppo globale.   Rifiutiamo le pretese eccezionaliste di qualsiasi Paese o alleanza. Sappiamo a cosa può portare questa ambizione incontrollata. La Russia farà tutto il possibile per evitare uno scontro globale, ma non si lascerà minacciare. Le nostre forze strategiche sono sempre pronte al combattimento.   L’Occidente vorrebbe dimenticare le lezioni della Seconda Guerra Mondiale, ma ricordiamo che il destino dell’umanità è stato deciso durante le colossali battaglie di Mosca, Leningrado, Rzhev, Stalingrado, Kursk, Kharkov, Minsk, Smolensk e Kiev, e nell’intenso e sanguinosi combattimenti da Murmansk al Caucaso e alla Crimea.   Per i primi tre lunghi e duri anni della Grande Guerra Patriottica, l’Unione Sovietica, insieme a tutte le repubbliche che la costituivano, combatté i nazisti praticamente da sola, mentre praticamente tutta l’Europa lavorava per sostenere la macchina da guerra nazista.   Ma lasciatemi sottolineare: la Russia non ha mai sminuito l’importanza del Secondo Fronte o dell’assistenza alleata. Onoriamo il valore di tutti i membri della Coalizione Anti-Hitler, del Movimento di Resistenza, del movimento clandestino e dei guerriglieri, così come il coraggio dimostrato dai popoli cinesi che lottano per la loro indipendenza contro l’aggressione militarista del Giappone. Ricorderemo per sempre e non dimenticheremo mai la nostra lotta comune e le tradizioni ispiratrici dell’alleanza.   Amici!   La Russia sta attraversando un momento difficile e spartiacque della sua storia. Il destino della nostra Patria e il suo futuro dipendono da ciascuno di noi.   Oggi, nel Giorno della Vittoria, lo sentiamo ancora più acutamente e non manchiamo mai di trarre ispirazione dalla nostra generazione di vincitori coraggiosi, nobili e saggi, e dal modo in cui hanno amato l’amicizia e sono rimasti saldi di fronte alle avversità, fidandosi sempre di se stessi e dei propri figli. paese e nutrivano un amore sincero e disinteressato per la loro Patria.   Celebriamo il Giorno della Vittoria sullo sfondo dell’operazione militare speciale. Tutti coloro che vi sono impegnati, in prima linea, sono i nostri eroi. Siamo onorati dalla vostra forza d’animo e dal vostra abnegazione. Tutta la Russia è con voi.   Anche i nostri veterani credono in voi e sono preoccupati per voi. Il fatto che rimangano coinvolti emotivamente nelle vostre vite e nel vostro eroismo è un legame indissolubile che unisce questa generazione eroica.   Oggi onoriamo la memoria radiosa di coloro le cui vite furono tolte dalla Grande Guerra Patriottica, la memoria di figli, figlie, padri, madri, nonni, bisnonni, mariti, mogli, fratelli, sorelle, familiari, persone care e amici.   Chiniamo la testa mentre custodiamo il ricordo dei veterani della Grande Guerra Patriottica che non sono più con noi. In memoria dei civili che sono morti nei barbari bombardamenti e negli attacchi terroristici commessi dai neonazisti, e dei nostri fratelli d’armi caduti nella lotta contro il neonazismo e nella giusta lotta per la Russia.   Dichiaro un minuto di silenzio.   [è seguito un momento di silenzio]   I nostri cari veterani, compagni e amici!   Il 9 maggio è sempre una data emozionante e toccante. Ogni famiglia ha a cuore i suoi eroi, guarda le loro fotografie, i loro volti cari e amati, ricorda i loro familiari e le loro storie di guerra e di fatica.   I Giorni della Vittoria uniscono tutte le generazioni. Andiamo avanti facendo affidamento sulle nostre tradizioni secolari e fiduciosi che insieme garantiremo un futuro libero e sicuro alla Russia.   Gloria alle valorose Forze Armate! Per la Russia! Per la vittoria!   Evviva!   Vladimir Vladimiroch Putin

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
 
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Cina

Xi ricorda il 25° anniversario delle atrocità NATO in Serbia. Noi rammentiamo altri misteri della globalizzazione anni ’90

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Il presidente cinese Xi Jinping è arrivato martedì in Serbia per una visita di due giorni, in occasione del 25° anniversario del mortale attacco aereo americano contro l’ambasciata cinese a Belgrado.

 

L’attacco, avvenuto durante la guerra aerea della NATO del 1999 a sostegno dei separatisti di etnia albanese in Kosovo, uccise tre cittadini cinesi e ne ferì altri 20. Pechino non ha mai accettato del tutto le scuse di Washington secondo cui l’attacco era stato un errore causato da «vecchie mappe».

 

La Cina «non dovrebbe mai dimenticare» le bombe che hanno causato la morte di Shao Yunhuan, Xu Xinghu e Zhu Ying, ha scritto Xi in un articolo pubblicato martedì dal più antico quotidiano serbo, Politika.

 

«Il popolo cinese ha a cuore la pace, ma non permetteremo mai che una storia così tragica si ripeta», ha aggiunto il presidente.

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I caccia serbi MiG-29, acquistati dalla Russia diversi anni fa per sostituire le perdite inflitte dalla NATO, avrebbero dovuto fornire una guardia d’onore all’aereo di Xi mentre entrava nello spazio aereo serbo.

 

Dall’ultima visita di Xi nel 2016, Pechino è emersa come il più grande investitore straniero di Belgrado e il secondo partner commerciale dopo Bruxelles. La Cina ha anche sostenuto l’integrità territoriale della Serbia nei confronti del Kosovo, il cui governo provvisorio ha dichiarato l’indipendenza nel 2008 con il sostegno degli Stati Uniti e della NATO. L’UE ha recentemente indicato il riconoscimento del Kosovo come condizione per l’eventuale adesione della Serbia.

 

«Sosteniamo gli sforzi della Serbia per sostenere la sua sovranità e integrità territoriale e ci opponiamo a qualsiasi tentativo da parte di qualsiasi forza di interferire negli affari interni della Serbia», ha scritto Xi nel suo articolo per Politika.

 

Cina e Serbia «mantengono posizioni simili su molte importanti questioni internazionali e regionali», ha osservato lo Xi, aggiungendo che i due paesi dovrebbero cooperare per realizzare «un mondo multipolare equo e ordinato e una globalizzazione economica universalmente vantaggiosa e inclusiva».

 

Sia Pechino che Belgrado hanno rifiutato di unirsi agli Stati Uniti e ai loro alleati nell’imporre un embargo alla Russia sul conflitto in Ucraina, nonostante le ripetute richieste in tal senso da parte dell’Occidente. Lunedì, visitando la Francia, Xi ha detto al presidente Emmanuel Macron di respingere i tentativi occidentali di fare pressione sulla Cina sull’Ucraina e di «incitare una nuova guerra fredda».

 

Xi ha descritto la Serbia come «una terra di bellezza e leggende» e ha affermato che la sua amicizia con la Cina, «forgiata con il sangue dei nostri compatrioti», ispirerà le due nazioni «a marciare avanti a grandi passi».

 

Nei due giorni di visita la delegazione cinese, composta da circa 400 persone, firmerà con i padroni di casa serbi circa 30 accordi. Dopo Belgrado, Xi visiterà la vicina Ungheria, un altro importante partner commerciale cinese in Europa sebbene sia membro dell’UE.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Serbia, memore dei bombardamenti del 1999, ha fatto capire che mai vorrà entrare nella NATO, che pure per coincidenza ha sede proprio a Bruxelles. Vucic ha dichiarato in questi mesi che il Kosovo starebbe operando per iniziare, ancora una volta, «una guerra NATO-Serbia».

 

La Repubblica Popolare Cinese, che un anno fa ha operato una grande e misteriosa consegna militare a Belgrado, ha detto di ritenere che ci sia la NATO dietro alle tensioni in Kosovo.

 

L’incidente diplomatico scaturito nel 1999 fu poi ricordato, appena dopo le elezioni USA 2020, in un controverso video pubblico cinese uscito subito dopo le elezioni americane 2020, un importante professore pechinese, Di Dongsheng, spiegava che Cina e USA fino a Trump avevano sempre goduto di solidi canali riservati che permettevano loro di risolvere qualsiasi problema con rapidità: l’esempio specifico che faceva era proprio quello del bombardamento dell’ambasciata di Belgrado.

 

«Aggiustavamo tutto in due mesi. Qual è la ragione? Dirò qualcosa di esplosivo: è perché abbiamo persone al vertice. Al vertice del nucleo delle cerchie più interiori del potere e dell’influenza in America, Noi abbiamo i nostri vecchi amici».

 

Nello stesso discorso, il professor  Di accennava sornione al fondo del figlio depravato di Biden, Hunternoto per i suoi numerosi affari con la Cina e con i suoi vertici. «Trump ha detto che il figlio di Biden ha una sorta di fondo globale. Lo avete sentito? Chi lo ha aiutato a mettere in piedi il fondo?»

 

 

Due anni fa divenne virale nell’internet cinese un video di una riunione del 1998 della Commissione Relazioni Estere del Senato USA dove il senatore del Delaware Joe Biden rivendica le sue proposte di bombardamento della Yugoslavia, dettagliando anche gli obbiettivi da colpire come ponti e depositi di carburante.

 

«Io ho proposto di bombardare Belgrado. Io ho proposto di mandarci i piloti americani a distruggere tutti i ponti sul fiume Drina», rivendica orgoglioso il Biden.

 

 

Il bombardamento dell’ambasciata yugoslava della Repubblica Popolare avvenne sotto l’amministrazione Clinton, quella che sfruttò il crollo dell’URSS per ridisegnare il mondo secondo lo schema mondialista delle élite anglosassoni, dall’Ucraina al Kosovo alla Cina indotta a divenire la «fabbrica del pianeta» con conseguente deindustrializzazione occidentale.

 

A quei tempi, oltre a trattare l’ingresso di Pechino nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) che avrebbe dato lo start definitivo alla cosiddetta globalizzazione, tra il Dragone e Washington era scoppiato uno specioso episodio di spionaggio di segreti nucleari captati dai cinesi, contro cui, apparentemente, gli uomini di Clinton fecero non molto.

 

Uno degli operativi politici legato alle questioni cinesi dell’epoca era Mark Middleton, poi ritenuto come uomo di collegamento tra Clinton e l’oscuro finanziere pedofilo Jeffrey Epstein. Negli anni ’90, Middleton ha servito da filo conduttore tra Clinton e l’Epstein, avendo organizzato almeno 7 delle 17 visite che Epstein fece alla Casa Bianca, e ha volato lui stesso più volte sul Lolita Express, secondo il Daily Mail.

 

Come riportato da Renovatio 21, Middleton fu trovato legato a Epstein trovato impiccato con un colpo di fucile al petto in un ranch in Arkansas nel 2022. Una delle plurime morti sospette attorno al caso Epstein che, più genericamente, viene ascritta al cosiddetto «Clinton Body Count», una lista di decessi che alcuni osservatori riconducono alla cerchia di Bill e Hillary.

 

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