Spirito
Suore contro la tratta degli esseri umani ai confini della Birmania
																								
												
												
											Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Presentato il rapporto annuale dell’organismo che in tutto il mondo vede le religiose in prima linea nella lotta a questa piaga. In Asia nel 2022 sono state 9329 le vittime che hanno ricevuto protezione grazie a un’attività portata avanti in 20 diversi Paesi. La testimonianza di una suora thailandese.
Nel 2022 in Asia sono state ben 9329 le vittime della tratta di esseri umani che hanno ricevuto protezione grazie all’azione di Talitha Kum, la rete fondata nel 2009 dall’Unione Internazionale delle Superiori Generali (UISG) per unire le forze delle suore nella lotta contro questo triste fenomeno. Il dato è contenuto nel rapporto annuale sulle proprie attività diffuso da questo organismo che vede oggi collaborare con le religiose anche congregazioni maschili, associazioni, persone di diverse religioni.
«L’anno appena trascorso – spiega la coordinatrice internazionale suor Abby Avelino, religiosa filippine delle Missionarie di Maryknoll – è stato uno dei più impegnativi mai vissuti, a causa dello sviluppo di molte crisi legate tra loro, come l’impatto della pandemia da Covid-19, i conflitti in corso in molti Paesi (Myanmar, Sri Lanka, Siria, Burkina Faso, Venezuela, etc.), la guerra in Ucraina, che ha causato sofferenze a milioni di persone, senza dimenticare le devastanti catastrofi naturali, conseguenze dei cambiamenti climatici. Tutte queste crisi hanno un impatto diretto sulla tratta di esseri umani a livello internazionale. I membri di Talitha Kum continuano a rispondere alla nostra Chiamata all’Azione, curando, portando sollievo, fornendo strumenti e lasciandosi coinvolgere nelle vite delle vittime e dei sopravvissuti, nonché delle popolazioni a rischio di tratta e sfruttamento».
Nella sezione dedicata all’Asia la coordinatrice regionale suor Paula Kwandao Phonprasertruksa, delle suore di St. Paul de Chartres, ricorda tra le esperienze importanti dell’anno la presenza di Talitha Kum a Bangkok all’Assemblea in occasione del 50° anniversario della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (Fabc) che ha permesso di rafforzare la rete dei contatti.
Dal rapporto – insieme alle infografiche che riassumono l’impegno di Talitha Kum nel continente che parlano di 21o congregazioni coinvolte in 20 diversi Paesi – riportiamo questa testimonianza non firmata di una religiosa thailandese che svolge il suo ministero accanto alle vittime del traffico di esseri umani alla frontiera con il Myanmar.
La lotta alla tratta di esseri umani in Thailandia è una grande sfida a causa del confine con il Myanmar e del costante flusso di persone che fuggono dalla violenza e dalla guerra e che sono particolarmente vulnerabili a questo fenomeno. Senza contare che il nostro precedente governo aveva promosso la prostituzione. Come operatori sociali, non possiamo rimanere passivi di fronte a questa realtà. Dobbiamo fare del nostro meglio per aiutare ogni persona che ha bisogno di sostegno per migliorare la qualità della propria vita.
In questo lavoro la sfida più grande è la sensibilizzazione dei giovani. Mi preoccupa molto vederli nei campi profughi, mentre vivono in povertà e hanno molto tempo libero. Tendono a seguire tutto ciò che vedono online, che può essere molto violento, e rischiano di rimanere coinvolti nello spaccio e nel consumo di droga. Noi lottiamo per dare loro uno sguardo sul futuro e tirarli fuori da questi circoli dannosi.
L’esperienza più bella del mio lavoro, invece, è quando mi trovo ad aiutare donne, uomini, adolescenti e bambini che sono sopravvissuti alla tratta di esseri umani. Mi sento fortunata a poterli aiutare e camminare al loro fianco mentre si reinseriscono nella società. Questo mi rende molto felice; è davvero bello vedere qualcuno superare queste difficoltà.
Il mio cuore soffre quando vedo nuovi casi e situazioni complicate di persone che si sono ritrovate ad essere vittime della tratta. Mi sento come una madre il cui figlio sta soffrendo. Come madre, farei qualsiasi cosa per aiutare mio figlio. Li tengo nel mio cuore e nelle mie preghiere e, sebbene sia difficile vincere questa battaglia, confido in Dio e cerco di curare e aiutare dove necessario.
Sono convinta che far parte della rete Talitha Kum ci aiuti a superare meglio la tratta di esseri umani. Spero e prego che i giovani ambasciatori di molti Paesi si uniscano ai nostri sforzi, loro mi danno speranza. Attraverso la collaborazione interreligiosa possiamo coinvolgere un maggior numero di giovani e mettere in pratica la “chiamata all’azione” di Talitha Kum, per rafforzare l’informazione, la comunicazione, la prevenzione, la rete e le azioni di advocacy.
Talitha Kum Thailandia collabora con il governo grazie alla legge thailandese contro la tratta di esseri umani. Ma non ci fermiamo qui. Come spose di Cristo, facciamo parte di congregazioni religiose che portano cura e speranza per ripristinare la dignità umana.
Il nostro obiettivo è promuovere l’accesso alla giustizia e aiutare le persone nel loro percorso. Mi sento rafforzata quando incontro e collaboro con molte congregazioni religiose diverse.
Credo che le mani di Gesù Cristo guidino tutto e che Gesù ci ami, me e voi. Egli ci aiuta a diventare amore, ad aiutare le vittime della tratta di esseri umani a risollevarsi e ad avere una vita dignitosa.
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Immagine di Joe Shlabotnik via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Spirito
Filippine: le sette evangeliche riscuotono un successo clamoroso
														Sebbene il cattolicesimo rimanga la religione dominante nelle Filippine, un numero crescente di filippini si sta ora rivolgendo alle comunità protestanti, appartenenti al cosiddetto movimento «evangelico». Diverse ragioni spiegano questa crescente disaffezione nei confronti della Chiesa.
Nell’arcipelago filippino, la Chiesa cattolica permea tutti gli aspetti della vita: le arterie urbane, le feste popolari, i dibattiti politici e perfino gli scambi quotidiani spesso rimandano alle grandi devozioni cattoliche.
Il cattolicesimo, vestigia della dominazione spagnola e pilastro dell’unità nazionale, era sembrato fino ad allora incrollabile: ma questo significava dimenticare che anche il colosso a volte ha i piedi d’argilla. Mentre all’inizio degli anni 2000 circa l’82,3% della popolazione si identificava come cattolico, due decenni dopo questa percentuale era scesa al 78,6%.
Allo stesso tempo, le comunità evangeliche hanno conosciuto una crescita spettacolare, con la loro quota aumentata dal 4,1% all’8,2% in tempi record, al punto che si può parlare senza esagerare di una vera e propria ondata evangelica che continua a generare credenti «rinati», coloro che credono, come Nicodemo, di essere nati una seconda volta grazie al loro ingresso in questo nuovo tipo di protestantesimo.
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A questo declino hanno contribuito in larga parte le carenze che hanno scosso la Chiesa cattolica locale: si potrebbe citare il posizionamento politico dei vescovi filippini che, tra il 2016 e il 2022, sono entrati in guerra contro l’allora capo dello Stato, Rodrigo Duterte, in particolare a causa dei metodi rapidi di quest’ultimo contro i narcotrafficanti.
L’uomo forte dell’arcipelago non ha esitato a insultare a sua volta i prelati, contribuendo così a normalizzare gli attacchi contro la gerarchia ecclesiastica. Ma si potrebbero anche menzionare sospetti di irregolarità finanziarie e altri casi di abusi che hanno offuscato la reputazione dell’istituzione.
Il declino del cattolicesimo nella regione – come altrove nel mondo – si spiega anche con il fenomeno della «modernità psicologica», per cui la crescente domanda di autonomia, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, si è spostata dal registro politico a quello intimo, per affermarsi anche nelle scelte spirituali e religiose.
In questo contesto, il credente ritiene che ora spetti a lui trovare le risorse personali che possano autenticare la propria fede ai propri occhi, piuttosto che affidarsi alle credenze prescritte dall’istituzione. Ciò porta a un cambiamento nell’adesione religiosa che mette in risalto la figura del convertito. Il credente tende a presentarsi come un «ritornante», un cristiano rinato che costruisce la propria appartenenza attraverso le proprie scelte.
Questa prospettiva risiede in una decisione personale. Testimoniare la propria conversione significa produrre una narrazione di sé come credente autonomo: significa introdurre l’individuo egocentrico nella mentalità cattolica. A questo si aggiunge la retorica dell’autenticità e dell’autorealizzazione, che spiega perché le sette evangeliche prediligano servizi intrisi di danze e lodi ritmiche, instillando un’atmosfera presumibilmente conviviale e immersiva.
In breve, è la conseguenza logica delle celebrazioni piatte e orizzontali delle animazioni liturgiche apparse sulla scia del Nuovo Ordo Missae.
Ma sarebbe esagerato prevedere la scomparsa del cattolicesimo o il soffocamento delle comunità locali sul suolo filippino: la fede cattolica resta viva, ma dovrà attingere più che mai in futuro alle radici della sua Tradizione per non vedersi rubare definitivamente la pretesa di vitalità e dinamismo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Nepespellogo via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Spirito
Mons. Viganò: la chiesa sinodale è un «customer service»
														Nostro Signore, Verbo eterno del Padre, ha detto: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha vita eterna” (Gv 5, 24). Così vale per la Chiesa, Suo mistico Corpo: essa è maestra e le si deve ascolto e filiale obbedienza.
La… pic.twitter.com/vmqvTCbpEE — Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) November 2, 2025
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Spirito
Programma del primo viaggio apostolico di Papa Leone XIV
														Questo viaggio, che porterà papa Leone XIV in Turchia e Libano, è previsto dal 27 novembre al 2 dicembre 2025. Include un pellegrinaggio a Iznik, l’attuale Nicea, per commemorare il 1700° anniversario del primo concilio ecumenico della storia.
La Santa Sede ha svelato il 27 ottobre il programma ufficiale del primo viaggio apostolico di papa Leone XIV in Turchia e Libano. Il programma comprenderà numerosi discorsi, incontri istituzionali, celebrazioni ecumeniche, momenti di preghiera nei siti archeologici di Nicea, una visita alla Moschea Blu di Istanbul e una sosta al porto di Beirut.
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Incontri speciali
Ankara, Istanbul, Iznik, poi Beirut, Annaya, Harissa, Bkerké accoglieranno il papa che, secondo le sue spiegazioni, si recherà nei due Paesi mediorientali per esaudire il desiderio del suo predecessore Francesco e portare un messaggio di pace in questa regione del mondo colpita da guerre e tragedie di vario genere.
È previsto un incontro ecumenico a Iznik, fulcro delle celebrazioni per il 1700° anniversario del Concilio di Nicea. L’incontro prevede la firma di una dichiarazione congiunta con il Patriarca di Costantinopoli a Istanbul e una visita alla Moschea Blu, che in passato ha ospitato Benedetto XVI e Francesco. In Libano, è prevista una sosta al porto di Beirut e una preghiera sulla tomba di Charbel Makhlouf nel monastero di Annaya.
Turchia
Dopo l’arrivo in Turchia, Papa Leone XIV visiterà il mausoleo di Atatürk, fondatore del moderno stato laico che abolì il califfato ottomano con la Costituzione del 1937, e poi il palazzo presidenziale per un incontro con il presidente Recep Tayyip Erdoğan. Si recherà quindi a Istanbul.
Il secondo giorno incontrerà vescovi, sacerdoti, diaconi, persone consacrate e operatori pastorali presso la Cattedrale dello Spirito Santo, quindi visiterà la Casa delle Piccole Sorelle dei Poveri, presente in Turchia da oltre 120 anni, prima di recarsi a Iznik per una celebrazione ecumenica. Ritornerà quindi a Istanbul.
Il giorno seguente, ha visitato la Moschea Blu, poi ha incontrato i capi delle Chiese non cattoliche. Ha poi incontrato Bartolomeo al Palazzo Patriarcale: hanno firmato una dichiarazione congiunta, prima che il Papa si recasse a celebrare la Messa alla Volkswagen Arena.
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Libano
Domenica 30 novembre, Papa Leone XIV parteciperà alla Divina Liturgia (ortodossa…) presso la Chiesa Patriarcale di San Giorgio, seguita da una benedizione ecumenica. Il successore di Pietro si recherà poi a Beirut, dove incontrerà il Presidente Joseph Aoun e altre autorità civili.
Il 1° dicembre, visita al Monastero di San Marone e preghiera sulla tomba di Charbel Makhlouf. Poi, visita al Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa, dove Léon incontrerà il clero locale, seguito da un’udienza privata con i patriarchi cattolici. È previsto anche un incontro ecumenico e interreligioso.
L’ultimo giorno prevede una visita agli operatori sanitari e ai pazienti dell’ospedale De La Croix, seguita da una preghiera silenziosa al porto di Beirut, luogo dell’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha ucciso più di 200 persone e ne ha ferite 7.000. La messa verrà poi celebrata sul lungomare.
Questa visita «sulle orme di Francesco», che contiene tutte le caratteristiche dei viaggi degli ultimi papi dopo Giovanni Paolo II, in particolare i ripetuti incontri ecumenici, inserisce chiaramente papa Leone XIV nel solco scavato da questi papi del Vaticano II, e non è certo un segno favorevole per il resto del pontificato.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News.
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Immagine di OneArmedMan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
 
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