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Forma e significato della messa di «rito maya»

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Come riportato di recente, in Messico si sta preparando un rito «maya» della messa. Lo studio è già avanzato ed è emerso un progetto. Un gruppo di vescovi messicani si è infatti riunito per lavorarvi nella diocesi di San Cristóbal de las Casas con Mons. Aurelio Garcia Macias, sottosegretario del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

 

Preparato a febbraio, il progetto sarà sottoposto ai vescovi messicani prima di essere inviato a Roma a maggio. Prima di leggere il testo, è utile conoscere il contesto.

 

Diocesi di San Cristóbal de las Casas

La diocesi è stata per decenni sotto l’occhio vigile di Roma. In gioco c’è il sincretismo, il processo decisionale comunitario, l’attivismo politico di sinistra e l’ordinazione di centinaia di diaconi permanenti, con le loro mogli, per realizzare una «chiesa indigena».

 

Mons. Samuel Ruiz Garcia, vescovo della diocesi dal 1960 al 2000, è stato all’origine del movimento. Mons. Felipe Arizmendi Esquivel, creato cardinale nel 2020, vescovo della diocesi dal 2000 al 2017, ha proseguito nella linea del suo predecessore, che ha sollevato non poche preoccupazioni a Roma.

 

Il caso dei diaconi permanenti associati alle loro mogli

Nel 2000 il Vaticano ha chiesto che, al momento dell’ordinazione dei diaconi permanenti, il vescovo non imponesse le mani sul capo della moglie, come era prassi. Nel 2005 la Congregazione per il Culto Divino ha sospeso «le ordinazioni diaconali permanenti fino a quando non sarà risolto il problema ideologico di fondo» e che il concetto di celibato sacerdotale fosse rafforzato.

 

Inoltre «la formazione dei candidati al diaconato permanente doveva essere interrotta». La diocesi contava allora 340 diaconi permanenti sposati e un quarto di questo numero di sacerdoti: le parrocchie erano gestite principalmente da diaconi permanenti e dalle loro mogli.

 

Nel 2007 Roma ha chiesto di togliere dal direttorio diocesano l’indicazione che questi diaconi potessero diventare preti sposati.

 

L’incoraggiamento di papa Francesco

Il cardinale Arizmendi racconta come, già nel 2013, fosse incoraggiato dal nuovo Papa. Francesco gli disse che il diaconato permanente sarebbe potuto essere una soluzione molto opportuna nelle comunità indigene e che sarebbe dovuto essere incoraggiato. Lo raccomanda Querida Amazonia, n°92.

 

Pochi mesi dopo il presule ha spiegato che «siamo stati autorizzati a continuare queste ordinazioni». Francesco ha così incoraggiato un diaconato indigeno permanente con mogli considerate co-diaconesse, ma sostenne anche lo sviluppo di un rito indigeno.

 

Gli elementi generali alla base del nuovo progetto

Diversi elementi compaiono nel Sinodo amazzonico del 2019: rafforzamento del ruolo liturgico delle donne (verso un diaconato femminile), ruolo preponderante dei diaconi indigeni sposati (verso i sacerdoti sposati) e un’inculturazione liturgica mista a elementi idolatrici (cfr. culto della Pachamama).

 

Per quanto riguarda l’antica religione maya, essa è intrisa di politeismo, animismo, credenza nella comunicazione con gli antenati, persino sacrifici umani.

 

Il rito «maya» così com’è già praticato nella diocesi di San Cristóbal de las Casas

C’è già una avanzata inculturazione dei riti maya, approvata dal vescovo locale.

 

Alcuni di questi elementi devono essere integrati nel progetto attuale.

 

Incensazione dell’altare da parte delle donne

È un’antica funzione delle donne maya incensare oggetti come l’altare maya; questa funzione si ripete durante la messa, con lo stesso tipo di incensiere: le donne incensano l’altare in momenti diversi durante la messa con un incensiere maya.

 

Le danze rituali

La cultura maya utilizza danze rituali: queste sono previste alla fine della messa. Si ritiene che queste danze siano mezzi per comunicare con divinità e spiriti. Il sito web di World History spiega: «i rituali di danza venivano praticati per comunicare con gli dei. Le danze prevedevano sontuosi costumi raffiguranti i volti delle divinità. (…) I Maya pensavano che vestendosi e comportandosi come un dio, potessero comunicare con lui».

 

La Terra, «dea madre»

Spiega il cardinale Arizmendi: «nella “teologia indiana” la terra è essenziale, la conoscono come la Dea Madre. Ha la sua personalità. Lei è sacra. Lei è il soggetto con cui parliamo e che veneriamo. La terra è fertilità divina. Le piante, in particolare il mais, sono la carne degli dei data all’uomo per il sostentamento».

 

Sincretismo e indifferentismo religioso

La rinascita delle pratiche e dei simboli maya è vista come un ritorno alle tradizioni «precolombiane», cioè pagane. Ma per la teologia indiana non c’è contraddizione con il Cattolicesimo.

 

Un autore scrive che: «mons. Ruiz ha sottolineato che il Dio venerato nella teologia indiana non era diverso dal Gesù venerato nel cattolicesimo».

 

Lo stesso autore descrive l’incorporazione di antichi riti religiosi nei riti cattolici: «alcuni hanno incorporato elementi come l’acqua, il fuoco, i colori ancestrali, che non hanno nulla a che fare con le preghiere della Chiesa cattolica: rimandiamo non solo a un Dio cristiano, ma anche alla terra, le montagne, l’acqua, la luna, il sole, tra gli altri…»

 

Il ruolo liturgico delle donne

Si manifesta nell’inclusione delle mogli nell’ordinazione dei diaconi permanenti. La sposa, scrive Mons. Arizmendi, «rimane accanto al diacono durante tutta la cerimonia, e unisce la sua mano a quella del marito nel momento della promessa di obbedienza». Inoltre «riceve, insieme al marito, il libro dei Vangeli. Assiste come ministro straordinario della comunione. E nelle celebrazioni ordinarie incensa l’altare, i Vangeli, le immagini, i ministri e i fedeli».

 

Inoltre, “abbiamo autorizzato due donne ad amministrare il battesimo e a presiedere la celebrazione del matrimonio quando non ci sono altri ministri»: una delle esigenze del Cammino sinodale…

 

L’altare maya

È un altare dedicato agli dei e alle credenze della religione maya. Questi altari si trovano già nelle chiese della regione e durante molte cerimonie religiose. Scrive Mons. Arizmendi: «in alcuni luoghi è consuetudine fare, davanti all’altare, l’“altare maya”, con fiori e candele colorate, secondo le quattro direzioni dell’universo, con i frutti della terra».

 

Ogni colore ha un significato specifico, quattro dei quali rappresentano i punti cardinali. Ad un certo punto, la congregazione si inchina verso il centro dell’altare che presenta due candele che si ritiene rappresentino Cristo, sebbene queste candele abbiano anche altri significati.

 

Mons. Arizmendi spiega: «abbiamo favorito l’inculturazione dell’adorazione del Santissimo Sacramento presso l’“altare maya””. Ci sono “simboli su questo “altare” della presenza eucaristica di Gesù”. Nella cultura maya, “Dio è invocato come Cuore del Cielo e Cuore della Terra”; tuttavia, spiega il porporato: “Gesù unisce il cielo e la terra, perché è Dio e uomo».

 

Accensione di candele

«Il sacerdote che presiede la celebrazione annuncia alla comunità che la preghiera universale sarà fatta seguendo il metodo di accensione delle candele secondo la tradizione degli antenati» scrive mons. Arizmendi. Secondo la tradizione Maya, è possibile comunicare in questo modo con i propri antenati. Prima dell’inizio della messa viene preparato un posto davanti all’altare dove verranno accese le candele.

 

Il numero di candele varia a seconda dello scopo della preghiera. Il direttore – sempre laico – invita alla preghiera, mentre la musica tradizionale viene suonata con arpa, violino e chitarra. Tutti i partecipanti si inginocchiano. Una donna incensa le candele, poi l’officiante le accende. Il sacerdote sta davanti al luogo dove sono le candele, si inginocchia e prega con il capo.

 

Danza rituale

«Al termine dell’omelia, scrive il porporato, si può eseguire una danza rituale. È un leggero movimento del corpo e dei piedi che può essere eseguito in una o tre danze».

 

Alcuni di questi elementi erano presenti nella messa papale del 15 febbraio 2016, celebrata da Francesco durante la sua visita alla diocesi di San Cristóbal de las Casas: Papa Francesco ha incensato l’altare con due mogli diaconali, entrambe con incensieri maya in mano, sotto lo sguardo dei loro mariti, due diaconi permanenti autoctoni. C’è stata anche una danza rituale.

 

Il lettore rimarrà forse sbalordito di fronte a questa disordinata inculturazione che introduce gli elementi di una cultura profondamente pagana e che non può che – quanto meno – mantenere una deleteria confusione, ma piuttosto tende, quale che sia l’intenzione degli autori, a un rito che non ha più nulla di cattolico e che è solo puro sincretismo.

 

I punti chiave

Gli elementi centrali del progetto sono: l’incenso durante la messa da parte di laici, uomini o donne; preghiere guidate da un laico dotato di una nuova funzione liturgica: il «principale»; danze maya; l’«altare maya», il cui «contenuto è custodito, sotto il nome di offerta maya».

 

La diocesi vuole quindi istituire due nuove funzioni liturgiche, occupate da un laico, uomo o donna, scelto dalla comunità parrocchiale con l’assenso del vescovo. La prima di queste funzioni è quella di «principale», la seconda quella di «incensatore».

 

Il «principale» o «anziano»

Il principale, posto accanto al sacerdote, dirige le preghiere comunitarie durante la messa. Questo ruolo sminuisce notevolmente l’importanza del sacerdote. Questa funzione è di grande importanza.

 

Così «l’ufficio liturgico di principale è conferito alla persona, uomo o donna, che è autorità morale nella comunità, che guida il suo popolo nella preghiera e nella fede. Veglia su coloro che hanno un ministero nella comunità. Nella liturgia guida il popolo, su invito di chi presiede la celebrazione, nei momenti di preghiera comunitaria».

 

Il progetto pone il principale al di sopra del diacono permanente e di sua moglie: «il principale o l’anziano, rappresentante della comunità ecclesiale indigena, è un agente formativo molto importante. Accompagna il diacono permanente e la sua sposa con i suoi consigli, la sua esperienza e la sua saggezza, assicurando che siano radicati nella comunità, secondo la loro cultura».

 

L’incensatore

Deve incensare in momenti diversi durante la Messa, il che sminuisce ulteriormente il ruolo del sacerdote. Il progetto parla di «incensazione della croce e dell’altare e, ove opportuno, delle immagini di Maria e dei santi».

 

Questa nuova funzione liturgica può essere esercitata da un uomo o da una donna:

 

«Si propone che, presso i popoli originari della diocesi, l’ufficio liturgico di incensare resti nelle mani di persone, maschi o femmine, nominate dalla comunità e approvate dall’Ordinario. Queste funzioni, principale e incensatore, esistono già per approvazione episcopale».

 

Preghiera comunitaria secondo la cultura maya

Le radici di questa cultura sono pagane. Nonostante la spiegazione del cardinale Arizmendi – «i riti che proponiamo hanno una base cattolica, ma sono stati sviluppati da questi popoli di origine maya che si sono allontanati dagli antichi maya» – rimane il timore del sincretismo. Il progetto afferma che le pratiche maya sono essenziali affinché i nativi entrino in relazione con Dio:

 

«Pregare ad alta voce e in comunità, guidati dal principale, ci permette di entrare in un rapporto diretto con Dio. Senza questo elemento il cuore non è disposto a partecipare. Così questa preghiera comunitaria è un elemento essenziale da inserire nella Messa celebrata con i popoli della diocesi. Senza di essa non si entrerebbe adeguatamente in una relazione personale con Dio».

 

In altre parole, senza questo antico modo di pregare, accompagnato dall’accensione di candele poste a terra davanti all’altare – pratica derivata dai riti pagani del popolo Maya – la grazia del sacrificio della Messa sembra essere diminuito. Secondo il progetto: «c’è anche un elemento storico, poiché era il modo proprio di queste culture di vivere il rapporto con Dio».

 

«In questo modo, la celebrazione dell’Eucaristia e il modo proprio di pregare di questi popoli non restano estranei o separati, ma si fanno insieme, in armonia, anche con il creato». Per un cattolico, l’armonia con il creato si raggiunge attraverso Dio, e quindi attraverso Gesù Cristo…

 

L’accensione di ceri o candele

La necessità di questa pratica è così spiegata: «La preghiera comunitaria con l’accensione delle candele è stata una delle forme di preghiera più frequentemente utilizzate dagli indigeni, con la quale esprimono tutte le richieste che la comunità ha nel cuore. (…) Questo modo di pregare è uno dei mezzi a disposizione di questi popoli per esprimere con più forza la loro fiducia in Dio».

 

Gli autori del progetto sembrano dire che il rito dell’accensione delle candele sia, per gli indigeni, un mezzo di unione con Dio più potente della Messa, o almeno necessario per la sua piena efficacia.

 

La Madre Terra e gli Antenati

La cerimonia dell’accensione, che è accompagnata dall’inchino del capo, dal contatto con il suolo e dal canto, ha lo scopo di entrare in contatto non solo con Dio, ma anche con gli antenati e con la madre Terra, ponendo così Dio sullo stesso piano della terra o gli antenati. Vediamo come il culto di Dio sembra essere posto sullo stesso piano del culto degli idoli.

 

L’altare maya

L’accensione delle candele è legata all’allestimento di un altare maya, denominato «offerta maya» dal documento, che così lo descrive: deve essere collocato all’interno della chiesa, vicino all’altare, e secondo i colori simbolici maya: rosso, nero, bianco e giallo, nonché i punti cardinali. I colori «cardinali» hanno un significato derivato dall’antica religione politeista.

 

«Vicino all’altare sono poste piante, fiori, frutti e semi della regione, e candele del colore che rappresentano i punti cardinali: a est, rosso; a ovest, nero; a nord, bianco; e a sud, giallo. Vicino alle candele vengono posti frutti o fiori dello stesso colore. Al centro, un crocifisso, una Bibbia, una candela blu e una verde, oltre all’acqua, alla terra e alla chiocciola».

 

Danza liturgica: «I piedi accarezzano il volto della Madre Terra»

Secondo il progetto, «il ringraziamento può essere espresso attraverso una danza». È un «grazie collettivo: nella danza i piedi accarezzano il volto della Madre Terra, compiendo leggeri movimenti. Il volto di Dio viene salutato muovendosi nelle quattro direzioni dell’universo. È il momento di sentire la vicinanza dei nostri fratelli e sorelle, che danzano insieme, sullo stesso essere».

 

«Dio danza in mezzo a noi. (…) È anche sentire la presenza di Gesù, dei santi, dei nostri antenati, che danzano con noi, non come un’immaginazione forzata, ma come una presenza spirituale reale, in una comune armonia».

 

Il testo afferma quindi che gli antenati sono «realmente presenti spiritualmente» in questa danza rituale, cosa che non può essere esatta secondo la dottrina cattolica. Questa danza è «parte integrante dell’azione liturgica»: è una liturgia danzata, e non «una danza nella liturgia».

 

Una parola sugli autori del progetto

L’autore principale è un gesuita, padre Felipe Jaled Ali Modad Aguilar, già impegnato nella preparazione del Sinodo amazzonico. È coordinatore della commissione diocesana per il nuovo rito indigeno in Chiapas, molto attento alla comunicazione con gli antenati.

 

Un altro membro, padre Víctor Manuel Pérez Hernández è parroco della parrocchia di San Juan Chamula, una parrocchia nota per i sacrifici di animali e altre pratiche di culto pagano. Diversi turisti raccontano le loro esperienze in questa chiesa. Ecco un esempio.

 

«Dall’esterno la chiesa assomiglia a tutte le chiese messicane: una facciata luminosa e colorata, con un’architettura molto semplice. Si pagano 25 pesos per entrare, ma è vietato fare foto o video». All’interno «i fedeli praticano rituali unici che coinvolgono santi cattolici, liquori di contrabbando e sacrifici di animali».

 

«Il visitatore è sopraffatto dall’odore dell’incenso di resina di copale e dal fumo di migliaia di candele. Le pareti sono fiancheggiate da statue di santi ornate di specchi per allontanare il male. Non ci sono panchine; freschi aghi di pino ricoprono il terreno. Ogni famiglia spazza uno spazio libero e attacca le candele sulle piastrelle».

 

«I fedeli lasciano che le candele si consumino completamente durante e dopo le loro cerimonie personali. Pregano ad alta voce in tzotzil, a volte piangono e spesso si fanno il segno della croce. Bevono Coca-Cola e “pox” – il distillato regionale; ruttano con l’intenzione di evacuare gli spiriti maligni».

 

«A volte alla famiglia si unisce un curandero [sciamano] che può imporre le mani sui malati, assorbire le loro malattie in un uovo di gallina o guarirli agitando un pollo vivo sopra la loro testa. La gallina viene quindi sacrificata». E la «messa» viene regolarmente celebrata in questa chiesa dal parroco Hernández…

 

Conclusione

Sembra abbastanza ovvio che l’adattamento di elementi culturali e riti di origine maya per la diocesi di San Cristóbal de las Casas non eviti il ​​sincretismo.

 

(…)

 

Se vescovi e sacerdoti possono distinguere le cose, ma per i fedeli è un’altra cosa. Inoltre, che bisogno c’è di immergere il discepolo di Cristo in questi elementi che possono solo turbarlo, lasciandolo legato a pratiche quantomeno superstiziose, se non addirittura idolatre.

 

Quanta responsabilità nello stabilire questo rito paganizzato!

 

 

 

 

Articoli previamente apparsi su FSSPX.news.

 

 

Immagine da FSSPX.news 

 

 

 

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La messa tradizionale nuovamente autorizzata in San Pietro

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Durante il 14° Pellegrinaggio ad Petri Sedem, organizzato dal Coetus Internationalis Summorum Pontificum, che si terrà a Roma e in Vaticano dal 24 al 26 ottobre, il Cardinale Raymond Leo Burke celebrerà una Messa pontificale secondo il rito tridentino presso l’Altare della Cattedra della Basilica di San Pietro sabato 25 ottobre.

 

Il presidente del Coetus Internationalis Summorum Pontificum ha annunciato l’autorizzazione di questa celebrazione, che fa parte del calendario degli eventi del pellegrinaggio, che da oltre un decennio riunisce fedeli provenienti da diversi Paesi attorno alla liturgia tradizionale latina.

 

Questo pellegrinaggio è stato fondato nel 2012. Negli ultimi anni, aveva subito le conseguenze delle restrizioni imposte dal motu proprio Traditionis Custodes di papa Francesco, che limitava l’uso della Messa tradizionale, una limitazione che aveva influenzato l’organizzazione del pellegrinaggio.

 

È tuttavia gratificante che, per la prima volta dall’entrata in vigore del Traditionis Custodes, la celebrazione della Messa tradizionale sia autorizzata presso l’altare della Cattedra di San Pietro nella Basilica Vaticana, mentre il rito tridentino era stato praticamente vietato. Questo va certamente attribuito a Papa Leone XIV, senza dubbio su richiesta del Cardinale Burke.

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Durante i primi pellegrinaggi ad Petri Sedem, la Messa tridentina veniva celebrata liberamente nella Basilica di San Pietro. Tuttavia, già nel marzo 2021, la Segreteria di Stato aveva vietato le Messe private secondo il rito tradizionale, autorizzandole solo nella piccola Cappella Clementina.

 

Dopo la pubblicazione di Traditionis Custodes, i pellegrinaggi non furono autorizzati a celebrare nella Basilica Vaticana per l’anno 2022, un divieto che fu mantenuto negli anni successivi. I pellegrini dovettero invece recarsi nella Chiesa della Trinità dei Pellegrini o al Pantheon. Quest’anno il divieto verrà revocato.

 

Speriamo che questo episodio non sia isolato, ma che le restrizioni assolutamente ingiuste, del tutto contrarie alla tradizione e al diritto, che gravano sulla celebrazione del cosiddetto Rito di San Pio V, vengano completamente revocate e che il rito tradizionale possa essere celebrato liberamente da tutti i sacerdoti che lo desiderano. Questo è ciò che la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha sempre chiesto.

 

Sarebbe bene, a partire da Roma, che le direttive della Segreteria di Stato venissero abolite, che il rito tradizionale non fosse più confinato in una piccola cappella della Basilica Vaticana, ma che riacquistasse il suo giusto posto all’interno di questa basilica, che, va ricordato, è stata costruita per esso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di Steven Zucker via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0

 

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Trump posta gli auguri della Madonna in occasione dell’8 settembre

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Il presidente Donald Trump, la mattina della festa della Natività della Beata Vergine Maria, Madre di Dio, ha pubblicato «Buon compleanno Maria, Regina della Pace!»   Il post sui social media di Trump includeva anche un’immagine della statua della Regina della Pace che si trova nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.   La statua in marmo, commissionata da Papa Benedetto XV in segno di ringraziamento per la fine della prima guerra mondiale, reca l’iscrizione «Ave Regina Pacis».   La Chiesa cattolica celebra la festa della Natività della Beata Vergine Maria l’8 settembre, esattamente nove mesi dopo la solennità dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre.   Nelle elezioni presidenziali dello scorso anno, il 55% dei cattolici statunitensi ha votato per Trump.   Nel 2020, Trump ha superato il cattolico Joe Biden con un margine del 50% contro il 49%. Tra il 2020 e il 2024, durante l’amministrazione Biden, il 7% degli elettori cattolici ha cambiato la propria affiliazione politica da democratica a repubblicana.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato Trump aveva pubblicato sui social la preghiera di San Michele Arcangelo, spingendo molti a dire che era «più cattolico dei vescovi».   Due settimane fa Trump ha dichiarato di voler andare in paradiso.  

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Mons. Viganò reagisce alla pellegrinaggio romano omotransessualista

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha reagito al recente pellegrinaggio delle organizzazione LGBT a Roma per il giubileo citando le visioni della Beata Caterina Emmerich, datate 1820.

 

«Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola… Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto… C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che segue l’ultima moda…»

 

«Vidi cose deplorevoli: stavano giocando d’azzardo, bevendo e parlando in chiesa; stavano anche corteggiando le donne. Ogni sorta di abomini vi venivano perpetrati. I sacerdoti permettevano tutto e dicevano la Messa con molta irriverenza. Vidi che pochi di loro erano ancora pii, e solo pochi avevano una sana visione delle cose. Tutte queste cose diedero tanta tristezza»

 

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«Poi vidi che tutto ciò che riguardava il Protestantesimo stava prendendo gradualmente il sopravvento e la religione cattolica stava precipitando in una completa decadenza. La maggior parte dei sacerdoti erano attratti dalle dottrine seducenti ma false di giovani insegnanti, e tutti loro contribuivano all’opera di distruzione. In quei giorni, la Fede cadrà molto in basso, e sarà preservata solo in alcuni posti, in poche case e in poche famiglie che Dio ha protetto dai disastri e dalle guerre»

 

«Stavano costruendo una chiesa grande, strana, e stravagante. Tutti dovevano essere ammessi in essa per essere uniti ed avere uguali diritti: evangelici, cattolici e sette di ogni denominazione»

 

«Ho visto di nuovo la strana grande chiesa. Non c’era niente di santo in essa. Ho visto anche un movimento guidato da ecclesiastici a cui contribuivano angeli, santi ed altri cristiani. C’era qualcosa di orgoglioso, presuntuoso e violento in tutto ciò, ed essi sembravano avere molto successo.»

 

«Vidi quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. L’ho veduta aumentare di dimensioni; eretici di ogni tipo venivano nella città [di Roma]. Il clero locale diventava tiepido, e vidi una grande oscurità… Allora la visione sembrò estendersi da ogni parte. Intere comunità cattoliche erano oppresse, assediate, confinate e private della loro libertà. Vidi molte chiese che venivano chiuse, dappertutto grandi sofferenze, guerre e spargimento di sangue. Una plebaglia selvaggia e ignorante si dava ad azioni violente. Ma tutto ciò non durò a lungo»

 

«Ho avuto un’altra visione della grande tribolazione. Mi sembrava che si pretendesse dal clero una concessione che non poteva essere accordata. Vidi molti sacerdoti anziani, specialmente uno, che piangevano amaramente. Anche alcuni più giovani stavano piangendo. Ma altri (e i tiepidi erano fra questi) facevano senza alcuna obiezione ciò che gli veniva chiesto. Era come se la gente si stesse dividendo in due fazioni».

 

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«Vidi un’apparizione della Madre di Dio, che disse che la tribolazione sarebbe stata molto grande. Aggiunse che queste persone devono pregare ferventemente…Devono pregare soprattutto perché la chiesa delle tenebre abbandoni Roma»

 

«Vidi la Chiesa di San Pietro: era stata distrutta ad eccezione del presbiterio e dell’altare maggiore».

 

«Vedo altri martiri, non ora ma in futuro… Vidi le sette segrete minare spietatamente la grande Chiesa. Vicino ad esse vidi una bestia orribile che saliva dal mare. (Ap 13,1). In tutto il mondo le persone buone e devote, e specialmente il clero, erano vessate, oppresse e messe in prigione».

 

Le visioni della beata sono state varie volte riprese negli ultimi anni.

 

Come riportato in un vecchio articolo pubblicato da Renovatio 21, la beata Anna Caterina Emmerick, suora tedesca, nacque il 250 anni fa, l’8 settembre 1774, a Coesfeld, e il 9 febbraio si è commemorato il 200° anniversario della sua morte a Dülmen, in Vestfalia. Un ventennio fa papa Giovanni Paolo II la beatificò, evidenziando nell’omelia del 3 ottobre 2004 come la mistica avesse vissuto e sofferto nella propria carne «il dolore amaro di nostro Signore Gesù Cristo».

 

La monaca agostiniana ricevette le stimmate dopo il suo tempo nel convento di Agnetenberg, chiuso nel 1811 a causa della secolarizzazione. Accolta nella casa parrocchiale di Dülmen, incontrò lo scrittore Clemens Brentano, che per cinque anni la visitò quotidianamente per trascrivere le sue visioni, poi pubblicate.

 

La sua opera principale, L’amara passione di Nostro Signore Gesù Cristo, narra in dettaglio gli eventi della Passione e della morte di Cristo. Queste visioni ispirarono Mel Gibson per il film La passione di Cristo.

 

Tuttavia, Anna Caterina non vide solo le sofferenze di Cristo di 2000 anni fa, ma anche quelle del Suo Corpo Mistico, la Chiesa, nel presente. Nelle sue visioni, descrisse profezie sul futuro della Chiesa, includendo con chiarezza l’attacco della massoneria, sia dall’esterno che dall’interno.

 

«Lo stato dell’intera Chiesa le fu mostrato, come sempre in tali visioni, nell’immagine della Chiesa di San Pietro, e della setta segreta che si ramificava in tutto il mondo in una guerra ininterrotta di distruzione contro di essa come regno dell’anticristo. La setta riceve la sua firma dalla bestia apocalittica che, essendo sorta dal mare, dimora con essa e la spinge a combattere contro il gregge di Cristo».

 

«Spesso giaceva in mezzo a loro mentre lavoravano; andavano anche da lei nella caverna dove a volte si nascondeva. Durante questo periodo, vidi molte persone buone e pie e specialmente ecclesiastici torturati, imprigionati e oppressi qua e là in tutto il mondo, e avevo la sensazione che un giorno sarebbero diventati nuovi martiri». Il piano ostile portò gli «abortisti a entrare nella chiesa con la bestia».

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La mistica descrisse molto chiaramente la giustapposizione delle due chiese: «ora mi è stato anche mostrato il paragone tra quel papa e questo e tra quel tempio e questo». Le è stato «detto e mostrato quanto debole nel numero e nel sostegno» l’uno fosse, «ma quanto forte nella volontà, avendo rovesciato così tanti dei».

 

Tuttavia, guardava all’altro con grande devozione, per cui «egli aveva l’unico vero Dio e l’unica vera devozione dissolti in così tanti dei e false devozioni» consentendo il falso tempio. Ciò portò all’adorazione di «mille idoli», ma non fu dato alcun posto al Signore. (4)

 

Nella descrizione, alla falsa chiesa venne dato un nome inequivocabile:

 

«Ho visto anche quanto sarebbero state gravi le conseguenze di questa chiesa post-cristiana. L’ho vista crescere, ho visto molti eretici di ogni rango trasferirsi nella città. (…) Ho avuto di nuovo l’immagine di come la chiesa di San Pietro sarebbe stata sistematicamente demolita dalla setta segreta e anche demolita dalle tempeste».

La Emmerick vide l’impronta diabolica della chiesa successiva in una dimensione sconvolgente:

 

«Questa chiesa è piena di feci, di nulla, di piattezza e di notte. (…) È tutto vuoto concetto. I muri sono ripidi, è vuoto. Una sedia è un altare. Su un tavolo c’è un teschio, coperto, tra le luci. A volte è scoperto; nelle loro consacrazioni hanno bisogno di semplici spade. È tutto malvagio da cima a fondo, la comunità degli empi. Non posso dirvi quanto siano abominevoli, corrotte e vane tutte le loro attività, che molti di loro non conoscono nemmeno. Vogliono diventare un corpo in qualcosa di diverso dal Signore».

 

La mistica riconobbe questa spirale discendente fino alle ultime conseguenze, sottolineando che ciò che era pericoloso nell’agenda era «l’apparente innocenza» e l’innocuità ostentata per nascondere malizia, errore, bugie e ipocrisia.

 

«Nacque un corpo, una comunità separata dal corpo di Gesù, la Chiesa, una dopo-chiesa senza salvezza, il cui segreto è di non avere segreti, e perciò la sua attività è ovunque temporale, finita, arrogante, autoindulgente e quindi corrotta e (…) che conduce al disastro». (6)

 

Alla suora prescelta venne mostrato fino a che punto sarebbe arrivata la devastazione della chiesa: «riguardava solo il pavimento e il retro, il resto è stato tutto distrutto dalla setta segreta e dagli stessi ministri della chiesa».

 

La Beata Emmerick vide i «Dodici», che riconobbe come i «nuovi apostoli». «Portarono la chiesa in un altro luogo, e fu come se diversi palazzi crollassero davanti a loro come campi di grano».

 

La Emmerick fu profondamente colpita dall’entità della devastazione: «Quando vidi la chiesa di San Pietro nel suo stato di demolizione e come così tanti ecclesiastici stavano lavorando all’opera di distruzione, senza che nessuno di loro volesse farlo pubblicamente davanti agli altri, fui così rattristata che gridai con veemenza a Gesù di avere pietà di me».

 

Il Signore le diede la risposta alla sua supplica:

 

«E vidi il mio Sposo celeste davanti a me, come un giovane, e parlò a lungo con me. Disse anche che questo trasporto della Chiesa significava che apparentemente sarebbe affondata completamente, ma che si sarebbe appoggiata a questi portatori e sarebbe emersa di nuovo da loro; anche se fosse rimasto un solo cattolico, la Chiesa avrebbe potuto trionfare di nuovo, perché non era fondata nelle menti e nei consigli degli uomini. Ora mi mostrò come non mancassero mai persone che pregavano e soffrivano per la Chiesa. Mi mostrò tutto ciò che aveva sofferto per la Chiesa, e come aveva dato forza ai meriti e alle fatiche dei martiri, e come avrebbe sofferto di nuovo tutto se avesse potuto ancora soffrire. Mi mostrò anche in innumerevoli immagini tutte le miserabili vicende dei cristiani e del clero in cerchi sempre più ampi attraverso il mondo intero fino alla mia patria e mi ammonì di perseverare nella preghiera e nella sofferenza. Era un’immagine indescrivibilmente grande e triste che è impossibile esprimere. Mi fu anche mostrato che non c’erano quasi più cristiani anziani». (7)

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Tuttavia, nella sua più grande miseria, Anne Catherine Emmerick vide l’avvicinarsi della salvezza. Vide «una grande croce splendente in cielo, sulla quale pendeva il Salvatore, dalle cui ferite si diffondevano sul mondo fasci di raggi splendenti. (…) La chiesa ne fu completamente illuminata, e attraverso questo splendore vidi la maggior parte delle anime entrare nel Signore».

 

La beata suora riconobbe la posizione di rilievo della Beata Madre nel piano di salvezza del Redentore:

 

«Vidi anche un cuore rosso e luminoso sospeso nel cielo, dal quale un raggio bianco si dipartiva nella ferita del costato, e dal quale un altro raggio si diffondeva sulla Chiesa e su molte regioni; e questi raggi attiravano molte anime, che entravano nel costato di Gesù attraverso il cuore e il raggio di luce. Mi fu detto che questo cuore era Maria». (8)

 

Così, la vittoria alla fine della battaglia apocalittica è accompagnata da uno straordinario intervento della Beata Vergine e Regina Celeste. Il mistico vide la «donna maestosa camminare attraverso la grande piazza antistante la chiesa. Aveva stretto il suo ampio mantello con entrambe le braccia e fluttuava silenziosamente verso l’alto.

 

Stava sulla cupola e stendeva il suo mantello su tutto lo spazio della chiesa, che brillava come l’oro»

 

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Immagine screenshot da Twitter

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