Spirito
Sermone del patriarca Kirill: i ricchi devono condividere o percorreranno la strada per l’inferno
Renovatio 21 pubblica il sermone di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Cirillo tenuto il 4 settembre 2022, domenica XII dopo la Pentecoste dopo aver celebrato la Divina Liturgia presso la Cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca
Nel nome del Padre, e del Figlio, e del Santo Spirito!
Il Vangelo di oggi (Mt 19,16-26) contiene la storia del giovane ricco.
Un giovane ricco si avvicina a Cristo e gli chiede: «Maestro, cosa devo fare per essere salvato?» Il Signore gli elenca i comandamenti, a cui il giovane replica: «Faccio tutto questo fin dalla mia giovinezza, vivo secondo questi comandament». E poi, sapendo che il giovane è ricco, il Signore gli dice: «Se vuoi essere perfetto, non solo essere salvato, ma essere perfetto (e il giovane pensava a questa perfezione quando chiese al Salvatore cos’altro bisogna fare), va’, vendi i tuoi averi, da’ tutto ai poveri e vieni con me; e avrai un tesoro nel cielo».
E il giovane si allontanò addolorato, rendendosi conto che non riusciva a sbarazzarsi del patrimonio, che probabilmente aveva ricevuto dai suoi ricchi genitori e in cui lui stesso, forse, aveva investito per accrescerlo. Come sarebbe possibile andare a darlo ai poveri?! E non poteva, dunque, né comprendere appieno le parole del Salvatore, né tantomeno agire secondo esse.
Ma questa storia del giovane ricco non è solo legata ai ricchi. La ricchezza è un concetto relativo. Ciò che è ricchezza per la maggior parte di noi, non è ricchezza per i ricchi, ed è addirittura povertà per i super ricchi.
La situazione finanziaria di una persona è sempre relativa, perché è determinata non solo dalla disponibilità di risorse materiali, ma anche da molte altre circostanze. E perciò, a volte, è difficile per un ricco capire se lo sia o meno, perché il vicino che sta dietro la staccionata è magari ancora più ricco; e la ricchezza del prossimo può opprimere una persona peggio di ogni povertà.
Da ciò ne consegue che la ricchezza in sé non è una garanzia della felicità umana; ed è per questo che il Signore ha detto: «Se vuoi essere perfetto (cioè non solo ottenere la salvezza, ma anche raggiungere personalmente le altezze spirituali), allora in relazione a te, giovane ricco, devi fare la cosa più importante: va’ e regala la tua proprietà; e allora sarai perfetto».
In questo racconto evangelico vengono trattati due problemi che l’uomo incontra molto spesso. In primo luogo, qui, indubbiamente, anche se implicitamente, viene toccato il tema dell’atteggiamento della persona nei confronti della vita.
Se una persona guarda il mondo intorno a sé attraverso il desiderio di ottenere forza e potere (dopotutto, la ricchezza dà una certa forza e la super-ricchezza dà potere), se crede che la vera felicità stia nell’essere al di sopra degli altri, nell’essere diverso da tutti, allora non rinuncerà mai alla ricchezza e, in generale, a qualsiasi opportunità di elevarsi al di sopra degli altri.
E quindi, con queste parole, in questo racconto evangelico, il Signore condanna ogni umano che aspira al potere, se questa forza non è altro che un desiderio di essere più alto e più forte degli altri.
Ma, oltre a questo, c’è un altro insegnamento dietro questo racconto. Molto spesso, una persona che non ha ciò che vorrebbe avere, prova invidia per gli altri. Per questo dice il Signore: «È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli».
«La cruna dell’ago» era una stretta porta per i pellegrini nelle mura di Gerusalemme, che anche un uomo riusciva a malapena ad attraversare, figurarsi un cammello!
E questa immagine era del tutto comprensibile a coloro che ascoltavano il Salvatore: è più facile per un cammello passare attraverso un tale varco nel muro, che per un ricco entrare nel Regno di Dio.
Innanzitutto perché i ricchi si mettono al di sopra degli altri e perché i ricchi associano una parte significativa della loro speranza proprio alla ricchezza. E il Signore insegna che la ricchezza è fugace, può scomparire in qualsiasi momento; e allora cosa rimarrà a quella persona?
La maggior parte di noi non è così ricca, ma molte persone vogliono diventare ricche e la moderna filosofia della vita economica implica l’accumulo di ricchezza.
Molti credono che la ricchezza sia necessariamente benefica e che la ricerca della ricchezza sia il giusto corso della vita. Forse lo potrebbe essere, se solo i ricchi sapessero fare ciò che il ragazzo ricco non è riuscito a fare.
Se i ricchi sono in grado di donare una parte significativa dei loro mezzi a chi è nel bisogno, a chi soffre, allora la ricchezza diventa giustificata. E una persona che ha imparato a donare una parte significativa della sua ricchezza a chi è nel bisogno, ricostituirà la sua fortuna, perché il Signore lo aiuterà affinché le sue capacità materiali aiutino altre persone, specialmente quelle che si trovano in una situazione di vita critica.
Sappiamo che ci sono persone così ricche, e mi è capitato di incontrarle, che dalla loro ricchezza danno così tanto agli altri, che spesso da essa dipendono la salute e la vita di questi ultimi. Voglia Iddio che i nostri ricchi, nati in un Paese ortodosso e in un modo o nell’altro legati alla Chiesa, ricordino sempre che la giustificazione della ricchezza qui sulla terra si ha quando gli altri smettono di invidiarti, smettono di considerarti un nemico, e questa ricchezza può diventare un bene nella vita futura, solo se adesso serve per il bene di altre persone.
Ma questo non vale solo per i ricchi. Ognuno ha qualche mezzo materiale, e anche la più piccola carità verso chi ha un bisogno critico di assistenza materiale può essere comparata al dono della persona più ricca.
Perché non si tratta della quantità con cui si dà assistenza, ma del fatto stesso di condividere le proprie risorse con altre persone, che la salute e la vita di questi ultimi spesso dipendono da questo.
Dio non voglia che i nostri ricchi, nati in un Paese ortodosso e in un modo o nell’altro legati alla Chiesa, ricordino sempre che la giustificazione della ricchezza qui sulla terra si esprime nel fatto che smettono di invidiarti, smettono di considerarti un nemico, e nel prossimo secolo questa ricchezza può essere trasformata in bene se serve il bene di altre persone. Ma questo non vale solo per i ricchi.
Ognuno ha una sorta di mezzo materiale, e anche la più piccola carità verso qualcuno che ha un bisogno critico di assistenza materiale può essere commisurata al dono della persona più ricca. Perché non si tratta della quantità di assistenza, ma del fatto stesso di condividere le proprie risorse con altre persone e la salute e la vita di questi ultimi spesso dipendono da questo.
Ma questo non vale solo per i ricchi. Ognuno ha una sorta di mezzo materiale, e anche la più piccola carità verso qualcuno che ha un bisogno critico di assistenza materiale può essere commisurata al dono della persona più ricca. Perché non si tratta della quantità di assistenza, ma del fatto stesso di condividere le proprie risorse con altre persone.
Questo è ciò che ci insegna questa storia del giovane ricco che non era in grado di rinunciare al suo modo di vivere, alla sua ricchezza, per seguire Cristo.
Il giovane credeva nel Signore, perché altrimenti non si sarebbe rivolto a Lui, voleva seguirlo, ma la principale richiesta che il Salvatore gli rivolgeva – devolvere i suoi beni e seguire un altro percorso di vita – si rivelò impossibile per lui.
Ancora una volta, traducendo questo racconto evangelico nel linguaggio della nostra quotidianità, vorrei dire che non tutti hanno molto denaro, ma il problema non sta tanto nella disponibilità di denaro, né nella sua quantità, ma nel rapporto che abbiamo con questo. Se una persona non è in grado di aiutare gli altri pur avendo una grande quantità di denaro, questa per lui è la strada per l’inferno e non c’è null’altro da dire.
Se un ricco non vede il dolore del prossimo, non lo aiuta, allora questa è la via che allontana da Dio, da Cristo e dal suo Regno.
Spesso persone così ricche sono circondate sia dall’invidia che dalla malizia: è sufficiente ricordare gli eventi rivoluzionari nel nostro Paese.
Una tale persona non sarà circondata dal rispetto, per non parlare dell’amore, in questo mondo, e nell’altro sarà punita dal Signore. Pertanto, la disponibilità di risorse materiali è anche una responsabilità per una persona ricca durante la sua vita terrena, che, naturalmente, è collegata alla vita eterna.
È difficile per un ricco entrare nel Regno di Dio, è più facile per un cammello passare per la cruna di un ago. E poiché il benessere materiale aumenta in molti Paesi, anche a poco a poco, e nel nostro Paese molto sta cambiando davanti ai nostri occhi, ogni persona che inizia a ricevere più denaro di quello che ha ricevuto prima, e più di quello di cui ha bisogno per sé stesso, deve ricordare queste parole del Vangelo.
Dopotutto, la cosa più importante è guadagnare il Regno di Dio, e voglia Iddio che coloro che posseggono i mezzi materiali si ricordino della lettura evangelica di oggi, e compiano buone azioni!
Ci tengo a sottolineare ancora una volta: non stiamo parlando solo di ricchi, ma anche di ciascuno di noi.
Ognuno è obbligato ad aiutare un altro quando questi si trova in circostanze di vita difficili. Questo è il testamento di Dio, questo è il comandamento di Dio, questa è la condizione della nostra salvezza.
Questo è ciò che la Santa Chiesa ci insegna oggi, e Dio conceda a tutti noi di accogliere questa chiamata della Chiesa, queste meravigliose parole salvifiche della legge di Dio, del Vangelo di Cristo, per trovare pace, tranquillità, gioia in questa vita, e il Regno dei Cieli nella vita eterna.
Amen.
Cirillo I
XVI Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, capo della Chiesa ortodossa russa
Traduzione dal russo di Nicolò Ghigi
Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Spirito
Un libro-intervista in cui Leone XIV parla della Messa tradizionale
18 settembre 2025, un libro-intervista con Elise Ann Allen, giornalista del sito web americano Crux, è stato pubblicato in Perù, dove il papa ha vissuto per quasi vent’anni. Il libro, intitolato León XIV: Ciudadano del mundo, misionero del siglo XXI (Leone XIV: Cittadino del mondo, missionario del XXI secolo), è stato scritto in inglese e tradotto in spagnolo per la pubblicazione da Penguin Perú.
Si prevede che seguiranno le edizioni in inglese e portoghese. Il libro si compone di due parti distinte: una biografia del Papa, che è la sezione più lunga, e un’intervista approfondita. La versione francese è stata pubblicata il 19 novembre.
In questa intervista, Leone XIV parla della Messa in latino e pone sullo stesso piano la Messa tridentina e la nuova Messa in latino: «C’è un’altra questione, anch’essa controversa, sulla quale ho già ricevuto diverse richieste e lettere: come fare riferimento sistematicamente al ritorno alla Messa in latino?» [TLM Traditional Latin Mass, secondo la formula anglo-americana, ma il Papa omette la T di tradizionale…].
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«Beh, potete celebrare la Messa in latino adesso. Se è il rito del Vaticano II, la Messa di Paolo VI, non c’è problema. Ovviamente, tra la Messa tridentina e la Messa del Vaticano II, la Messa di Paolo VI, non so dove ci porterà. È ovviamente molto complicato».
Il papa aggiunge che la questione della Messa è «polarizzante» o «divisiva»: «So che parte di questo problema, purtroppo, è legato – ancora una volta, un processo di polarizzazione – al fatto che alcuni hanno usato la liturgia come pretesto per promuovere altre questioni. È diventata uno strumento politico».
«Penso che a volte, diciamo, l'”abuso” della liturgia di quella che chiamiamo Messa del Vaticano II non abbia aiutato le persone che cercavano un’esperienza di preghiera più profonda, un contatto con il mistero della fede, che sembravano trovare nella celebrazione della Messa tridentina. Ancora una volta, ci siamo così polarizzati da sollevare questa questione invece di poter dire: “Bene, se celebriamo correttamente la liturgia del Vaticano II, trovate davvero una tale differenza tra questa esperienza e quella?”»
Questa polarizzazione deve essere superata, secondo Leone XIV, attraverso un approccio sinodale: «non ho ancora avuto l’opportunità di incontrare un gruppo di difensori del rito tridentino. L’opportunità si presenterà presto e sono certo che ci saranno occasioni per discuterne. Ma è un problema che credo dovremmo forse affrontare anche attraverso la sinodalità. È diventato un tema così polarizzato che spesso le persone sono riluttanti ad ascoltarsi a vicenda».
«Ho sentito vescovi parlarmene e dire: “Siete invitati a questo e a quello, e non volete nemmeno sentirlo”. Si rifiutano persino di parlarne. Questo è un problema in sé. Significa che ora siamo nel campo dell’ideologia; non stiamo più vivendo la comunione della Chiesa. Questo è uno dei temi all’ordine del giorno».
La Messa tridentina non è stata abolita
In risposta a queste sorprendenti osservazioni di Leone XIV, il giornalista Aldo Maria Valli ha scritto sul suo blog il 20 settembre: «il modo in cui ne parla e le prospettive che apre non possono tranquillizzare chi è fedele alla messa tradizionale e desidera frequentarla. Lascia perplessi che dica che la questione “non so dove andrà a finire” e che il tutto “è ovviamente molto complicato”».
«Essendo lui il papa, tocca proprio a lui dire dove si andrà. Non c’è niente di complicato. […] Leone riconosce che la messa riformata dal Vaticano II ha dato luogo ad “abusi” e che tutto ciò “non è stato d’aiuto a chi cercava un’esperienza di preghiera più profonda, di contatto con il mistero della fede” Quindi riconosce che ci sono stati abusi e, implicitamente, che la messa riformata fornisce un’esperienza meno profonda e con minor contatto con il mistero della fede».
«Subito dopo però lascia intendere che se la messa riformata viene celebrata “in modo appropriato”, tutto sommato va bene così e non ci dovrebbe più essere “polarizzazione”. Affermazione sconcertante, perché qui non si tratta di accontentarsi di una celebrazione “appropriata” del novus ordo (e poi: che cosa significa “appropriata”), ma di riconoscere che il vetus ordo non è masi stato revocato e va quindi celebrato».
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Una (dis)soluzione sinodale per la Messa tridentina?
Riguardo alla sinodalità, che sembra essere una panacea, l’esperto del Vaticano osserva: «il papa riferisce di non aver avuto ancora il modo di incontrare persone che sostengono il rito tridentino ma, dice, ‘presto si presenterà un’opportunità di sedersi e parlare’. Molto bene. Ma quando dice ‘”orse con la sinodalità” mette i brividi a chi è fedele alla messa tradizionale. Con la sinodalità non si risolverà un bel niente e ci si avviterà in un dibattito infinito. Lui è il papa, tocca a lui decidere e non c’è sinodalità che tenga».
«Sedersi e discutere “in un contesto sinodale” non è il metodo della santa Chiesa cattolica. È il metodo assembleare che la Chiesa ha fatto proprio prendendolo dal mondo e che la riduce a una caricatura della democrazia politica. Un metodo che, quando va bene, fa nascere una serie infinita di equivoci e quando va male tradisce apertamente la fede».
E poi, affrontando il problema fondamentale: «insinuare che la questione sia del tutto aperta e che vada affrontata con una discussione sinodale significa anche ignorare che la messa tridentina – codificata da san Pio V dopo il Concilio di Trento, ma ben più antica nella sua essenza – non è mai stata abrogata. Papa Benedetto XVI lo ha affermato in Summorum Pontificum e nessuno può smentirlo».
«Ai fedeli è stato detto chiaramente: ciò che è stato sacro e grande per le generazioni passate rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere improvvisamente proibito o ritenuto dannoso. Questa è una verità di fatto, non una questione di gusto personale o di sperimentazione sulla quale occorre discutere. Questione ‘molto complicata’? No. Diventa complicata solo se non la si vuole risolvere. L’appello alla sinodalità è una scorciatoia ambigua che non fa onore al papa».
«La liturgia non può essere soggetta al voto della maggioranza dei vescovi e di un gruppo di laici. Non è una moda che ha bisogno di consenso culturale. La Chiesa trasmette oggettivamente ciò che ha ricevuto, non ciò che elabora attraverso un comitato di gestione. Il culto di cui la Chiesa è chiamata a essere custode non è soggetto a negoziazione, revisione o compromesso. Se si ragiona così si cade nello storicismo e nel relativismo».
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Nessun dibattito, ma giustizia per la Messa latina tradizionale
Aldo Maria Valli esprime il suo sgomento: «quando il papa dice di non sapere dove la questione “andrà a finire” proviamo inquietudine e tristezza. Inquietudine, perché vediamo che la nostra casa spirituale ci potrà essere negata in qualsiasi momento. Tristezza, perché vediamo un Pietro che abdica al suo ruolo e ai suoi doveri. La Chiesa insegna che la liturgia è un veicolo di dottrina e che il modo in cui preghiamo plasma ciò in cui crediamo. Qui invece sembra che tutto sia ridotto a questione di gusti, una mera faccenda estetica».
«I cattolici che amano la tradizione non chiedono un dibattito. Chiedono giustizia. Giustizia per la liturgia che non è mai stata abrogata, giustizia per le comunità che sono fiorite grazie a essa, giustizia per i santi e i martiri che l’hanno celebrata per secoli, giustizia per i fedeli che si vedono messi da parte e guardati come se fossero un pericolo. Di chiacchiere ne abbiamo già fin troppe».
«Il papa deve solo dire: “Questa messa è la vostra eredità. Vi appartiene. Nessuno può portarvela via”. Ma non lo dice. La Chiesa ha bisogno di tutto tranne che di nuove dosi di ambiguità. Se ciò che era sacro ieri rimane sacro oggi e sarà sacro domani, occorre solo riconoscere questa verità. Lo si vuole fare?»
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Lula Oficial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
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Scoperti nuovi testi «pornografici» del cardinale Fernandez
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Spirito
Donald Trump pubblica un messaggio ufficiale in onore di Maria per l’Immacolata Concezione
Si tratta di un messaggio che può essere definito storico: il presidente Donald Trump è il primo presidente degli Stati Uniti a pubblicare un messaggio presidenziale ufficiale in occasione della festa dell’Immacolata Concezione, celebrata l’8 dicembre.
Negli Stati Uniti, fin dalle origini del Paese, esiste la devozione all’Immacolata Concezione; è la santa patrona del Paese, come in Spagna, e l’anno prossimo si celebrerà il 250° anniversario dell’indipendenza.
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Un riconoscimento storico della tradizione cattolica
Nel suo messaggio, Trump riconosce che «per quasi 250 anni, Maria ha svolto un ruolo distintivo nella nostra grande storia americana». La dichiarazione presidenziale sottolinea la profonda devozione dei cattolici americani e dei santi americani verso Maria, la madre di Gesù.
Trump sottolinea che la festa dell’Immacolata Concezione è considerata un «giorno festivo di precetto» nella Chiesa cattolica, il che significa che i fedeli cattolici devono partecipare alla messa.
Il ruolo di Maria nella storia americana
Il messaggio presidenziale ripercorre la storia della devozione mariana negli Stati Uniti, a partire dal vescovo John Carroll, primo vescovo cattolico del Paese e cugino di Charles Carroll, firmatario della Dichiarazione di Indipendenza, che nel 1792 consacrò la giovane nazione alla madre di Cristo.
Trump menziona anche come i cattolici attribuissero la vittoria del generale Andrew Jackson sugli inglesi nella battaglia di New Orleans all’intercessione di Maria. «Ogni anno, i cattolici celebrano una messa di ringraziamento a New Orleans l’8 gennaio in memoria dell’aiuto di Maria nel salvare la città», si legge nella dichiarazione.
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Personaggi di spicco ed eredità mariana
Il messaggio mette in risalto importanti figure americane come Elizabeth Ann Seton, Frances Xavier Cabrini e Fulton Sheen, che hanno dedicato la loro vita a glorificare Dio servendo gli altri e hanno mantenuto una profonda devozione a Maria.
Il presidente menziona la Basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, situata nel cuore della capitale, che onora Maria come la chiesa più grande del Nord America. Sottolinea inoltre che quasi 50 università americane portano il nome di Maria e che l’inno «Ave Maria» è caro a innumerevoli cittadini.
Una preghiera per la pace nel mondo
Nel suo messaggio, Trump ha fatto riferimento alla Prima Guerra Mondiale, quando Papa Benedetto XV commissionò e consacrò una statua di Maria, Regina della Pace, che teneva in braccio Gesù Bambino con un ramoscello d’ulivo, per incoraggiare i fedeli cristiani a seguire il suo esempio di pace pregando per la fine della guerra. «Pochi mesi dopo, la Prima Guerra Mondiale finì», ha concluso il presidente.
«Oggi ci rivolgiamo ancora una volta a Maria per trovare ispirazione e conforto, mentre preghiamo per la fine della guerra e per una nuova era duratura di pace, prosperità e armonia in Europa e nel mondo», si legge nella dichiarazione.
L’«Ave Maria» inclusa nel messaggio ufficiale
Con una mossa senza precedenti, Trump ha incluso la preghiera completa dell’«Ave Maria» nel suo messaggio presidenziale. Il messaggio si conclude riconoscendo «con totale gratitudine» il ruolo di Maria «nel promuovere la pace, la speranza e l’amore in America e oltre i nostri confini», mentre gli Stati Uniti si avvicinano al 250° anniversario della loro indipendenza.
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Messaggio presidenziale in occasione della festa dell’Immacolata Concezione
Oggi rendo omaggio a tutti gli americani che celebrano l’8 dicembre come giorno sacro in onore della fede, dell’umiltà e dell’amore di Maria, madre di Gesù e una delle figure più importanti della Bibbia.
Nella festa dell’Immacolata Concezione, i cattolici celebrano quella che credono essere la liberazione di Maria dal peccato originale come Madre di Dio. Entrò nella storia per la prima volta da bambina quando, secondo la Scrittura, l’angelo Gabriele la salutò nel villaggio di Nazareth con la notizia di un miracolo: «Ti saluto, piena di grazia! Il Signore è con te», annunciandole che «concepirà nel suo grembo e partorirà un figlio, e lo chiamerà Gesù».
In uno degli atti più profondi e trascendenti della storia, Maria accettò eroicamente la volontà di Dio con fiducia e umiltà: «Ecco la serva del Signore: avvenga di me secondo la tua parola». La decisione di Maria cambiò per sempre il corso dell’umanità. Nove mesi dopo, Dio si fece uomo quando Maria diede alla luce un figlio, Gesù, che avrebbe offerto la sua vita sulla croce per la redenzione dei peccati e la salvezza del mondo.
Per quasi 250 anni, Maria ha svolto un ruolo di primo piano nella nostra grande storia americana. Nel 1792, meno di un decennio dopo la fine della Guerra d’Indipendenza, il vescovo John Carroll, il primo vescovo cattolico degli Stati Uniti e cugino del firmatario della Dichiarazione d’Indipendenza Charles Carroll, consacrò la nostra giovane nazione alla Madre di Cristo. Meno di un quarto di secolo dopo, i cattolici attribuirono a Maria la straordinaria vittoria del generale Andrew Jackson sugli inglesi nella decisiva battaglia di New Orleans. Ogni anno, l’8 gennaio, i cattolici celebrano una Messa di Ringraziamento a New Orleans in ricordo del ruolo di Maria nella salvezza della città.
Nel corso dei secoli, leggende americane come Elizabeth Ann Seton, Frances Xavier Cabrini e Fulton Sheen, che hanno dedicato la loro vita a glorificare Dio nel servizio agli altri, hanno professato una profonda devozione a Maria.
La Basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, situata nel cuore della capitale, onora Maria come la chiesa più grande del Nord America. L’inno senza tempo «Ave Maria» è ancora caro a innumerevoli cittadini. Ha ispirato la fondazione di innumerevoli chiese, ospedali e scuole. Quasi 50 college e università americane portano il nome di Maria.
E tra pochi giorni, il 12 dicembre, i cattolici negli Stati Uniti e in Messico celebreranno l’incrollabile devozione a Maria che ebbe origine nel cuore del Messico, dove ora sorge la magnifica Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, nel 1531. Mentre ci avviciniamo al 250° anniversario della gloriosa indipendenza americana, riconosciamo e rendiamo grazie, con profonda gratitudine, per il ruolo di Maria nel promuovere la pace, la speranza e l’amore negli Stati Uniti e oltre i nostri confini.
Oltre un secolo fa, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, Papa Benedetto XV, capo della Chiesa Cattolica Romana, commissionò e consacrò una maestosa immagine di Maria, Regina della Pace, con il Bambino Gesù tra le braccia e un ramoscello d’ulivo, per incoraggiare i fedeli cristiani a seguire il suo esempio di pace e a pregare per la fine di quella terribile carneficina. Pochi mesi dopo, la Prima Guerra Mondiale terminò.
Oggi ci rivolgiamo ancora una volta a Maria per trovare ispirazione e conforto, pregando per la fine della guerra e per una nuova e duratura era di pace, prosperità e armonia in Europa e nel mondo intero.
In suo onore, e in questo giorno così speciale per i nostri cittadini cattolici, ricordiamo le sacre parole che hanno portato aiuto, conforto e sostegno a generazioni di credenti americani nei momenti difficili:
Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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