Geopolitica
Schröder: «il Cremlino vuole una soluzione negoziata»
La rivista di maggiore diffusione in Spagna, XL Semana, ha mandato in stampa un’intervista esclusiva con l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder (1998-2005), mettendo il pezzo pure in copertina.
Schröder è stato diffamato e in gran parte trattato come un emarginato, anche nello stesso ambito dei socialdemocratici tedeschi di cui era stato il vertice, per i suoi legami con ni colossi energetici russi Gazprom e Rosneft, oltre che per il ruolo anella compagnia di oleodotti tedesco-russa, Nord Stream, attraverso cui fluisce tanto del gas che dovrebbe servire alla Germania e all’Europa.
XL Semana paga pegno alla narrativa neomaccartista, scrivendo che si tratta dell’«avvocato di Putin in Europa» e affermando che il tedesco ribadisce la sua «lealtà» al presidente russo.
Tuttavia, l’intervista include anche una notizia piuttosto importante: «La buona notizia è che il Cremlino vuole una soluzione negoziata» riassume il titolo del pezzo.
Lo Schröder ha discusso lo stato di Nord Stream 1 e 2, la conseguente crisi del gas e i costi politici che saranno pagati, difendendo fermamente i suoi continui contatti con Mosca e con il presidente Vladimir Putin, come necessario per porre fine alla guerra, a cui si oppone, ma di cui anche la NATO ha la responsabilità.
L’ex cancelliere dell’SPD ha quindi parlato di una risoluzione sulla «neutralità armata» e di un sistema di governo cantonale svizzero per l’Ucraina.
Alla domanda se «la Germania ha una responsabilità speciale quando si tratta di contribuire a porre fine alla guerra?» Schröder ha risposto con enfasi:
«Naturalmente la Germania ha una responsabilità speciale, insieme alla Francia. E non sta facendo abbastanza; questa è la mia impressione. Perché se c’è una cosa che è chiara, è che dobbiamo parlare. Non sto cercando di togliere il posto di mediatore a nessuno nel governo, ma perché dovrei smettere di avere alcune conversazioni che sono consentite dalla legge e che non creano problemi a me o a nessuno nella mia famiglia?»
Schröder ha quindi elogiato gli sforzi del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di mediare tra Ucraina e Russia, ma ha ripetuto due volte un concetto preciso: «non ci sarà una soluzione negoziata senza gli americani».
La palla, insomma, è a Washington. E, come notato dall’ex colonnello USA Douglas MacGregor, è possibile che il potere americano non accetterà mai che il regime Zelens’kyj possa negoziare una pace di qualche tipo con Mosca.
Come riportato da Renovatio 21, lo Schröder, sotto tiro nel suo Paese, tre mesi fa ha lasciato il suo posto ai vertici della compagnia petrolifera controllata dal governo russo Rosneft.
Tuttavia questo mese l‘ex cancelliere aveva dichiarato in un’intervista al settimanale tedesco Stern che la Crimea era di fatto territorio russo, e lo è sempre stato.
«Pensare che il presidente ucraino Zelens’kyj riprenderà la Crimea con mezzi militari è assurdo. Ad eccezione della minoranza tartara, questa regione è russa. L’ex leader dello stato e del partito sovietico, Nikita Khrushchev, lo consegnò all’Ucraina, che a quel tempo faceva parte dell’Unione Sovietica».
Immagine di via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine modificata
Geopolitica
Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.
Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.
«Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.
Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».
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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».
Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.
Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».
Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».
Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.
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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Geopolitica
Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025
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Geopolitica
Orban: l’UE pianifica la guerra con la Russia entro il 2030
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha sostenuto che l’Unione Europea si sta preparando a un confronto bellico con la Russia e mira a raggiungere la piena prontezza entro il 2030. Parlando sabato a un raduno contro la guerra, Orban ha denunciato come il Vecchio Continente stia già procedendo verso uno scontro militare diretto.
Il premier magiaro delineato un iter in quattro tappe che di norma conduce al conflitto: la rottura dei legami diplomatici, l’applicazione di sanzioni, l’interruzione della collaborazione economica e, da ultimo, l’inizio delle ostilità armate. Secondo lui, la maggioranza di questi passaggi è già stata percorsa.
«La posizione ufficiale dell’Unione Europea è che entro il 2030 dovrà essere pronta alla guerra», ha dichiarato, rilevando inoltre che i Paesi europei stanno virando verso un’«economia di guerra». Per Orban, taluni membri dell’UE stanno già riconfigurando i comparti dei trasporti e dell’industria per favorire la fabbricazione di armamenti.
Il premier du Budapest ha ribadito la contrarietà di Budapest al conflitto. «Il compito dell’Ungheria è allo stesso tempo impedire che l’Europa entri in guerra», ha precisato.
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Orban ha più volte manifestato aspre critiche alla linea dell’UE riguardo alla crisi ucraina. L’Ungheria ha sempre respinto le sanzioni nei confronti di Mosca e gli invii di armi a Kiev, invocando invece colloqui di pace in luogo di un inasprimento.
L’allarme riecheggia le recenti uscite del presidente serbo Aleksandar Vucic e del ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, entrambi i quali hanno insinuato che un scontro tra Europa e Russia diventi sempre più verosimile nei prossimi anni.
Malgrado la retorica sempre più bellicosa di certi membri dell’UE e della NATO verso la Russia, nessuno ha apertamente manifestato l’intenzione di impegnarsi in una guerra. La scorsa settimana, il presidente del Comitato Militare NATO, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ha confidato al Financial Times che l’Unione sta valutando opzioni per un approccio più ostile nei riguardi di Mosca, inclusa l’ipotesi che un attacco preventivo possa configurarsi come atto difensivo.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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