Sanità
L’OMS rinnova la spinta per il trattato globale sulla pandemia, mentre la Banca Mondiale crea un fondo da 1 miliardo di dollari per i passaporti vaccinali
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità spinge avanti con i piani per emanare un nuovo o riveduto trattato internazionale sulla preparazione alla pandemia, la Banca Mondiale e altre organizzazioni stanno promuovendo nuovi regimi di passaporto vaccinale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sta portando avanti i piani per promulgare un nuovo o rivisto trattato internazionale sulla preparazione alla pandemia, nonostante abbia incontrato battute d’arresto all’inizio di quest’estate dopo che decine di Paesi, principalmente al di fuori del mondo occidentale, si sono opposti al piano.
Il 21 luglio, la maggioranza degli Stati membri dell’OMS, durante una riunione del Corpo Intergovernativo di Negoziazione dell’OMS (INB), ha concordato di perseguire uno strumento pandemico giuridicamente vincolante che conterrà «elementi giuridicamente vincolanti e non giuridicamente vincolanti».
STAT News ha descritto l’accordo, che creerebbe un nuovo quadro globale per rispondere alle pandemie, come «la chiamata all’azione sanitaria globale più trasformativa dalla creazione dell’OMS come prima agenzia specializzata delle Nazioni Unite nel 1948».
Nel frattempo, il Forum economico mondiale, l’Unione africana e la Banca Mondiale – che hanno creato un fondo da 1 miliardo di dollari per la «sorveglianza delle malattie» e «sostegno contro le pandemie attuali e future» – stanno sviluppando i propri meccanismi di risposta alle pandemie, tra cui nuovi assetti di passaporti vaccinali transnazionali.
Il «trattato pandemico» dell’OMS: cosa è stato proposto e cosa significherebbe?
I colloqui in corso per formulare un «trattato pandemico» nuovo o aggiornato si basano sul quadro internazionale esistente per la risposta globale alla pandemia, il Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) dell’OMS, considerato uno strumento vincolante di diritto internazionale.
Il 1° dicembre 2021, in risposta agli appelli di vari governi per una «strategia globale rafforzata per la pandemia» e segnalando l’urgenza con cui queste entità stanno agendo, l’OMS ha lanciato formalmente il processo di creazione di un nuovo trattato o di modifica dell’RSI, durante la sessione speciale — solo il secondo nella storia dell’organizzazione
Durante l’incontro, tenutosi dal 10 all’11 maggio, i 194 paesi membri hanno deciso all’unanimità di avviare il processo, che in precedenza era stato discusso solo in modo informale.
I Paesi membri hanno convenuto di:
«Avviare un processo globale per redigere e negoziare una convenzione, un accordo o altro strumento internazionale ai sensi della Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per rafforzare la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie».
Il RSI, uno sviluppo relativamente recente, è stato emanato per la prima volta nel 2005, all’indomani del SARS-CoV-1.
Il quadro giuridico dell’RSI è uno dei soli due trattati vincolanti che l’OMS ha concluso sin dalla sua istituzione, il primo è stato la Convenzione Quadro per la Lotta contro il Tabagismo.
Il quadro RSI consente già al direttore generale dell’OMS di dichiarare un’emergenza sanitaria pubblica in qualsiasi Paese, senza il consenso del governo di tale Paese, sebbene il quadro imponga alle due parti di tentare prima di tutto di raggiungere un accordo.
Le proposte per un trattato pandemico nuovo o rivisto, presentate alla sessione ministeriale speciale dell’OMS a maggio, rafforzerebbero «in qualche modo» i poteri dell’OMS legati alla pandemia, tra cui l’istituzione di un «Comitato di Conformità» che emanerebbe raccomandazioni consultive per gli Stati.
Tuttavia, secondo il Daily Sceptic, mentre l’RSI è già giuridicamente vincolante, le modifiche proposte a maggio non rafforzerebbero gli obblighi o i requisiti giuridici esistenti:
«I regolamenti del trattato in vigore, come tutto (o la maggior parte) del diritto internazionale, in realtà non costringono gli Stati a fare altro che parlare con l’OMS e ascoltarlo, e non specificano nemmeno le sanzioni per il mancato rispetto; quasi tutte le sue risposte sono raccomandazioni».
«Gli emendamenti proposti non modificano questo aspetto. Non consentono all’OMS di imporre unilateralmente misure giuridicamente vincolanti su o all’interno dei Paesi».
Il Daily Sceptic ha osservato che uno dei rischi derivanti dai negoziati per un trattato nuovo o aggiornato include la potenziale codifica della «nuova ortodossia di lockdown per future pandemie», che «sostituirebbe le raccomandazioni solide, basate sulla scienza e pre-COVID» precedentemente in vigore.
Secondo il dottor Joseph Mercola, un trattato di questo tipo garantirebbe all’OMS «un potere assoluto sulla biosicurezza globale, come il potere di implementare identità digitali/passaporti vaccinali, vaccinazioni obbligatorie, restrizioni di viaggio, cure mediche standardizzate e altro ancora».
Mercola ha anche messo in discussione un «approccio universale di risposta alle pandemie», sottolineando che «le minacce di pandemia non sono identiche in tutte le parti del mondo». A suo parere, afferma, «l’OMS non è qualificato per prendere decisioni globali sulla salute».
Simili preoccupazioni hanno contribuito almeno in parte all’opposizione contro le proposte presentate alla sessione ministeriale speciale, durante la quale un blocco di paesi per lo più non occidentali, tra cui Cina, India, Russia e 47 nazioni africane, ha impedito la conclusione di un accordo.
L’opposizione svanirà?
Sebbene non sia stato definito un accordo finale nella riunione di maggio, è stato raggiunto un consenso per organizzare una nuova sessione ministeriale speciale dell’OMS alla fine di quest’anno, possibilmente dopo l’Assemblea Mondiale della Sanità dell’OMS, prevista dal 29 novembre al 1 dicembre, ha riferito Reuters.
Mxolisi Nkosi, ambasciatore del Sudafrica presso le Nazioni Unite, ha detto all’assemblea ministeriale annuale dell’OMS che la nuova sessione speciale «considererà i benefici di una tale convenzione, accordo o altro strumento internazionale».
Nkosi ha aggiunto:
«Probabilmente la lezione più importante che il COVID-19 ci ha insegnato è la necessità di difese collettive più forti e più agili contro le minacce per la salute, nonché di costruire la resilienza per affrontare potenziali pandemie future.
«Un nuovo trattato pandemico è cruciale per questo scopo».
A quel tempo, l’ambasciatore del Regno Unito presso le Nazioni Unite, Simon Manley, riferendosi alla mancanza di un accordo immediato e al consenso per tenere una nuova riunione, ha twittato «i negoziati possono richiedere tempo, ma questo è un passo storico verso la sicurezza sanitaria globale».
Anche l’INB, nella sua riunione tenutasi a Ginevra dal 18 al 21 luglio, ha concordato con questo punto di vista, raggiungendo un consenso sul fatto che i suoi membri lavoreranno per finalizzare un nuovo accordo internazionale giuridicamente vincolante sulla pandemia entro maggio 2024.
Come parte di questo processo, l’INB si riunirà di nuovo a dicembre e consegnerà una relazione sullo stato di avanzamento alla 76a Assemblea Mondiale della Sanità dell’OMS nel 2023.
Secondo l’OMS, «qualsiasi nuovo accordo, se e quando concordato dagli Stati membri, è redatto e negoziato dai governi stessi, [che] intraprenderanno qualsiasi azione in linea con la loro sovranità».
L’OMS afferma inoltre che «i governi stessi determineranno le azioni ai sensi dell’accordo considerando le proprie leggi e regolamenti nazionali».
L’amministrazione Biden ha espresso ampio sostegno a un trattato pandemico nuovo o aggiornato, con gli Stati Uniti che hanno guidato i precedenti negoziati su questo tema, insieme alla Commissione Europea, tramite la sua presidente Ursula von der Leyen, che, come precedentemente riportato da The Defender, è anche un forte sostenitore dei passaporti vaccinali e della vaccinazione obbligatoria COVID-19.
Un’analisi dell’Alliance for Natural Health International ha ipotizzato che qualsiasi accordo definitivo possa semplicemente rafforzare l’RSI esistente o, in alternativa, possa comportare un emendamento alla costituzione dell’OMS — o entrambi.
Appena due giorni dopo l’accordo INB del 21 luglio, Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, ha twittato:
«Sono lieto che, oltre al processo di negoziazione di un nuovo accordo [internazionale] sulla preparazione e la risposta alle pandemie, gli Stati membri dell’OMS stiano anche valutando modifiche mirate al [RSI], inclusi modi per migliorare il processo per dichiarare una [emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale, o PHEIC]».
Nello stesso thread di Twitter, ha anche dichiarato l’epidemia di vaiolo delle scimmie in corso «un’emergenza di salute pubblica di interesse internazionale», una «che è concentrata tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con gli uomini, in particolare quelli con più partner sessuali».
In particolare, il direttore generale dell’OMS ha scavalcato un gruppo di esperti che era diviso sull’opportunità di classificare l’epidemia come emergenza sanitaria pubblica globale.
Con questa dichiarazione, sono ora in atto tre «emergenze sanitarie globali», come determinato dall’OMS: COVID-19, vaiolo delle scimmie e poliomielite.
Estate intensa per le proposte di passaporto vaccinale
Mentre l’OMS e i governi globali valutano i piani per un trattato aggiornato o una nuova pandemia, altre organizzazioni stanno progredendo sulle tecnologie e sulle partnership per il passaporto vaccinale.
L’8 luglio, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), composta da molte delle nazioni industrializzate del mondo, ha annunciato che promuoverà l’unificazione dei diversi sistemi di passaporto vaccinale attualmente in uso in tutto il mondo.
Trentasei Paesi e organizzazioni internazionali hanno partecipato a una riunione in luglio con l’obiettivo di «creare un quadro multilaterale per stabilire un regime globale di passaporto vaccinale», afferma Nick Corbishley di Naked Capitalism.
Lo sviluppo è una continuazione degli sforzi che coinvolgono l’OMS per armonizzare i regimi globali di passaporto vaccinale.
A febbraio, l’OMS ha selezionato la tedesca T-System come «partner del settore per sviluppare il servizio di convalida delle vaccinazioni», che consentirebbe di «controllare i certificati di vaccinazione oltre i confini nazionali».
T-Systems, un ramo di Deutsche Telekom, era in precedenza strumentale nello sviluppo dell’interoperabilità dei sistemi di passaporto vaccinale in Europa.
Sempre a luglio, 21 governi africani hanno «abbracciato silenziosamente» un sistema di passaporto vaccinale, che a sua volta sarebbe anche interconnesso con altri sistemi di questo tipo a livello globale.
L’8 luglio, che è anche l’Africa Integration Day, l’Unione Africana e i Centri Africani per il Controllo delle Malattie hanno lanciato un passaporto vaccinale digitale valido in tutta l’Unione Africana, descrivendolo come «la spina dorsale della sanità elettronica» del «nuovo ordine sanitario» dell’Africa.
Questo segue lo sviluppo nel 2021 della piattaforma Trusted Travel, ora richiesta da diversi paesi africani, tra cui Etiopia, Kenya, Togo e Zimbabwe, e vettori aerei come EgyptAir, Ethiopian Airlines e Kenya Airways, sia per i viaggi in entrata che in uscita.
Oltre all’Africa, l’Indonesia, che attualmente detiene la presidenza di turno del G20, sta conducendo «progetti pilota» che porterebbero all’interoperabilità dei vari sistemi di passaporto vaccinale digitali attualmente in uso a livello globale. Il progetto dovrebbe essere completato entro novembre, in tempo per il vertice dei leader del G20.
Naked Capitalism ha evidenziato il ruolo della società sudafricana di Fintech [cioè di tecnologia finanziaria, ndt] Cassava negli sforzi per sviluppare un passaporto vaccinale interoperabile per tutta l’Africa.
Filiale della società africana di telecomunicazioni Econet, Cassava ha inizialmente sviluppato l’app «Sasail», che l’azienda ha descritto come la prima «super app globale» dell’Africa che combina i «pagamenti sociali» con la capacità di inviare e ricevere denaro e pagare bollette, chattare con gli altri e giocare.
Cassava ed Econet hanno stretto una partnership strategica con Mastercard, «per promuovere l’inclusione digitale in tutta l’Africa e collaborare a una serie di iniziative, tra cui l’espansione dell’Africa CDC TravelPass».
Come riportato in precedenza da The Defender, Mastercard supporta l’iniziativa del passaporto vaccinale Good Health Pass, sostenuta anche dall’alleanza ID2020 nonché dal criticato ex primo ministro britannico Tony Blair.
Mastercard ha anche promosso la tecnologia che può essere incorporata nella DO Card, una carta di credito/debito che tiene traccia della propria «quota di carbonio personale».
ID2020, fondata nel 2016, sostiene di voler supportare «approcci etici e a tutela della privacy all’ID digitale». I suoi partner fondatori includono Microsoft, Rockefeller Foundation, Accenture, GAVI-The Vaccine Alliance (a sua volta un partner chiave dell’OMS), UNICEF, la Bill & Melinda Gates Foundation e la Banca Mondiale.
I due principali azionisti di Mastercard sono Vanguard e BlackRock, che detengono quote significative in decine di aziende che hanno sostenuto lo sviluppo di passaporti vaccinali o implementato mandati vaccinali per i loro dipendenti. Le due società di investimento detengono anche grandi partecipazioni nei produttori di vaccini, tra cui Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson.
Mastercard fornisce finanziamenti per il Programma Identità per lo Sviluppo (ID4D) della Banca Mondiale, che «si concentra sulla promozione di sistemi di identificazione digitale per migliorare i risultati dello sviluppo mantenendo affidabilità e privacy».
Il Centro per i Diritti Umani e la Giustizia Globale della New York School of Law ha recentemente descritto il programma ID4D, che promuove il suo allineamento con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, come uno che potrebbe aprire la via a una «strada digitale verso l’inferno».
Secondo il centro, ciò avverrebbe attraverso la prioritizzazione dell’«identità economica» e l’uso di un’infrastruttura che è stata «collegata a gravi e massicce violazioni dei diritti umani» in diversi Paesi.
Mastercard è anche attiva in Africa attraverso la sua iniziativa congiunta con un’altra società fintech, Paycode, per «aumentare l’accesso ai servizi finanziari e l’assistenza governativa per le comunità remote in tutta l’Africa» attraverso un sistema di identità biometrica contenente i dati di 30 milioni di individui.
Banca mondiale e OMS promuovono la «preparazione alle pandemie» e i passaporti vaccinali
La Banca Mondiale alla fine di giugno ha annunciato la creazione di un fondo che «finanzierà gli investimenti per rafforzare la lotta contro le pandemie» e «sostenere la prevenzione, la preparazione e la risposta (…) con particolare attenzione ai paesi a basso e medio reddito».
Il fondo è stato sviluppato sotto la guida degli Stati Uniti, dell’Italia e dell’attuale presidente del G20, l’Indonesia, «con l’ampio sostegno del G20», e sarà attivo nel corso di quest’ anno.
Fornirà oltre 1 miliardo di dollari in finanziamenti per attività quali «sorveglianza delle malattie» e «sostegno contro le pandemie attuali e future».
L’OMS è anche un «azionista» nel progetto e fornirà «competenze tecniche», secondo il direttore generale dell’OMS.
L’accordo segue un partenariato strategico del 2019 tra le Nazioni Unite e il Forum Economico Mondiale, per «accelerare» l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e dei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile.
Sebbene l’accordo sia recentemente circolato sui social media, è stato annunciato nel giugno 2019, prima della pandemia COVID-19. Comprende sei aree di interesse, tra cui «salute» e «cooperazione digitale».
In termini di salute, l’accordo afferma che «aiuterà i Paesi [sic] a raggiungere salute e benessere per tutti, nel contesto dell’Agenda 2030, concentrandosi sulle principali minacce sanitarie globali emergenti che richiedono un partenariato e un’azione multipartecipativa più forti».
A sua volta, la «cooperazione digitale» promossa dall’accordo presumibilmente «soddisferà le esigenze della Quarta Rivoluzione Industriale cercando di far avanzare l’analisi globale, il dialogo e gli standard per la governance digitale e l’inclusione digitale».
Tuttavia, nonostante la retorica che predica «inclusività», individui ed entità che si sono rifiutati di sottomettersi ad applicazioni come i passaporti vaccinali hanno affrontato ripercussioni nella loro vita personale e professionale.
Questo è stato l’esempio di un medico canadese a cui è stata inflitta una multa di 6.255 dollari a giugno per il suo rifiuto di utilizzare l’app nazionale di informazioni sanitarie ArriveCAN — che è in fase di indagine per problemi di privacy — per entrare nel paese.
La dottoressa Ann Gillies ha raccontato di essere stata multata quando è rientrata in Canada dopo aver partecipato a una conferenza negli Stati Uniti.
Andrew Bud, CEO della società di identificazione biometrica iProove, un appaltatore del Dipartimento della Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, ha descritto i certificati vaccinali come la guida «dell’intero campo dell’ID digitale in futuro», aggiungendo che «non riguardano solo il COVID [ma] qualcosa di ancora più grande» e che «una volta adottati per il COVID [saranno] rapidamente utilizzati per tutto il resto».
Michael Nevradakis
Ph.D.
Traduzione di Alessandra Boni
Immagine di Guilhem Vellut via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0); immagine modificata
Sanità
Un nuovo sindacato per le prossime pandemie. Intervista al segretario di Di.Co.Si
Tra le tante cose portateci dalla pandemia, ce ne è una di abbastanza clamorosa: la creazione di un nuovo sindacato, che ha già un migliaio di iscritti ed è in crescita costante. Legato al gruppo ContiamoCi! – che ha ottenuto successi non indifferenti in certe elezioni comunali, lasciando sbalorditi i professionisti dei partiti tradizionali – il sindacato Di.Co.Si terrà questo sabato18 ottobre una grande manifestazione a Roma in piazza Santi Apostoli alle ore 15.
Renovatio 21 intervista il dottor Dario Giacomini, radiologo e presidente del sindacato Di.Co.Si, nonché suo fondatore.
Dottor Giacomini, perché un nuovo sindacato?
Perché non ci sono più i sindacati nel vero senso del termine. I sindacati hanno abdicato al ruolo di difesa del mondo del lavoro. Un lavoro che era espressione delle capacità e dell’intelletto umano, e che ora è fagocitato dalla finanza e dall’automazione, con il lavoratore che tende a scomparire. Se ieri il sindacato esisteva per proteggere l’uomo dallo sfruttamento, ora bisogna aiutare l’uomo a lavorare, perché il lavoro è la forma più alta di realizzazione umana. Oggi la tendenza non è quella di tutelare il lavoratore, ma quella di rendere l’uomo uno schiavo.
Non si tratta più di sedersi ad un tavolo per discutere di salari e fringe-benefits. Si tratta di una battaglia più grande, la guerra dei mondi tra la tecnocrazia, e i capitali dietro ad essa, e l’essere umano. Per il capitalismo terminale è più semplice avere a che fare con una massa di automi. Ecco perché sindacato serve più oggi che trenta anni fa.
Chi è oggi il tuo datore di lavoro? È difficile dirlo. Non c’è più solo l’Agnelli di turno, ci sono megagruppi finanziari senza volto, con cui interagire è arduo. Sul mondo del lavoro si gioca la libertà delle persone. C’è la volontà chiara di avere un popolo di schiavi. Togli il lavoro, togli la dignità delle persone.
La Triplice non ha nessuna forza innovatrice, di contrasto alle direttrici economiche globali. Sono degli asserviti, vanno in piazza solo per rabbonirsi i lavoratori. Quando c’era bisogno che intervenissero per difendere il mondo del lavoro non lo hanno mai fatto – come in pandemia, quando questo è diventato assolutamente evidente.
C’è bisogno di un nuovo sindacato perché tanti sentono il bisogno di non delegare più. Molti stanno riscoprendo lo spirito di classe: siamo lavoratori e dobbiamo metterci fisicamente contro le ingiustizie, come è successo durante il COVID. Ricordiamo: licenziavano il collega, e non potevamo fare niente. Questo non deve ripetersi.
Il sindacato è lotta, lotta per i propri diritti. Di.Co.Si ContiamoCi! è il nome per esteso del sindacato: Diritti Costituzionali Sindacato ContiamoCi!
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Il sindacato è nato da ContiamoCi?
Sì. ContiamoCi! è un’associazione nata a giugno 2021 a seguito dell’obbligo vaccinale per i sanitari, allargandosi poi a tutte le categorie. Il simbolo sono quattro braccia che si sorreggono in uno scudo: tutti sono indispensabili, nessuno viene lasciato indietro. Ognuno ha la propria dignità: che non dipende dal successo, ma dalla vita di ciascuno. Il medico non è migliore dell’operatore sociosanitario, e lo abbiamo visto negli ultimi anni.
L’idea era anche quella di difendere la scienza medica. Nel nostro motto è detto che la libertà è scelta, la libertà è ricerca, la libertà è responsabilità. Vogliamo tutelare non una libertà anarchica, ma una libertà del dovere, della responsabilità.
ContiamoCi! non è nata esattamente come un’associazione di scopo. Le associazioni di solito hanno obbiettivi più definiti, noi abbiamo solo l’idea di riprenderci lo spazio che ci è stato sottratto in questi anni: nell’economia, nella Salute, nella scuola, nel lavoro, nella difesa dei minori. Abbiamo creato un’architettura programmatica e una base organizzativa per poterlo fare.
Crediamo che è solo con la partecipazione attiva, nella sfera pubblica, che possiamo tutelare la vita privata. ContiamoCi! vuole porre la lente sulla polis, sulla res publica, lo spazio che ci è stato portato via. Per farlo bisogna fare una battaglia.
Quando è nata l’idea di fare un sindacato?
L’idea è nata tra settembre e ottobre 2021 quando mi sono reso conto che pandemia e vaccini erano un attacco al lavoro. Ho pensato che la pandemia vera che doveva venire era la pandemia del lavoro. Intelligenza Artificiale, Robotica, umanoidi: per la prima volta la produzione avviene senza l’essere umano, ridotto a consumatore, lo avevamo capito subito, lo abbiamo profetizzato, ed eccoci qui.
La digitalizzazione può distruggere il mondo del lavoro rendendolo transnazionale. Con la telemedicina, ad esempio, posso assumere medici in qualsiasi parte del mondo, senza nemmeno farli spostare da casa. Nessuna contrattazione di categoria è più possibile. Diventiamo pezzi di carta intercambiabili. La pandemia è servita a questo: ha forzato il passaggio da un mondo analogico ad un mondo digitale, con la sparizione di classi intere di figure professionali. Se mancano i medici in alcuni aree, ti dicono che ci mettono i sensori, la consulenza remota di qualcuno che ti controlla…
Siamo all’inizio di questa trasformazione, ma per i giovani è più facile, perché si interfacciano già alla realtà con strumenti digitali.
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Chi si iscrive a Di.Co.Si?
Nella gran parte sono sanitari, ma anche nel mondo della scuola. Sicuramente chi ha subito l’ingiustizia di questi anni, come il greenpass. Si avvicinano a noi quanti vedono che non ci siamo piegati alle minacce di quegli anni, e mettiamo davanti, come un vero sindacato, non interessi personali ma collettivi. Il nostro sindacato promette lotta e sofferenza e non avanzamenti di carriera e lauti stipendi. Nel nostro sindacato non c’è un sindacalista di professione: siamo tutti lavoratori che vogliono tutelare se stessi e gli altri lavoratori.
Quanti sono ad oggi gli iscritti?
Stiamo arrivando al migliaio, ma tra tante categorie professionali.
Che servizi offre?
Servizi assicurativi, di CAF, patronato, formazione professionale, consulenza legale. E il servizio più grande, quello culturale: ridare consapevolezza al lavoratore del suo valore, del suo ruolo indispensabile, per far sì che non vi siano prevaricazioni da parte del datore di lavoro e dello Stato. Si tratta di ridare una coscienza collettiva al lavoratore.
Cosa hanno passato i vostri iscritti durante la pandemia?
Hanno subito la più grande pressione psicologica della storia repubblicana: per la prima volta si è visto uno Stato che perseguitava cittadini onesti, violentati psicologicamente. Lo Stato ti mentiva e ti perseguitava. Una situazione drammatica in cui non potevi fidarti neanche del collega, che poteva essere un delatore o uno che voleva ghettizzarti. La situazione era di stress emotivo estremo, ma non solo. Alcuni, sospesi, hanno sofferto anche la fame. Conosco infermieri che hanno venduto la casa, per dire che la propria dignità non è in vendita. Si tratta di un atto rivoluzionario.
Ha patito anche lei gli effetti delle leggi pandemiche?
Assolutamente sì. Io, che dirigevo il reparto di tutte le radiologie dell’Ovest vicentino, ho avuto un demansionamento e mesi di sospensione. Ho avuto delle pressioni molto forti per non proseguire nel mio percorso. Ho subìto la situazione di tanti altri, forse con pressioni maggiori, ma non mi sento diverso da tanti altri lavoratori a cui sono state inflitte le stesse cose. Poi, essendo medico, facile pensare che la mia voce dissenziente poteva mettere in crisi la credibilità del sistema agli occhi dei cittadini.
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Quali vantaggi ha un sindacato rispetto ad altri enti nell’ordinamento italiano?
Un sindacato può parlare a nome dei lavoratori ed è un’istituzione che può parlare con le altre, come riconosciuto dalla Costituzione italiana. In un ordinamento che è ancora democratico, un sindacato è la voce del popolo, del popolo produttivo. Il numero degli iscritti fa la differenza: con un milione di persone in piazza, le politiche dello Stato possono essere cambiate. Lo sciopero può essere usato non per far avanzare ideologie politiche, ma per proteggere il lavoro garantito dalla Costituzione, in una nazione che magari smette di dare lavoro.
E la politica? Avete rapporto con qualche figura parlamentare?
Sì, sulle nostre posizioni, negli anni abbiamo incontrato spezzoni dell’attuale maggioranza. Ciò ci dà speranza per il futuro, e speriamo che si possa continuare. Noi però non siamo subalterni alla politica. Possiamo condividere solo se è a vantaggio dei lavoratori, cioè di tutti i cittadini italiani. Vogliamo, possiamo stimolare leggi in questo senso.
I sindacati tradizionali hanno cercato di cooptarvi?
Qualche sindacato minore, sì. Perché comunque ragionano ancora per bacini di tessere, numeri di iscritti per raggiungere la soglia per sedersi alla contrattazione nazionale. Noi non vogliamo trafficare pacchetti di tessere e stipendi da delegato sindacale. Per cui non abbiamo avuto interlocuzioni positive con chi ci ha contattato. Certo, non abbiamo sentito la Triplice, che non ha bisogno di noi, e che ci è stata ostile. Ancora oggi quando ci sono le elezioni nelle aziende e negli ospedali lo scontro con chi ha avallato le politiche di Draghi è massimo.
Possiamo dire che i sindacati hanno smesso di proteggere i lavoratori? È quello che pensano i vostri iscritti?
Sì. È quello che pensano, perché in larga parte provengono da altri sindacati da cui si sono distanziati. Del resto i loro sindacati erano stati i primi a chiedere che i lavoratori fossero espulsi come «pericolosi». È la prima volta nella storia che un sindacato chiedeva che il lavoro non fosse dato o mantenuto, ma tolto.
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I sindacati hanno smesso di fare cultura, di essere un riferimento non solo amministrativo, ma anche morale, creativo?
I vecchi sindacati vogliono diventare un riferimento politico, non interessa a loro di essere un riferimento culturale. Non ricordo, negli ultimi anni, battaglie che non fossero di tipo politico. Penso alle ultime manifestazioni… Il potere dei vecchi sindacati non è solo politico e amministrativo, ma anche produttivo: controllano l’industria di intere regioni italiane. Sicuramente non fanno cultura, no.
Qual è l’obiettivo ultimo di Di.Co.Si?
Rimettere al centro l’uomo, tutta la sua creatività, le sue compentenze. Invece, quello che sta avvenendo è la trasformazione da lavoratore a consumatore. Questo non lo accettiamo. Oggi le persone sono viste solo come numeri, rubricati ad utenti e consumatori, e non più cittadini con i propri diritti.
Cosa accadrà alla manifestazione di Roma di sabato?
Ci saranno 59 associazioni e comitati, una quarantina circa di relatori a parlare in Piazza Santi Apostoli dalle 15 alle 19. Non sarà una manifestazione come le tante di questi anni, che chiusa la giornata ognuno è a casa e non succede nulla. Qui abbiamo un progetto, per far convergere chi partecipa, e chi vorrà farlo anche da casa, sui punti programmatici.
La base è ampia, dalle forze dell’ordine alla Sanità, alla scuola, i pensionati, gli agricoltori, le partite IVA… cercheremo di trovare una bandiera unitaria, al di là delle tribù. Per parlare con le istituzioni, ci vuole un interlocutore unico: vogliamo costruire a partire da qui.
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Sanità
«Momento spartiacque»: Kennedy rifiuta gli obiettivi sanitari delle Nazioni Unite che «ignorano» l’aumento globale delle malattie croniche
The United States will walk away from the Declaration on Non-Communicable Diseases, but we will never walk away from the world—or our commitment to end chronic disease. pic.twitter.com/bxQbfzMbrb
— Secretary Kennedy (@SecKennedy) September 26, 2025
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La dichiarazione porterebbe a una «gestione oppressiva» da parte degli organismi internazionali
Kennedy ha affermato che, invece di concentrarsi sui rischi che gli alimenti ultra-processati pongono alla salute umana, la dichiarazione delle Nazioni Unite conteneva «disposizioni su tutto, dalle tasse alla gestione oppressiva», ha riportato The Hill. Secondo Kennedy, queste disposizioni, se promulgate, limiterebbero la sovranità nazionale, dando luogo a una «gestione oppressiva da parte degli organismi internazionali» delle questioni di salute pubblica globale. Kennedy ha messo in discussione il ruolo delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – un’agenzia delle Nazioni Unite – nella leadership sanitaria globale. «La bozza di dichiarazione non avrebbe dovuto essere inclusa nell’ordine del giorno di oggi». «L’approccio delle Nazioni Unite è mal indirizzato. Tenta di fare sia troppo poco che troppo. Va oltre il ruolo che spetta alle Nazioni Unite, ignorando i problemi sanitari più urgenti. Ed è per questo che gli Stati Uniti lo respingeranno. L’OMS non potrà rivendicare credibilità o leadership finché non subirà una riforma radicale» ha aggiunto. Gli Stati Uniti avevano già criticato la dichiarazione proposta. In un promemoria del 18 settembre, la Missione statunitense presso le Nazioni Unite ha affermato che la bozza di dichiarazione «non è stata concordata in anticipo per consenso» e pertanto «non dovrebbe essere sottoposta all’approvazione della riunione ad alto livello». L’avvocato olandese Meike Terhorst, attiva su questioni di salute e sovranità medica, ha affermato: «la salute dovrebbe essere affrontata a livello nazionale, non a livello di ONU o OMS», ha affermato Terhorst. «Mi oppongo all’acquisizione di maggiori diritti da parte di organismi indipendenti basati su trattati come ONU e OMS, senza alcun sistema di controlli e contrappesi». Shabnam Palesa Mohamed, direttore esecutivo di Children’s Health Defense Africa e fondatore di Transformative Health Justice, ha sottolineato la necessità di contestare gli sforzi delle Nazioni Unite per ampliare la propria autorità. «È importante mettere in discussione l’estensione dell’attenzione delle Nazioni Unite oltre il suo mandato ufficiale», ha affermato. «L’allargamento delle missioni, senza la conoscenza e il consenso dell’opinione pubblica, rappresenta una minaccia per la salute, la sovranità nazionale e la cooperazione internazionale». Secondo la National Public Radio (NPR), Kennedy non fu il solo a mettere in discussione le proposte della dichiarazione. «Alcuni paesi e sostenitori hanno espresso preoccupazioni riguardo al testo, come il fatto che il documento non tratti delle bevande zuccherate nonostante il ruolo che svolgono nell’aumento dei tassi di obesità infantile», ha riferito NPR. «La posizione di Kennedy ha aperto la porta ad altri», ha detto Ji. «Molte nazioni, soprattutto nel Sud del mondo, sanno in prima persona quanto queste istituzioni le abbiano deluse. Forse non lo diranno ancora apertamente, ma trarranno conforto dal fatto che l’America abbia tracciato una linea rossa».Sostieni Renovatio 21
La dichiarazione darebbe il via a «infrastrutture per una biosorveglianza completa»
Scrivendo su Substack, Ji ha affermato che la dichiarazione conteneva diversi «meccanismi progettati per trasferire l’autorità dalle nazioni alle istituzioni globali». Sarebbe necessario lo sviluppo di quella che Ji ha descritto come una «infrastruttura di sorveglianza digitale». Ha affermato che i paragrafi 61 e 73-74 della dichiarazione propongono una «sorveglianza integrata» con «interoperabilità tra piattaforme sanitarie digitali». Questa proposta creerebbe «un’infrastruttura per una biosorveglianza completa», ha scritto Ji. La dichiarazione chiede inoltre ai paesi di «introdurre o aumentare le tasse», anche su prodotti come tabacco e alcol, cosa che Ji ha descritto come una rinuncia alla sovranità fiscale nazionale. L’appello della dichiarazione a un approccio che coinvolga «l’intera società» minerebbe ulteriormente la sovranità nazionale, creando strutture di «governance parallela» in cui organizzazioni non governative, aziende e altre organizzazioni internazionali «plasmano la politica nazionale senza mandato democratico, aggirando la responsabilità dei cittadini», ha scritto Ji. Secondo Ji, Kennedy non ha avuto altra scelta che rifiutare la dichiarazione. «Le implicazioni vanno ben oltre la politica sanitaria. La posizione di Kennedy segnala che l’America non subordinerà più la sua Costituzione, i suoi processi democratici o i diritti dei suoi cittadini a organismi internazionali non eletti, indipendentemente dal linguaggio umanitario utilizzato per giustificare tale subordinazione» ha scritto. La dichiarazione “introduce di nascosto mandati di sorveglianza generalizzata, controlli fiscali e schemi di ingegneria comportamentale che concentrano il potere in mani non elette, fingendo di ‘salvare vite'”, ha detto Ji a The Defender.Aiuta Renovatio 21
Il rifiuto della dichiarazione da parte degli Stati Uniti impone il voto all’Assemblea generale
Il rifiuto della dichiarazione proposta da parte degli Stati Uniti significa che, invece di essere approvata per consenso, ovvero senza votazione, la proposta dovrà essere sottoposta a votazione dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Secondo Health Policy Watch, questa votazione si terrà «molto probabilmente» il mese prossimo. Il Guardian ha riportato che la dichiarazione dovrebbe essere concordata «nelle prossime settimane», nonostante il rifiuto degli Stati Uniti. In alcune dichiarazioni citate da NPR, la presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite Annalena Baerbock, che ha ricoperto la carica di ministro degli Esteri della Germania come membro del Partito Verde tra il 2021 e il 2025, ha affermato che «gli altri governi andranno avanti, agiranno e porteranno avanti il loro impegno». «C’è la determinazione di non lasciare che questo ostacoli l’azione urgentemente necessaria», ha affermato Baerbock. Health Policy Watch ha riferito che la dichiarazione, che è stata «negoziata con grande impegno», ha il sostegno della maggior parte degli stati membri delle Nazioni Unite, comprese coalizioni chiave come il Gruppo dei 77, che comprende la Cina e comprende 130 economie emergenti. Jeremy Farrar, Ph.D., vicedirettore generale dell’OMS, ha affermato che la dichiarazione ha ancora slancio tra gli Stati membri delle Nazioni Unite. Ha dichiarato a Health Policy Watch: «Anche se dobbiamo dire che nessuno è contento, tutti stanno andando avanti. E in definitiva, a qualcuno a Ho Chi Minh City, a Giacarta o a Londra importa davvero cosa c’è in quella dichiarazione? Ciò che conta è ciò che i governi ora tornano a fare nella propria giurisdizione, ed è questo che conta davvero». Farrar ha già avuto un ruolo nello sviluppo di politiche chiave durante la pandemia di COVID-19, tra cui la vaccinazione di massa.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
L’opinione pubblica riconosce i «pericoli della cessione della sovranità alle istituzioni catturate»
Gli Stati membri dell’ONU si trovano ora di fronte a una «scelta binaria» tra accettare la dichiarazione e rinunciare alla propria sovranità nazionale oppure unirsi agli Stati Uniti nel rifiutare la dichiarazione, ha scritto Ji. Rifiutando la dichiarazione, i paesi «manterrebbero la sovranità nazionale, affronterebbero le cause profonde (cibo ultra-processato), rifiuterebbero la cattura delle multinazionali, chiederebbero una riforma dell’OMS e darebbero priorità alla salute rispetto alla burocrazia», ha scritto Ji. La decisione di respingere la dichiarazione arriva solo pochi mesi dopo altre decisioni dell’amministrazione Trump che mettono in discussione il ruolo delle Nazioni Unite e dell’OMS nella governance sanitaria globale. A gennaio, Trump ha ordinato agli Stati Uniti di ritirarsi dall’OMS, citando la «cattiva gestione della pandemia di COVID-19» da parte dell’organizzazione. Il processo di ritiro sarà completato l’anno prossimo. A luglio, gli Stati Uniti hanno respinto gli emendamenti al Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) dell’OMS. Kennedy affermò all’epoca che gli emendamenti avrebbero conferito un’autorità senza precedenti a «un’organizzazione internazionale non eletta che potrebbe ordinare lockdown, restrizioni di viaggio o qualsiasi altra misura che riterrà opportuna». Per quanto riguarda la proposta delle Nazioni Unite, Ji ha affermato: «Questo documento rispecchia lo stesso schema di erosione della sovranità che abbiamo visto con gli emendamenti al RSI dell’OMS e il trattato sulla pandemia: burocrati e i loro partner aziendali che costruiscono il consenso, per poi imporre quadri di conformità alle nazioni senza mandato democratico».Aiuta Renovatio 21
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Sanità
Down morto di fame in un ospedale britannico
L’emittente britannica ITV ha diffuso un’inchiesta che documenta il caso di Adrian Poulton, un uomo di 56 anni con sindrome di Down, morto per malnutrizione in un ospedale del Servizio Sanitario Nazionale (NHS) nel 2021.
L’uomo era stato ricoverato a settembre dello stesso anno al Poole Hospital in seguito alla frattura di un’anca. Nonostante la frattura stesse guarendo, i medici avevano emesso la direttiva «nil by mouth», «niente per via orale», che impedisce l’alimentazione del paziente per bocca.
Secondo quanto riferito dalla famiglia a ITV, Poulton non ricevette nutrizione per nove giorni. I familiari credevano che stesse venendo alimentato tramite flebo, ma successivamente è emerso che ciò non stava avvenendo. Il padre, Derek Poulton, ha dichiarato: «Non essendo medici, pensavamo naturalmente che ricevesse nutrimento. Ma a quanto pare, lo stavano facendo morire di fame». La sorella, Lesley Bungay, ha affermato che Adrian era consapevole delle sue condizioni e temeva per la propria vita.
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Poulton è deceduto il 28 settembre 2021. Un rapporto ufficiale dell’ospedale ha attribuito la causa della morte alla mancanza di nutrizione. La struttura ha espresso cordoglio e dichiarato di aver implementato modifiche operative in seguito all’accaduto, condividendole con i familiari.
Il caso riaccende l’attenzione su una questione più ampia riguardante il trattamento delle persone con disabilità intellettive nel sistema sanitario britannico. A settembre 2023, un rapporto commissionato dal governo ha rilevato che le persone con disabilità intellettive muoiono mediamente 20 anni prima della popolazione generale e che circa il 40% di questi decessi sarebbe evitabile.
La carenza di personale specializzato è un altro elemento critico: la forza lavoro infermieristica in questo settore è diminuita del 43% dal 2009, secondo quanto riportato in una lettera inviata da 16 organizzazioni di beneficenza al ministro della Salute, Wes Streeting.
«Se non cambia nulla, si prevede che entro il 2028 vi saranno pochissimi infermieri specializzati in disabilità intellettive in Inghilterra», si legge nella missiva, che sottolinea la necessità di un intervento urgente per evitare un collasso del settore.
Nel 2023, un altro caso simile ha coinvolto Louis Cartright, un ragazzo di 17 anni con sindrome di Down, morto dopo essere stato dimesso da un ospedale londinese senza ricevere cure appropriate. Cartright, inizialmente portato in ospedale per un malessere, non fu sottoposto a esami ematici poiché era ansioso all’idea del prelievo e i medici non ritennero opportuna la sedazione. Le sue condizioni peggiorarono progressivamente e morì a casa il 3 febbraio 2023. L’inchiesta del medico legale è ancora in corso.
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La madre, Jackie Cartright, ha riferito a ITV: «Non aveva mai avuto il COVID. Raramente si prende il raffreddore, non ha mai avuto un mal di stomaco. Era un bambino sanissimo». «Dicono di aver fatto tutto il possibile per Louis. Non crediamo che sia vero», ha detto suo padre Ian a ITV. «Aveva una disabilità, aveva la sindrome di Down, era un bambino spaventato. Avrebbero potuto fare qualcosa, e si sono rifiutati di farlo».
Organizzazioni e attivisti sottolineano che questi casi evidenziano criticità strutturali nel sistema sanitario e pongono interrogativi sull’equità delle cure fornite alle persone con disabilità. Paula McGowan, attivista e promotrice della formazione obbligatoria Oliver McGowan per il personale del NHS, ha affermato: «Le persone con disabilità intellettive continuano a morire per le stesse cause e gli stessi fallimenti. Il governo deve fare di più».
Il programma di formazione obbligatoria per il personale sanitario su disabilità intellettive e autismo è stato introdotto nel 2022, ma secondo ITV, NHS England fatica ancora a raggiungere gli obiettivi prefissati. Diverse fonti sottolineano che i problemi non derivano solo dalla mancanza di formazione, ma anche da una cultura sanitaria che, in alcuni casi, non riconosce appieno il valore della vita delle persone con disabilità.
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