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Creazione di ventuno cardinali in un’atmosfera pre-conclave

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Renovatio 21 pubblica una somma di due articoli previamente apparsi di FSSPX.news.

 

 

Il 29 maggio 2022 il Papa ha annunciato che avrebbe creato ventuno cardinali durante il concistoro che si terrà il 27 agosto. Sedici saranno elettori e cinque non votanti, perché hanno più di 80 anni.

 

 

Oltre a tre prelati che lavorano in Vaticano (un britannico, un sudcoreano, uno spagnolo), ci sono due europei (un francese, un italiano), due africani (un nigeriano, un ghanese), quattro americani (due brasiliani, uno statunitense, un paraguaiano) e cinque dall’Asia (due indiani, un singaporiano, un timorese orientale). Il Collegio cardinalizio continua quindi a internazionalizzarsi.

 

 

Cardinali secondo il cuore del Papa

Molti di questi futuri cardinali sono considerati dai vaticanisti come prelati «bergogliani». Ad esempio, il francese Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, 63 anni, in cui il Papa vede un difensore di un «mediterraneo felice» dove la migrazione è soprattutto un arricchimento.

 

Su questo punto, mons. Aveline è senza dubbio il più «bergoggliano» dei vescovi francesi. Nell’aprile 2021 aveva incontrato Francesco per quasi un’ora faccia a faccia, evocando una «teologia mediterranea», secondo la quale il dialogo e gli scambi tra i popoli delle sponde mediterranee dovrebbero consentire di dispiegare «una grande tenda della pace».

 

Secondo l’agenzia svizzera cath.ch del 29 maggio, «Papa Francesco e il futuro cardinale condividono una certa visione della missione della Chiesa cattolica nel Mediterraneo: tra dialogo pacifico con l’Islam, fraternità e solidarietà con l’altra riva. “Marsiglia è più di una città: è un messaggio! Un messaggio in cui l’angoscia si mescola alla speranza”, ha detto mons. Aveline al presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, durante una visita nella sua città nell’agosto 2021».

 

Un altro prelato caro a papa Francesco è il britannico Arthur Roche, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 72 anni. Nel 2012 Benedetto XVI lo ha chiamato a Roma e lo ha nominato segretario della Congregazione per il Culto Divino. Divenne poi il «numero 2» del dicastero con il cardinale Antonio Cañizares Llovera fino al 2014, poi al fianco del suo successore, il cardinale Robert Sarah, nominato da papa Francesco il 23 novembre 2014.

 

Dopo essere lui stesso succeduto al cardinale guineano nel maggio 2021, i primi mesi di monsignor Roche alla guida del dicastero per la liturgia sono stati caratterizzati dalla pubblicazione del Motu proprio Traditionis custodes, che limita le possibilità di celebrare la messa tridentina. Ha mostrato un tale zelo nell’applicazione di questo Motu proprio da meritare certamente la berretta cardinalizia.

 

Anche lui è considerato un «bergogliano» di «stretta osservanza» (…).

 

Negli Stati Uniti, Robert Walter McElroy, vescovo di San Diego, California, 68 anni, è – a differenza di alcuni suoi colleghi – contrario al principio di vietare la comunione ai leader politici favorevoli alla legalizzazione dell’aborto. È noto anche per essersi opposto a Donald Trump, di cui ha definito il progetto per un muro anti-migranti al confine messicano come «grottesco e inefficace».

 

La sua creazione a cardinale sembra essere un modo per controbilanciare l’influenza di due prelati conservatori californiani: l’arcivescovo di San Francisco, mons. Salvatore Cordileone, e l’arcivescovo di Los Angeles, mons. José Gomez, che attualmente ricopre la presidenza della Conferenza episcopale americana.

 

Per il Brasile, è Leonardo Ulrich Steiner, 71 anni, arcivescovo di Manaus, la città più popolosa dell’Amazzonia, importante punto di contatto con la grande foresta. Nell’aprile 2022 è stato nominato presidente della Commissione episcopale speciale per l’Amazzonia, succedendo al cardinale progressista Claudio Hummes.

 

Il suo ingresso nel Sacro Collegio è la continuazione del sinodo sull’Amazzonia svoltosi nel 2019 in Vaticano, al fine di garantire a questa regione visibilità nei futuri dibattiti ecclesiali, con l’idea di «amazzonizzare» la Chiesa attraverso l’ordinazione di uomini sposati e la scoperta del rito pagano di Pachamama, la dea della Madre Terra, che è stata celebrata a Roma il 4 ottobre 2019, durante il sinodo sull’Amazzonia.

 

 

E se si dovesse tenere un conclave prima del concistoro…

L’annuncio del 29 maggio del concistoro che si terrà tre mesi dopo, il 27 agosto, ha fatto interrogare diversi osservatori romani su quali sarebbero i diritti di questi futuri cardinali se si tenesse un conclave prima del concistoro. In pratica, potranno eleggere il prossimo papa o no? Questa domanda mostra il clima pre-conclave che il preoccupante stato di salute del Papa crea a Roma.

 

Interrogato dall’agenzia i.media il 31 maggio, mons. Patrick Valdrini, professore emerito di diritto canonico all’Università Lateranense, risponde: «In caso di morte o di dimissioni di papa Francesco prima del 27 agosto, l’annuncio di questo concistoro, la cui convocazione è strettamente legata al pontefice regnante, sarebbe nullo. Solo i cardinali elettori già costituiti, attualmente in numero di 117, sarebbero quindi convocati in conclave. Lo status di cardinale è legato allo svolgimento del concistoro e non al semplice annuncio della sua convocazione».

 

E aggiunge che l’annuncio di un concistoro impegna solo il papa regnante. Se l’attuale pontificato dovesse interrompersi, essendo la scelta dei futuri cardinali legata a una decisione personale di papa Francesco, «il suo successore potrebbe non crearli», stima mons. Valdrini. Essendo tuttavia consuetudine di dare pegni di continuità, almeno all’inizio del pontificato, il nuovo papa potrebbe però convocare un altro concistoro con la stessa lista, o integrandola.

 

 

Cardinalis, una rivista per i cardinali in vista del conclave

Da qualche mese circola tra i cardinali una nuova rivista creata appositamente per loro, con lo scopo dichiarato di aiutarli «a conoscersi per prendere le decisioni giuste nei momenti importanti della vita della Chiesa». In altre parole: in previsione del futuro conclave, come scrive Sandro Magister sul suo blog Settimo Cielo del 12 maggio 2022.

 

La rivista Cardinalis viene inviata a tutti i membri del Sacro Collegio e può essere letta in quattro lingue, in formato cartaceo o online. È pubblicata a Versailles, in Francia. La scrittura è assicurata da «una équipe di vaticanisti di tutti i Paesi e di diverse tendenze». Il primo numero è uscito a novembre 2021, il secondo ad aprile, con in copertina il cardinale Camillo Ruini che aveva rilasciato un’intervista alla giornalista americana Diane Montagna.

 

L’alto prelato italiano, citato da Sandro Magister, sottolinea che «non deve cadere in ombra la verità di Gesù Cristo unico salvatore di tutti, affermata dal Nuovo Testamento e riaffermata dalla dichiarazione “Dominus Iesus” del 2000, un “documento fondamentale” contro il relativismo presente anche nella Chiesa».

 

Il vaticanista romano commenta: «Ruini non lo dice, ma che questa verità capitale debba tornare al centro dell’attenzione dei cardinali chiamati ad eleggere il prossimo papa è sottolineato con forza alcune pagine più avanti in questo stesso numero di Cardinalis, in un testo dal titolo inequivocabile di “Memorandum per un futuro conclave”».

 

«Firmato dal professor Pietro De Marco ma frutto di un “think tank” più allargato, il “Memorandum” mette in guardia dal parificare la rivelazione cristiana ad altre religioni e dallo spogliare la morte in croce di Gesù da ogni valenza redentrice, riducendola a un messaggio etico di trasformazione dei cuori e della società».

 

Il vaticanista italiano aggiunge: «L’affermazione del carattere unico e universale della mediazione salvifica di Cristo è, invece, parte centrale della buona novella che la Chiesa proclama ininterrottamente fin dall’epoca apostolica. “Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati (Atti 4, 11-12)”».

 

«Se si offusca questa verità primordiale “ci si avvia, come purtroppo avviene, alla dissoluzione del soggetto cristiano”. E dunque anche in un conclave – avverte il “Memorandum” – dovrà tornare al centro della riflessione “la fedeltà al compito di Pietro di confermare i fratelli“ su questo caposaldo del Credo cristiano. Senza più quei cedimenti prodotti da certe letture ireniche e banalizzanti di un’enciclica come la “Fratelli tutti” di papa Francesco.».

 

Si noti che questo memorandum è il secondo indirizzato ai cardinali in vista del conclave. Il primo è stato pubblicato il 15 marzo da Sandro Magister che lo ha presentato in questi termini: «Dall’inizio della Quaresima, i cardinali che eleggeranno il prossimo papa si sono trasmessi questo memorandum. Il suo autore, che usa lo pseudonimo di Demos – il popolo in greco – è sconosciuto, ma mostra grande padronanza della sua materia. Non è escluso che sia lui stesso un cardinale».

 

– Questo documento, di cui DICI n°419, aprile 2022, ha dato gli estratti più significativi, è stato presentato sotto forma di dittico: «Il Vaticano oggi» e «Il prossimo conclave».

 

Sempre in Cardinalis n° 2 si può leggere un interessante articolo del cardinale Walter Brandmüller, eloquentemente intitolato Prolegomena sulle interviste [dei cardinali] prima dei conclavi. L’ex presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche dichiara che si tratta «del rapporto reciproco tra il Papa e la Chiesa», precisando che il Papa è un membro della Chiesa che ha le funzioni di Servus servorum, Servo dei servi.

 

Quindi «il Papa non deve, o non può, regnare come monarca assoluto», poiché non è al di sopra della legge canonica. «La sua azione incontra un limite quando si tratta del nucleo fondamentale della dottrina e della costituzione della Chiesa», insiste il prelato tedesco, aggiungendo senza mezzi termini:

 

«Insomma, il Papa può commettere un reato quando non rispetta la legge», anche se è impossibile citarlo in giudizio, secondo l’adagio del IV secolo: prima sedes a nemine judicatur, la sede apostolica non può essere giudicata. Ciò ha un’implicazione significativa: «un dovere di obbedienza graduata da parte dei membri della Chiesa».

 

E insiste: «L’aumento del numero delle dimissioni di vescovi per ordine del Muftì nel recente passato va analizzato da questa prospettiva», quella del mistero della Chiesa e dei limiti del potere pontificio. L’articolo conclude con fermezza: «Spetterà al conclave eleggere un papa consapevole del suo mandato apostolico, compresi i suoi limiti».

 

 

Continuità o discontinuità rispetto al Concilio

Nella sua intervista a Diane Montagna, già citata, il cardinale Ruini afferma: «l’ermeneutica della continuità o meglio del rinnovamento nella continuità, proposta da Benedetto XVI, esprime nel migliore dei modi questi bisogni che tante persone come me hanno sentito», mostrando così le carenze di un’analisi che denuncia gli effetti della crisi, senza arrischiarsi a risalire alle loro cause conciliari.

 

Per questo è utile mettere in prospettiva le dichiarazioni dei conservatori «ratzingeriani», confrontandole con affermazioni precedenti, che sono più forti perché più lucide.

 

Il 1° luglio 2020 lo studioso Roberto de Mattei ha pubblicato sul sito Corrispondenza romana uno studio in cui mostrava l’inadeguatezza di una critica conservatrice basata sull’ermeneutica della continuità: «Pur convinti degli errori di papa Francesco, questi conservatori non hanno voluto seguire la strada aperta dalla Correctio filialis consegnata a papa Francesco l’11 agosto 2016».

 

«La vera ragione della loro riluttanza sta probabilmente nel fatto che la Correctio mette in rilievo come la radice delle deviazioni bergogliane risale ai pontificati di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II e, prima ancora, al Concilio Vaticano II […] Occorre convincersi che l’ermeneutica della continuità è fallita, perché attraversiamo una crisi in cui ci si deve misurare sui fatti, e non sulle loro interpretazioni».

 

«L’inaccettabilità di questo approccio – osserva giustamente Peter Kwasniewski [dal sito americano OnePeterFive, 29 giugno 2020. NdR] – è dimostrata, tra l’altro, dal successo infinitesimale che i conservatori hanno avuto nel rovesciare le “riforme” disastrose, le tendenze, le abitudini e le istituzioni stabilite sulla scia e nel nome dell’ultimo Concilio, con l’approvazione o la tolleranza papale.».

 

E lo storico italiano giustamente aggiunge: «Papa Francesco non ha mai teorizzato l ‘ermeneutica della “discontinuità”, ma ha voluto realizzare il Vaticano II nella prassi e l’unica risposta vincente a questa prassi sta nella realtà concreta dei fatti teologici, liturgici, canonici e morali, e non in uno sterile dibattito ermeneutico. Sotto questo aspetto, il vero problema non sarà la continuità o la discontinuità del prossimo Pontefice con Papa Francesco, ma il suo rapporto con il nodo storico del Concilio Vaticano II».

 

Per la cronaca, la Correctio filialis de hæresis propagatis citata da Roberto de Mattei è una lettera aperta del 16 luglio 2017, e indirizzata a papa Francesco il mese successivo da oltre 60 chierici e studiosi laici. Vi si affermava senza mezzi termini: «È stato dato scandalo alla Chiesa e al mondo, in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitia e mediante altri atti attraverso i quali Vostra Santità ha reso sufficientemente chiari la portata e il fine di questo documento.»

 

«Di conseguenza, si sono diffusi eresie e altri errori nella Chiesa; mentre alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti, altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimprovero ma un favore».

 

«Per contro, quei cardinali che hanno presentato i dubia a Vostra Santità, affinché attraverso questo metodo radicato nel tempo la verità del vangelo potesse essere facilmente affermata, non hanno ricevuto una risposta ma il silenzio».

 

Indicava poi l’intenzione dei suoi autori: «Desideriamo ora mostrare come alcuni passaggi di Amoris laetitia, insieme ad atti, parole e omissioni di Vostra Santità, servono a propagare sette proposizione eretiche».

 

Infine, la Correctio filialis torna alle cause generali di questi grandi errori dottrinali: il modernismo e il protestantesimo: «Al fine di delucidare la nostra Correctio e di redigere una difesa contro la diffusione degli errori, desideriamo ora attirare l’attenzione su due fonti generali di errori che ci appaiono quale veicolo delle eresie che abbiamo elencato. Parliamo per primo di una falsa comprensione della Divina Rivelazione che generalmente riceve il nome di Modernismo e poi degli insegnamenti di Martin Lutero».

 

 

Neomodernismo e Neoprotestantismo

Il 26 settembre 2017, monsignor Bernard Fellay, allora superiore generale della Fraternità San Pio X, e firmatario della Correctio filialis, accostava questo documento alla dichiarazione di mons. Marcel Lefebvre del 21 novembre 1974: «Questo atteggiamento [degli autori della Correctio] è stato quello di mons. Lefebvre e della Fraternità San Pio X fin dall’inizio. Nella sua dichiarazione del 21 novembre 1974, il nostro fondatore disse»:

 

«Aderiamo con tutto il cuore, con tutta la nostra anima, alla Roma cattolica, custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie per mantenere questa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e verità. D’altra parte rifiutiamo e ci siamo sempre rifiutati di seguire la Roma di tendenze neomoderniste e neoprotestanti».

 

E monsignor Fellay ha aggiunto: «È proprio questo neomodernismo e questo neoprotestantesimo che giustamente denunciano gli autori della Correctio filialis come le cause dei cambiamenti operati da Amoris laetitia nella dottrina e nella morale del matrimonio. Con ogni fibra del nostro essere siamo attaccati a Roma, Mater et Magistra».

 

«Non saremmo più romani se rinunciassimo alla sua dottrina bimillenaria; al contrario, diventeremmo gli artefici della sua demolizione, con una morale di circostanza pericolosamente fondata su una dottrina debole. La nostra fedeltà alla Tradizione non è un ritiro nel passato, ma una garanzia di sostenibilità per il futuro. Solo a questa condizione possiamo servire utilmente la Chiesa».

 

Questi sono i principi che dovrebbero illuminare un futuro papa, veramente desideroso di servire la Chiesa, attaccando risolutamente la radice dei mali che la stanno consumando.

 

 

 

Somma di articoli previamente apparsi su FSSPX.news

 

 

 

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

Immagine di Cheb143 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine modificata

 

 

 

 

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La Reja: vestizione e voti dei Fratelli, primi impegni dei seminaristi

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Nella festa di San Michele Arcangelo, il 29 settembre 2025, un Fratello ha vestito l’abito, altri tre hanno pronunciato i voti e i seminaristi del secondo anno hanno pronunciato i loro primi impegni nella Fraternità San Pio X.

 

La festa di San Michele Arcangelo è il giorno designato dal fondatore della Fraternità, l’arcivescovo Marcel Lefebvre, per le cerimonie riguardanti i Fratelli appartenenti alla nostra società: vestizione, primi voti o rinnovo.

 

Quest’anno, il 2025, ha visto la vestizione dell’abito da parte di un novizio di nazionalità argentina dopo il suo anno di postulato. In questa occasione, il nuovo Fratello ha ricevuto un crocifisso, che sarebbe stato oggetto della sua meditazione durante il noviziato. Tre Frati hanno rinnovato i loro voti, provenienti da Brasile, Cile e Messico.

 

Gli impegni dei seminaristi con la Società si svolgono normalmente l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine. Tuttavia, i seminaristi dell’emisfero australe, che sono in ritardo di sei mesi rispetto a quelli dell’emisfero boreale, assumono il loro primo impegno qualche mese prima, dopo un anno e mezzo di seminario.

 

I nuovi membri della Fraternità ricevono una medaglia da San Pio X, patrono celeste della nostra opera.

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Gender

Papa Leone XIV nomina un arcivescovo pro-LGBT a ruoli chiave in Vaticano

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Papa Leone XIV ha promosso un vescovo che ha sostenuto le liturgie a tema LGBT a una posizione di consulenza all’interno della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, parte del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, diretto dal cardinale Kurt Koch.   L’arcivescovo Bernard Longley di Birmingham, in Inghilterra, ha ricevuto tre nomine dal Vaticano da giugno, nonostante la sua lunga storia di sostegno a iniziative della Chiesa che sono in contraddizione con l’insegnamento morale cattolico.   L’ annuncio del Vaticano di giovedì segue la nomina di Longley al Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani a giugno e al Dicastero per il dialogo interreligioso a luglio.

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Longley, 70 anni, è arcivescovo dell’arcidiocesi di Birmingham, in Inghilterra. È stato ordinato nel 1981 e nominato vescovo ausiliare di Westminster da Papa Giovanni Paolo II nel 2003.   Come ausiliare, Pink News ha celebrato il suo ruolo nella supervisione del «Soho Masses Pastoral Council», un gruppo che organizza liturgie per omosessuali attivi. Gli fu affidato questo incarico dal cardinale Cormac Murphy-O’Connor, allora arcivescovo di Westminster.   Nel 2010, ha difeso le «Messe LGBT» su The Tablet, rifiutando qualsiasi «verifica dei mezzi morali» prima di distribuire la Santa Comunione e accusando i critici di fare supposizioni sull’attività sessuale dei partecipanti.   I suoi commenti hanno suscitato forti critiche da parte degli attivisti, tra cui la defunta Daphne McLeod di Pro Ecclesia et Pontifice, uno dei gruppi che regolarmente tenevano una veglia di preghiera al di fuori della «Messa LGBT». Nonostante la sua opposizione, McLeod ha mantenuto un rapporto rispettoso con i partecipanti alla «Messa LGBT». Nella sua risposta a Longley, McLeod ha affermato che erano «perfettamente onesti riguardo al loro stile di vita omosessuale» e «sottolineavano di avere relazioni sessuali».   «Nessuno, a parte l’arcivescovo, cerca di fingere di vivere o di impegnarsi a vivere una vita casta», ha aggiunto.   Nominato arcivescovo di Birmingham nel 2009, Longley ha mantenuto uno stretto contatto con i gruppi LGBT. Nel maggio 2023, ha ringraziato la «comunità LGBTQ+» per il suo feedback al Sinodo sulla sinodalità.   Nella sua risposta diocesana al sinodo del 2023 si faceva riferimento alle «relazioni amorose» di «divorziati risposati, genitori single, persone che vivono in matrimoni poligami, persone LGBTQ».   Successivamente, l’arcidiocesi di Longley ha ospitato un evento per i cattolici LGBT, per quello che il prelato ha definito «un dialogo continuo per ascoltare ulteriormente».   Secondo il sito web dell’arcidiocesi, Longley ha richiesto la creazione di un gruppo LGBT diocesano, che «è emerso dal processo sinodale». Il gruppo LGBT di Longley ha organizzato una «Messa di benvenuto LGBTQ+» a maggio di quest’anno. Longley stesso ha commentato: «è così importante che tutti si sentano benvenuti nella famiglia della Chiesa», e ha espresso la speranza che tali eventi offrano «un accompagnamento e un incoraggiamento adeguati».   La nomina di Longley avviene in un momento di maggiore attenzione nei confronti della «diffusione» LGBT di Roma. All’inizio di settembre, Papa Leone XIV ha ricevuto in udienza privata il gesuita attivista pro-LGBT padre James Martin, SJ, dopo la quale Martin ha affermato che Leone «continuerà con la stessa apertura che Francesco ha mostrato verso i cattolici LGBTQ».   Il giorno dopo la sua elezione, Martin aveva espresso un caloroso sostegno a Leone e, prima delle elezioni, si diceva che avesse appoggiato l’allora cardinale Robert Prevost. Sebbene alcuni sostenessero che Martin non dovesse essere considerato un testimone attendibile, gli eventi hanno confermato la sua interpretazione.   Prima di quell’incontro, Leone ha ricevuto in un’udienza segreta e non annunciata la suora eretica pro-LGBT Suor Lucia Caram.

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Meno di una settimana dopo, il gruppo pro-LGBT «Tenda di Gionata» è sceso in Vaticano con migliaia di partecipanti, celebrando una messa nella chiesa del Gesù dei Gesuiti e attraversando in processione la Porta Santa della Basilica di San Pietro. L’evento è stato pubblicizzato sul sito web del Vaticano dedicato all’Anno Giubilare.   Lo stesso Leone ha affermato che l’insegnamento della Chiesa sulla morale sessuale potrebbe cambiare, se prima cambiassero gli atteggiamenti. In recenti dichiarazioni, ha fortemente insinuato che il cambiamento della prassi pastorale e dell’opinione pubblica debba precedere qualsiasi cambiamento dottrinale formale. Martin ha elogiato questa iniziativa e ha invitato i cattolici a pregare «per un cambiamento di atteggiamento» a tal fine.   Tra le altre recenti nomine di Leo c’è quella del vescovo Michael Pham nella diocesi di San Diego. A luglio, l’ausiliare di Pham, il vescovo Ramón Bejarano, ha celebrato una «Messa dell’orgoglio LGBT» nella diocesi con il suo appoggio . A luglio, ha anche nominato vescovo di Baker, Oregon, padre Thomas Hennen, che era stato coinvolto nella stesura di linee guida pastorali per le persone con attrazione per lo stesso sesso, che non facevano alcun riferimento alla necessità della castità.   In qualità di vicepresidente eletto di recente della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles nel 2025, Longley si posiziona come uno dei prelati più anziani del Paese, mentre Leone rimodella gli organi chiave del Vaticano.

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  Immagine di Catholic Church of England and Wales via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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Ci siamo: ecco l’arcivescova di Canterbury. Pro-aborto e pro-LGBT

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Sarah Mullally è stata scelta come nuovo arcivescovo anglicano di Canterbury, segnando la prima volta che una donna viene nominata alla più alta carica ecclesiastica nella Chiesa anglicana.

 

La sede dell’arcivescovo di Canterbury era vacante dal 7 gennaio 2025, quando l’arcivescovo Giustino Welby si dimise a causa delle accuse di cattiva gestione di un caso di abuso.

 

Abbiamo quindi la prima «arcivescova» canterburiana. Immaginiamo che a questo punto si debba dire anche «monsignora».

 

La Mullally diventa ora la prima donna a ricoprire questo prestigioso incarico. Mentre il monarca regnante, in questo caso Re Carlo III, è ufficialmente il capo della Chiesa d’Inghilterra, l’arcivescovo di Canterbury è il vescovo più anziano e il capo spirituale della comunità anglicana mondiale.

 

La Chiesa anglicana ha iniziato a «ordinare» le donne nel 1994 e la prima «vescova» donna è stata nominata nel 2014.

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La Mullally è stata vescovo di Londra nel 2018, considerata la terza più alta carica della Chiesa d’Inghilterra. In precedenza ha lavorato come infermiera del Servizio Sanitario Nazionale (NHS) ed è diventata la più giovane responsabile infermieristica di sempre per l’Inghilterra nel 1999. La donna deciso di entrare nel clero anglicano all’inizio degli anni 2000. Mullally è sposata e ha due figli.

 

L’ex infermiera è nota per le sue idee teologiche e politiche progressisti. Si è definita femminista ed è una sostenitrice dell’aborto e dell’agenda LGBT. Nel 2022, come vescovo di Londra, ha promosso la celebrazione del «Mese della storia LGBT+» e l’istituzione di un gruppo consultivo per la diocesi incentrato sulla «cura pastorale e l’inclusione delle persone LGBT+ nella vita delle nostre comunità ecclesiali».

 

La monsignora ha espresso le sue opinioni pro-aborto in un post su un blog del 2012: «sospetto che descriverei il mio approccio a questo problema come pro-scelta piuttosto che pro-vita [sic], anche se fosse un continuum mi troverei da qualche parte lungo questo percorso, muovendomi verso la vita quando si riferisce alla mia scelta e poi consentendo la scelta quando si riferisce agli altri, se ha senso» ha scritto oscuramente.

 

Il processo di elezione dell’arcivescovo di Canterbury coinvolge la Commissione per le Nomine della Corona (CNC), che comprende un presidente nominato dal Primo Ministro britannico e rappresentanti della Chiesa d’Inghilterra. La CNC nomina un candidato al primo ministro, che poi lo consiglia formalmente al monarca, che a sua volta nomina (o respinge) formalmente il candidato.

 

Come riportato da Renovatio 21, la comunione anglicana ha già visto a causa dell’elezione di una donna ad arcivescovo del Galles una rottura nelle sue pendici africane. In una conferenza a Kigali di due mesi fa, a seguito della nomina della «vescova» Cherry Wann ad arcivescovo del Galles, è stato concluso che «Poiché il Signore non benedice le unioni tra persone dello stesso sesso, è pastoralmente fuorviante e blasfemo formulare preghiere che invocano la benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».

 

«La decisione della Chiesa in Galles di eleggere la Reverenda Cherry Vann come Arcivescovo e Primate è un altro doloroso chiodo nella bara dell’ortodossia anglicana. Celebrando questa elezione e la sua immorale relazione omosessuale, la Comunione di Canterbury ha ceduto ancora una volta alle pressioni mondane che sovvertono la buona parola di Dio» aveva commentato Laurent Mbanda, Presidente del Consiglio dei Primati della Global Anglican Future Conference (GAFCON).

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Immagine di Roger Harris via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

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