Geopolitica
Israele conferma: un robot teleguidato ha ucciso lo scienziato atomico iraniano
Il massimo scienziato nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh è stato assassinato da un mitragliatore da cecchino assistito dall’Intelligenza Artificiale e controllato a distanza da agenti israeliani.
A riportarlo è un denso e informatissimo articolo di Eric Schmitt per per il New York Times, che ha potuto verificare la vicenda sentendo diverse fonti israeliane, iraniane e americane.
L’articolo, denso di rivelazioni e dettagli molto precisi, conferma il resoconto degli eventi dato a suo tempo dalla Guardia rivoluzionaria iraniana lo scorso 27 novembre 2020, quando i Pasdaran affermarono che una «mitragliatrice intelligente controllata da satellite» aveva ucciso lo scienziato mentre stava guidando con sua moglie dalla loro casa al mare verso la casa di campagna a est della capitale.
In molti, anche dentro l’Iran, avevano criticato e perfino canzonato l’idea del robot killer, interpretando questa versione dei fatti come un goffo tentativo da parte della Guardia di coprire l’incapacità di proteggere il più alto asset scientifico-nucleare del Paese.
«Solo che questa volta il robot killer c’era eccome»
«Solo che questa volta il robot killer c’era eccome» scrive il NYT.
A uccidere lo scienziato è stato un apparato robotico formato da un mitra belga azionato via satellite da un «cecchino» ad almeno 1000 chilometri di distanza e assistito da un programma di Intelligenza Artificiale che calibrava il lag (il ritardo delle immagini trasmesse) di 1,6 secondi e probabilmente anche il rinculo dei colpi sulle sospensioni dell’automobile su cui era stato installato.
Fakhrizadeh è stato colpito almeno quattro volte dal mitra robotico, nascosto in un camioncino Zamyad (assai diffuso in Iran) parcheggiato a poca distanza lungo la strada. Sua moglie, che sedeva a pochi centimetri da lui, è rimasta illesa. L’incredibile precisione è fatta risalire all’uso di una tecnologia di riconoscimento facciale. La donna ha fatto in tempo a prendere fra le sue braccia la testa del marito morente e raccogliere le sue ultime parole.
Il mitra insieme al suo apparato robotico avanzato pesava circa una tonnellata, secondo il NYT. Gli agenti israeliani hanno introdotto clandestinamente l’arma e le sue parti in Iran prima di riassemblarla.
Il mitra insieme al suo apparato robotico avanzato pesava circa una tonnellata
L’intero sistema è stato poi montato nel pianale del camioncino Zamyad assieme a varie telecamere per dare agli agenti israeliani una visione completa dei dintorni.
Il camion era anche pieno di esplosivo per far esplodere qualsiasi prova dopo che la missione fosse stata completata o compromessa. Questa, scrive Schmitt, è l’unica parte del piano che non ha funzionato: il camioncino doveva disintegrarsi di modo da non lasciare tracce, non lasciare capire a nessuno cosa fosse successo: nessuno doveva avere la minima idea dell’esistenza del robot-killer. Invece l’esplosione ha gettato in aria le varie componenti dell’arma, danneggiandole irreparabilmente ma non rendendole irriconoscibili. È così che la Guardia Rivoluzionaria ha potuto comprendere praticamente da subito cosa fosse accaduto.
Come hanno compreso tutti, si tratta di un’evoluzione enorme – ed enormemente inquietante – della guerra moderna.
I droni già rappresentano una forma molto discussa di arma militare; il loro impiego massivo sin da quando l’era Obama diede alla CIA carta bianca per il loro utilizzo potrebbe aver creato, per tremenda eterogenesi dei fini, la situazione che vediamo ora in Afghanistan. Le uccisioni a distanza non risolvono i conflitti, ma ne inaspriscono i termini.
Si tratta di un’evoluzione enorme – ed enormemente inquietante – della guerra moderna
Ora, oltre alla messa in campo di un’arma ad azione remota da cui si è praticamente indifendibili, bisogna considerare l’uso dell’Intelligenza Artificiale, che in questo caso ha solo «assistito» l’assassinio, ma che ben presto – come discusso spesso su Renovatio 21 – potrebbe essere impiegata per scegliere autonomamente in suoi bersagli, e procedere con altrettanta autonomia alla loro eliminazione.
Qualcuno sostiene che in realtà, in parte, siamo già arrivati alla situazione in cui i robot uccidono decidendolo di farlo a monte.
Si tratta della disumanizzazione definitiva dei conflitti umani – che, di fatto, di umano perdono tutte le componenti, se non quella della vittima.
Si tratta della disumanizzazione definitiva dei conflitti umani – che, di fatto, di umano perdono tutte le componenti, se non quella della vittima
La guerra diventa algoritmo spietato, sanguinario: è già così per l’economia, per la politica, per la nostra vita sociale – siamo controllati da Intelligenze Artificiali, candidate a divenire i veri gestori della vita e della morte sul pianeta.
Era inevitabile che anche la guerra divenisse dominio della macchina.
Il sistema operativo dell’umanità del XXI secolo è la Cultura della Morte, alleata delle macchine per la distruzione dell’uomo.
Geopolitica
Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati
Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato il 24 aprile che Hamas deporrà le armi se ci fosse uno Stato palestinese in una soluzione a due Stati al conflitto.
In un’intervista di ieri con l’agenzia Associated Press, al-Hayya ha detto che sono disposti ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che Hamas si convertirebbe in un partito politico, se si creasse uno Stato palestinese indipendente «in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e vi fosse un ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali».
Al-Hayya è considerato un funzionario di alto rango di Hamas e ha rappresentato Hamas nei negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi.
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Nonostante l’importanza di una simile concessione da parte di Hamas, si ritiene improbabile che Israele prenda in considerazione uno scenario del genere, almeno sotto l’attuale governo del primo ministro Benajmin Netanyahu.
Al-Hayya ha dichiarato ad AP che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e la Cisgiordania, spiegando che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele pre-1967.
L’ala militare del gruppo, quindi si scioglierebbe.
«Tutte le esperienze delle persone che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventate indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro Stato, cosa hanno fatto queste forze? Si sono trasformati in partiti politici e le loro forze combattenti in difesa si sono trasformate nell’esercito nazionale».
Il funzionario di Hamas ha anche detto che un’offensiva a Rafah non riuscirebbe a distruggere Hamas, sottolineando che le forze israeliane «non hanno distrutto più del 20% delle capacità [di Hamas], né umane né sul campo. Se non riescono a sconfiggere [Hamas], qual è la soluzione? La soluzione è andare al consenso».
Per il resto ha confermato che Hamas non si tirerà indietro rispetto alle sue richieste di cessate il fuoco permanente e di ritiro completo delle truppe israeliane.
«Se non abbiamo la certezza che la guerra finirà, perché dovrei consegnare i prigionieri?» ha detto il leader di Hamas riguardo ai restanti ostaggi nelle mani degli islamisti palestinesi.
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«Rifiutiamo categoricamente qualsiasi presenza non palestinese a Gaza, sia in mare che via terra, e tratteremo qualsiasi forza militare presente in questi luoghi, israeliana o meno… come una potenza occupante», ha continuato
Hamas e l’OLP hanno discusso in varie capitali, tra cui Mosca, nel tentativo di raggiungere l’unità, scrive EIRN. Non è noto quale sia lo stato di questi colloqui.
L’intervista di AP è stata registrata a Istanbul, dove Al-Hayya e altri leader di Hamas si sono uniti al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 20 aprile. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte di Israele o dell’autore palestinese.
Nel mondo alcune voci filo-israeliane hanno detto che le parole del funzionario di Hamas sarebbero un bluff.
Come riportato da Renovatio 21, in molti negli ultimi mesi hanno ricordato che ai suoi inizi Hamas è stata protetta e nutrita da Israele e in particolare da Netanyahu proprio come antidoto alla prospettiva della soluzione a due Stati.
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Immagine di Al Jazeera English via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
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Geopolitica
L’Iran minaccia ancora una volta di spazzare via Israele
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha minacciato Israele di annientamento se tentasse di attaccare nuovamente l’Iran.
Raisi è arrivato in Pakistan lunedì per una visita di tre giorni. Martedì ha parlato delle recenti tensioni tra Teheran e Gerusalemme Ovest in un evento nel Punjab.
«Se il regime sionista commette ancora una volta un errore e attacca la terra sacra dell’Iran, la situazione sarà diversa, e non è chiaro se rimarrà qualcosa di questo regime», ha detto Raisi all’agenzia di stampa statale IRNA.
Israele non ha mai riconosciuto ufficialmente un attacco aereo del 1° aprile sul consolato iraniano a Damasco, in Siria, che ha ucciso sette alti ufficiali della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Teheran ha tuttavia reagito il 13 aprile, lanciando decine di droni e missili contro diversi obiettivi in Israele.
L’Iran si è scrollato di dosso una serie di esplosioni segnalate vicino alla città di Isfahan lo scorso venerdì, che si diceva fossero una risposta da parte di Israele. Lo Stato degli ebrei non ha riconosciuto l’attacco denunciato, pur criticando un ministro del governo che ne ha parlato a sproposito. Teheran ha scelto di ignorarlo piuttosto che attuare la rapida e severa rappresaglia promessa.
La Repubblica Islamica ha promesso in più occasioni di spazzare via, distruggere o annientare il «regime sionista», espressione con cui spesso chiama Israele.
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Martedì, parlando a Lahore, il Raisi ha promesso di continuare a «sostenere onorevolmente la resistenza palestinese», denunciando gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo come «i più grandi violatori dei diritti umani», sottolineando il loro sostegno al «genocidio» israeliano a Gaza.
Nel suo viaggio diplomatico il Raisi ha promesso di incrementare il commercio iraniano con il Pakistan portandolo a 10 miliardi di dollari all’anno. Le relazioni tra i due vicini sono difficili da gennaio, quando Iran e Pakistan hanno scambiato attacchi aerei e droni mirati a “campi terroristici” nei rispettivi territori.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Teheran ha dichiarato pubblicamente di sapere dove sono nascoste le atomiche israeliane. Nelle scorse settimane lo Stato Ebraico aveva dichiarato di essere pronto ad attaccare i siti nucleari iraniani.
Negli ultimi mesi l’Iran ha accusato Israele di aver fatto saltare i suoi gasdotti. Hacker legati ad Israele avrebbero rivendicato un ulteriore attacco informatico al sistema di distribuzione delle benzine in Iran.
Sei mesi fa l’Iran ha arrestato e giustiziato tre sospetti agenti del Mossad. All’ONU il ministro degli Esteri iraniano aveva dichiaato che gli USA «non saranno risparmiati» in caso di escalation.
Come riportato da Renovatio 21, anche da Israele a novembre 2023 erano partite minacce secondo le quali l’Iran potrebbe essere «cancellato dalla faccia della terra».
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Immagine di duma.gov.ru via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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