Politica
Colpo di Stato a Nuova York
Il lettore avrà sentito del dramma di New York. Il governatore democratico dello Stato, Andrew Cuomo, dopo giorni di agonia, si è infine dimesso.
È accusato di ripetuti abusi su sue sottoposte – perfino su delle poliziotte.
Non è chiaro ancora cosa abbia fatto concretamente. Il rapporto di 150 pagine in alcuni punti si contraddice. La cosa più tremenda sembra essere il fatto che abbia invitato a sedersi sulle propria ginocchia, in pubblico, alcune lavoratrici dello Stato. Avrebbe anche fatto dei «complimenti», o cose così. Cose che oggi non si possono più fare.
Si tratta di un bel disastro. Cuomo fa parte di quella che nel sistema del patriziato politico americano è una piccola dinastia. Il padre, avvocato e caporione del Partito Democratico di livello nazionale, fu un governatore dello Stato molto amato. Andrew stesso portò il clan ad incrociarsi con la principale famiglia reale americana, i Kennedy, di cui sposò Kerry, figlia di Bob (e sorelladi Robert jr.). La Kennedy gli diede tre figlie, ma il nobile matrimonio finì in una dolorosa storia di corna pubbliche.
Lui, testa bassa, continuò: divenne Attorney General, cioè procuratore generale dello Stato. Poi, scalò il governatorato, sul cui trono sedette 13 anni. Cioè, fino alle accuse di femmine che sbucano all’improvviso, e alla conferenza stampa di un’altra donna, l’attuale Attorney General, che era cuomiama fino a ieri.
Fino a ieri, per Cuomo erano tutti. Fu considerato, durante la pandemia, come l’anti-Trump. Tutto il mondo democratico andò in solluchero. I «comici» TV di regime lo copersero di bava: quanto è bravo, quanto è sexy, ci dica se vede qualcuno, ho un’amica che… I media coniano il termine cuomosexual, che non sappiamo cosa voglia dire, ma ribadisce il concetto che il governatore è superfigo.
Le donne abusate non c’entrano niente. Si è trattato di una manovra di palazzo. Di un golpe
Poi si scende nella bizzaria più sbizzarrita: le sue conferenze stampa (diciamo, tipo quelle di Zaia) vinsero un Emmy, il più importante premio televisivo internazionale. (Più tardi, la cosa gli si rivolterà contro: in questi giorni si dice che Cuomo avrebbe fatto apprezzamenti pure sulle forme della statuetta)
Il New York Times celebra il suo tratto più stravagante: produce strani collage che riprendono la situazione, mandali criptici che sembrano degli schemi pensati da un bambino delle elementari.
Tutto questo è finito.
Cuomo, per Renovatio 21, è un uomo da disprezzare, e un politico colpevole di cose atroci: secondo alcuni ha spinto il limite dell’aborto verso il nono mese con una legge apposita; poi c’è l’accusa più recente, tremenda, di aver provocato miriadi di morte nelle case di riposo dello Stato di New York spedendovi dentro malati di COVID: è, di fatto, quello che è successo ovunque, in Lombardia, in Emilia… Solo che tutto l’establishment con i suoi giornali lecchini erano troppo impegnati a leccarlo come l’anti-Trump, il «governatore d’America». Il deputato di New York Ron Kim, non trovò nessuno, né fra le autorità né fra i media, che volesse ricevere il dossier che aveva preparato sulle morti nelle case di riposo, al punto che Kim, un democratico, si risolse a bussare alla porta dell’ONU…
Tuttavia, non possiamo che convenire con Rudy Giuliani, che il sindaco di New York (e il «sindaco d’America») lo è stato davvero, e che detesta Cuomo con tutto se stesso: le accuse sono ridicole, e tutta la macchina contro Cuomo è un insulto allo Stato di diritto, un’offesa «a un millennio di cultura giuridica anglossassone», ha detto Giuliani nella sua trasmissione YouTube Rudy’s Common Sense.
Perché le donne abusate non c’entrano niente. Si è trattato di una manovra di palazzo. Di un golpe.
«Se pensate che sia una teoria del complotto, non vivete a New York dove questo tipo di pensiero è comune»
Come ha detto Tucker Carlson, «se pensate che sia una teoria del complotto, non vivete a New York dove questo tipo di pensiero è comune».
Perché Stato di New York ha una lunga storia di golpe di palazzo e molti di loro un numero inquietante, originato dall’Ufficio del Procuratore Generale. Chi ha visto la serie Billions ne ha una visione plastica.
Ma non si tratta di fiction: pensate che in effetti, una volta pure Andrew Cuomo ha fatto il suo colpo di stato. E all’epoca era il procuratore generale di New York. Usò la sua carica per indagare il suo capo dell’epoca, Eliot Spitzer. Spitzer, che anche lui era divenuto governatore passando per il ruolo di procuratore generale, finì travolta in breve tempo da una serie di scandali a base di prostituzione. Il ruolo di governor finì a tale David Paterson e poi… a Cuomo.
Ora, l’attuale procuratore generale di New York è una donna di nome Letitia James – quella che ha disintegrato la carriera di Cuomo con una conferenza stampa dove lo accusa di cose gravissime, ma senza che abbia davvero niente di concreto per le mani. La James non nasconde le proprie ambizioni politiche perché non devr più farlo: all’inizio di quest’anno, ha detto che AG, non sta più per «Attorney General» (procuratore generale), ma per Aspirante Governatore
Ricordiamo che la James giocò la sua campagna a procuratore promettendo di avviare un’indagine politica sugli affari di Donald Trump a New York, non perché avesse prove specifiche che il presidente avesse infranto la legge, ma perché non le piaceva.
«Quindi, ci sono ragioni per mettere in discussione le motivazioni di Letitia James, per usare un eufemismo, e quei dubbi diventano molto più pronunciati se diventi uno dei tre americani viventi che ha effettivamente letto il rapporto di 165 pagine che ha appena prodotto su Andrew Cuomo, il rapporto che ha portato oggi alle sue dimissioni» dice Carlson, che il documento lo ha letto e ne vede le palesi incongruenze
«Questo è il genere di cose che succedono a New York. Non è esattamente democrazia, è come il tardo impero ottomano, ma è molto comune lì»
Le accuse a Cuomo di fatto partirono nel dicembre del 2020. Fu allora che una candidatapolitica democratica, una bella signora di nome Lindsey Boylan, scrisse un thread su Twitter che accusava Andrew Cuomo molestie sessuali.
Il crimine secondo Boylan è avvenuto più di due anni prima nel 2018, ma nessuno ne aveva sentito parlare. Perché Lindsey Boylan ha aspettato due anni per denunciare il crimine?
È chiaro, e non solo ai complottisti, che la bella Boylan ha scelto un momento politicamente significativo per condividere le sue accuse su Twitter. Le sue accuse infamanti sono diventate pubbliche quasi subito dopo che i media hanno annunciato che la corsa presidenziale l’aveva vinta Joe Biden.
Bisogna essere scemi per non capirlo: una volta tolto di mezzo Trump, Cuomo non aveva più alcuna utilità, anzi rappresentava un pericolo. Troppo gradimento, e magari non tutti i fili che servono ai pupari.
E via.
«Questo è il genere di cose che succedono a New York. Non è esattamente democrazia, è come il tardo impero ottomano, ma è molto comune lì» dice Tucker.
Adesso chiamate pure «complottisti» chi ve lo dice. Se lo fate, siete servi dei golpisti. Creature non rarissime ad ogni latitudine, di questi tempi
Ora la corsa per un nuovo governatore di New York è ipartita, candidati sono in fila per spodestare il vicegovernatore Kathy Hochul. È pronta a subentrare quando Cuomo se ne sarà andato. Il procuratore generale Letitia James è la prima della fila. Al Sharpton è in fila, così come il sindaco di New York Bill de Blasio, entrambi stanno progettando di candidarsi a governatore.
Queste persone, a dire il vero, sono peggio di Andrew Cuomo, ma poiché qualcuno si è seduto in braccio a Andrew Cuomo, potrebbero presto governare lo Stato di New York.
A Nuova York, è appena andato in scena un golpe e un complotto.
Adesso chiamate pure «complottisti» chi ve lo dice. Se lo fate, siete servi dei golpisti. Creature non rarissime ad ogni latitudine, di questi tempi
Immagine di Metropolitan Transportation Authority of the State of New York via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Politica
Steve Bannon: «Ben Shapiro è un cancro». E il conservatorismo esiste per mantenerti filoisraeliano e stupido
L’attivista populista ex stratega elettorale del campagna Trump 2020 Steve Bannon è salito sul palco dell’Amfest di Turning Point, l’organizzazione del fu Charie Kirk, e si è scagliato contro l’attivista e podcaster ebreo Ben Shapiro, descrivendolo come «un cancro», dopo chequesti dallo stesso palco aveva attaccato la popolare giornalista televisiva conservatrice Megyn Kelly, il celeberrimo Tucker Carlson (che ha appena vinto il titolo di «antisemita dell’anno») e lo stesso Bannon.
L’apparizione di Bannon è avvenuta un giorno dopo quella di Shapiro, che ha usato il suo discorso per accusare i conservatori di «codardia» per essersi rifiutati di condannare la podcaster Candace Owens e le sue teorie sull’omicidio di Charlie Kirk, del quale era stata stretta collaboratrice ed amica intima.
Lo Shapiro ha criticato in particolare Megyn Kelly, Tucker Carlson e Steve Bannon, accusando quest’ultimo di essere stato un «addetto stampa per Jeffrey Epstein».
Sia la Kelly che il Carlson avevano risposto a tono prima che Bannon avesse la possibilità di farlo lui stesso. La Kelly è stata intervistata da Jack Posobiec durante l’evento e ha affermato: «ho trovato piuttosto divertente che Ben pensi di avere il potere di decidere chi viene scomunicato dal movimento conservatore, il che dimostra una cecità volontaria riguardo alla sua posizione al suo interno».
«Ora, Benji Shapiro era qui ieri sera e diceva, sapete, “È tutta una questione di verità”» ha attaccato Bannon..
STEVE BANNON: Ben Shapiro is like a cancer, and that cancer spreads. It’s a cancer and it metastasizes. He tried to take over Breitbart and I ran him out of there. He tried to take over David Horowitz, who was his mentor.
Mark my word. He will make a move on Turning Point… pic.twitter.com/qyvbPYr9p8
— Bannon’s WarRoom (@Bannons_WarRoom) December 20, 2025
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«Ben, ti conosco da tanto tempo, fratello. Non riesci a gestire la verità. Diciamolo chiaramente, Ben Shapiro è la cosa più lontana dal MAGA. Siamo schietti. È un fervente sostenitore di Trump. È un fervente sostenitore di Trump. Nella primavera del 2016, ha cercato di mettere in difficoltà Breitbart. Ha abbandonato il lavoro, ha fatto un gran parlare di un incidente a Mar-a-Lago con Corey Lewandowski [ex direttore della campagna Trump 2016, ndr]».
«Ha cercato di stornare Donald Trump da Ted Cruz perché odiava Donald Trump. Alle elezioni generali, ha a malapena sostenuto Donald Trump.
«Il primo segnale di quando il presidente Trump verrà rimandato a Mar-a-Lago è che la prima persona a salire sul treno di Ron DeSantis, il treno Israel First, sarà Ben Shapiro» ha accusato il Bannon.
«Shapiro ha definito Breitbart [rivista online determinante per le elezioni 2016, diretta all’epoca da Bannon e dove lo Shapiro lavorava, ndr] “Trump Pravda'”. Quando se n’è andato, l’ha chiamata Trump Pravda, e aveva ragione. Dovevamo esserlo. Non c’era nessun altro sito di notizie che sostenesse il presidente Trump».
«Quando la povera Megyn Kelly si è presentata in quel primo dibattito e ha fatto quelle che ora sembrano domande innocue sulla pagina Facebook di Trump o sul suo feed Twitter riguardo a Rosie O’Donnell e altri, fate in modo che Jack Posobiec le chiedesse come è andata a finire. Abbiamo scatenato i cani. Eravamo dei maniaci. Perché? Il presidente Trump non aveva alcun appoggio. Non aveva alcun appoggio alla Fox. Non aveva alcun appoggio alla National Review [storica rivista del conservatorismo USA, ndr]. E nel 2016, questo lo avrebbe escluso dalla corsa. Quindi dovevamo esserci».
Il Bannon ha quindi accusato lo Shapiro di essere un «cancro» del conservatorismo, prevedendo anche che Shapiro avrebbe tentato di prendere il controllo o eliminare Turning Point USA.
«Ma Ben Shapiro è come un cancro, e quel cancro si diffonde. È un cancro, e metastatizza. Ha cercato di prendere il controllo di Breitbart, e io l’ho cacciato via. Ha cercato di prendere il controllo di David Horowitz, che era il suo mentore. Non chiedetelo a me, chiedete al tizio che è associato a David Horowitz cosa ci facesse lì. Ha cercato di prenderne il controllo» ha tuonato il Bannone.
«E ricordate quanto vi dico: farà una mossa su Turning Point, perché è sempre stato geloso di Charlie Kirk. Invidioso di Charlie Kirk».
«Non si tratta di libertà di parola. Non si tratta di deplatforming. Si tratta di politica di potere e di ciò in cui Charlie Kirk credeva profondamente: che l’America prende decisioni per l’America, e che gli americani prendono decisioni per l’America. Questo era Charlie Kirk» ha concluso Bannon.
Lo Shapiro, ebreo con perenne kippah sul capo, uscì da Breitbart per mettere in piedi un enorme conglomerato mediatico sedicente conservatore, il Daily Wire, ingaggiando a suon di diecine di milioni di dollari star come la stessa Owens e i cattolici Michael Knowles e Matt Walsh. Non ci è mai stato chiaro da dove provenisse l’improvvisa grande disponibilità economica per l’impresa dello Shapiro, ma alcuni sospettano che in campo ci fossero le forze economiche filoisraeliani che stiamo vedendo ora all’opera con l’acquisto di TikTok, CBS, CNN e Warner Bros da parte della ultramiliardaria famiglia filosionista degli Ellisoni.
Certo fu di particolare persuasione vedere un altro idolo dei conservatori degli ultimi anni, il fragile psicologo canadese Jordan Peterson, riemergere dopo un anno di assenza (era, ovviamente all’insaputa dei fan adoranti, divenuto dipendente degli psicofarmaci, facendo il giro del mondo in cerca di una cura) ad un pranzo in Israele con Shapiro – di cui divenne dipendente al Daily Wire – e il premier israeliano Benjamino Netanyahu, un pasto filmato in un ristorante dove alla faccia della naturalezza delle immagini, è facile sospettare, le persone nei tavoli sullo sfondo sono parte di un grande set cinematografico fatto per portare ancora una volta i conservatori americani verso l’appoggio indiscriminato di Israele.
Il Peterson, campione online di una nuova generazione di conservatori, disse a Netanyahu salutandolo alla fine dell’incontro «give’em hell», «dagli l’inferno». Giudicando quanto accaduto poco dopo a Gaza, non si può dire che Netanyahu non lo abbia ascoltato, come peraltro notato dallo storico italoisraeliano Ariele Toaff, che in un sentito messaggio postato sui social descriveva la tragedia palestinese parlando proprio dell’inferno.
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Di fatto, lo Shapiro, come altri prima di lui, ha la funzione semplice di tenere il conservatorismo americano attaccato alla causa israeliana, accecando l’opinione pubblica rispetto a tanti temi che potrebbero compromettere il rapporto con lo Stato Ebraico: la storia della nave USS Liberty (attaccata sanguinariamente nel 1967 dagli israeliani in quello che pareva un false flag organizzato perché gli USA dichiarassero guerra all’Egitto), il trattamento dei cristiani in Israele, l’influenza della lobby ebraica su politica e media americani.
Il sionismo e il conservatorismo americano sono da dirsi inestricabilmente legati, e categorie fittizie sino al ridicolo come quella di «giudeocristianesimo», «valori giudaico-cristiani», di cui abbiamo sentito riempersi la bocca solo una ventina di anni fa da filosofi presidenti del Senato italiano così come dalle alte sfere del papato, sono state create solo per mantenere in piedi questo inganno.
Come riassume lo studioso americano E. Michael Jones: «il conservatorismo esiste per tenerti stupido». Il lavoro di Ben Shapiro è tutto qui.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Politica
Trump manda gli auguri di Natale alla «feccia della sinistra radicale»
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President Trump just posted this on Truth Social today in response to the No Kings protests. 😅
He’s dropping crap on the protestors from a fighter jet. pic.twitter.com/7uBornAOBE — Laura Loomer (@LauraLoomer) October 19, 2025
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Politica
Il capo dell’opposizione in Bangladesh torna dopo 17 anni di esilio
Tarique Rahman, presidente ad interim del Partito Nazionalista del Bangladesh (BNP), che si trovava all’opposizione durante il governo dell’ex primo ministro Sheikh Hasina, è rientrato a Dhaka dopo quasi 17 anni di esilio.
Giovedì mattina Rahman è atterrato nella capitale bangladese, dove è stato accolto da una folla imponente; le misure di sicurezza sono state portate a livelli mai visti prima, vista la recente ondata di violenza e l’illegalità diffusa nel Paese.
Dal palco, il sessantunenne Rahman ha invitato all’unità tra le diverse comunità e forze politiche, ribadendo l’obiettivo di costruire un Bangladesh sicuro.
Entrambi i suoi genitori hanno ricoperto ruoli di vertice nel governo del Paese. Sua madre, l’ex primo ministro Khaleda Zia, è attualmente ricoverata in un ospedale di Dhaka.
Il padre di Tarique, Ziaur Rahman, sesto presidente del Bangladesh, venne assassinato da militari del Paese il 30 maggio 1981. Rahman aveva lasciato la patria nel 2008, definendo la propria fuga una conseguenza di persecuzioni a sfondo politico, e si era stabilito a Londra.
Ora ci si attende che Rahman sia il candidato principale alle prossime elezioni. Il governo ad interim, insediatosi dopo la cacciata dell’ex primo ministro Hasina nell’agosto 2024, ha rinviato per mesi l’annuncio della data elettorale e, sotto la pressione di varie forze politiche, ha infine fissato le urne per il 12 febbraio. Il governo provvisorio è guidato dal premio Nobel Muhammad Yunus.
Leaders Coming 🇧🇩 Tarique Rahman Zaima Rahman #BNP #Bangladesh #BNPMediaCell
. pic.twitter.com/K48LilviEQ— সাখাওয়াত হোসেন is in USA 🇺🇸 (@Shakhaw96379350) December 24, 2025
Millions gather in Dhaka to welcome Tarique Rahman, when he returns to Bangladesh after 17 years of exile. Sheikh Hasina, who had forced him to go on exile is herself on exile in India. NEVER BE VINDICTIVE IN POLITICS! pic.twitter.com/hJ5l6WCA1t
— Ashok Swain (@ashoswai) December 26, 2025
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Alla Lega Awami, il partito di Hasina, è stato vietato di partecipare alle elezioni.
Nelle ultime giornate il Bangladesh è stato teatro di un’ondata di violenza seguita alla morte di Sharif Osman Hadi, uno dei principali leader della rivolta del 2024, ucciso a colpi d’arma da fuoco da aggressori mascherati a Dhaka all’inizio del mese.
In seguito al suo assassinio, manifestanti sono scesi in piazza in tutto il Paese chiedendo l’arresto dei responsabili, intonando slogan anti-indiani e dando vita a sommosse. I dimostranti hanno attaccato e dato alle fiamme le sedi di due importanti quotidiani bengalesi, The Daily Star e Prothom Alo.
Le proteste si sono ulteriormente inasprite quando un operaio di fede indù è stato linciato da una folla e successivamente bruciato a Mymensingh. L’episodio ha acuito le tensioni diplomatiche tra Nuova Delhi e Dhaka, portando entrambi i Paesi a convocare i rispettivi ambasciatori. Mercoledì, a Dhaka, un passante è rimasto ucciso quando una bomba artigianale lanciata da un cavalcavia è esplosa.
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