Connettiti con Renovato 21

Politica

Passaporto vaccinale, il Parlamento UE dà il via libera

Pubblicato

il

 

 

 

La sessione plenaria del Parlamento europeo ha dato il via libera finale al certificato digitale COVID dell’UE che ora attende l’approvazione del Consiglio dell’Unione Europea prima di entrare in vigore il 1 luglio per un periodo di dodici mesi.

 

Il voto è stato accolto con entusiasmo dalla Commissione Europea, che ha twittato: «Accogliamo con favore il voto [del Parlamento europeo] sull’adozione del certificato digitale COVID dell’UE! Questo è un passo fondamentale verso la sua attuazione entro il 1° luglio, per aiutare a riavviare la libera circolazione dell’UE nel modo più sicuro possibile. Darà inoltre ai cittadini chiarezza per pianificare il proprio viaggio».

 

Travestito da passaporto per la libertà, il nuovo certificato COVID avrà versioni nazionali in tutti gli Stati membri e dovrà essere accettato come valido negli altri membri dell’UE. Con il nuovo documento digitale, tutte le restrizioni di viaggio legate al COVID-19, come i divieti di ingresso, gli obblighi di quarantena e i test, diventeranno illegali per coloro che utilizzano il pass.

 

In un comunicato stampa del Parlamento europeo si legge:

 

«Durante i negoziati interistituzionali, i deputati hanno raggiunto un accordo secondo cui gli Stati dell’UE non saranno in grado di imporre ulteriori restrizioni di viaggio ai titolari di certificati, come quarantena, autoisolamento o test, “a meno che non siano necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica”. Dovranno essere prese in considerazione le prove scientifiche, “compresi i dati epidemiologici pubblicati dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (ECDC). Le misure dovrebbero essere notificate, se possibile, con 48 ore di anticipo agli altri Stati membri e alla Commissione, e il pubblico dovrebbe ricevere un preavviso di 24 ore».

 

Inoltre, gli Stati membri possono imporre ulteriori limitazioni se si verificano circostanze eccezionali, come la comparsa locale di una nuova «variante».

 

Il Certificato COVID non sarà obbligatorio; «non sarà una precondizione per la libera circolazione e non sarà considerato un documento di viaggio», ha aggiunto il comunicato.

 

Sarà possibile sottoporre le persone che vogliono viaggiare senza e che non vogliono essere sottoposti a test COVID o a uno dei «vaccini» sperimentali approvati dall’UE (Pfizer, Moderna, AstraZeneca, o Johnson e Johnson), a quarantena e altri vincoli, trasformandoli di fatto in cittadini di seconda classe

Tuttavia sarà invece possibile sottoporre le persone che vogliono viaggiare senza e che non vogliono essere sottoposti a test COVID o a uno dei «vaccini» sperimentali approvati dall’UE (Pfizer, Moderna, AstraZeneca, o Johnson e Johnson), a quarantena e altri vincoli, trasformandoli di fatto in cittadini di seconda classe.

 

«Se l’obiettivo fosse quello di proteggere le popolazioni nazionali da una malattia altamente pericolosa, le restrizioni potrebbero sembrare solo ragionevoli – scrive Lifesitenews – ma a fronte di ciò va ricordato che il trattamento precoce è stato in gran parte vietato o scoraggiato nella maggior parte dei paesi europei, che i tassi di mortalità direttamente correlati a COVID-19 si sono costantemente dimostrati inferiori a quelli propagandati dalle autorità e che in ogni caso, non è garantito che le persone che hanno ricevuto i vaccini sperimentali non siano infette da COVID e possono anche diffondere la malattia se sono infette».

 

«Ciò significa che gli Stati membri che vogliono agire in base a tali informazioni, considerando le persone “vaccinate” che vogliono entrare nel loro territorio pur avendo, ad esempio, sintomi simil-influenzali come potenziali diffusori di COVID, non potranno farlo».

 

Alcuni degli oppositori del Certificato – come il partito Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia – sono infatti contrari al pass europeo non perché limita la libertà, ma perché sostituisce la sovranità nazionale degli Stati membri, non consentendo loro di attuare misure più rigorose misure, e in particolare la chiusura delle frontiere, se lo desiderano.

 

Alcuni degli oppositori del Certificato – come il partito Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia – sono infatti contrari al pass europeo non perché limita la libertà, ma perché sostituisce la sovranità nazionale degli Stati membri, non consentendo loro di attuare misure più rigorose misure, e in particolare la chiusura delle frontiere, se lo desiderano

Il certificato COVID approvato dal Parlamento UE non è un passaporto per vaccini, contrariamente a quanto era stato anticipato nell’aprile 2020, quando il sito di notizie indipendente schengenvisainfo.com suggeriva che «in seguito, potrebbe essere richiesta la vaccinazione per la domanda di visto Schengen», aggiungendo che un funzionario dell’UE aveva confermato che una volta che il vaccino COVID-19 sarebbe stato disponibile per tutti, la prova della vaccinazione potrebbe essere un prerequisito per viaggiare all’interno dell’area Schengen.

 

Nel comunicato stampa diffuso dal Parlamento Europeo, l’UE ha chiarito che il certificato sarà rilasciato gratuitamente dalle autorità nazionali e che sarà conforme alle disposizioni UE sulla privacy digitale («i certificati saranno verificati offline e nessun dato trattenuto»).

 

Tuttavia, essi contengono necessariamente dati privati, spingendo le organizzazioni di cittadini di tutta Europa a esprimere le loro preoccupazioni per il possibile abuso. EDRI, un network di ONG per i diritti in rete, ha affermato all’inizio che «dovrebbe essere consentita solo la verifica offline con chiavi di firma pre-scaricate», evitando così la creazione di un registro centrale che riporti «chi era dove e quando».

 

Si tratta ancora una volta di una presa in giro: «naturalmente – scrive LSN – le connessioni degli smartphone e l’eventuale sorveglianza forniscono già molte informazioni al riguardo. Ma le regole europee sembrano aver tenuto conto di alcune delle nuove preoccupazioni».

 

EDRI ha osservato il 29 aprile che il pass COVID rappresenta un rischio per «la protezione dei dati e nuove forme di discriminazione».

 

«Alcuni Stati membri dell’UE, come Danimarca, Austria o Ungheria, hanno già annunciato che intendono utilizzare questo sistema anche per consentire l’ingresso a ristoranti, luoghi religiosi o impianti sportivi. È qui che può essere creata un’infrastruttura di controllo potenzialmente incendiaria, che consente alle autorità non solo di monitorare l’accesso delle persone agli eventi sociali, ma anche di dare loro la possibilità di monitorare ogni movimento dell’intera popolazione»

«Un altro problema che troviamo preoccupante è l’incertezza della tecnologia alla base del certificato. Espone le persone al rischio che su di esse vengano creati record di dati estesi. E questo non riguarda solo la vaccinazione e lo stato di guarigione o i risultati dei test passati, come ci si potrebbe aspettare. Senza le tutele decise dal Parlamento europeo, sarebbe tecnicamente facile raccogliere e archiviare in un luogo centralizzato i profili dei movimenti delle persone, l’appartenenza religiosa o anche informazioni su ciò che fanno nel loro tempo libero».

 

«Alcuni Stati membri dell’UE, come Danimarca, Austria o Ungheria, hanno già annunciato che intendono utilizzare questo sistema anche per consentire l’ingresso a ristoranti, luoghi religiosi o impianti sportivi. È qui che può essere creata un’infrastruttura di controllo potenzialmente incendiaria, che consente alle autorità non solo di monitorare l’accesso delle persone agli eventi sociali, ma anche di dare loro la possibilità di monitorare ogni movimento dell’intera popolazione».

 

La risoluzione europea è stata approvata con 546 voti favorevoli, 93 contrari e 51 astensioni per i cittadini dell’UE, 553 voti favorevoli, 91 contrari e 46 astensioni per i cittadini extracomunitari.

 

 

 

 

 

 

Continua a leggere

Politica

Il governo israeliano chiude Al Jazeera

Pubblicato

il

Da

Il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha votato all’unanimità per fermare le operazioni in Israele dell’emittente televisiva qatariota Al Jazeera, ha affermato il governo in una nota.

 

Israele accusa da tempo Al Jazeera, che rimane uno dei pochi canali di informazione internazionali ad avere corrispondenti sul campo a Gaza, di mostrare pregiudizi nei suoi confronti e di cooperare con i militanti di Hamas. L’emittente ha negato le accuse.

 

Netanyahu domenica si è rivolto a X per annunciare lo sviluppo, scrivendo che «il governo da me guidato ha deciso all’unanimità: il canale di istigazione Al Jazeera sarà chiuso in Israele».

Sostieni Renovatio 21

Poco dopo, il ministro israeliano delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha dichiarato di aver firmato l’ordine di limitazione delle operazioni dell’emittente, che entrerà in vigore immediatamente.

 

L’hardware «utilizzato per fornire i contenuti del canale», comprese le apparecchiature di editing e routing, fotocamere, laptop e alcuni telefoni cellulari, verrà sequestrato, ha scritto Karhi su X.

 

La decisione del governo israeliano è in linea con una legge approvata dal parlamento del Paese, la Knesset, in aprile, che consente la chiusura temporanea in Israele delle emittenti straniere ritenute una minaccia alla sicurezza nazionale durante il conflitto a Gaza. Secondo la normativa, il divieto prevede la ricertificazione ogni 45 giorni.

 

Il capo di Al Jazeera in Israele e nei territori palestinesi, Walid Omary, ha insistito sul fatto che la mossa del gabinetto di Netanyahu è «pericolosa» e motivata esclusivamente da considerazioni politiche. Il team legale dell’emittente sta preparando una risposta al divieto, ha detto Omary a Reuters.

 

Il corrispondente di Al Jazeera a Gaza, Hani Mahmoud, ha affermato che i palestinesi percepiscono la chiusura del canale di notizie come «una mossa disperata per impedire un’equa copertura di ciò che accade sul campo» nell’enclave.

 

Al Jazeera ha «documentato le atrocità» e «gli atti che vanno contro la legge internazionale sui diritti umani», ha affermato Mahmoud, aggiungendo che questo era “qualcosa che non è piaciuto molto al governo israeliano”.

Aiuta Renovatio 21

Il bilancio delle vittime degli attacchi aerei e dell’offensiva di terra in corso da parte di Israele a Gaza ha già raggiunto 34.654 persone, mentre altre 77.908 sono rimaste ferite, secondo il ministero della Sanità dell’enclave palestinese.

 

Al Jazeera aveva riportato molte delle atrocità commesse dalla Stato Ebraico, tra cui il video dell’eliminazione via drone di alcuni ragazzi che sembravano camminare tranquillamente tra le macerie. Il filmato fece parlare di «genocidio massivo robotizzato».

 

Al Jazzera è controllata dal Qatar, Paese sponsor dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è una derivazione. Doha, si dice, sarebbe stato il primo Paese del Golfo ad aver rapporti non ufficiali con lo Stato degli ebrei.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Wittylama via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported 

Continua a leggere

Politica

Tokyo, governo sconfitto alle suppletive, sempre più basso il consenso per Kishida

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Si è votato in tre circoscrizioni che hanno visto l’affermazione del partito costituzionale democratico. Il partito del premier non è riuscito a tenere nemmeno il seggio nella prefettura di Shimane, considerata una roccaforte conservatrice. A pesare gli scandali sulla raccolta irregolare di fondi ma anche il deprezzamento dello yen.   Il partito liberaldemocratico del Giappone (PLD), da cui proviene anche il premier Fumio Kishida, ha perso tre seggi nelle elezioni suppletive per la Camera dei rappresentanti che si sono tenute ieri. Si tratta di una sconfitta che certifica lo scarso sostegno dell’opinione pubblica al partito al governo in seguito a una serie di scandali che hanno coinvolto diversi ex ministri e parlamentari.   Tutti i seggi in palio (che prima di diventare vacanti appartenevano alla formazione liberaldemocratica) sono stati vinti dal partito costituzionale democratico (PCD), guidato da Kenta Izumi: il PLD non aveva schierato candidati nelle circoscrizioni di Tokyo e Nagasaki, ma si era concentrato a difendere il seggio delle prefettura occidentale di Shimane, nota per essere una roccaforte conservatrice. Invece proprio qui ha prevalso la candidata Akiko Kamei, nonostante nell’ultimo mese il premier Kishida avesse visitato due volte la prefettura in sostegno del liberaldemocratico Norimasa Nishikori.   Kamei ha detto che la vittoria nel «regno conservatore» di Shimane, invia un «importante messaggio» a Kishida, criticato per non aver impedito il deprezzamento dello yen e non aver ottenuto un aumento dei salari superiore alla crescita dei prezzi.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Un sondaggio di Kyodo News mostra inoltre che il 77% degli intervistati ha votato «in considerazione» dello scandalo sui fondi raccolti in maniera irregolare all’interno del PLD, che negli ultimi mesi ha costretto alle dimissioni diversi ministri e parlamentari.   A novembre dello scorso anno è stata resa pubblica un’indagine della procura giapponese secondo cui alcuni membri del PLD appartenenti alla «corrente Abe» non avrebbero dichiarato – tenendoli per sè – almeno 500 milioni di yen (circa 3,2 milioni di euro) ottenuti grazie alle raccolte fondi del partito.   Nel frattempo il tasso di approvazione nei confronti di Kishida è sceso al di sotto della soglia del 30%, considerata, da parte degli analisti, «di pericolo» per il governo.   La pesante sconfitta del PLD a Shimane probabilmente minerà una nuova candidatura del premier nella corsa per le prossime elezioni presidenziali. Il segretario generale del partito, Toshimitsu Motegi, il numero due dopo Kishida, dopo l’annuncio dei risultati si è rivolto ai giornalisti: «accetteremo umilmente i risultati», ha detto, aggiungendo che il PLD «ha bisogno di lavorare all’unisono per affrontare la sfida».   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Continua a leggere

Bioetica

Biden fa il segno della croce durante una manifestazione a sostegno dell’aborto

Pubblicato

il

Da

Il presidente americano Joe Biden, ad un evento politico in Florida, si è fatto il segno della croce quando la signora con lui sul palco, la presidente del Partito Democratico della Florida, si è espressa a favore dell’aborto. Lo riporta Modernity News.

 

La vicenda ha generato sconvolto tra la comunità cristiana internazionale.

 

La candidata governativa fallita Nikki Fried stava sollecitando la rielezione di Biden quando ha fatto commenti su Ron DeSantis e Donald Trump che spingevano per maggiori restrizioni sull’aborto.

 

La prossima settimana in Florida entrerà in vigore un divieto di aborto di sei settimane, e questo sarebbe uno dei motivi per cui Biden si è fermato nello Stato. La Fried aveva dichiarato la scorsa settimana che Biden sa che deve trascorrere del tempo in Florida per dimostrare quanto le cose siano diventate «estreme» sotto DeSantis. «Capisci che se dobbiamo combattere contro l’estremismo dei repubblicani MAGA, devi venire al ventre della bestia».

Sostieni Renovatio 21

Mentre Biden era al suo fianco, la Fried ha dichiarato che «Ron DeSantis sentiva di dover candidarsi alla presidenza, quindi quindici settimane non erano sufficienti, dovevamo arrivare a sei settimane», sottolineando la sua opposizione alla legge sull’aborto.

 

È a questo punto che Biden, sulla carta secondo presidente «cattolico» della storia USA (e forse l’unico, che nonostante gli acciacchi, porterà al termine mandato: il primo è stato JFK e sappiamo come è andata a finire) si è fatto il segno della croce.

 


La reazione della rete è stata immediata, con commenti che davano del «vile» al vegliardo del Delaware. «Biden, l’autodefinito “cattolico devoto”, fa il segno della croce a sostegno del desiderio di questa donna di uccidere i bambini fino ai 3 mesi di gravidanza» scrive Buck Sexton. «Totalmente malvagio e sacrilego» ha twittato LifeNews. «Davvero da vomitare. Disgustoso. Insulto. Blasfemo» hanno scritto ancora su Twitter. Ancora: «Joe Biden si fa il segno della croce mentre promuove l’aborto! Questo è il male!».

 

Il fatto è avvenuto a pochi giorni dalla sostituzione della Pasqua della Casa Bianca con la giornata mondiale di visibilità trans.

 

La Fried, già Commissario per l’Agricoltura della Florida, grande sostenitrice dell’aborto, è anche esplicita riguardo alla sua pratica del giudaismo. Mentre era al liceo, partecipava al B’nai B’rith, la famigerata organizzazione ebraica. La donna ha preso anche attivamente in considerazione l’idea di fare aliya – cioè di andare a vivere in Israele –e di unirsi alle forze di difesa israeliane.

 

Dopo la sua elezione a commissario per l’agricoltura, Fried ha prestato giuramento utilizzando la prima Bibbia ebraica pubblicata negli Stati Uniti.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Più popolari