Essere genitori
Vaccini e perdita della patria potestà: una testimonianza
Renovatio 21 pubbica in esclusiva questa incredibile testimonianza di una madre che per i vaccini (che pure aveva somministrato!) ha rischiato di perdere la patria potestà: cioè che lo Stato le portasse via i figli.
Semplicemente pazzesco: specie se si pensa che questa vicenda risale a prima che entrasse in vigore la legge Lorenzin.
C’è un torrente in piena. La corrente è velocissima e ineluttabile. Li vedo tutti e tre. Tentano inutilmente di dimenarsi, di resistere a quella forza terribile, ma l’acqua li porta via, lontano. E io non posso fare nulla per riprenderli. A un tratto sono spariti. Non li vedo più.
Un incubo che si è ripetuto ogni notte per due interminabili mesi, da quando il maresciallo preposto mi telefonò per informarmi della convocazione al tribunale dei minori
Un incubo che si è ripetuto ogni notte per due interminabili mesi, da quando il maresciallo preposto mi telefonò per informarmi della convocazione al tribunale dei minori. Inizialmente, io e mio marito non conoscevamo nemmeno il motivo di tale notifica, non eravamo in città e, impossibilitati a tornare perché all’estero, non potevamo nemmeno ritirarla. Sapevamo soltanto che l’oggetto della notifica erano i nostri tre figli, lui per telefono non poteva dirmi altro.
«Sarà stato perché l’ho sgridato perché non si impegnava con i compiti?», si è persino chiesto mio marito.
Sono partite illazioni di ogni tipo nella nostra testa, non riuscivamo a spiegarcelo. Nominammo quindi un avvocato, un nostro conoscente che si occupa di cause legate ai minori, delegando a lui di ritirare tale notifica per sapere di cosa si trattasse.
I giorni passavano e l’ansia cresceva. Finalmente la telefonata dell’avvocato.
«Signora, la vostra patria potestà è pendente. Seppure i vaccini non siano da ritenersi obbligatori sono caldamente raccomandati per il bene della comunità e pertanto si richiede la sospensione della potestà perché i vostri possano essere vaccinati»
«Allora, signora, la vostra patria potestà è pendente. Ne ha fatto richiesta l’ospedale xx nel novembre 2016 perchè i vostri figli a quella data non risultavano vaccinati. La direzione sanitaria, con firma del dott.xx, scrive che seppure i vaccini non siano da ritenersi obbligatori sono caldamente raccomandati per lui e per il bene della comunità e pertanto richiedono la sospensione della potestà perché possano essere vaccinati. In pratica, sono convinti che voi siate contro i vaccini».
«E quindi, mi scusi, chiedono che ci venga tolta la patria potestà per qualcosa che non è nemmeno obbligatorio?»
«Purtroppo sì e il tribunale non si è potuto opporre perché quando è un ente sociosanitario, quale è un ospedale, a muovere la pratica va tutto d’ufficio. Poi con la nuova legge della settimana scorsa, figuriamoci… È cominciata la caccia alle streghe!».
«In pratica, sono convinti che voi siate contro i vaccini»
Fermiamo la telefonata e facciamo un passo indietro. Novembre 2016: il nostro secondo figlio, Matteo di 3 anni, viene ricoverato una notte in ospedale insieme a mio marito – io avevo partorito la nostra terza il mese prima – per una sospetta balanopostite.
Per questo il pediatra curante ci consigliò per prudenza di attendere con i vaccini, perché non sapendo se il problema del linguaggio di mio figlio potesse essere legato a spettri autistici, epilessia o altri problemi neurologici, era meglio non correre rischi.
Al momento delle dimissioni, diedero a mio marito un foglio da compilare, in cui figurava la voce «Ha ricevuto le vaccinazioni raccomandate?» e lui ha barrato la caselle NO. In quel periodo per Matteo, infatti, era in corso un’indagine neurologica legata a un disturbo del linguaggio. Per questo il pediatra curante, quello assegnato dalla ASL e non un privato, ci consigliò per prudenza di attendere con i vaccini, perché non sapendo se il problema del linguaggio potesse essere legato a spettri autistici, epilessia o altri problemi neurologici, era meglio non correre rischi.
Tanto più che Matteo, sempre per lo stesso motivo, non andava alla scuola materna e dunque non avrebbe fatto correre rischi ad una eventuale «comunità» scolastica. Una volta terminato l’iter diagnostico, che ha portato, grazie a Dio, alla conclusione che Matteo ha un disturbo specifico del linguaggio e nulla dal punto di vista neurologico, il nostro piccolo ha ricevuto la prima somministrazione vaccinale e nel Febbraio 2017 ha cominciato la scuola materna.
Era questo il motivo dell’attesa e di quel NO sul foglio di dimissioni. Se un medico avesse parlato con mio marito, egli non avrebbe avuto problemi a spiegare i fatti che comunque non avrebbero dovuto essere nemmeno oggetto di contestazione, giacché i vaccini non erano propriamente «obbligatori» prima della legge del 31 Luglio 2017, come affermato dallo stesso ospedale.
La piccola aveva solo un mese (ricordo che stiamo parlando di Novembre 2016 e la nostra Teresa è nata ad Ottobre): sfido il più accanito medico «pro-vaccini» a somministrare l’esavalente prima dei tre mesi!
Non contenta la direzione sanitaria dell’ospedale, ignaro dell’ABC dell’etica professionale, visto che Matteo aveva dei fratelli, ha pensato bene di indagare sulla situazione vaccinale di Giuseppe, il primogenito, e di Teresa, l’ultima arrivata. Non trovandoli nell’anagrafe vaccinale, ha probabilmente etichettato i genitori come dei «no-vax», dando evidentemente a questa posizione un’accezione negativa, e si è prodigata per salvare ben tre minori dalle loro grinfie. Ma bastava parlare con questi sedicenti fanatici o magari con il loro pediatra per fare due scoperte assai interessanti. La piccola aveva solo un mese (ricordo che stiamo parlando di Novembre 2016 e la nostra Teresa è nata ad Ottobre): sfido il più accanito medico «pro-vaccini» a somministrare l’esavalente prima dei tre mesi!
Il nostro figlio maggiore, invece, aveva da piccolino una situazione di salute caratterizzata da infezioni respiratorie ricorrenti e da una depressione del sistema immunitario. Di fronte a questo quadro e poiché non frequentava l’asilo nido, il pediatra ci consigliò di rimandare le vaccinazioni fino a una ripresa consolidata della sua salute. Giuseppe ha cominciato a stare bene e a irrobustirsi intorno ai quattro anni. Ai cinque, il pediatra stesso gli ha somministrato una trivalente in forma più diluita, cioè il richiamo che comunemente si fa agli adulti, invece dell’esavalente, per proteggere la sua salute e non esporre a rischi il suo organismo. Questo ha fatto sì che non figurasse nell’anagrafe vaccinale centrale. Ma, anche qui bastava chiedere!
«Vengono tirati in causa gli assistenti sociali. Dovranno convocarvi, venire a casa vostra, conoscere i bambini, vedere la loro camera, i loro vestiti, forse andare anche a scuola. Insomma dovranno verificare che stanno bene e soprattutto che voi siete idonei ad occuparvi dei vostri figli»
«Beh, comunque, avvocato, non c’è problema, mostriamo al giudice i certificati ed è tutto risolto, no?».
«Purtroppo no, signora. Il problema è che quando a muovere la richiesta di sospensione della patria potestà è un ente come l’ospedale, vengono tirati in causa gli assistenti sociali. Dovranno convocarvi, venire a casa vostra, conoscere i bambini, vedere la loro camera, i loro vestiti, forse andare anche a scuola. Insomma dovranno verificare che stanno bene e soprattutto che voi siete idonei ad occuparvi dei vostri figli».
«Ma che c’entra tutto questo con i vaccini?».
«I vaccini sono stati l’incipit. Ora la macchina è stata messa in moto e il sistema prevede questa invasione nella vostra vita privata. In fondo, si sa che gli assistenti sociali sono sempre a caccia di bambini da dare in adozione».
«Il sistema prevede questa invasione nella vostra vita privata. In fondo, si sa che gli assistenti sociali sono sempre a caccia di bambini da dare in adozione»
Da quella telefonata, il fiume in piena ha cominciato a straripare e per me e mio marito sono cominciati due lunghissimi mesi di prova, in attesa dell’incontro con l’assistente sociale a cui avevano affidato la pratica e infine con il giudice.
Guardavamo i nostri figli di giorno e anche mentre dormivano, sereni e ignari del dramma che consumava emotivamente papà e mamma. Guardavamo Giuseppe, tenace e intelligente, ma anche sensibile e desideroso di attenzioni, poco affettuoso ma capace di mettersi a piangere quando un membro della famiglia si deve assentare da casa.
E poi Matteo, tanto difficile da gestire a causa della sua difficoltà ad esprimersi ma così capace di restituirti tutto con i suoi sguardi e i suoi gesti carichi di amore. Più degli altri ha bisogno di noi, gli unici capaci di entrare nella sua dimensione, di tradurre le parole inintelligibili, di contenere la sua ansia di non riuscire, di accettarlo in tutto e per tutto per quello che è.
Li guardavamo continuamente: come avrebbero fatto senza di noi? E noi senza di loro?
E infine Teresa, la femminuccia, un bimba «grassa e felice», così capace di sopportare i dispettucci dei fratelli ma anche le piccole scomodità dovute alla gestione di loro tre senza neanche un nonno su quattro o di un parente che te ne tiene uno ogni tanto mentre tu fatichi con gli altri e pulisci casa. Li guardavamo continuamente: come avrebbero fatto senza di noi? E noi senza di loro?
«Quando e dove vi siete conosciuti?»
«Intende noi e l’avvocato? È genitore di un mio ex alunno».
«No, intendevo voi due. Quando e dove vi siete conosciuti? Siete stati insieme parecchio prima di sposarvi? Avete convissuto?».
È stato un colloquio di due ore quello con l’assistente sociale. Ci ha chiesto di tutto della nostra vita privata, cose che forse nemmeno degli amici oserebbero chiederci.
È stato un colloquio di due ore quello con l’assistente sociale. Ci ha chiesto di tutto della nostra vita privata, cose che forse nemmeno degli amici oserebbero chiederci.
«Ora parlatemi dei vostri figli, di ognuno di loro. Perché avete scelto questi nomi?». E ancora: «che sport fanno, qual è il loro colore/animale/cartone/piatto preferito? Descrivetemi il loro carattere». Mi fermo, ma potrei andare avanti.
E avendo nominato i vari santi loro patroni, ovviamente è arrivata anche la fatidica domanda.
«Pensate di avere altri figli?».
«Pensate di avere altri figli?».
Cosa voleva sentirsi dire? Che siamo cattolici e che quindi siamo aperti alla vita e ai figli che il buon Dio ci dona, in modo da poterci considerare liberamente degli «irresponsabili»?
Finito il colloquio, ci siamo dati appuntamento per la visita a casa. «Comunque – afferma l’avvocato – non ritengo appropriata questa intromissione: non è possibile evitare che andiate a casa? In fondo, lo ha visto, era per i vaccini, null’altro!».
Cosa voleva sentirsi dire? Che siamo cattolici e che quindi siamo aperti alla vita e ai figli che il buon Dio ci dona, in modo da poterci considerare liberamente degli «irresponsabili»?
«Avvocato, se vi volete opporre, per me va bene, ma lo dovrò segnalare al tribunale. Così è solo peggio. Vi consiglio piuttosto di avvisare i bambini, forse potrebbero essere turbati dalla presenza di un estraneo».
«I nostri figli sono sempre felici quando arriva un ospite».
«Avvocato, se vi volete opporre, per me va bene, ma lo dovrò segnalare al tribunale. Così è solo peggio»
Abbiamo una casa modesta, in periferia, conforme allo stipendio di due insegnanti, con gli spazi sufficienti per tutti, anche per Nostro Signore, la cui icona domina la stanza più frequentata, il soggiorno, in cui riceviamo gli ospiti, mangiamo e facciamo giochi tutti insieme.
La casa ha uno speciale punto di forza: un grande terrazzo coperto in cui mio marito ha ricreato una vera e propria area gioco di cui i bimbi vanno matti e a quanto pare anche l’assistente sociale. Non ho tirato a lucido la casa, non avevo niente da dimostrare, ho fatto quello che faccio sempre, come lo faccio sempre.
Non ho tirato a lucido la casa, non avevo niente da dimostrare, ho fatto quello che faccio sempre, come lo faccio sempre.
Feliciana è stata accolta da tre bimbi che la sono andati ad aspettare sul pianerottolo, saltellanti ed entusiasti di conoscere una persona nuova e averla a casa, mentre io sentivo che sarei scoppiata a piangere da un momento all’altro e mentre mio marito irrigidiva sempre più il suo volto e faticava persino a parlare.
Ha girato per casa, guardato libri e quaderni del grande, lo ha persino fatto leggere. «Vedi che i compiti c’entrano», vaneggiava mio marito, ormai in tilt. Ha avuto occasione di leggere stupita le regole che i maschi hanno affisse alla porta della loro camera, mentre le ricordavo al grande, specialmente quella che infrange più spesso: «non sono autorizzato ad alzare le mani su mio fratello nemmeno se ho ragione».
La lite era legata a chi faceva vedere più giochi a Feliciana. Quella nuvola di gioia e rumore l’ha poi convinta a sedersi per un caffè e una fetta di torta. «Fatta in casa, scommetto!». «No casa, Teo fatto a torta, no casa!», le ha risposto a modo suo Matteo.
«Scriverò un documento su quello che ho visto. Ci vediamo dal giudice».
Arriva il momento della nanna dei due più piccoli e l’assistente sociale, dopo aver notato che Teresa si addormenta senza storie nel suo lettino nella sua camera e dopo essere stata invitata da Matteo a fare un sonnellino con lui, decide che era il momento di levare le ancore.
«Scriverò un documento su quello che ho visto. Ci vediamo dal giudice».
In realtà dal giudice non ci siamo visti, se non di sfuggita. Lei entrò prima di noi, standoci pure parecchio.
Noi subito dopo per un altro infinito colloquio in cui riaprire l’intimità della nostra vita e della nostra famiglia, in cui sentirsi dare «consigli» da un’altra sconosciuta in dovere di dispensare il suo sapere. Su cosa poi? Sulla scelta del calcio per il primo figlio, «no, ma guardi che l’anno prossimo comincerà atletica» o sul fatto che al secondo la musica va fatta fare «non perché lo ha consigliato il neuropsichiatra ma perché piace a lui, ricordatevelo!».
Dal giudice un altro infinito colloquio in cui riaprire l’intimità della nostra vita e della nostra famiglia, in cui sentirsi dare «consigli» da un’altra sconosciuta in dovere di dispensare il suo sapere
«Scusi, giudice, ma di vaccini quando parliamo? In fondo se siamo qui è per questo. No perché io le ho portato le copie dei certificati e il pediatra ha preparato un documento in cui motiva dal punto di vista medico…»
«Sì, ho visto, ma questo non è compito mio. Io devo solo valutare se i vostri figli non corrono pericoli con voi e se voi siete in grado di occuparvene. Comunque, dalla relazione dell’assistente sociale non credo dobbiate preoccuparvi».
Feliciana aveva scritto un lungo documento sulla nostra famiglia, sull’amore che ha colto a casa nostra, sulla serenità di tutti e tre i bambini e sull’affetto tra di noi, sulla nostra casa modesta ma accogliente, sulla bellezza dello stare insieme. Tre mesi dopo è stata proprio lei a chiamarci appena arrivata la notizia dell’archiviazione della pratica.
«Io devo solo valutare se i vostri figli non corrono pericoli con voi e se voi siete in grado di occuparvene»
Poco tempo dopo, ho scoperto che nell’ospedale XX un anno prima del fatidico ricovero, era morto un bambino di morbillo che non era stato vaccinato e che questo fatto aveva messo nei guai l’ospedale. Evidentemente pur di tutelarsi la direzione sanitaria è disposta a far vivere a dei malcapitati un incubo.
So che può sembrare un lieto fine e in effetti, grazie a Dio, lo è.
E forse può sembrare anche a tratti assurdo, se non addirittura folle questo racconto. Ma la percezione che mio marito ed io abbiamo avuto dello svolgimento dei fatti è andata ben oltre persino il torto subito ingiustamente. La nostra intimità famigliare è stata invasa da degli estranei che senza alcun riguardo si sono messi ad indagare e a disquisire su cose personalissime che chiunque desidera proteggere e custodire.
La nostra intimità famigliare è stata invasa da degli estranei che senza alcun riguardo si sono messi ad indagare e a disquisire su cose personalissime che chiunque desidera proteggere e custodire.
Siamo stati umiliati nel nostro ruolo genitoriale e non perchè non fossimo consapevoli degli errori che talvolta purtroppo compiamo come tutti; ma perché un conto è la consapevolezza che si può e si deve sempre crescere nelle virtù legate in modo speciale alla genitorialità (pazienza, mitezza, fortezza, ecc.) e un conto è essere sottoposti ad un esame di idoneità in base ad elementi del tutto arbitrari e quasi che lo stato abbia il diritto/dovere di oltrepassare la famiglia e dunque il potere persino sul vincolo genitori/figli (il caso dei vaccini è emblematico, ma si pensi specularmente all’educazione all’affettività e quindi al mondo della scuola e all’affievolimento della priorità della famiglia circa l’educazione).
Siamo stati umiliati nel nostro ruolo genitoriale
È stata posta sulle nostre teste una spada, un giudizio: ma quale giustizia è mai questa che dà a un giudice un potere del genere? Sicuramente ci sono delle situazioni molto gravi dove la giustizia deve intervenire per proteggere i bambini. Ma noi in questa situazione ci abbiamo visto un potere spropositato, inumano, simile a quello che dà ai giudici la possibilità di decidere sulla vita.
E infine l’aspetto più agghiacciante: convivere per giorni e giorni con l’idea che ci potessero portare via i bambini. Chi è genitore può capire e sentire il livello di tortura emotiva che abbiamo dovuto sopportare. Io ci ho messo quasi sei mesi a riprendermi fisicamente ed emotivamente da tale shock.
L’aspetto più agghiacciante: convivere per giorni e giorni con l’idea che ci potessero portare via i bambini
Ho deciso di scrivere, e ringrazio chi mi ha donato lo spazio per raccontare questi fatti, perché sono convinta che non tutti sanno il livello di deformazione del sistema che ruota attorno alle vaccinazioni pediatriche, tipico dei sistemi asserviti a «mammona», dove non contano l’essere umano e il suo vero bene, nemmeno se si tratta di bambini, e dove non c’è etica, nemmeno quella spicciola che regola il rapporto medico/paziente.
Essere genitori
L’allattamento al seno è meglio del latte artificiale, ma le mamme devono limitare l’esposizione alle sostanze chimiche: studio
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Secondo un nuovo studio, il latte materno delle madri di tutto il mondo contiene un’ampia gamma di sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, tra cui bisfenoli, sostanze perfluorurate, pesticidi, ritardanti di fiamma e plastificanti, che possono alterare gli ormoni e potenzialmente danneggiare lo sviluppo.
Secondo un nuovo studio, il latte materno delle madri di tutto il mondo contiene un’ampia gamma di sostanze chimiche che interferiscono con il sistema endocrino (IE), come bisfenoli, sostanze perfluorurate, pesticidi, ritardanti di fiamma e plastificanti, che possono alterare gli ormoni e potenzialmente danneggiare lo sviluppo.
I ricercatori sottolineano che il latte umano è ancora l’alimento più raccomandato per i neonati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia l’allattamento esclusivo al seno per i primi sei mesi di vita, perché il latte umano protegge i neonati dalle infezioni e apporta benefici per tutta la vita, tra cui un minor rischio di disturbi dell’apprendimento, diabete, obesità e ipertensione.
«I neonati allattati al seno possono essere esposti a miscele di interferenti endocrini attraverso il latte materno, il che può comportare rischi per lo sviluppo precoce della vita, in particolare per lo sviluppo neurologico e la funzionalità tiroidea», ha affermato la ricercatrice principale, la dottoressa Katherine E. Manz, professoressa associata presso il Dipartimento di Scienze della Salute Ambientale presso la Facoltà di Sanità Pubblica dell’Università del Michigan.
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Tuttavia, i benefici generali dell’allattamento al seno per la salute sono ancora evidenti e sostanziali. È importante non scoraggiare l’allattamento al seno, ma piuttosto concentrarsi sulla creazione di ambienti che limitino l’esposizione materna a queste sostanze chimiche, ove possibile.
I risultati evidenziano la necessità di una migliore comprensione e regolamentazione dell’esposizione alle sostanze chimiche che si accumulano nel corpo delle donne e che possono essere trasmesse ai bambini attraverso l’allattamento al seno, un percorso che, secondo gli autori, è stato a lungo trascurato.
La revisione globale di 71 studi sulla lingua inglese, pubblicata il 25 novembre su Current Environmental Health Reports, ha documentato livelli misurabili di sostanze chimiche prodotte dall’industria, note per influenzare gli ormoni coinvolti nella crescita, nello sviluppo del cervello, nel metabolismo e nella funzione immunitaria.
I problemi di salute più comuni legati all’esposizione precoce agli interferenti endocrini presenti nel latte materno sono stati gli effetti sullo sviluppo cerebrale e le alterazioni dei normali livelli di ormone tiroideo, come emerge dalla revisione. Gli impatti negativi più significativi sullo sviluppo cerebrale sono stati legati a livelli più elevati di ritardanti di fiamma e pesticidi.
Ad esempio:
- Una maggiore esposizione ai ritardanti di fiamma polibromurati è stata associata a punteggi più bassi nei test di sviluppo di Bayley , che misurano il pensiero, il movimento e lo sviluppo socio-emotivo nei neonati e nei bambini piccoli.
- Numerosi pesticidi organoclorurati presenti nel latte materno sono stati associati a peggiori risultati cognitivi e linguistici durante l’infanzia, e alcuni di essi sono stati associati a un rischio maggiore di ADHD.
- Secondo l’Infant-Toddler Social and Emotional Assessment, i bambini le cui madri presentavano livelli più elevati di ritardanti di fiamma nel latte materno avevano 3,3 volte più probabilità di avere comportamenti più orientati verso l’esterno (esternalizzanti), come l’impulsività.
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Oltre alla tossicità neuroevolutiva, numerosi studi hanno riscontrato associazioni tra la quantità di sostanze chimiche presenti nel latte materno e i livelli alterati dell’ormone tiroideo, hanno scritto gli autori.
Ad esempio, uno studio ha rilevato un’associazione tra lo squilibrio dell’ormone tiroideo nelle madri e l’accumulo di PBDE (etere di difenile polibromurato), in particolare nel latte materno subito dopo il parto.
Un altro studio ha scoperto che alcuni pesticidi presenti nel latte materno erano associati, nel sangue del cordone ombelicale dei neonati alla nascita, a livelli più bassi di ormone stimolante la tiroide e dell’ormone IGF-1, che svolge un ruolo importante nella crescita infantile.
Gli interferenti endocrini entrano nell’organismo attraverso l’inalazione, l’ingestione o il contatto cutaneo e sono stati precedentemente rilevati nel sangue del cordone ombelicale e nella placenta. Poiché molti interferenti endocrini si accumulano nell’organismo nel tempo, potrebbero passare nel latte materno durante l’allattamento, suggerisce lo studio.
Sebbene le concentrazioni delle sostanze chimiche variassero notevolmente a seconda della regione e del tipo di sostanza chimica, gli scienziati affermano che 13 degli studi hanno riportato che i neonati ingerivano livelli di esposizione agli interferenti endocrini più elevati di quelli raccomandati nel latte materno.
Tuttavia, gli studi non hanno valutato l’assunzione giornaliera in modo coerente, affermano i revisori. Solo due hanno applicato i criteri di sicurezza raccomandati per i neonati. Gli altri hanno stimato l’esposizione nei neonati utilizzando gli stessi limiti di sicurezza degli adulti, aggiustando solo per il peso corporeo del bambino.
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Gli studi hanno dimostrato la presenza di:
- I bisfenoli (come il BPA), utilizzati nei rivestimenti delle lattine per alimenti, nei contenitori di plastica e nelle ricevute termiche, sono stati rilevati in tutto il mondo. Queste sostanze chimiche possono imitare gli ormoni e altri studi hanno collegato l’esposizione precoce al BPA a un aumento del rischio di malattie cardiache, ictus, diabete di tipo 2 e obesità in età adulta.
- I pesticidi organoclorurati, molti dei quali utilizzati in agricoltura e nel controllo dei parassiti e persistenti nel suolo e negli alimenti, sono stati rilevati frequentemente, tra cui 36 diverse sostanze chimiche in 11 studi. Ricerche precedenti hanno collegato l’esposizione a tumori infantili, disturbi neurologici, infertilità, parto prematuro e problemi metabolici e riproduttivi.
- I ritardanti di fiamma polibromurati, utilizzati in schiume per mobili, componenti elettronici e tessuti, e i policlorobifenili (PCB), un tempo utilizzati in apparecchiature elettriche e materiali industriali e ancora presenti nel suolo, nell’acqua e negli alimenti, sono stati rilevati in tutti i 10 studi che li hanno valutati. L’esposizione è stata associata a punteggi più bassi nello sviluppo infantile, a un maggiore rischio di problemi comportamentali e a squilibri ormonali tiroidei.
- Sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS, o «sostanze chimiche perenni»), utilizzate in pentole antiaderenti, tessuti antimacchia, imballaggi alimentari e processi industriali, sono state comunemente rilevate, tra cui PFOA e PFOS. Lo studio suggerisce che queste sostanze chimiche potrebbero essere più concentrate nel latte materno. L’esposizione è stata associata a cancro, malattie della tiroide, danni al fegato, indebolimento del sistema immunitario e problemi di sviluppo.
- Gli ftalati, comunemente presenti nella plastica, nei prodotti per la cura della persona e negli imballaggi alimentari, sono stati rilevati frequentemente, con metaboliti come MEHP, MiBP e MnBP che sono comparsi in tutti gli studi. Sebbene gli ftalati vengano eliminati rapidamente dall’organismo, sono ampiamente presenti nei beni di consumo. L’esposizione precoce è stata collegata a problemi riproduttivi, malattie metaboliche e problemi dello sviluppo neurologico.
- I parabeni, conservanti comuni utilizzati in lozioni, cosmetici, shampoo e alcuni alimenti confezionati, sono stati identificati in 10 studi, e il metilparabene è presente in tutti. In quanto interferenti endocrini, i parabeni possono essere collegati a problemi riproduttivi, cancro al seno, obesità e disturbi della tiroide.
- Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), un tipo di inquinante atmosferico prodotto dalla combustione di combustibili fossili, dai gas di scarico del traffico, dal fumo di tabacco e dalle emissioni industriali, sono stati rilevati frequentemente. L’esposizione agli IPA è stata associata a problemi metabolici, respiratori, riproduttivi e dello sviluppo.
Nonostante queste associazioni, i ricercatori affermano che la concentrazione delle sostanze chimiche rilevate negli studi in un dato momento non determina da sola il rischio. Molte si accumulano nell’organismo nel tempo.
Inoltre, le soglie di sicurezza variano a livello internazionale e spesso non sono progettate specificamente per i neonati, osservano i ricercatori. Alcuni studi hanno stimato l’esposizione infantile al di sopra dei limiti raccomandati, mentre altri hanno riscontrato livelli inferiori.
Le differenze da regione a regione potrebbero essere dovute a normative in continua evoluzione, differenze nell’attività industriale, contaminazione ambientale, occupazione e variazioni naturali nella composizione del latte durante l’allattamento, osservano gli autori. Pochi studi monitorano i neonati nel tempo e i metodi di raccolta dati mancano di coerenza, complicando i confronti.
Secondo gli autori, un campionamento standardizzato e una maggiore quantità di dati provenienti da popolazioni diverse potrebbero aiutare gli scienziati a comprendere meglio in che modo l’esposizione a sostanze chimiche durante l’infanzia possa influenzare la salute a lungo termine.
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Per comprendere veramente i rischi a cui sono esposti i neonati allattati al seno, sostengono che sia essenziale sapere come le sostanze chimiche passano nel latte materno e come il livello di esposizione della madre influisce sulla quantità di interferenti endocrini nel suo latte.
«Negli studi futuri, bisognerebbe concentrarsi sul miglioramento delle tecniche di rilevamento, sull’integrazione di misure di controllo della qualità e sulla valutazione dell’esposizione agli interferenti endocrini in più matrici biologiche nel tempo, per ottenere stime di esposizione più precise nei neonati allattati al seno», hanno affermato.
«Inoltre, sono necessari dati più solidi per caratterizzare i livelli di EDC sia in base alla popolazione che alla regione e per chiarire le loro associazioni con esiti negativi sulla salute, al fine di formulare raccomandazioni più complete sull’allattamento».
Per ridurre l’esposizione agli interferenti endocrini, preferire alimenti freschi a quelli confezionati. Scegliere prodotti per la cura della persona che riportino sull’etichetta la dicitura «senza ftalati». Inoltre, filtrare l’acqua potabile, pulire regolarmente con un aspirapolvere con filtro HEPA o utilizzare un purificatore d’aria ed evitare l’uso di pesticidi non necessari in casa.
Pamela Ferdinand
Pubblicato originariamente da US Right to Know.
Pamela Ferdinand è una giornalista pluripremiata ed ex borsista del Massachusetts Institute of Technology Knight Science Journalism, che si occupa dei determinanti commerciali della salute pubblica.
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Immagine di Anton Nosik via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
Essere genitori
Livelli pericolosamente elevati di metalli tossici nei giocattoli di plastica per bambini
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Essere genitori
I bambini con cellulare prima dei 12 anni corrono un rischio maggiore di obesità, depressione e sonno scarso
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Ran Barzilay, MD, Ph.D., autore principale di uno studio pubblicato lunedì su Pediatrics e psichiatra infantile e adolescenziale presso il Children’s Hospital di Philadelphia, ha dichiarato a The Defender che spera che i genitori considerino in che modo la decisione di dare un cellulare ai propri figli possa influire sulla loro salute.
Secondo una ricerca pubblicata lunedì su Pediatrics, i bambini che possiedono un cellulare entro i 12 anni corrono un rischio maggiore di obesità, depressione e mancanza di sonno rispetto ai bambini che non ne hanno uno. Inoltre, più sono piccoli quando ricevono il telefono, maggiore è il rischio che diventino obesi e abbiano difficoltà a dormire.
Ran Barzilay, MD, Ph.D., autore principale dello studio e psichiatra infantile e adolescenziale presso il Children’s Hospital di Philadelphia, ha dichiarato a The Defender che spera che i genitori considerino in che modo la decisione di dare un cellulare ai propri figli possa influire sulla loro salute.
«Non dovrebbe essere qualcosa che fai e poi dimentichi», ha detto Barzilay. «Piuttosto, i genitori dovrebbero comunicarlo ai loro figli e collaborare per capire come il possesso di uno smartphone influisca sul loro stile di vita e sul loro benessere».
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Gli autori dello studio hanno condotto analisi statistiche dei dati su oltre 10.000 dodicenni statunitensi nell’ambito dell’Adolescent Brain Cognitive Development Study, descritto come «la più ampia analisi a lungo termine sullo sviluppo cerebrale dei bambini condotta negli Stati Uniti fino ad oggi».
Il team di Barzilay ha riunito ricercatori del Children’s Hospital di Philadelphia, della Penn Medicine, dell’Università della California, Berkeley e della Columbia University.
Oltre a prendere in considerazione i dodicenni che già possedevano un cellulare, hanno monitorato anche i dodicenni che non ne avevano uno all’inizio dell’anno, ma che ne avevano ricevuto uno all’età di 13 anni.
«Quando hanno compiuto 13 anni», ha detto Barzilay, «quelli che avevano ricevuto uno smartphone in quell’anno avevano maggiori problemi di salute mentale e di sonno rispetto ai ragazzi che ancora non ne avevano uno».
Ciò era vero anche quando gli autori tenevano conto della salute mentale e dei problemi di sonno dei bambini dell’anno precedente, ha aggiunto.
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I genitori devono parlare con i loro figli dell’uso del cellulare
Barzilay ha sottolineato che i cellulari non sono intrinsecamente dannosi. «Offrono vantaggi significativi, connettendo le persone e fornendo accesso a informazioni e conoscenze», ha affermato.
Ha empatizzato con i genitori che devono decidere per quanto tempo aspettare a dare un cellulare ai propri figli e che devono stabilire dei limiti di tempo una volta che lo fanno.
I genitori possono stare tranquilli che i cellulari non sono ammessi nella stanza dei bambini durante la notte e che è opportuno dedicare loro del tempo per socializzare e fare attività fisica, ha affermato.
Barzilay ha anche incoraggiato i genitori ad aiutare i propri figli a sviluppare «abitudini tecnologiche sane» parlando regolarmente con loro dell’uso del cellulare e di come li fa sentire.
«Quando gli adolescenti capiscono che queste conversazioni nascono da un impegno genuino nei confronti della loro salute, sono più propensi a collaborare con i genitori, riconoscendo che entrambe le parti condividono l’obiettivo comune di sostenere il loro benessere generale», ha affermato.
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I social media sono solo una parte del problema
Lo studio di Pediatrics si è concentrato sul possesso di cellulari, non sul tipo di contenuti a cui i bambini accedono quando li usano.
Tuttavia, parte della controversia sull’uso del cellulare da parte dei bambini riguarda l’impatto negativo dei social media su di loro. Ad esempio, The Defender ha recentemente riportato la notizia di una ragazzina di 12 anni che si è tolta la vita appena tre settimane dopo aver iniziato ad assumere Prozac, in seguito ad anni di dipendenza dai social media che, secondo i suoi genitori, avevano contribuito alla sua depressione.
Sua madre è ora coinvolta in una causa che accusa TikTok, Snapchat e YouTube di aver preso di mira i bambini vulnerabili con contenuti dannosi.
A gennaio, i ricercatori dell’organizzazione no-profit Sapien Labs hanno riferito che sentimenti di aggressività, rabbia e allucinazioni erano in forte aumento tra gli adolescenti negli Stati Uniti e in India, e che tale aumento era collegato all’età sempre più precoce in cui i bambini acquistano i cellulari.
Questo mese, l’Australia si prepara a implementare il primo divieto nazionale al mondo sui social media per gli adolescenti. A partire dal 10 dicembre, le aziende di social media dovranno adottare «misure ragionevoli» per garantire che i bambini e gli adolescenti di età inferiore ai 16 anni in Australia non possano creare account sulle loro piattaforme.
Entro tale data, le aziende dovranno anche rimuovere o disattivare gli account dei giovani australiani.
Ma i cellulari non sono dannosi per i bambini solo a causa dei social media, secondo il dottor Robert Brown, radiologo diagnostico con oltre 30 anni di esperienza e vicepresidente della ricerca scientifica e degli affari clinici per l’Environmental Health Trust.
All’inizio di quest’anno, Brown ha pubblicato una ricerca che dimostrava che bastano appena 5 minuti di esposizione al cellulare per far sì che le cellule del sangue di una donna sana si aggregassero in modo anomalo, anche quando il cellulare si trovava a un centimetro dalla pelle.
Brown ha dichiarato al The Defender di essere incoraggiato nel vedere istituzioni di alto livello come l’Università della Pennsylvania prestare attenzione alle conseguenze dell’uso dei cellulari sulla salute dei bambini.
Tuttavia, vorrebbe anche che la ricerca si concentrasse su come le radiazioni a radiofrequenza (RF) emesse dai telefoni danneggiano la salute dei bambini. «Non è solo la giovane età in cui si acquista un telefono a essere responsabile», ha affermato.
Miriam Eckenfels, direttrice del programma sulle radiazioni elettromagnetiche (EMR) e wireless di Children’s Health Defense, è d’accordo.
«Lo studio di Pediatrics si aggiunge alla montagna di prove che dimostrano che gli smartphone sono problematici e che i genitori devono proteggere i propri figli. Oltre al contenuto, anche le radiazioni RF sono dannose».
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ormai riconosciuto che ci sono prove «altamente certe» che l’esposizione alle radiazioni dei cellulari provoca due tipi di cancro negli animali, ha affermato.
«Genitori e pubblico devono avviare un dialogo sensato sulla tecnologia quando si tratta dei nostri figli e smettere di dare per scontato che queste tecnologie siano innocue», ha affermato Eckenfels.
Suzanne Burdick
Ph.D.
© 2 dicembre, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
Questo articolo è stato aggiornato per chiarire che il bupropione (Wellbutrin) è un antidepressivo, ma non un SSRI. È un inibitore della ricaptazione della noradrenalina e della dopamina, o NDRI.
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