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La legge UE sulla stampa consente ai giornalisti di essere detenuti o intercettati qualora si abbia la «giustificazione» dell’«interesse pubblico»

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L’Unione Europea ha promulgato integralmente un regolamento che consente ai giornalisti di essere detenuti, penalizzati, intercettati o ispezionati per «un motivo imperativo di interesse pubblico». Lo riporta LifeSite.

 

L’8 agosto l’UE ha pienamente attuato l’European Media Freedom Act (EMFA), che dovrebbe essere concepito per «proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’UE» e che sarà ora applicato in tutti i 27 Stati membri.

 

La legge dà inizialmente l’impressione di voler proteggere le organizzazioni giornalistiche dall’interferenza statale, affermando che nessuno Stato dell’UE potrà «detenere, sanzionare, intercettare o ispezionare i fornitori di servizi di media o il loro personale editoriale o sottoporli … a sorveglianza o perquisizione e sequestro allo scopo di … identificare fonti giornalistiche o comunicazioni riservate».

 

Tuttavia, afferma poi che i paesi dell’UE possono compiere una qualsiasi di queste azioni, tra cui detenere, sanzionare, intercettare o ispezionare un fornitore di servizi media e il suo personale, a condizione che ciò sia legale secondo il diritto nazionale o dell’UE e sia «giustificato caso per caso da un motivo imperativo di interesse pubblico e sia proporzionato».

 

Tale «motivo imperativo di interesse pubblico» viene anche citato come motivo valido per utilizzare «software di sorveglianza intrusivi». Come ha osservato Apollo News, il regolamento UE sui mandati di arresto include “razzismo e xenofobia” tra i crimini che possono essere indagati con l’uso di tecnologie di spionaggio.

 

La giornalista norvegese Rebecca Mistereggen ha sottolineato il fatto che l’UE già classifica e dà priorità a quelli che definisce «media affidabili», escludendo i cosiddetti diffusori di «disinformazione». Tutti questi sono definiti in base all’ideologia dell’UE. Ad esempio, la Relazione sullo Stato di Diritto 2025 dell’UE critica l’Ungheria di tendenza conservatrice per «controllo statale sui media» e «violazioni della libertà di stampa», mentre elogia i media statali di Norvegia, Svezia e Germania.

 

«Perché? Perché promuovono la narrativa corretta: pro-UE, pro-immigrazione, pro-clima, anti-nazionalismo», ha scritto Mistereggen su X. «Con il DSA (Digital Services Act) e l’EMFA, l’UE stessa sta costruendo un Ministero della Verità ideologico».

 

 

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Il Digital Services Act dell’UE mette in guardia contro quella che definisce manipolazione e interferenza delle informazioni straniere (FIMI), sollevando preoccupazioni circa la censura e la soppressione di narrazioni considerate «disinformazione», indipendentemente dalla loro effettiva legittimità.

 

L’EMFA è particolarmente preoccupante a causa di una storia di leggi repressive sulla libertà di parola da parte dei suoi stati membri, in particolare Germania e Gran Bretagna

 

In Germania, alcuni cittadini sono stati recentemente arrestati per aver pubblicato contenuti ritenuti falsi o «incitanti all’odio», come vignette «razziste» o «citazioni false». Anche «pettegolezzi malevoli» e «insulti» sono considerati incitamento all’odio. Chi viola queste leggi sulla libertà di parola di solito rischia multe salate e talvolta la perdita dei propri dispositivi personali, inclusi cellulari e computer portatili. I recidivi rischiano il carcere.

 

Nel regno di Gran Bretagna, un professore di Cambridge è stato recentemente arrestato per aver parlato contro la guerra di Israele a Gaza, secondo quanto riportato da fonti britanniche.

 

«La lunga e crescente guerra di Keir Starmer contro i discorsi pro-Palestina e anti-genocidio attraverso l’abuso del Terrorism Act… ha continuato a intensificarsi», ha osservato il quotidiano britannico Skwawkbox, che si occupa di storie come questa, trascurate dalla stampa mainstream «perché non rientrano nei loro programmi».

 

Il professor Makram Khoury-Machool, il cui linguaggio è stato punito dalle leggi antiterrorismo, in passato aveva co-fondato un istituto anti-estremismo nel 2016 presso l’Università di Cambridge.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso le forze dell’ordine inglesi avevano fatto irruzione nella casa di un giornalista filopalestinese. Un altro raid era stato fatto due anni fa a casa del leader del partito che si batte contro gli strumenti di sorveglianza che stanno venendo implementati del regno.

 

La polizia britannica ha anche inviato cinque agenti ad arrestare un uomo per aver pubblicato sui social media una svastica con la bandiera LGBT e ha fatto visita a casa di un’attivista per i diritti delle donne per «aver parlato male dei pedofili» in un video su YouTube. Ironicamente, la polizia del Surrey si è anche recata a casa di un consigliere parrocchiale per avvertirlo che avrebbe potuto essere arrestato per aver pubblicato su Facebook un’immagine che diceva «i diritti dei trans sono molto, molto noiosi».

 

Per far posto alle persone arrestate per la loro facoltà di esprimersi, Londra ha iniziato la liberazione anticipata dalle carceri di migliaia di detenuti per droga e altri crimini.

 

Un anno fa, all’altezza delle rivolte etniche seguite agli accoltellamenti delle bambine di Newport, la polizia britannica arrestò tantissimi utenti dei social media, anche minorenni, anche anziani – tra cui un nonno che in seguito si suicidò in carcere. Fu poi arrestata la moglie di un politico, mentre il capo della polizia minacciò le manette anche per Elone Musk, padrone del social X che si era espresso con veemenza a supporto delle ragioni di chi protestava e contro il premier Keir Starmer.

 

Le autorità britanniche misero in chiaro il fatto che il semplice «retweet» di un contenuto può costituire reato.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Unione Europea due mesi fa ha annunziato l’indagine sui quattro maggiori siti porno, tra cui Pornhub, perché sospettati di aver violato le norme, tra cui quelle per la protezione dei minori dall’esposizione alla pornografia online. Tuttavia, appena dietro, è possibile vedere lo sforzo di Bruxelles per trovare un nuovo strumento di introduzione del portafoglio digitale UE, la più grande minaccia alla nostra libertà.

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Internet

Incredibili video realizzati con l’IA lanciata da pochi giorni

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Il generatore di video basato sull’Intelligenza Artificiale Sora 2 di OpenAI ha debuttato la scorsa settimana e ha conquistato i social media con clip incredibilmente iperrealistiche che hanno fatto sì che gli spettatori si interrogassero su ciò che vedono online e hanno fatto sbiancare gli studi di Hollywood.   Gli utenti sembrano averci preso gusto a fare video sul defunto fisico tetraplegico Stephen Hopkins, anche crudelmente.      

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Un altro modulo molto popolare è quello di esseri che vengono fermati dalla polizia – il filmato è come da una bodycam delle forze dell’ordine – e scappano via subito: ecco un gatto, Spongebob, Mario, un ammasso di prosciutto a fette.    

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Il CEO di OpenAI Sam Altman viene beccato a rubare in un negozio, tutto visto da una telecamera di sorveglianza. L’uomo poi cucina Pikachu alla griglia.    

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Animali che rubano alimentari nei supermercati.    

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Piace Hitler che fa stand-up comedy con l’altrettanto (teoricamente) defunto Tupac, rapper ammazzato una trentina di anni fa ma che tutti per qualche ragione ricordano.   Lo Hitlerro dimostra di saperci fare con lo skateoboardo, e pure di saper rispondere a muso duro a Michael Jackson in un ambiente che ricorda le trasmissione trash di Jerry Springer.  

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Pare che SoraAI abbia messo un filtro che impedisce di creare episodi di South Park, che gli utenti hanno generato automaticamente a bizzeffe.     Non manca la finta pubblicità degli anni ’90 per un giocattolo basato sull’isola dei pedofili di Jeffrey Epstein, con l’action figure del miliardario e di altri personaggi orrendi – l’aereo privato Lolita Express è incluso.  

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Ecco, infine, il futuro: le fake news, ma nel senso vero. Telegiornali fatti con l’IA. Un motivo in più per non credere nemmeno a quelli veri.     Quindi: non è solo Hollywood che sarà sostituita, disintermediata, distrutto: è tutto quanto. È la realtà stessa che sta per venire divorata da simulacri iperreali eruttati ad ogni minuto dall’IA.

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Cina

Pechino condanna a morte 16 gestori dei centri per le truffe online in Birmania

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il tribunale di Wenzhou ha giudicato colpevoli 39 imputati della famiglia Ming, originaria dello Stato Shan nel nord del Myanmar. Le accuse comprendono frode e traffico di droga con proventi stimati in oltre 10 miliardi di yuan. Tra i condannati a morte figurano il figlio e la nipote del patriarca Ming Xuechang, morto in circostanze controverse durante l’arresto. L’operazione si inserisce nella più ampia repressione di Pechino contro i gruppi criminali che operano in Myanmar.

 

Un tribunale cinese ha condannato a morte 16 membri della famiglia Ming, potente gruppo criminale della regione Kokang, nello Stato Shan del nord del Myanmar, coinvolto nei commerci illeciti legati ai centri per le truffe online, una questione a cui Pechino da tempo sta rispondendo con una dura repressione.

 

Secondo i media cinesi, il Tribunale intermedio di Wenzhou, nella provincia orientale di Zhejiang, ha riconosciuto colpevoli 39 imputati per 14 reati, tra cui frode, omicidio e lesioni volontarie. Le condanne sono state differenziate: 11 imputati hanno ricevuto la pena capitale immediata, cinque la condanna a morte con sospensione di due anni, 11 l’ergastolo e gli altri pene comprese tra i cinque e i 24 anni di carcere.

 

Per alcuni sono state inoltre disposte anche multe e la confisca dei beni.

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L’accusa ha ricostruito che, a partire dal 2015, la famiglia Ming ha sfruttato la propria influenza nella regione Kokang per costituire una fazione armata e creare diversi «parchi» composti da edifici dediti alle truffe online. I gruppi armati hanno stretto alleanze con altre bande per fornire protezione alle attività illecite del clan: truffe telefoniche, traffico di droga, prostituzione, gestione di casinò e giochi d’azzardo online. I proventi stimati da frodi e gioco d’azzardo superano i 10 miliardi di yuan, circa 1,4 miliardi di dollari, secondo l’accusa.

 

Al centro del processo è finita in particolare la «Crouching Tiger Villa», una base utilizzata per le truffe online di proprietà di Ming Xuechang, patriarca della famiglia. Il 20 ottobre 2023 le guardie del complesso aprirono il fuoco contro lavoratori che cercavano di fuggire: fra le vittime vi furono 14 cittadini cinesi, alcuni dei quali – secondo indiscrezioni non verificate – erano agenti di sicurezza sotto copertura inviati da Pechino.

 

Tra i condannati a morte figurano anche il figlio di Ming Xuechang, Ming Xiaoping (noto anche come Ming Guoping), e la nipote, Ming Zhenzhen. Non compare invece la figlia, Ming Julan, il cui arresto era stato annunciato in un primo momento ma non confermato nella successiva comunicazione ufficiale da parte della giunta birmana.

 

Il patriarca Ming Xuechang, 69 anni, era stato arrestato nel novembre 2023 insieme ad altri membri della famiglia, nel quadro della pressione esercitata da Pechino sul Myanmar per smantellare i sindacati criminali del Kokang.Secondo le autorità di Naypyidaw, Xuechang si sarebbe sparato durante l’arresto ed è morto in seguito per le ferite riportate. In passato era stato membro della Zona a statuto speciale del Kokang e deputato del parlamento statale dello Shan per l’Union Solidarity and Development Party (USDP), partito legato ai militari birmani.

 

Il caso della famiglia Ming si inserisce nella vasta campagna lanciata da Pechino contro le truffe telefoniche transnazionali. Il ministero della Pubblica sicurezza ha dichiarato che, solo nel periodo del 14° Piano quinquennale (2021-25), la polizia cinese ha risolto 1,74 milioni di casi di frode, smantellato oltre 2mila centri di truffe all’estero e arrestato più di 80mila sospetti.

 

In parallelo, anche la milizia legata a Pechino che controlla il Wa State, un’area anch’essa al confine tra Cina e Myanmar, ha di recente intensificato i rimpatri forzati verso la Cina: solo negli ultimi nove mesi sono state deportate 448 persone sospettate di frodi online, in una dozzina di operazioni coordinate con Pechino.

 

Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.

Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine da AsiaNews

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Israele paga gli influencer 7000 dollari a post sui social media USA

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Israele ha finanziato influencer per pubblicare contenuti sui social media al fine di migliorare la propria immagine negli Stati Uniti. Lo riporta la testata online Responsible Statecraft.   Come riportato da Renovatio 21, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha recentemente evidenziato l’importanza dei creatori di contenuti per mantenere il supporto allo Stato Ebraico, incontrando, a margine della sua problematica apparizione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, gli influencer filosionisti.   Martedì, Responsible Statecraft ha riportato che documenti presentati in conformità al Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti hanno svelato i dettagli di una «campagna di influencer» gestita da una società di consulenza con sede a Washington che collabora con il ministero degli Esteri israeliano.   Le fatture inviate ad un gruppo mediatico tedesco, che coordina la campagna, indicano un finanziamento di 900.000 dollari tra giugno e novembre 2025 per un gruppo di 14-18 influencer. I documenti stimano tra 75 e 90 post in quel periodo, con un costo per post tra 6.143 e 7.372 dollari, secondo Responsible Statecraft. Non è stato reso noto quali influencer siano coinvolti.

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La società statunitense avrebbe coinvolto un ex portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e un ex rappresentante della società israeliana di spyware NSO Group, produttrice del celeberrimo software-spia per smartphone Pegasus.   La settimana scorsa, Netanyahu ha dichiarato in una conferenza stampa che è essenziale rafforzare la «base di sostegno di Israele negli Stati Uniti» attraverso gli influencer, soprattutto su piattaforme come TikTok – di cui si è beato per l’acquisto da parte del miliardario filo-israeliano Larry Ellison – e X, posseduto dall’«amico» Elone Musk.   La campagna d’immagine di Israele si colloca in un contesto di diminuzione del sostegno negli Stati Uniti, in particolare riguardo alla guerra di Gaza. Un recente sondaggio del New York Times ha rivelato che il 60% degli americani ritiene che Israele debba porre fine al conflitto, e più della metà si oppone a ulteriori aiuti economici e militari allo Stato degli ebrei .   Alcuni legislatori, come la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, hanno definito la situazione a Gaza un «genocidio» e si sono opposti a ulteriori aiuti a Israele.   Come riportato da Renovatio 21, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, pur continuando a sostenere Israele, ha recentemente ammesso che l’influenza della lobby israeliana, che un tempo aveva un «controllo totale» sul Congresso, è diminuita.  

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