Gender
YouTuber transessuale accusato di aver stuprato l’anziana madre demente viene messo in un carcere femminile
Lo YouTuber transgender Chris Chan è stato indicato come «donna» in un rapporto della polizia che documenta il presunto stupro di sua madre settantanovenne che soffre di demenza. Ora sarà detenuto in una prigione con detenute di sesso femminile.
Il 39enne, che ora si fa chiamare Christine Weston Chandler, è stato arrestato dopo che sono emerse delle telefonate trapelate in cui lo YouTuber ha ammesso di aver avuto rapporti sessuali con la sua anziana madre.
Chandler è detenuto nella prigione regionale della Virginia centrale insieme ad altre 59 donne detenute.
«Il fatto che il presunto stupratore si identifichi come una donna sembra essere più importante della sicurezza delle altre donne reali con cui Chandler sarà imprigionato a stretto contatto» scrive Summit News.
«Chandler è biologicamente maschio ma è uscita allo scoperto come donna transgender alla fine del 2014», riporta la testata britannica Daily Mail.
Viveva da molti anni con sua madre Barbara, disabile mentale, che Chandler afferma in modo bizzarro «ha fatto la prima mossa» prima che si baciassero, secondo una registrazione audio pubblicata su una piattaforma di messaggistica istantanea.
«Il fatto che il presunto stupratore si identifichi come una donna sembra essere più importante della sicurezza delle altre donne reali con cui Chandler sarà imprigionato a stretto contatto»
«A un certo punto era parzialmente confusa, ma poi si è ripresa, ovviamente», ha affermato Chandler, prima di rivelare che ora fa sesso con sua madre «ogni tre notti» e che «le piace».
Il presunto stupratore ha affermato di aver avuto in precedenza sogni sessuali su sua madre e si è avvicinato alla situazione con «cura e cautela» prima di intraprendere un rapporto con lei.
Come riporta Paul Watson, la cosa davvero significativa qui è osservare le reazioni su Twitter, dove alcuni utenti non esprimono il loro disgusto per il presunto stupro incestuoso, ma per il fatto che Chan fosse stato misgendered, cioè gli fosse stato assegnato – per esempio nell’uso dei pronomi – un genere diverso da quello che lui stesso dichiara.
— Paul Joseph Watson (@PrisonPlanet) July 30, 2021
Immagine screenshot da Fox News
Gender
Stoltenberg promette che la NATO difenderà i «diritti LGBT»
La NATO difenderà i diritti delle persone LGBTQ, ha dichiarato venerdì il Segretario generale Jens Stoltenberg.
È stato tra centinaia di funzionari pubblici, istituzioni e organizzazioni occidentali a rilasciare una dichiarazione a favore della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia (IDAHOBIT).
«La NATO esiste per difendere 32 nazioni e il diritto dei nostri popoli a vivere liberamente e in pace», ha scritto lo Stoltenberg su X. «Nella Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, e ogni giorno: tutto l’amore è uguale. Le persone LGBTQ+ meritano rispetto e dignità e sono orgoglioso di definirmi tuo alleato».
#NATO exists to defend 32 nations, and our peoples’ right to live freely & in peace. On the International Day against Homophobia, Biphobia & Transphobia, and every day: all love is equal. LGBTQ+ people deserve respect & dignity, and I am proud to call myself your ally. #IDAHOBIT
— Jens Stoltenberg (@jensstoltenberg) May 17, 2024
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La stragrande maggioranza delle risposte ai post di Stoltenberg, riporta RT, è stata tuttavia negativa.
«E il rapporto tra un’alleanza militare di mutua difesa e i diritti di alcune minoranze è…?» si è chiesto un utente X. Altri hanno parlato delle guerre offensive del blocco contro la Jugoslavia (1999) e la Libia (2011), e del fatto che ha trascorso 20 anni in Afghanistan aiutando gli Stati Uniti a «sostituire i talebani con i talebani».
«Mi avete semplicemente fatto sostenere un po’ di più la Russia», si legge in un’altra risposta, mentre qualcun altro si chiedeva se i russi fossero riusciti in qualche modo ad hackerare l’account di Stoltenberg.
Un altro utente di social media lo ha accusato di «dipingere in modo rosa i crimini di guerra e il guerrafondaio», usando un termine che descrive individui o organizzazioni che abbracciano l’agenda LGBTQ per distogliere l’attenzione dal loro cattivo comportamento.
IDAHOBIT è stato concepito nel 2004 da un attivista gay francese. Organizzazioni come l’Associazione Internazionale Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans e Intersessuali (ILGA), la Commissione Internazionale per i Diritti Umani di Gay e Lesbiche (IGLHRC), il Congresso Mondiale degli Ebrei LGBT e la Coalizione delle Lesbiche Africane hanno approvato il progetto, portando a la prima celebrazione nel 2005.
Come data è stata scelta il 17 maggio, per commemorare la rimozione dell’omosessualità dalla classificazione internazionale delle malattie da parte dell’OMS nel 1990.
Al nome è stato aggiunto «transfobia» nel 2009, seguito da «bifobia» – che dovrebbe significare la repulsione per i bisessuali, fenomeno che, un po’ come la bisessualità organizzata in genere, non sapevamo esistere – nel 2015, dando vita all’acronimo nella sua forma attuale.
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Immagine di California National Guard via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Gender
Il Perù classifica i transgender come «malati di mente»
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Arte
Attrici giapponesi che si vestono da uomini bullizzano collega fino a spingerla al suicidio
Dal Giappone arriva l’eco di un episodio di bullismo e violenza sistematica sfociati in un suicidio all’interno di una struttura esclusivamente femminile. Una sorta di suicidio femminicida, ma ad opera di femmine.
Teatro della vicenda è per il corpo teatrale Takarazuka, un’istituzione più che secolare nel mondo dello spettacolo giapponese. Il concetto alla base del corpo teatrale è che sono soltanto attrici a salire in scena, interpretando anche i ruoli maschili. Tale idea, di per sé spiazzante, inverte completamente la tradizione del teatro tradizionale Kabuki, dove sono gli attori maschi a ricoprire tutti i ruoli.
Gli spettacoli del Takarazuka sono tuttavia distanti anni luce dal rigido formalismo del Kabuki: qui si tratta di musical che attingono dalle fonti più disparate, da West Side Story all’Evgenij Onegin, spesso spingendo a tavoletta su elementi che qualche anno fa si definivano camp o kitsch, in italiano lo si potrebbe semplicemente chiamare «pacchianeria», benché estremamente professionale e ben fatta.
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Il seguito che hanno questi spettacoli nel contesto nipponico è impressionante, ancora di più perché per la grandissima maggioranza femminile: lo scrivente ricorda di essersi imbattuto in una lunghissima coda in attesa di entrare nel teatro di Tokyo – in zona centralissima, vicino al palazzo imperiale – dove si esibisce la compagnia. Si poteva constatare che gli uomini tra la folla erano appena una manciata.
Un ambiente quindi quasi completamente femminile, al sicuro da patriarcato e maschilismo tossico.
E allora, come si spiegano allora vessazioni di gruppo, ustioni procurate con le piastre per i capelli, carichi di lavoro insostenibili assegnati al solo scopo di umiliare e di lasciare soltanto tre ore di sonno al giorno? È questa l’ordalia che ha portato la 25enne Aria Kii a gettarsi nel vuoto per porre fine alla sua vita nel settembre del 2023.
La vicenda era stata prontamente insabbiata dall’azienda che gestisce la compagnia teatrale ma è stata riportata a galla dall’ineffabile Shuukan Bunshun, testata con una lunga e gloriosa tradizione di caccia agli scheletri negli armadi. Nella primavera di quest’anno i dirigenti dell’azienda in questione hanno pubblicamente ammesso la loro responsabilità nel non essere stati in grado di vigilare adeguatamente l’ambiente lavorativo delle attrici.
Duole dire che per la società giapponese uno scenario così è tutto fuorché inconsueto: il proverbio «il chiodo che sporge verrà martellato» illustra ancora con una certa fedeltà le dinamiche sociali che si formano all’interno delle istituzioni giapponesi – siano esse scuole, aziende, partiti.
Negli ultimi tempi c’è un evidente cambiamento in atto soprattutto per quanto riguarda il mondo del lavoro, ma il bullismo allo scopo di creare coesione all’interno di un gruppo è una pratica a cui i giapponesi ricorrono abitualmente e che non sembra soffrire di particolare disapprovazione sociale.
Dal Giappone ci chiediamo con sincerità come un giornalista italiano – di area woke, ma anche solo attento a seguire i dettami del politicamente corretto elargiti ai corsi di deontologia dell’Ordine – potrebbe riportare la notizia della triste morte di Aria, con lo stuolo di angherie subite in un contesto esclusivamente femminile.
Taro Negishi
Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo
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Immagine screenshot da YouTube
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