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X sospende l’account della guida suprema iraniana Khamenei

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La piattaforma X di Elon Musk (ex Twitter) ha sospeso l’account in lingua ebraica della Guida suprema iraniana Ali Khamenei un giorno dopo il suo lancio.

 

La nuova pagina di Khamenei, creata sabato, era diventata inaccessibile già domenica. Il profilo sembra però ora tornato visibile.

 

«Account sospeso. X sospende gli account che violano le Regole X», si leggeva in un messaggio della piattaforma. X non ha ancora fornito ulteriori spiegazioni per la sua mossa.

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Il divieto è arrivato solo poche ore dopo che sulla pagina era stato pubblicato un messaggio che recitava: «Il regime sionista ha commesso un errore. Ha sbagliato nei suoi calcoli sull’Iran. Gli faremo capire che tipo di forza, capacità, iniziativa e volontà ha la nazione iraniana».

 

Nel suo post, Khamenei si era riferito apparentemente all’attacco dell’IDF all’Iran di sabato mattina. Al momento di pubblicare questo articolo, tuttavia, l’account pare tornato online, con tanto di messaggio incriminato.

 


Lo Stato Ebraico ha affermato di aver preso di mira circa 20 siti militari nel paese in rappresaglia per l’attacco missilistico di Teheran su Israele all’inizio di questo mese.

 

La Repubblica Islamica ha confermato che il bombardamento ha avuto luogo, ma ha insistito sul fatto che ha causato solo «danni limitati».

 

Il 1° ottobre, l’Iran ha lanciato circa 200 missili balistici contro Israele, affermando di agire in risposta all’uccisione dei leader di Hamas e Hezbollah, nonché di un generale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC).

 

L’account in lingua inglese di Khamenei su X, che ha 1,3 milioni di follower, rimane operativo. In uno dei suoi post più recenti sulla pagina, il leader supremo iraniano ha affermato «dobbiamo far capire ai sionisti il potere del popolo iraniano».

 

In un altro messaggio, ha accusato l’ONU e altri organismi internazionali di «non aver fatto il loro dovere… di affrontare» Israele, che oltre a prendere di mira l’Iran è anche coinvolto in operazioni militari nella Striscia di Gaza e in Libano.

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Interrogato sul perché censurassero tanti utenti ma non personaggi politici che minacciano la guerra — come Kim Jong-un ed appunto Khamenei, due esempi ricorrenti — il cofondatore ed ex proprietario di Twitter Jack Dorsey ripeteva che la piattaforma riteneva accettabili dichiarazioni belliche che ricadessero sotto la categoria del «saber rattling», il «tintinnio delle spade».

 

Il nuovo proprietario del social, Elon Musk, ha usato invece il principio secondo cui va considerato pubblicabile ogni sorta di discorso che potrebbe essere fatto dallo scranno della plenaria ONU, dove vari rappresentanti Paesi spesso si lanciano in discorsi infuocati.

 

La limitazione imposta a Khamenei sembra andare contro questa impostazione.

 

Come riportato da Renovatio 21, Musk, perennemente accusato di dare spazio a razzisti, neonazisti ed antisemiti su X, con tanto di manovre di enti ebraici come l’ADL, ha sviluppato un rapporto diretto con Netanyahu, che in teoria lo scuda da scrutini e maledizioni da parte giudaica.

 

In varie occasioni Elon si è dichiarato «filosemita». Nella recente intervista con Tucker Carlson ha dichiarato che, pur non essendo ebreo, ha frequentato una sorta di catechismo presso una scuola ebraica, semplicemente perché, ha raccontato, era vicina ad un posto dove lavorava suo padre.

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L’UE attacca le piattaforme che si rifiutano di censurare la libertà di parola: il fondatore di Telegram

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L’Unione Europea sta ingiustamente prendendo di mira le piattaforme social che tollerano discorsi dissidenti o critici, ha dichiarato Pavel Durov, fondatore di Telegram.   La sua affermazione è arrivata in risposta a un post del 2024 di Elon Musk, proprietario di X, che accusava la Commissione Europea di aver proposto alla piattaforma un patto segreto per eludere sanzioni in cambio della censura di certi contenuti. Il giorno precedente, l’UE aveva inflitto a X una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari).   Durov ha spiegato che Bruxelles sta applicando alle società tech norme severe e impraticabili proprio per colpire quelle che rifiutano di praticare una moderazione occulta dei contenuti.   «L’UE impone regole impossibili per poter punire le aziende tecnologiche che si oppongono a una censura silenziosa della libertà di espressione», ha postato Durov sabato su X.   Il Pavel ha inoltre richiamato la sua detenzione in Francia dell’anno scorso, che ha descritto come motivata da ragioni politiche. Secondo lui, in quel frangente il capo dei servizi segreti francesi gli avrebbe chiesto di «bannare le voci conservatrici in Romania» in vista delle elezioni – un’ipotesi smentita dalle autorità transalpine. Durov ha aggiunto che gli agenti di Intelligence gli avrebbero offerto assistenza in cambio della rimozione discreta dei canali legati alle elezioni in Romania.

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Queste stesse accuse sono state ribadite nel suo intervento recente, in cui ha qualificato l’inchiesta come «un’indagine penale priva di fondamento», seguita da tentativi di pressione per limitare la libertà di parola in Romania e Moldavia.   Più tardi, sempre sabato, Durov ha aggiunto: «L’UE prende di mira esclusivamente le piattaforme che ospitano discorsi scomodi o dissenzienti (Telegram, X, TikTok…). Le piattaforme che, tramite algoritmi, mettono a tacere le persone rimangono sostanzialmente intatte, nonostante problemi ben più gravi di contenuti illegali».   L’anno scorso, Elon Musk aveva rivelato che la Commissione Europea aveva proposto a X «un accordo segreto illegale» per censurare i contenuti in modo discreto. «Se avessimo censurato silenziosamente i contenuti senza dirlo a nessuno, non ci avrebbero multato. Le altre piattaforme hanno accettato quell’accordo. X no», aveva scritto.   Venerdì, il portavoce della Commissione Europea Tom Rainier ha precisato che la sanzione a X ammontava a 120 milioni di euro per violazioni del Digital Services Act, sottolineando che non aveva legami con la censura e che si trattava della prima applicazione concreta della normativa. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha aspramente criticato la decisione, definendola «un attacco a tutte le piattaforme tech americane e al popolo statunitense da parte di governi stranieri».   Tanto Durov quanto Musk hanno subito pressioni da parte dei regolatori UE in base al DSA, in vigore dal 2023. Questa legge obbliga le piattaforme a eliminare celermente i contenuti illegali, sebbene i detrattori sostengano che possa essere impiegata per reprimere opinioni legittime.

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L’UE multa X di Musk per 120 milioni di euro. Gli USA: «attacco al popolo americano»

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Gli Stati Uniti hanno accusato Bruxelles di aver «attaccato» gli americani dopo che l’Unione Europea ha inflitto alla piattaforma social X di Elon Musk una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari) per violazione delle norme di moderazione dei contenuti previste dal Digital Services Act (DSA).

 

La Commissione europea ha reso nota la sanzione venerdì, precisando che si tratta della prima decisione formale di non conformità emessa in base al DSA.

 

La misura si inserisce in una più ampia offensiva regolatoria dell’UE contro i grandi colossi tecnologici statunitensi: in passato Bruxelles ha già comminato multe da diversi miliardi a Google per abuso di posizione dominante nella ricerca e nella pubblicità, ha sanzionato Apple in base al DSA e alle norme antitrust nazionali e ha penalizzato Meta per il modello pubblicitario «pay-or-consent». Queste azioni hanno ulteriormente inasprito le divergenze tra Washington e l’UE in materia di regolamentazione del digitale.

 

Secondo la Commissione, le violazioni commesse da X riguardano la progettazione ingannevole del sistema di spunta blu verificata, che «espone gli utenti a truffe», la mancanza di trasparenza nella libreria pubblicitaria e il rifiuto di fornire ai ricercatori l’accesso ai dati pubblici richiesto.

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Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha reagito duramente, scrivendo su X che la multa non rappresenta solo un attacco alla piattaforma, ma «un attacco a tutte le piattaforme tecnologiche americane e al popolo americano da parte di governi stranieri». «I giorni in cui gli americani venivano censurati online sono finiti», ha aggiunto.

 

Elon Musk ha rilanciato i commenti del commissario FCC Brendan Carr, secondo il quale l’UE prende di mira X semplicemente perché è un’azienda americana «di successo» e «l’Europa sta tassando gli americani per sovvenzionare un continente soffocato dalle sue stesse normative oppressive».

 

Anche il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance è intervenuto, sostenendo che l’UE sta punendo X «per non aver adottato misure di censura» e che gli europei dovrebbero «difendere la libertà di espressione invece di aggredire le aziende americane per questioni di poco conto».

 

L’amministrazione del presidente Donald Trump si oppone da anni alle leggi digitali europee, accusandole di essere «progettate per danneggiare la tecnologia americana» e minacciando dazi di ritorsione in risposta a tasse digitali e regolamenti sulle piattaforme.

 

Bruxelles ribatte che le proprie regole valgono allo stesso modo per tutte le imprese che operano nel mercato unico e riflettono semplicemente un approccio più severo su privacy, concorrenza e sicurezza online.

 

Le relazioni tra Washington e Bruxelles restano tese su numerosi fronti – commercio, sussidi industriali, standard ambientali e controlli tecnologici – con gli Stati Uniti che accusano l’UE di protezionismo e i leader europei che criticano le misure unilaterali americane in materia di dazi e tecnologia.

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Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente.

 

Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager.

 

Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Google nega di aver scansionato le email e gli allegati degli utenti con il suo software AI

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Google, colosso tecnologico, nega categoricamente i resoconti diffusi all’inizio di questa settimana da vari media autorevoli, affermando che non impiega e-mail e loro allegati per addestrare il suo nuovo modello di intelligenza artificiale Gemini.   Questa settimana, testate come Fox News e Breitbart hanno pubblicato articoli che illustravano ai lettori come «bloccare l’accesso dell’IA di Google alla propria posta su Gmail».   «Google ha annunciato il 5 novembre un aggiornamento che permette a Gemini Deep Research di sfruttare il contesto di Gmail, Drive e Chat», ha riferito Fox News, «consentendo all’IA di estrarre dati da messaggi, allegati e file archiviati per supportare le ricerche degli utenti».   Il sito di informazione statunitense Breitbart ha sostenuto in modo simile che «Google ha iniziato a scandagliare in silenzio le e-mail private e gli allegati degli utenti Gmail per addestrare i suoi modelli IA, imponendo un opt-out manuale per evitare l’inclusione automatica».   Il sito ha citato un comunicato di Malwarebytes, che accusava l’azienda di aver implementato il cambiamento senza notifica agli utenti.   In risposta al clamore, Google ha emesso una smentita ufficiale. «Queste notizie sono fuorvianti: non abbiamo alterato le impostazioni di nessuno. Le funzionalità intelligenti di Gmail esistono da anni e non utilizziamo i contenuti di Gmail per addestrare Gemini. Siamo sempre trasparenti sui cambiamenti ai nostri termini di servizio e alle policy», ha dichiarato un portavoce al giornalista di ZDNET Lance Whitney.

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Malwarebytes ha in seguito rivisto il suo post sul blog, ammettendo di aver «contribuito a una tempesta perfetta di incomprensioni» e precisando che la sua affermazione «non sembra essere» corretta.   Tuttavia, il blog ha riconosciuto che Google «analizza i contenuti delle e-mail per potenziare le sue “funzionalità intelligenti”, come il rilevamento dello spam, la categorizzazione e i suggerimenti di composizione. Ma questo è parte del funzionamento ordinario di Gmail e non equivale ad addestrare i modelli IA generativi».   Questa replica di Google difficilmente placherà gli utenti preoccupati da tempo per le pratiche di sorveglianza delle Big Tech e i loro legami con le agenzie di intelligence.   «Penso che l’aspetto più allarmante sia stato il flusso costante e coordinato di comunicazioni tra FBI, Dipartimento della Sicurezza Interna e le principali aziende tech del Paese», ha testimoniato il giornalista Matt Taibbi al Congresso USA nel dicembre 2023, in un’udienza su come Twitter collaborasse con l’FBI per censurare utenti e condividere dati con il governo.   L’11 novembre, presso la Corte Distrettuale USA per il Distretto Settentrionale della California, è stata depositata una class action contro Google. La vertenza accusa l’azienda di aver violato l’Invasion of Privacy Act della California attivando in segreto Gemini AI per analizzare messaggi di Gmail, Google Chat e Google Meet nell’ottobre 2025, senza notifica o consenso esplicito degli utenti.  

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Immagine di Sundar Pichai via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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