Ambiente
Vietnam, la salinizzazione del Mekong affossa le colture. Milioni a rischio fame
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Iniziative umane di sfruttamento alimentano la salinità ed erodono il corso d’acqua. A incidere l’azione delle turbine e il moltiplicarsi di dighe per la produzione elettrica. Action Aid Vietnam: la popolazione sta perdendo «molti dei propri mezzi di sostentamento». Comunità locali stanno programmando la riforestazione con mangrovie.
Il delta del Mekong, fiume con una lunghezza di quasi 5mila km, costituisce la principale via d’acqua del Sud-est asiatico. Tuttavia, di recente vede crescere erosione e salinità per una serie di concause ma con un ruolo determinante delle iniziative umane di sfruttamento delle acque.
Una situazione che mette a rischio le prospettive di milioni di abitanti e il Vietnam è il Paese più colpito dell’interno bacino: sia perché è l’ultimo dei sei toccati dal fiume, sia perché le sue regioni più meridionali sono quelle a più elevata densità umana e produttiva.
A incrementare la salinità delle acque e la sterilità dei suoli sono l’ampiezza delle maree, a cui si associa l’azione delle turbine al largo che utilizzano i venti per incrementare la disponibilità di energia elettrica delle aree costiere. Vi è poi il flusso ridotto delle acque che deriva dal crescente numero di impianti idroelettrici lungo le sezioni superiore e mediana del grande fiume.
Conseguenze sono appunto una crescente intrusione di acqua marina nei canali del delta e una accelerata erosione della linea costiera. A rendere in prospettiva difficile una produzione agricola essenziale alla popolazione sono due necessità in collisione di un Paese tra i primi del Sud-Est asiatico quanto a capacità produttiva e il terzo come popolazione: quella di disporre sempre maggiore energia a costo di un drammatico cambiamento dell’ecosistema fluviale e di mantenere alti livelli produttivi per agricoltura e pesca, avanti a mutamenti che sono in parte spontanei e in parte dovuti all’azione umana.
(…)
Nel tentativo di limitare l’erosione, le comunità locali in alcune aree stanno programmando la riforestazione con mangrovie, un metodo naturale di affrontare il problema. Tuttavia, sul piano della salinità crescente delle acque dolci, molti contadini si sono associati per dare vita a iniziative che a prodotti dell’agricoltura, a partire dal riso, hanno sostituito l’allevamento di gamberetti.
La migrazione verso aree industriali, le principali città o anche all’estero è un’altra delle risposte della popolazione locale alle crescenti difficoltà dell’agricoltura nel delta del Mekong. Una migrazione vista positivamente da alcuni osservatori per la possibilità di fornire maggiore stabilità di reddito alle famiglie, ma che altri criticano perché accelera la mutazione del panorama economico, sociale e ambientale.
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Immagine di Devajyoti Sarkar via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Ambiente
Studi sui metodi per testare le sostanze chimiche della pillola abortiva nelle riserve idriche
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Ambiente
Donna afferma che il datacenter AI di Zuckerberg le ha inquinato l’acqua del rubinetto
Una pensionata della Georgia rurale ha accusato il nuovo centro dati AI di Meta, situato a circa 360 metri da casa sua, di inquinarle l’acqua. Lo riporta la BBC.
La cittadina Beverly Morris ritiene che la costruzione del data center del gigante della tecnologia abbia danneggiato il suo pozzo d’acqua privato, causando un accumulo di sedimenti. «Ho paura di bere quell’acqua, ma la uso comunque per cucinare e per lavarmi i denti», ha detto Morris. «Se mi preoccupa? Sì».
Meta ha negato queste accuse, dichiarando alla BBC che «essere un buon vicino è una priorità». L’azienda ha commissionato uno studio sulle falde acquifere, scoprendo che il suo data center «non ha influito negativamente sulle condizioni delle falde acquifere nella zona».
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L’incidente evidenzia come un’imponente spinta alla costruzione di infrastrutture per supportare modelli di Intelligenza Artificiale incredibilmente dispendiosi in termini di energia, stia sconvolgendo i vari ecosistemi che vedono il nascere di questi data center. Stiamo solo iniziando a comprendere l’enorme impatto ambientale della tecnologia di intelligenza artificiale, dall’enorme consumo di acqua all’enorme impronta di carbonio dovuta alle emissioni in aumento.
La situazione non fa che peggiorare, con aziende come OpenAI, Google e Meta che continuano a investire decine di miliardi di dollari nella costruzione di migliaia di data center in tutto il mondo. Recentemente i ricercatori hanno stimato che la domanda globale di intelligenza artificiale potrebbe arrivare a consumare fino a 1,7 trilioni di galloni d’acqua all’anno entro il 2027, più di quattro volte il prelievo idrico totale di uno stato come la Danimarca.
Da allora gli attivisti hanno segnalato il rischio di pericolosi deflussi di sedimenti derivanti dai lavori di costruzione, che potrebbero riversarsi nei sistemi idrici, come potrebbe accadere al pozzo della signora Morris.
Resta da vedere quanto l’industria dell’Intelligenza Artificiale si impegnerà per la cosiddetta sostenibilità. Dopo aver dato grande risalto ai propri sforzi per ridurre le emissioni all’inizio del decennio, l’aumento di interesse per l’intelligenza artificiale ha cambiato radicalmente il dibattito.
E man mano che i modelli di intelligenza artificiale diventano più sofisticati, necessitano di energia esponenzialmente maggiore, e questa situazione non potrebbe che aggravarsi.
Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Meta Mark Zuckerberg, nel suo tentativo sempre più disperato di tenere il passo nella corsa all’IA, sta espandendo l’infrastruttura dei data center il più velocemente possibile, con Meta che sta «prioritizzando la velocità sopra ogni altra cosa» allestendo delle «tende» per aggiungere ulteriore capacità e spazio ai suoi campus dei data center. I moduli prefabbricati sono progettati per ottenere la potenza di calcolo online il più velocemente possibile, sottolineando la furiosa corsa di Meta per costruire la capacità di modelli di intelligenza artificiale sempre più richiedenti energia.
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Un nuovo rapporto del Berkeley Lab – che analizza la domanda di elettricità dei data center – prevede che questa stia esplodendo da un già elevato 4,4% di tutto il consumo di elettricità in ambito statunitense, a un possibile 12% di consumo di elettricità in poco più di tre anni, entro il 2028.
Il fenomeno è globale: in Irlanda, i data center consumano già il 18% della produzione totale di elettricità. Secondo il rapporto, il consumo di energia dei data center è stato stabile con una crescita minima dal 2010 al 2016, ma ciò sembra essere cambiato dal 2017 in poi, con l’uso dei data center e dei «server accelerati» per alimentare applicazioni di Intelligenza Artificiale per il complesso militare-industriale e prodotti e servizi di consumo.
Vista l’enormità di energia richiesta da questi Centri di elaborazione dati, vi è una corsa verso l’AI atomica e anche Google alimenterà i data center con sette piccoli reattori nucleari nel prossimo futuro.
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Ambiente
Cringe vaticano ai limiti: papa benedice un pezzo di ghiaccio tra Schwarzenegger e hawaiani a caso
.@Pontifex blesses a block of ice at Vatican CLIMATE CHANGE event. pic.twitter.com/gk9J2OVmVf
— Sign of the Cross (@CatholicSOTC) October 1, 2025
NEW: Pope Leo XIV blesses a block of ice before a blue tarp is rolled out and waved by people, including Arnold Schwarzenegger, at the Raising Hope for Climate Justice conference.
“We will raise hope by demanding that leaders act with courage, not delay.” “Will you join with… pic.twitter.com/PSVVwTB79V — Collin Rugg (@CollinRugg) October 1, 2025
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