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Politica

Vance spiega i piani di Trump per l’Europa. E si rifiuta di parlare con gli ucraini

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I membri europei della NATO devono impegnarsi di più per scoraggiare un ipotetico attacco russo e gestire la perdita di petrolio e gas russi, ha affermato il candidato alla vicepresidenza JD Vance.

 

Il senatore repubblicano dell’Ohio, scelto dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump come suo compagno di corsa per le elezioni di novembre, ha affermato che un’eventuale amministrazione Trump richiederebbe «autosufficienza» dall’UE mantenendo al contempo relazioni amichevoli.

 

Parlando alla testata Semafor mercoledì, ha respinto l’idea che un aiuto continuo all’Ucraina sia necessario per prevenire un futuro attacco alla NATO. Il presidente russo Vladimir Putin ha «dimostrato in Ucraina che non può arrivare a tanto», ha sostenuto, contrariamente a quanto la vicepresidente Kamala Harris, candidata democratica alla presidenza, dice agli elettori americani.

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«Quando l’amministrazione Harris dice che se non fermiamo Putin in Ucraina, lui marcerà fino in Germania, uno, non è vero, e due, cosa dice questo sulle capacità di difesa della Germania?» ha detto Vance.

 

«Se [i tedeschi] non riescono a respingere un’invasione russa che non suggerisce che l’America dovrebbe effettivamente fungere da protettore della sicurezza per la Germania, ciò suggerisce che i tedeschi dovrebbero alzarsi dal divano e investire nella propria difesa», ha aggiunto, indicando l’esempio di Israele.

 

«Gli israeliani sono intelligenti riguardo ai loro interessi. Riconoscono che ci sono dei limiti», ha detto. «Ciò di cui hanno bisogno da un alleato, credo, è il supporto, non che noi interveniamo e facciamo per loro quello che facciamo per l’Europa».

 

Mosca ha più volte ridicolizzato l’affermazione dei politici occidentali secondo cui Mosca vuole attaccare la NATO. Il conflitto in Ucraina, secondo loro, è stato innescato dall’espansione del blocco militare guidato dagli Stati Uniti e dalla sua intenzione di portare l’Ucraina nei suoi ranghi. Dopo che le nazioni occidentali hanno sostenuto un colpo di stato armato a Kiev nel 2014, le nuove autorità hanno dichiarato l’adesione alla NATO un obiettivo politico chiave.

 

I Paesi UE si sono unite agli USA nell’imporre sanzioni alla Russia come rappresaglia per le ostilità. Tra le misure chiave, la maggior parte degli stati dell’UE ha smesso di acquistare gas naturale a basso costo tramite gasdotto che la Russia forniva all’Europa sin dall’era sovietica.

 

La perdita di gas russo ha permesso agli Stati Uniti di aumentare drasticamente le esportazioni di gas liquefatto verso l’Europa. L’amministrazione Trump aveva spinto senza successo l’UE a fare lo stesso cambiamento, decantando il carburante americano come «molecole di libertà» ai clienti europei nel 2019.

 

Vance inoltre giorni fa si era rifiutato di rispondere alle chiamate dall’Ucraina in merito alle consegne degli F-16, ha riportato il Washington Post.

 

L’affermazione si basava su messaggi di testo che Vance aveva scambiato con Charles Johnson, descritto dal giornale di Washington come un blogger «che ha promosso con zelo teorie cospirative di destra» e anche un informatore federale. Il Johnson ha fornito alcuni di quei messaggi al WaPo.

 

«Amico, non rispondo nemmeno alle chiamate dall’Ucraina», scrisse Vance a Johnson lo scorso ottobre. «Mi hanno contattato due tizi molto anziani. Il capo della loro Intelligence. Il capo dell’aeronautica. Che si lamentavano degli F-16».

 

Un altro messaggio, non citato dal WaPo, avrebbe ridicolizzato ðlo stato mentale di un attivista filo-ucraino», mentre un altro suggeriva che la comunità dell’intelligence statunitense stava progettando il sostegno dei media all’Ucraina dicendo a Johnson che le spie avrebbero dovuto «aumentare le dosi di Xanax tra la base». Lo Xanax è uno psicofarmaco solitamente prescritto per i disturbi di panico e ansia.

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Il WaPo ha presentato i messaggi come prova del fatto che Vance «gravita verso le persone ai margini della politica» e come convalida del fatto che i democratici hanno definito «weird» («strano») il compagno di corsa di Trump.

 

Il portavoce di Vance, William Martin, ha dichiarato al Post che il senatore non ha mai avuto rapporti stretti con Johnson e che i due non condividono le stesse idee politiche.

 

«Chuck Johnson ha inviato messaggi spam a JD Vance», ha detto Martin. «Di solito JD lo ignorava, ma occasionalmente rispondeva per replicare alle cose che diceva».

 

Il senatore quarantenne, scelto il mese scorso come candidato vicepresidente di Trump, è da tempo un critico del sostegno illimitato dell’attuale amministrazione all’Ucraina. Ha votato contro il disegno di legge di aiuti da 61 miliardi di dollari a Kiev che è stato infine approvato dal Congresso ad aprile.

 

Vance ha scritto anche un articolo di opinione sul New York Times sostenendo che il problema dell’Ucraina non era politico, ma matematico: aveva bisogno di più uomini di quanti ne potesse arruolare e di più equipaggiamento di quanti gli Stati Uniti e i suoi alleati potessero fornire.

 

Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato quasi 175 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina dall’inizio del conflitto con la Russia nel 2022. L’Ucraina ha ricevuto circa 70 miliardi di dollari in contanti, armi, equipaggiamento e munizioni, mentre il resto del denaro è andato al Pentagono, ai produttori di armi statunitensi e ad altri programmi.

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

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Politica

Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

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L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.   Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».   «L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».

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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.   «Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.   Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.   Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.   Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr  
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Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.

 

A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.

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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.

 

Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.

 

Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.

 

Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.

 

Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.

 

Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.

 

Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.

 

L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.

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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.

 

Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.

 

Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.

 

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Politica

Il governo francese collassa

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Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.   Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.   Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.

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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.   Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.   La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.   Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.   Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.   Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».

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