Big Pharma
Vaccino mRNA, una fuga di notizie mostra che i regolatori avevano grandi preoccupazioni
I documenti trapelati sul dark web rivelano che alcuni dei primi lotti commerciali del vaccino COVID-19 di Pfizer-BioNTech avevano livelli inferiori alle attese di mRNA intatto, sollevando domande più ampie su come valutare questa nuova piattaforma di vaccini.
In un articolo per BMJ dello scorso marzo, la giornalista d’inchiesta Serena Tinari racconta che lo scorso dicembre, l’EMA, l’Agenzia europea per i Medicinali (EMA) è stata vittima di un attacco informatico. Il periodo era proprio quello in cui l’EMA stava effettuando i test sul vaccino COVID di Pfizer-Biontech.
I documenti trapelati sul dark web rivelano che alcuni dei primi lotti commerciali del vaccino COVID-19 di Pfizer-BioNTech avevano livelli inferiori alle attese di mRNA intatto, sollevando domande più ampie su come valutare questa nuova piattaforma di vaccini
I risultati dell’assalto hacker furono pubblicati sul dark web. Nessuno conosce i colpevoli ed è in corso, secondo l’EMA, un’indagine penale.
Dai documenti trafugati, scrive la giornalista «risulta che i regolatori nutrivano grandi preoccupazioni per quantità inaspettatamente basse di mRNA intatto in lotti del vaccino sviluppato per la produzione commerciale».
È così rivelato che i ricercatori EMA incaricati della qualità della produzione «erano preoccupati» per le «specie di mRNA troncate e modificate presenti nel prodotto finito».
«In breve, la produzione commerciale non produceva vaccini secondo le specifiche previste e le autorità di regolamentazione non erano sicure delle implicazioni. L’EMA ha risposto presentando due “grandi obiezioni” alla Pfizer, insieme a una serie di altre domande che desidera vengano risolte».
Un’e-mail ha identificato «una differenza significativa nella percentuale di integrità dell’RNA/proteina» tra i lotti clinici e quelli commerciali proposti – dal 78% al 55% circa. La causa principale era sconosciuta e l’impatto di questa perdita di integrità dell’RNA sulla sicurezza e sull’efficacia del vaccino era «ancora da definire», si legge nell’e-mail.
È rivelato che i ricercatori EMA incaricati della qualità della produzione «erano preoccupati» per le «specie di mRNA troncate e modificate presenti nel prodotto finito».
I ricercatori erano preoccupati in particolare per «una differenza significativa nella percentuale di integrità dell’RNA/proteina» tra i lotti clinici e quelli commerciali proposti ».
Come ricordiamo, poco prima del Santo Natale, il 21 diecembre 2020, l’EMA diede semaforo verde al vaccino Pfizer-BioNTech. Il rapporto di valutazione pubblica dell’agenzia scriveva che «la qualità di questo medicinale, presentato nel contesto di emergenza dell’attuale pandemia (COVID-19), è considerata sufficientemente coerente e accettabile».
Della storia non è chiaro nulla: per esempio l’EMA ha dichiarato che le informazioni trapelate sono state alterate.
«I documenti offrono alla comunità medica la possibilità di riflettere sulle complessità dell’assicurazione di qualità per i nuovi vaccini a mRNA, che includono tutto, dalla quantificazione e l’integrità dell’mRNA e dei lipidi trasportatori alla misurazione della distribuzione delle dimensioni delle particelle e dell’efficienza dell’incapsulamento»
Tuttavia, nota la reporter, «i documenti offrono alla comunità medica la possibilità di riflettere sulle complessità dell’assicurazione di qualità per i nuovi vaccini a mRNA, che includono tutto, dalla quantificazione e l’integrità dell’mRNA e dei lipidi trasportatori alla misurazione della distribuzione delle dimensioni delle particelle e dell’efficienza dell’incapsulamento».
«Di particolare interesse è l’instabilità dell’RNA, una delle variabili più importanti relative a tutti i vaccini mRNA che finora ha ricevuto scarsa attenzione nella comunità clinica. È un problema rilevante non solo per il vaccino della Pfizer-BioNTech, ma anche per quelli prodotti da Moderna, CureVac e altri , nonché per un vaccino mRNA di “seconda generazione” perseguito dall’Imperial College di Londra».
La famosa catena del freddo, e la trovata di racchiudere l’mRNA dentro a nanoparticelle lipidiche, starebbe a significare proprio la difficoltà degli scienziati riguardo l’instabilità dell’RNA, componente fondamentale dei vaccini a base di acido nucleico.
Si tratta di una situazione biochimica molto delicata.
«La molecola di mRNA completa e intatta è essenziale per la sua potenza come vaccino», hanno scritto il professore di biofarmaceutica Daan JA Crommelin e colleghi in un articolo di revisione sul Journal of Pharmaceutical Sciences alla fine dell’anno scorso.
«La molecola di mRNA completa e intatta è essenziale per la sua potenza come vaccino… Anche una reazione di degradazione minore , ovunque lungo un filamento di mRNA, può rallentare o arrestare gravemente le prestazioni di traduzione adeguate di quel filamento e quindi provocare l’espressione incompleta dell’antigene bersaglio»
«Anche una reazione di degradazione minore , ovunque lungo un filamento di mRNA, può rallentare o arrestare gravemente le prestazioni di traduzione adeguate di quel filamento e quindi provocare l’espressione incompleta dell’antigene bersaglio».
Per avere lumi, la giornalista ha provato a bussare alle porte di Big Pharma: «Il BMJ ha chiesto a Pfizer, Moderna e CureVac, oltre a vari regolatori, quale percentuale di integrità di mRNA considerano accettabile per i vaccini contro il COVID-19. Nessuno ha fornito dettagli».
In successi messaggi, FDA, EMA e il dipartimento del governo canadese Health Canada hanno dichiarato che le informazioni specifiche relative ai criteri di accettabilità sono riservate.
«L’EMA ha riconosciuto, tuttavia, che l’efficacia del vaccino dipende dalla presenza di quantità adeguate di mRNA intatto». ma non ha commentato in che modo l’mRNA troncato potrebbe influire sull’efficacia».
«Pfizer ha anche rifiutato di commentare la percentuale di integrità dell’mRNA, né affronta domande sulla causa della percentuale inaspettatamente bassa di integrità dell’mRNA in determinati lotti, lasciando aperta la questione se potrebbe accadere di nuovo».
«Pfizer ha anche rifiutato di commentare la percentuale di integrità dell’mRNA, né affronta domande sulla causa della percentuale inaspettatamente bassa di integrità dell’mRNA in determinati lotti, lasciando aperta la questione se potrebbe accadere di nuovo»
Pfizer ha sottolineato che «ogni lotto di vaccini viene testato dal laboratorio ufficiale di controllo dei medicinali – l’Istituto Paul Ehrlich in Germania – prima del rilascio del prodotto finale. Di conseguenza, la qualità di tutte le dosi di vaccino immesse sul mercato in Europa è stata sottoposta a doppi test per garantire la conformità alle specifiche concordate con le autorità di regolamentazione».
Quando la giornalista ha sentito il direttore degli affari societari di Moderna, Ray Jordan, questi ha rifiutato di rispondere alle domande:: «a questo punto, Moderna non offrirà commenti aggiuntivi su questi argomenti».
CureVac, il famoso vaccino che per la gioia dei cattolici da siringa non farebbe uso di cellule da feto abortito, ha dichiarato al BMJ che «è troppo presto per fornire dettagli».
Teorizzate agli inizi degli anni Novanta, le terapie basate sull’RNA hanno a lungo ispirato l’immaginazione per il loro potenziale teorico di trasformare le cellule del corpo in «una fabbrica di farmaci su richiesta». Tuttavia, «nonostante i pesanti investimenti da parte dell’industria biotecnologica, il passaggio dalla teoria alla pratica è stato costantemente ostacolato dalla fragilità dell’mRNA».
Gli scienziati hanno avuto la trovata di incapsulare l’mRNA in nanotrasportatori (polimeri, lipidi, materiali inorganici) per superare l’ostacolo dell’instabilità dell’mRNA
Così, con il passare del tempo, gli scienziati hanno avuto la trovata di incapsulare l’mRNA in nanotrasportatori (polimeri, lipidi, materiali inorganici) per superare l’ostacolo dell’instabilità dell’mRNA.
I vaccini mRNA Moderna, Pfizer-BioNTech, CureVac e Imperial College London hanno tutti optato per per nanoparticelle lipidiche (LNP). La cosa non ha mancato di attirare l’attenzione dei biotecnologici farmaceutici, con alcuni che non hanno esitato ad esteranare seria preoccupazione.
«In una breve risposta pubblicata su bmj.com, JW Ulm, uno specialista in terapia genica che ha pubblicato sul targeting tissutale dei vettori terapeutici, ha sollevato preoccupazioni sulla biodistribuzione delle LNP: “Al momento, relativamente poco è stato riportato sulla localizzazione tissutale degli LNP utilizzati per contenere l’RNA messaggero che codifica per la proteina spike SARS-CoV-2, ed è fondamentale disporre di informazioni più specifiche su dove vadano a finire esattamente le nanoparticelle liposomiali dopo l’iniezione”».
In pratica, non hanno idea dove finiscano queste nanoparticelle di grasso utilizzate per trasportare dentro le vostre cellule l’mRNA
In pratica, non hanno idea dove finiscano queste nanoparticelle di grasso utilizzate per trasportare dentro le vostre cellule l’mRNA. Come nei voli spaziali di una volta, il vettore va perduto, ma almeno una volta avevano idea di dove andava ad ammarare; qui invece non hanno nessuna cognizione del destino di sostanze che si perdono all’interno del corpo della gente.
Ma «andrà tutto bene». No?
Big Pharma
Bayer punta sulla cura del Parkinson dopo decenni di vendita di prodotti come il glifosato legati alla malattia
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Bayer sta avviando una sperimentazione clinica di Fase 3 per un trattamento del Parkinson a base di cellule staminali attraverso la sua controllata BlueRock, nonostante l’azienda stia affrontando migliaia di cause legali relative ai pesticidi collegati alla malattia. Questa mossa evidenzia il duplice ruolo di Bayer nel contribuire al Parkinson e nel cercare di trarne profitto.
Bayer sta lanciando un nuovo trattamento sperimentale per il morbo di Parkinson, nonostante il colosso farmaceutico e chimico continui a trarre profitto dalla vendita di pesticidi collegati alla malattia.
La società ha annunciato la scorsa settimana che la sua sussidiaria BlueRock Therapeutics LP ha avviato una sperimentazione clinica di fase 3 per il bemdaneprocel, un farmaco progettato per sostituire le cellule cerebrali produttrici di dopamina uccise dalla malattia neurodegenerativa.
Il farmaco deriva da cellule staminali impiantate chirurgicamente nel cervello di una persona affetta dal morbo di Parkinson. Una volta impiantate, le cellule staminali possono svilupparsi in neuroni dopaminergici maturi, contribuendo a riformare le reti neurali colpite dal Parkinson.
Ripristinano «potenzialmente» la funzionalità motoria e non motoria dei pazienti. Il farmaco è stato approvato dalla Food and Drug Administration statunitense nel 2021.
Bemdaneprocel sarà probabilmente disponibile sul mercato tra anni, eppure Bayer sta investendo molto nelle infrastrutture produttive per i futuri prodotti di terapia cellulare e genica. Parte di questo sforzo include la costruzione di uno stabilimento da 250 milioni di dollari in California, secondo Reuters.
Le tecnologie di terapia cellulare e genica contro il cancro stanno già generando profitti per altre aziende, ma BlueRock è la prima azienda a portare una terapia cellulare per il Parkinson alla fase 3 degli studi clinici.
Le difficoltà finanziarie della Bayer derivano in parte dai brevetti scaduti su due dei suoi farmaci di successo: l’anticoagulante Xarelto e il medicinale per gli occhi Eylea.
Ma i maggiori problemi finanziari di Bayer sono radicati nell’acquisizione di Monsanto nel 2018, secondo Reuters. Il glifosato, un diserbante di Monsanto, è collegato al cancro e al Parkinson, le stesse malattie da cui Bayer potrebbe trarre profitto con un nuovo trattamento.
Finora, Bayer ha pagato circa 11 miliardi di dollari per risolvere le cause legali relative al glifosato e si stima che siano ancora pendenti 67.000 cause legali nei suoi confronti.
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Molti dei pesticidi della Bayer sono collegati al Parkinson
Il morbo di Parkinson è il disturbo neurologico in più rapida crescita al mondo, caratterizzato dalla perdita di neuroni nella parte del cervello che produce dopamina e che è responsabile del controllo motorio.
Sebbene non esista una cura nota per il Parkinson, esistono alcune cause note. Studi dimostrano che l’esposizione a diversi pesticidi è fortemente correlata allo sviluppo della malattia.
I collegamenti più ampiamente segnalati tra pesticidi e morbo di Parkinson riguardano l’erbicida paraquat della Syngenta.
Attraverso un’indagine sui documenti interni di Syngenta, il giornalista Carey Gillam ha rivelato che l’azienda era consapevole che il suo pesticida causava cambiamenti neurologici che sono il segno distintivo della malattia, ma lavorava segretamente per insabbiare le prove scientifiche del collegamento.
Tuttavia, studi recenti collegano anche l’esposizione ad altri pesticidi alla malattia.
Numerosi studi di casi, uno studio epidemiologico, studi sugli animali e recenti studi che esaminano molteplici esposizioni a pesticidi dimostrano che il glifosato, una nota neurotossina, probabilmente gioca un ruolo nel Parkinson.
Tuttavia, gli scienziati che scrivono sulle più importanti riviste mediche affermano che sono necessarie ulteriori ricerche e una migliore regolamentazione, citando il legame poco studiato tra glifosato e Parkinson come esempio paradigmatico del problema.
Parte del problema, affermano, è che sono le aziende produttrici di pesticidi a condurre la maggior parte delle ricerche, e la maggior parte di queste riguarda singoli pesticidi in modo isolato.
Nuove prove dimostrano che il Parkinson è anche – e forse più frequentemente – collegato all’esposizione a «cocktail» di pesticidi. Questi causano «una neurotossicità maggiore per i neuroni dopaminergici rispetto a qualsiasi singolo pesticida», perché i diversi pesticidi hanno meccanismi d’azione diversi. Se combinati, possono causare danni neurologici maggiori.
Una ricerca pubblicata su Nature Communications ha esaminato la storia dell’esposizione chimica dei pazienti affetti da Parkinson e ha identificato 53 pesticidi implicati nella malattia.
Tra le 10 sostanze chimiche identificate come direttamente tossiche per i neuroni collegate al Parkinson figurano pesticidi, erbicidi e fungicidi prodotti dalla Bayer.
Tra questi ci sono l’endosulfan, prodotto dall’azienda ma gradualmente eliminato in risposta alle pressioni internazionali; il diquat, un ingrediente chiave utilizzato dalla Bayer per sostituire il glifosato nel Roundup e vietato nell’UE, nel Regno Unito e in Cina; e i fungicidi contenenti solfato di rame e folpet.
Un altro studio ha identificato l’esposizione a lungo termine a 14 pesticidi con un aumento del rischio di morbo di Parkinson nelle persone che vivono nella regione delle Montagne Rocciose e delle Grandi Pianure.
I tre pesticidi con l’effetto più forte sono stati simazina, atrazina e lindano. Bayer produce diversi pesticidi contenenti simazina e atrazina. Bayer in precedenza utilizzava il lindano nei suoi prodotti, ma ne ha gradualmente eliminato l’uso come pesticida agricolo negli Stati Uniti.
Bayer è una delle quattro aziende, insieme a Syngenta, Corteva e BASF, che controllano da anni il mercato mondiale dei pesticidi.
Negli Stati Uniti, l’azienda ha tentato di proteggersi da ulteriori contenziosi sui rischi per la salute causati dai suoi prodotti chimici, sostenendo una legislazione a livello federale e statale che renderebbe più difficile per gli stati regolamentare i pesticidi o per le persone danneggiate dai prodotti agrochimici fare causa ai produttori.
Brenda Baletti
Ph.D.
© 1 ottobre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.
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Immagine di Mister F. via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-SA 2.0
Big Pharma
AstraZeneca minaccia di ritirare gli investimenti dalla Gran Bretagna
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Autismo
Paracetamolo, Big Pharma e FDA erano da anni a conoscenza del rischio autismo
Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Le email ottenute dalla Daily Caller News Foundation mostrano che già nel 2008, i dirigenti della Johnson & Johnson, il produttore originale del Tylenol [come chiamano il paracetamolo in America, ndt], erano preoccupati in privato per quella che ritenevano una prova attendibile di un possibile legame tra autismo e paracetamolo. Anche la FDA era a conoscenza di tale legame.
Secondo i documenti ottenuti nelle cause legali contro Kenvue, i produttori di Tylenol [il nome commerciale del paracetamolo in USA, ndt] e la Food and Drug Administration (FDA) statunitense erano a conoscenza da anni della probabile associazione tra l’uso del farmaco durante la gravidanza e i disturbi dello sviluppo neurologico, tra cui l’autismo.
«Il peso delle prove inizia a sembrarmi pesante», ha affermato Rachel Weinstein , direttrice statunitense dell’epidemiologia per la divisione farmaceutica Janssen di Johnson & Johnson (J&J), in un’e-mail in cui commentava diversi studi che mostravano il collegamento.
La Daily Caller News Foundation ha ottenuto le e-mail da Keller Postman LLC, lo studio legale che rappresenta i querelanti in una class action federale contro Kenvue.
La J&J ha prodotto il Tylenol fino al 2023, quando ha trasferito la produzione a Kenvue, un’azienda separata.
Le rivelazioni via e-mail seguono l’annuncio fatto la scorsa settimana dal presidente Donald Trump secondo cui le donne incinte non dovrebbero assumere Tylenol e l’annuncio della FDA che aggiungerà avvertenze ai prodotti contenenti paracetamolo.
Le etichette aggiornate dei prodotti avvertiranno che il paracetamolo può essere associato a un rischio maggiore di patologie neurologiche, tra cui autismo e disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), nei bambini. La FDA ha affermato che informerà anche i medici e il pubblico di questo rischio.
I media tradizionali e le organizzazioni sanitarie pubbliche hanno attaccato gli avvertimenti come infondati o esagerati. Alcune organizzazioni giornalistiche hanno citato scienziati – come l’epidemiologa dell’Università del Massachusetts Ann Bauer – che hanno pubblicato studi che identificano il legame tra Tylenol e autismo e hanno chiesto avvertimenti, ma che ora stanno pubblicamente ritrattando le loro preoccupazioni.
Tuttavia, il Daily Caller ha scoperto che, nonostante la confusione nei media e tra gli esperti di salute pubblica, le e-mail mostrano che già nel 2008 i dirigenti di J&J erano preoccupati in privato per la presenza di prove attendibili di un possibile collegamento tra autismo e paracetamolo. Hanno riconosciuto il collegamento in un’e-mail e hanno suggerito ulteriori indagini.
Le meta-analisi interne della FDA condivise con The Defender mostrano che l’agenzia aveva valutato per anni l’aggiunta di nuovi avvertimenti sugli effetti collaterali del paracetamolo nei bambini.
Nel 2019, gli scienziati della FDA hanno condotto una meta-analisi che ha rilevato disturbi urogenitali nei neonati collegati al farmaco. Gli scienziati hanno anche notato collegamenti con problemi di neurosviluppo. Nel 2022, la FDA ha condotto un’altra meta-analisi che ha rilevato un collegamento con l’ADHD.
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I produttori del Tylenol hanno monitorato attentamente una serie di pubblicazioni scientifiche che mostrano un collegamento con l’autismo
La Daily Caller News Foundation ha ricevuto email risalenti a oltre un decennio fa, che indicavano che i responsabili aziendali di J&J erano stati allertati del possibile legame tra paracetamolo e disturbi neurologici. Le email mostravano che J&J aveva persino preso in considerazione l’idea di proseguire la ricerca, ma poi aveva deciso di non farlo.
Il punto vendita ha anche ottenuto un’e-mail del 2012 di Leslie Shur, responsabile della divisione J&J che monitora gli effetti collaterali, in cui si riconosceva un altro reclamo da parte di un consumatore in merito al problema, e un’e-mail del 2014 in cui si dimostrava che il problema era stato sollevato con l’amministratore delegato Alex Gorsky, il cui nome è scritto in modo errato nell’e-mail.
Secondo la giornalista Emily Kopp, autrice dell’articolo del Daily Caller:
«I produttori di Tylenol hanno seguito attentamente una serie di pubblicazioni scientifiche che hanno riscontrato un’associazione tra l’assunzione del farmaco di successo in gravidanza e nell’infanzia e il rischio di autismo, come dimostrano altri documenti aziendali».
Una presentazione interna del 2018, definita dall’azienda «riservata e riservata», riconosce che gli studi osservazionali mostrano un’associazione «piuttosto coerente» tra l’esposizione prenatale al Tylenol e i disturbi dello sviluppo neurologico.
Un’altra diapositiva della presentazione riconosce che meta-analisi più ampie, ovvero revisioni che riassumono più studi scientifici, hanno riscontrato un’associazione, ma sottolinea i punti deboli di questi studi, come le variabili confondenti e la soggettività nella misurazione dei tratti autistici.
Un portavoce di Kenvue ha dichiarato al Daily Caller che l’azienda ritiene che non vi sia «alcun nesso causale tra l’uso di paracetamolo durante la gravidanza e l’autismo» e che i suoi prodotti sono «sicuri ed efficaci» se utilizzati come indicato sull’etichetta.
Kopp ha fatto notare che il sito web dell’azienda afferma anche che «dati scientifici credibili e indipendenti continuano a non dimostrare alcun collegamento provato tra l’assunzione di paracetamolo e l’autismo» e che «non esiste alcuna scienza credibile che dimostri che l’assunzione di paracetamolo causi l’autismo».
Tuttavia, ha scoperto che le e-mail interne mostravano dipendenti che discutevano di uno studio del 2018 e di uno del 2016, i quali concludevano entrambi che le donne incinte avrebbero dovuto essere messe in guardia sui possibili effetti dell’assunzione di Tylenol durante la gravidanza.
Ha trovato anche delle email in cui si diceva che J&J aveva preso in considerazione la possibilità di finanziare studi sul possibile collegamento tra Tylenol e autismo, ma aveva deciso di non «esporsi», temendo che i propri studi potessero confermare i risultati.
Secondo Kopp:
L’azienda ha inoltre condotto una ricerca che ha definito «ascolto sociale», monitorando le ricerche su Google e i post sui social media alla ricerca di prove su Tylenol e autismo da gennaio 2020 a ottobre 2023.
«L’azienda ha avviato la ricerca sulle tendenze dei social media dopo la pubblicazione nel 2021 di un invito all’azione sul Tylenol su Nature Reviews Endocrinology da parte di 13 esperti statunitensi ed europei “alla luce delle gravi conseguenze dell’inazione”».
L’azienda ha scritto una revisione nel 2023, Project Cocoon, che segnalava preoccupazioni relative agli effetti collaterali urogenitali e neurologici dei farmaci nei neonati, che i dirigenti hanno notato riguarda «ogni aspetto del marchio», ha scritto Kopp.
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Anche la FDA è preoccupata per le crescenti prove
Secondo lo psichiatra David Healy, la FDA ha iniziato a preoccuparsi anche per le crescenti prove di un legame tra paracetamolo e disturbi dello sviluppo neurologico, a partire da una pubblicazione su JAMA Pediatrics nel 2014 e seguita da diverse importanti pubblicazioni negli anni successivi.
Healy è un testimone esperto in un caso contro Kenvue e Safeway , sostenendo che non hanno avvisato adeguatamente i consumatori del rischio di autismo o ADHD derivante dall’esposizione prenatale al farmaco.
Documenti del 2019 e del 2022, resi disponibili tramite richieste ai sensi del Freedom of Information Act associate alla causa e condivisi con The Defender, mostrano che, sulla base di una meta-analisi della letteratura pubblicata, la FDA ha identificato collegamenti coerenti tra paracetamolo e rischi sia urogenitali che neurologici.
Già nel 2019, gli autori di uno studio della FDA avevano raccomandato di rivedere le etichette per consigliare alle donne incinte di «fare attenzione all’uso occasionale di paracetamolo quando non è strettamente necessario per il dolore o per altri scopi».
Il documento del 2022, incentrato principalmente sui risultati neurologici, afferma che, nonostante i limiti dello studio, le meta-analisi e altre ricerche hanno costantemente riscontrato collegamenti tra paracetamolo e ADHD e, di conseguenza, «potrebbe essere prudente, come misura precauzionale…» Tuttavia, il resto della raccomandazione è redatto.
Healy ha affermato che le rivelazioni di Weinstein e di altri che lavorano con J&J sono particolarmente significative perché le case farmaceutiche hanno la responsabilità di informare i consumatori quando sanno che un farmaco potrebbe essere collegato a un evento avverso.
«L’onere di avvertire non sorge quando c’è una chiara correlazione causa-effetto», ha affermato Healy. «Sorge quando ci sono motivi per ritenere che potrebbe esserci un problema».
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Immagine di Katy Warner via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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